Quando, nel 1859, Dostoevskij ottenne il permesso di rientrare dalla deportazione nella Russia europea, aveva bisogno di qualcosa di clamoroso per riaffermare la propria posizione nel panorama letterario dell'epoca. Fu così che nella primavera del 1860 si dedicò alla stesura di un roman-feuilleton pieno di situazioni estreme, spregiudicate, delle quali si parlava con relativa disinvoltura, incentrate sul tema della fanciulla offesa e vittima di individui senza scrupoli. Sedotte e abbandonate: questo è il destino delle donne in "Umiliati e offesi". Ma anche maledette dai propri padri. L'occhio di Dostoevskij si sofferma ad analizzare la relazione padre/figlia, e lo fa tramutandola nel nucleo portante della narrazione: sono ben tre le coppie di padri e figlie che si avvicendano nelle pagine del romanzo, portando avanti ciascuna una linea narrativa e una modalità esistenziale che conducono a una conclusione differente. Le vicende sono tenute assieme dalla presenza del narratore Ivan Petrovic, che per tutto il romanzo si sposta frenetico da una casa all'altra, fungendo da testimone oculare e, alla fine, da vero e proprio deus ex machina. In questa figura si manifesta il tormento di Dostoevskij, giunto al punto di svolta della propria creatività e alla ricerca di un nuovo modello di narratore.
Siamo tutti d'accordo (almeno a parole) sul fatto che la Grecia antica sia la madre della civiltà occidentale: "le nostre radici sono greche" si dice comunemente. Ma che cosa significano esattamente queste metafore? In che senso, e in che modo, la Grecia di Pericle e di Alessandro Magno ci è "madre"? "Siamo tutti greci" racconta l'attualità dell'antico in una prospettiva completamente diversa da quella consueta. L'autore è consapevole di parlare di una civiltà e di una storia vecchie di duemila anni, ma sa bene che la Grecia, pur così lontana da noi, non ci è estranea. Non possiamo, anzi, capire interamente la nostra contemporaneità se non ci confrontiamo con i Greci. La Grecia antica è un luogo popolato di idee, storie, immagini che raccontano l'uomo e l'umano. "Dobbiamo andarci, con la mente e con il cuore, perché in pochi altri luoghi (forse in nessuno) possiamo trovare tanta verità e bellezza; e dobbiamo andarci con la consapevolezza che si tratta di camminare a ritroso per molti secoli. Ma quando ci arriviamo e ci guardiamo attorno, ci rendiamo conto che molto di quel che vediamo ce l'avevamo già dentro. Possiamo quindi tornare al presente con la certezza che laggiù, in Grecia, c'eravamo già stati. Siamo tutti greci, infatti". Età di lettura: da 12 anni.
Fin dall'antichità esiste una tensione tra il modo in cui le città sono costruite e la capacità delle persone di abitarle. Oggi la maggior parte della popolazione mondiale abita in città. In uno studio urbanistico che chiude la trilogia dell'homo faber nella società, dopo «L'uomo artigiano» e «Insieme», Richard Sennett mostra come Parigi, Barcellona e New York hanno assunto la loro forma moderna e ci guida nei luoghi che sono l'emblema della contemporaneità, dalle periferie di Medellín in Colombia al quartier generale di Google a Manhattan. E denuncia la diffusione globale della "città chiusa" - segregata, irreggimentata e sottoposta a un controllo antidemocratico -, che dal Nord del mondo ha conquistato il Sud del mondo e i suoi agglomerati urbani in mostruosa espansione. Secondo Sennett, esiste un altro modo di costruire e abitare le città. Nella "città aperta" i cittadini mettono in gioco attivamente le proprie differenze e creano un'interazione virtuosa con le forme urbane. Per costruire e abitare questa città, occorre «praticare un certo tipo di modestia: vivere uno tra molti, coinvolto in un mondo che non rispecchia soltanto se stesso. Vivere uno tra molti, nelle parole di Robert Venturi, permette "la ricchezza di significati anziché la chiarezza di significato". Questa è l'etica della città aperta».
La narrazione biblica dell'Esodo - dall'Egitto al deserto e alla terra promessa - è stata interpretata per secoli come una grande metafora dei processi di liberazione e rivoluzione. L'Esodo è una grande "storia", la cui eco ha reso possibile il racconto di altre "storie politiche", da Savonarola a Calvino, da Cromwell e i puritani alla Teologia della liberazione. Michael Walzer, uno dei maggiori filosofi politici americani, presenta in questo libro affascinante il suo commento al testo: decifra la famiglia di "significati" dell'Esodo proiettando una luce nuova su questa importante tradizione del radicalismo politico. Walzer discute la natura dell'oppressione (Egitto), i dilemmi dell'affrancamento come apprendimento della libertà (le mormorazioni nel deserto), il ruolo delle scelte individuali per il contratto sociale che definisce diritti, doveri e regole per la vita collettiva (l'alleanza) e, infine, la natura della terra promessa. Contro l'immagine canonica del messianismo politico, che interpreta la terra promessa come il paradiso della società perfetta, Walzer ritiene invece che l'Esodo sostenga una soluzione più sobria. La terra promessa è "semplicemente" un posto dove vivere migliore dell'Egitto. Senza dubbio, c'è un posto migliore. Ma la strada che vi conduce attraversa il deserto. E c'è un solo modo per raggiungerla: prenderci per mano e marciare.
La vita non è facile se sei un'attrice quarantenne alle prese con la concorrenza delle nuove leve. Valeria Falcón è una figura stimata nell'ambiente teatrale di Madrid, ma non ha mai davvero sfondato. Ora però sta per avere la sua grande occasione: reciterà nell'adattamento di «Eva contro Eva», la celebre pellicola degli anni cinquanta con Bette Davis e Anne Baxter. Interpreterà Margo Channing, un'attrice matura che dall'oggi al domani si vede scavalcare nella carriera dalla giovane segretaria Eva Harrington. Nei panni di Eva ci sarà Natalia de Miguel, una studentessa di recitazione che si è trasferita a casa di Valeria e che sembra non fare distinzione tra una pièce teatrale e un reality show. C'è forse il rischio che il film diventi realtà? Cosa vale di più, l'integrità morale o l'ammirazione del pubblico? Con un audace gioco linguistico, Marta Sanz ci trascina in una girandola di personaggi divisi tra cinismo e rimpianto, e in una riflessione attualissima sull'arte e la finzione, sugli ideali e la necessità di scendere a compromessi.
A dieci anni dall'inizio di una crisi che non è mai davvero finita, è arrivato il momento di ammettere che gli ingranaggi del capitalismo sono difettosi. Certo, l'economia non si è affatto fermata. Ma alla sua crescita corrisponde una concentrazione sempre più pronunciata della ricchezza nelle mani di pochi. La povertà aumenta in tutti i paesi del mondo, la disoccupazione emargina i giovani e la produzione industriale fuori controllo distrugge l'ambiente. Tuttavia, secondo Muhammad Yunus, un nuovo modello economico esiste già e costituisce la risposta all'economia dell'interesse personale e della diseguaglianza. Da quando Yunus ha cominciato ad articolare l'idea di una nuova forma di capitalismo con lo strumento del microcredito e l'esperienza della Grameen Bank, migliaia di organizzazioni non profit in giro per il mondo l'hanno adottata. E hanno introdotto l'energia in milioni di case bengalesi, hanno trasformato migliaia di giovani disoccupati in imprenditori, hanno finanziato imprese gestite da donne negli Stati Uniti, e hanno portato mobilità, protezione e molti altri servizi nelle zone più povere della Francia. Yunus dimostra che eliminare le diseguaglianze create da un capitalismo sfrenato con le risorse della vita di tutti i giorni è possibile. La strategia è semplice. Si tratta di riconoscere l'inganno del capitalismo classico, secondo il quale la natura umana è egoista e orientata anzitutto all'interesse personale, e di prendere parte a un nuovo sistema economico fondato su una visione più realistica, che riconosca nell'altruismo e nella generosità forze altrettanto fondamentali e potenti.
Negli ultimi anni sembra che la politica abbia subito un'inquietante accelerazione. Nei paesi in cui l'adesione di tutti i cittadini al sistema di valori della democrazia era considerata un'ovvietà, il consenso per i partiti di estrema destra e per i populismi aumenta a ogni tornata elettorale. Per di più, la degenerazione del discorso politico è sopravvissuta alla fine della crisi economica. In Europa e negli Stati Uniti, infatti, sono chiari i segni della ripresa eppure la richiesta di costruire muri, di respingere i flussi migratori, di ripristinare misure protezionistiche è sempre più forte da parte dei cittadini. Il legame tra liberalismo e democrazia, spiega Yascha Mounk, non è più così indissolubile come credevamo. Siamo entrati in una nuova era politica, con la quale chi ancora crede nella sovranità del popolo in democrazia dovrà fare i conti. Come dimostra l'elezione di Donald Trump, la divaricazione della cultura dei diritti dal sistema della partecipazione democratica è possibile. Mentre le istituzioni si riempiono di milionari e tecnocrati, i cittadini conservano i propri diritti civili e le proprie libertà economiche, ma vengono esclusi dalla vita politica. D'altra parte, il successo di Orbán in Ungheria, di Erdo?an in Turchia e di Kurz in Austria è il segno di una democrazia che si priva sempre più della capacità di garantire diritti ai propri cittadini e si trasforma in una tirannia della maggioranza.
Alessandro Leogrande è stato un grande intellettuale del nostro tempo. Ha scritto per lottare contro le frontiere e i naufragi, il caporalato e l'ignoranza, la malafede e le ingiustizie. Questo volume raccoglie tutto il lavoro che ha dedicato a Taranto, la sua città. Una città perfetta, come l'ha definita Pasolini nel 1959. Taranto nuova, Taranto vecchia e intorno i due mari. Una città che oggi è soprattutto il dormitorio degli operai dell'Ilva, la cattedrale del deserto che fa dei suoi lavoratori le cavie di nuovi rapporti di lavoro, nei quali la frattura sociale si allarga sempre di più, mentre i diritti sono sempre più difficili da difendere.
A maggio 2018 «A Panda piace», il personaggio più famoso del fumettista Giacomo Bevilacqua, compirà 10 anni. Questo libro non vuole essere una semplice celebrazione del personaggio. Questo libro vuole essere un nuovo punto di partenza. Le strisce di «A Panda piace» nate sul web nel 2008 sono delle strisce nate e pensate per la rete, non per la carta. Per la prima volta in 10 anni, Panda vivrà le sue primissime avventure (aggiungendone di nuove) in maniera del tutto inedita. Giocherà con il fumetto andando oltre la vignetta, oltre il formato e, talvolta oltre la carta stessa. Tutte le strisce sono completamente ripensate, ridisegnate e riadattate dall'autore, per la carta, in questo modo sia i vecchi lettori affezionati che quelli nuovi, anche più piccoli, non avranno idea di cosa aspettarsi ad ogni pagina. Un libro-sorpresa in piena regola, con vignette nuove e vignette "rimasterizzate", in cui Panda, finalmente, potrà sbizzarrirsi come più gli aggrada...E totalmente a colori, nonostante sia un animale in bianco e nero.
Grecia non vuol dire soltanto isole, a portata di traghetto dall'Italia c'è un bell'angolo di Europa da scoprire: l'Epiro, i panorami della Zagoria, l'Etolia-Acarnania, i paesaggi della Stereá Elláda, la Macedonia, la Tracia, la Calcidica, la Tessaglia, il Pelio, il Peloponneso, i gioielli bizantini di Monemvasià e Mistra, Sparta, Nauplia. Luoghi carichi di storia e fascino. Vi porteremo per mano a conoscere i gioielli della penisola greca: dall'Acropoli di Atene al monastero di Ósios Loukàs fino a quelli delle Meteore, da Delfi al monte Olimpo.