L'idea che al di fuori di noi gli uomini o altri enti possano influenzare il corso delle cose nella natura e nella storia è presente in tutte le culture. Ma è nel bacino del Mediterraneo, nel corso del primo secolo avanti Cristo, che diviene popolare la pratica di rappresentare gli dèi in forma umana. Poiché essi compiono azioni destinate ad avere effetto sugli uomini, vengono ricordati i grandi avvenimenti in cui non manca l'intervento di un dio chiamato in soccorso. La cultura greca offre la possibilità di rendere pubblici questi racconti sia nel teatro che nelle espressioni tradizionali della poesia e del canto. È in questo contesto che i miti si configurano come storie o, più semplicemente, come "esposizioni". Essi, infatti, sono essenzialmente racconti tradizionali rilevanti per chi parla e per chi ascolta, caratteristiche che consentono di interpretare le narrazioni di molte culture come miti, di compararle e di sottoporle allo sguardo della storia delle religioni. Tuttavia, un'unica disciplina non basta a esaurire il fenomeno della narrativa tradizionale nel mondo antico poiché i miti sono un punto di intersezione culturale - un crocevia - in cui si incontrano la prassi e la riflessione religiosa, la semantica e l'immagine della storia, le forme di comunicazione e la vita quotidiana degli antichi.
Nel luglio del 1969, papa Paolo VI aveva affidato agli astronauti Armstrong e Aldrin il testo del Salmo 8 affinché fosse consegnato agli spazi siderali, alle sabbie lunari che di lì a poco i due uomini avrebbero calpestato. Proprio a partire da quella raffinata opera dell'Antico Testamento inizia la riflessione del libro dedicato all'antropologia biblica, al ritratto della figura umana illuminata dalla rivelazione. Il Salmo 8 è un canto entusiastico nei confronti dell'uomo: creatura microscopica se comparata alle strutture celesti, vera e propria "canna fragile", secondo la celebre espressione di Pascal, eppure coronato come un sovrano da Dio, che lo ha reso di poco inferiore a se stesso. Un'esclamazione simile si trova anche nel primo coro dell'Antigone di Sofocle e riflette l'ammirazione del mondo greco per la capacità dell'uomo che vive l'esperienza del pensiero: "Molte sono le cose mirabili, ma nessuna è più mirabile dell'uomo".
Se i profeti si basano su una parola ricevuta direttamente da Dio e gli apocalittici su visioni celesti che dischiudono il senso della realtà, i saggi di Israele ritengono, invece, che Dio sia raggiungibile attraverso l'esperienza della vita quotidiana. Il loro metodo di indagine procede dunque secondo canoni non moralistici orientati all'osservazione e al desiderio di comprendere, ma anche alla consapevolezza che nessun esperimento può essere totalizzante o merita di essere dogmatizzato. Un viaggio attraverso cinque libri dell'Antico Testamento - Proverbi, Giobbe, Qoèlet, Siracide, Sapienza consente inoltre di vedere all'opera lo "spirito di Dio", presente nella Scrittura fin dalla Genesi e realtà dinamica che caratterizza il rapporto tra l'uomo e il suo Signore. Nel mondo antico l'atto di scrivere non è una semplice registrazione di testi, ma una conoscenza riservata a pochi che carica la parola scritta di un valore sacro. Come dimostrano i passi che chiudono i libri del Qoèlet e di Ben Sirà, essa si propone come una vera e propria ermeneutica della parola orale che apre una finestra sul mondo in cui la Scrittura parla di sé, comunica se stessa e su se stessa riflette.
C'è spazio per la verità della fede in un tempo di relativismo? Quali sfide provengono dalla cultura scientista e tecnocratica? Come educare di fronte alla frantumazione dell'umano? Su questi temi si articolano le tre parti del volume, che raccoglie i testi del seminario di studio su fede, cultura ed educazione svoltosi nell'ottobre 2013 per iniziativa della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali della CEI. Facendo tesoro delle riflessioni maturate nella prospettiva dell'Anno della fede, ma allungando lo sguardo al Convegno ecclesiale di metà decennio sul tema "In Gesù Cristo il nuovo umanesimo" (Firenze, 9-13 novembre 2015), le riflessioni proposte hanno una rilevante ricaduta pastorale e toccano questioni centrali per il cammino decennale della Chiesa italiana. In particolare, vengono focalizzate questioni decisive per chi intende educare alla vita buona del Vangelo: il modo in cui va comunicata la verità cristiana in una "società liquida", che soffre di isolamento e di solitudine, e il modo in cui l'educazione alla fede e della fede è in grado di propiziare l'incontro della verità cristiana con l'accresciuta sensibilità per la libertà in tutti gli ambiti dell'esistenza. Introduzione di mons. Claudio Giuliodori. Proposte teologico-pastorali di mons. Antonio Staglianò.
L'uomo di oggi ha conservato la capacità di stupirsi davanti al mistero? È ancora in grado di coltivare una dimensione interiore? Di nutrirsi di silenzio, preghiera e ascolto? Il Vangelo di Marco, guida dell'anno B, conduce alla rivelazione di ciò che non è immediatamente spiegabile con una domanda espressa o sottintesa - "chi è Gesù?" - che rinvia all'interrogativo sull'uomo e sul discepolo. E che richiede, disarmati di ogni presunzione e semplici come bambini, di essere pronti allo stesso stupore che risuona nel grido del centurione sotto la croce. Per molte espressioni della cultura moderna il mistero per eccellenza è rappresentato dalla vita stessa, abisso insondabile o muro insormontabile, capace di provocare la vertigine dello smarrimento o la disperazione dell'inconoscibilità. Anche per i cristiani la vita è mistero, ma perché abitata da Dio e attraversata dalla convinzione, come ha detto Einstein, che "chi non è più in grado di provare stupore né sorpresa è per così dire morto". Prefazione di Mirna Ambrogiani.
Con il testo del Messaggio approvato dai Padri sinodali e il discorso conclusivo di Papa Francesco.
Il volume si concentra su un testo complesso - Isaia 14,4b-20 - che solitamente viene studiato indagando lo sfondo mitologico o la difformità dagli altri oracoli sulle nazioni e misconoscendo la ricchezza dei collegamenti con altri testi importanti dell'Antico Testamento. Sono invece questi contatti che fanno del brano, elaborato come un canto derisorio sul sovrano defunto, una meditazione in forma allegorica sul potere e le sue tentazioni. L'investigazione esegetica poggia sullo studio di ogni proposizione con ricorso alle varianti testuali, sulla percezione delle sfumature semantiche e delle implicazioni figurative e sul ricorso ad altri testi biblici che ne costituiscono lo sfondo e il riferimento. Poiché l'analisi esegetica muove dalla percezione che il brano di Isaia costituisca la rappresentazione letteraria dell'animo umano, scosso dall'onnipotente agone fra il bene e il male, lo studio evidenzia lo snodo della pericope, che lumeggia e denunzia la grande tentazione dell'uomo idolatra. La ricerca tenta di ristabilire il senso endogeno del testo isaiano, lasciando parlare la totalità delle sue parti e la "carnalità" del suo significato.
Nel 2017 ricorrono i 500 anni dell'inizio della Riforma. Dopo un secolo di ecumenismo e 50 anni di dialoghi tra luterani e cattolici, oggi non vi sono più scomuniche reciproche ma crescente comprensione, rispetto e collaborazione. Il documento della Commissione luterana-cattolica sull'unità propone un racconto condiviso della Riforma e riflette sulle due grandi sfide del 2017: la purificazione delle memoria e la ricerca della comunione.
In occasione della sua beatificazione, il testo della celebre esortazione apostolica di papa Montini in formato tascabile. "L'Evangelii nuntiandi è il documento pastorale più importante del post concilio. (...) Per me è il testamento pastorale del grande Paolo VI. E non è stata superata: è un cantiere di cose per la pastorale." (Papa Francesco)
Le frequenti notizie di padri separati, costretti a dormire in macchina o a rivolgersi a enti caritativi per un pasto caldo, non restituiscono in modo completo il quadro delle difficoltà affrontate dalle coppie che decidono di non vivere più insieme. L'indagine della Caritas, che non si concentra solo sui padri, ma sull'intero universo dei separati e divorziati, evidenzia infatti che a essere maggiormente penalizzate in termini economici sono soprattutto le donne: per le ex mogli il rischio di cadere in uno stato di povertà o di deprivazione è decisamente più alto rispetto agli ex mariti. L'indagine muove da un'idea multidimensionale della povertà, non riconducibile al solo ambito economico, ma a quell'intreccio di fattori diversificati che, assieme al reddito, possono influenzare la qualità della vita di una persona.