
DESCRIZIONE
Racconta Tallemant des Réaux che due gentiluomini architettarono il primo tour gastronomico di Francia per cogliere le specialità di ogni provincia nella stagione più propizia. Si era in pieno Seicento. Da allora il turismo gastronomico ne ha fatta di strada. Anche questo Mangitalia è un tour:ma che unisce al gusto per il palato quello per la storia.
Piemonte: Le saghe del cioccolato; Valle d’Aosta: Fontina, una e trina; Lombardia: Cotoletta e zafferano; Trentino Alto Adige: Il ritorno delle «persecche»; Friuli Venezia Giulia: I celti alla sfida dell’oca; Veneto: Gnocco inflazionato; Liguria: Il cappon magro; Emilia Romagna: Un Plutarco per il salame rosa; Toscana: Zuppe contro bistecche; Marche: Ciaùscolo; Umbria: La rivoluzione dell’olio; Lazio: Carote e porchetta; Abruzzo: La panarda; Molise: Lo scippo di Venafro; Campania: Menesta mmaretata; Puglia: La cicoria di Orazio; Basilicata: La podolica negata dal computer; Calabria: Stoccafisso contro spada; Sicilia: La disputa del cappero; Sardegna: Nasce la salumeria ovicaprina.
L'AUTORE
CORRADO BARBERIS, professore emerito di Sociologia, ha dedicato una vita allo studio delle trasformazioni delle campagne italiane. Presiede l’Istituto nazionale di sociologia rurale.
Un ragazzino di dieci anni, insieme al fratello maggiore, intraprende nel maggio 1938 un viaggio che da Amburgo, passando per l’Italia, lo porterà in un collegio sperduto dell’Alta Savoia. I due fratelli vivranno da soli, senza genitori, «in esilio» da una guerra che minacciosa si stringe attorno a loro. Una guerra che il piccolo Jürgen-Arthur, il quale non sa nulla (non sa nemmeno di essere ebreo), tenta di spiegare a modo suo: si convince di avere una colpa, una di quelle colpe che agli occhi dei bambini sono indicibili e imperdonabili. Quel bambino è lo stesso Goldschmidt, il grande scrittore tedesco che in questa narrazione autobiografica ripercorre gli anni del passaggio dall’infanzia all’adolescenza; anni difficili e delicati, in cui l’acuta sensibilità che li caratterizza è intensificata e portata a un punto estremo di tensione dagli eventi bellici, che si insinuano anche all’interno del collegio francese, inquinandone il microcosmo in apparenza sereno. Il giovane, infatti, ritrovatosi solo, senza neanche la compagnia del fratello, sarà costretto a subire le angherie e le sevizie della Direttrice e dei compagni, diventando la vittima preferita delle loro prepotenze. Ma nel momento stesso in cui il dolore scaturisce ed esplode nel corpo torturato e martoriato, Jürgen-Arthur scopre il potere misterioso e sorprendente del piacere che proprio nel corpo dimora. Il cuore del romanzo è infatti il corpo, percepito come rifugio ma anche, specie nelle punizioni più dure, come un bastione che non può essere soggiogato né distrutto, una linea di fuga. Si creano così sottili e complesse dinamiche psicologiche, indagate e messe a nudo con abilità ed estrema lucidità da una scrittura che non esita a setacciare i percorsi più oscuri della mente. Non a caso Goldschmidt per questo romanzo si affida al tedesco, dopo aver scritto sempre in francese: decide di tornare alla lingua madre, quella che avverte come lingua del trauma, della separazione, della perdita, del dolore; e insieme lingua del corpo e della salvezza: asciutta e spietata, ma capace di toccare inaspettate vette liriche. «Non esiste un altro libro che gli sia paragonabile nella storia meravigliosamente lunga dei libri», scrive Peter Handke nella sua Prefazione. L’unicità del libro è tutt’uno con i frequenti scarti narrativi che lo percorrono, con le improvvise impennate della fantasia che permettono a Jürgen-Arthur, in un continuo trascolorare e trasformarsi delle immagini, di aprire squarci fulminei nel dolore e scoprire la libertà e il piacere della natura, le grandi montagne alpine e i fitti boschi che le ricoprono, e insieme scoprire per la prima volta se stesso, allargando lo sguardo per abbracciare una terra respirata e vissuta «come se ancora fosse il primo giorno del mondo».
Turbamento e disagio hanno insidiato da sempre ogni scelta umana, nelle relazioni dei soggetti con il mondo, con gli altri soggetti, con l'insieme sociale. E la letteratura ha sempre cercato di dar voce al dolore, all'infelicità, alla deviazione, alla rottura, all'assenza, all'impossibilità; ha sempre interrogato il senso del malessere psichico, anche in quelle forme estreme (dalla nevrosi alla follia) che sono state oggetto di cura da parte della psichiatria moderna. Nel nome del grande psichiatra e scrittore Mario Tobino, questo volume (che raccoglie i saggi presentati al convegno Il turbamento e la scrittura, tenutosi a Lucca nel dicembre 2008, curato dalla Fondazione Mario Tobino) propone, con l'intreccio di voci diverse - e con tre contributi di scrittori contemporanei -, una fitta e problematica riflessione sui modi in cui il turbamento e il disagio psichico vengono percepiti, compresi, interrogati, vissuti sia nel quadro clinico che nello spazio della letteratura: nella convinzione che nel rapporto di conoscenza e di cura con la malattia e con i suoi diversi gradi un rilievo imprescindibile tocchi alla parola e al linguaggio, nelle loro molteplici forme e possibilità.
DESCRIZIONE
Nel corso di una vita di studi, Italo Insolera, uno dei più importanti esperti della dimensione urbana e delle scienze del territorio, ha scelto di confrontarsi con un «oggetto privilegiato» di ricerca sul quale sperimentare le sue analisi e nel quale inverare le sue riflessioni. L’oggetto è Roma: non solo la Roma del centro storico monumentale, ma quella più vasta e contraddittoria realtà urbana che attorno al centro gravita e si muove. In effetti, i saggi raccolti nel volume, scritti nell’arco di cinquant’anni e unificati da questo denso filo conduttore, potrebbero essere tutti riassunti con la frase magistrale di Pasolini: «Attorno a Roma c’è quella cosa immensa e spappolata che è Roma». Immagine che del resto – nota l’autore – si può applicare a non poche altre città italiane, che hanno vissuto importanti trasformazioni in epoca moderna. È solo apparentemente sorprendente il fatto che gli argomenti qui trattati siano di così scottante attualità. Che si tratti dei rapporti tra i quartieri di nuovo insediamento e il centro storico, del modo di concepire la connessione tra l’antico e il moderno in una città dalla storia millenaria, della viabilità e dei trasporti, delle grandi scelte di indirizzo pubblico o degli enormi interessi degli immobiliaristi e dei costruttori, Roma ripropone oggi una serie di sfide e di contraddizioni irrisolte, ancora presenti entro la vigile lezione di questo studioso.
L'AUTORE
ITALO INSOLERA
Italo Insolera, nato a Torino nel 1929, architetto, urbanista e storico, ha insegnato nelle università di Venezia e di Ginevra e ha scritto il fondamentale Roma moderna. Per i tipi della Donzelli ha pubblicato, insieme a Walter Tocci e Domitilla Morandi, Avanti c’è posto. Storie e progetti del trasporto pubblico a Roma (2008).
"Quanto conta la finanza? A che cosa serve e davvero? La risposta di Keynes e chiara: la finanza non è questione di soldi. I soldi possono mancare a un singolo soggetto. E allora la questione è quella di farseli prestare. Ma i soldi non possono mai mancare a una comunità nel suo complesso. Per una comunità il problema finanziario è quello di far incontrare i bisogni insoddisfatti con le risorse disponibili, i progetti per il futuro con le ricchezze ereditale dal passato: in definitiva, gli investimenti con i risparmi". (Dall'introduzione di Luca Fantacci)
In Italia esiste una questione urbana che si dovrebbe affrontare con urgenza, in quanto è una delle principali ragioni del declino economico del paese. Negli anni cinquanta è iniziato un profondo cambiamento - una rivoluzione dell'organizzazione territoriale della società italiana. Lo straordinario processo di concentrazione delle attività antropiche che lo ha accompagnato ha condotto alla formazione di sistemi urbani nei quali le città storiche si sono dissolte. Si tratta di nuove forme territoriali - intercomunali e disperse che della città hanno sia la dimensione spaziale sia quella relazionale ma non il carattere costitutivo, ovvero l'identità politica. Il libro discute questa tesi, sottolineando l'attuale incompletezza dei nuovi sistemi urbani (città in nuce), la direzione della loro transizione strutturale e il fatto che abbiamo ancora il tempo, le risorse, la possibilità e il desiderio sociale di un progetto per la città. Da molti anni si sarebbe dovuto adeguare il processo politico alla nuova organizzazione spaziale e relazionale emersa con la rivoluzione territoriale; si sarebbe dovuta favorire la trasformazione dei nuovi sistemi urbani formatisi per coalescenza territoriale in unità di auto-regolazione; si sarebbe dovuta istituzionalizzare la nuova organizzazione spaziale e relazionale. Ora, l'internazionalizzazione dell'economia europea, con i suoi cambiamenti tecnologici e culturali, fa della questione urbana un tema decisivo per lo sviluppo economico del paese.
Al villaggio lo chiamano Pelè. Ha il calcio nel sangue e un sogno nel cuore: essere in campo la notte dei mondiali, al finaco dei suoi beniamini.
Ce la farà la buona stella di Nelson Mandela a portarlo a Città del Capo?
Tra la fine degli anni sessanta e la prima metà degli anni ottanta l'Italia intera fu scossa dal terrorismo politico. Progressivamente sconfitto fino a ridursi a una dimensione marginale e sempre meno in grado di colpire, il terrorismo italiano rimane però uno dei nodi essenziali della nostra storia recente. Non solo esso ha segnato le vicende delle ali più radicali del nostro schieramento politico, ma ha rappresentato un drammatico problema generale per tutte le forze politiche, per lo Stato e per le sue istituzioni, per i suoi corpi di intelligence, di polizia e di giustizia, per gli interi equilibri che ne sono risultati in termini di coesione della compagine nazionale. I saggi di Angelo Ventura, scritti tutti all'inizio degli anni ottanta - nel fuoco più cruento dello scontro - e qui raccolti per la prima volta, sono insieme una testimonianza drammatica di altissimo valore civile e un presupposto indispensabile da cui partire, per chi voglia tentare di costruire oggi una storia del terrorismo italiano. Ventura, professore di Storia contemporanea all'Università di Padova (il luogo forse più denso di trame e di intrecci in quegli anni) pose la sua lucidità di storico al servizio di un'analisi rigorosa del fenomeno, cercando di individuarne nel modo più preciso cause e responsabilità. E per questo motivo pagò di persona il prezzo di un grave attentato.
Cinque storie inedite
Gli Invincibili
La casa di Geoffroy
La maestra nuova
Compiti a casa
Come un grande
Nate nel 1959 dall’incontro fortunato di René Goscinny e Jean- Jacques Sempé, due mostri sacri dell’umorismo, le storie di Nicolas e dei suoi amici, che riescono sempre a mandare in tilt i genitori e la maestra, sono subito diventate un classico, non solo per i lettori più piccoli. Rivolte non a caso, in prima destinazione, al pubblico dei giornali, le avventure della banda di Nicolas sollecitano infatti l’ironia, la cattiveria, lo spirito dei lettori più smaliziati. Quantomeno, di tutti quelli che sono stati bambini. Varcati i confini nazionali, negli ultimi anni, le avventure del monello di Francia hanno preso le forme e le edizioni più svariate, tanto in Europa che in America, diventando un vero e proprio fenomeno di culto: raccolte di figurine, album, siti internet e gadget di ogni genere. Tutti pazzi per Nicolas! In Italia, dopo il successo del volume pubblicato da Donzelli che raccoglie i cinque libri originari, il piccolo Nicolas torna ora in libreria con questo volumetto di storie inedite. A distanza di cinquant’anni dalla sua prima comparsa, la «Nicolas mania» sta conoscendo nel mondo una vera e propria esplosione, grazie al film campione di incassi che si ispira alle storie di questo libro, affidate all’interpretazione di un enfant terrible in carne e ossa, con tanto di mamma, papà, maestra e compagni.
La cultura è il prodotto di una precisa contingenza storica: la presa di coscienza della modernità. Al trauma provocato dall'apparizione di un tempo illimitato e perennemente in progressione, dunque destinato prima o poi a dimenticarsi di noi e di tutto ciò che per noi è importante, si reagì feticizzando la storia, l'origine, fondando su di esse l'identità - ciò che resta identico. Soprattutto, si reagì attivando un discorso sul passato, in cui interpretazione e commento fossero, programmaticamente, più importanti di creazione e innovazione. In questo senso cultura è un concetto abbastanza recente, come del resto la parola che usiamo per esprimerlo: esiste più o meno da un secolo e mezzo. La sua forza gravitazionale è enorme: nulla sfugge alla sua attrazione. Si parla infatti di cultura scientifica, di cultura nazionale, di cultura di massa, di cultura popolare. Ma questa forza è anche la sua condanna. Perché un sistema che include ogni cosa è inevitabilmente chiuso, autoreferenziale, bloccato. Consente solo riciclaggi, rimescolamenti di materiali già a disposizione, investigazioni del già noto. Questo libro intende mostrare che tale visione nostalgica e totalizzante non fa bene alla cultura: invece di renderla onnipotente ne limita l'impatto e ne inibisce le ambizioni. Ne fa uno strumento reazionario, che oggettivamente favorisce i movimenti conservatori, da sempre esperti nell'incanalare le paure del nuovo e della libertà.