Ciascuno di noi ha due vite, e la seconda comincia proprio nel momento in cui realizziamo di averne solo una. Dopo "Essere o vivere", François Jullien ritorna con un saggio che analizza quel fondamentale momento di rottura in cui, mentre esistiamo, all'improvviso diventiamo pienamente consci di essere vivi. È l'inizio di una nuova vita, che germoglia dentro la vita stessa. Ed è anche un grande colpo di fortuna. Jullien comincia questo percorso filosofico ed esistenziale a partire da una considerazione tanto semplice da sembrare ovvia: a mano a mano che il tempo passa e la vita avanza, perché scegliamo di continuare a vivere? Una domanda universale, valida per tutti. Eppure, una domanda dalle mille risposte, spaventosamente enigmatica. La saggezza cinese, capace di pensare l'immanenza e la trasformazione, ma anche i "Dialoghi" di Platone sono i punti cardinali di Jullien, che ci guida lungo un percorso di consapevolezza, senza accontentarsi mai di risposte banali, e cerca una comprensione più alta e più ambiziosa, in grado di conquistare il senso della nostra seconda vita. La seconda vita si trova proprio qui, nel mezzo del tempo quotidiano della vita ordinaria. Per conquistarla dobbiamo innanzitutto interrogarci sulle certezze che consideriamo verità. Non le verità della scienza, ma quelle della vita di tutti i giorni, che diamo per scontate. E magari metterle alla prova, rimetterle in discussione alla luce della nostra esperienza. Allora scopriremo che alcune certezze sono negative e ottenebranti, e che la vita è apertura, è infinita pienezza di possibilità. Uno sguardo a questo nuovo orizzonte e possiamo cominciare a vivere davvero.
Accanto alle varie interpretazioni filosofiche di questo enigmatico classico esiste da sempre in Cina una tradizione oracolare che si rifà alle immagini sciamaniche del testo, rifuggendo da letture precostituite. Su tale base, il contenuto immaginale del libro acquista senso specifico nel dialogo con la domanda e la situazione del consultante, così come accade nell'interpretazione di un sogno. La polivalenza di significato dei caratteri e l'assenza di struttura grammaticale danno ai testi cinesi più antichi una fluidità di senso sconosciuta alle lingue occidentali, ragione per cui ogni traduzione è inevitabilmente una restrizione della loro ricchezza semantica. La presente traduzione dell'"I Ching" si serve di accorgimenti particolari per ovviare a questa limitazione: un'unica parola italiana restituisce ogni carattere cinese, evidenziandone un nucleo semantico; a essa però si affianca l'intera gamma dei significati del carattere, in modo tale che chiunque possa accedere all'intero spettro semantico che un lettore cinese coglie immediatamente.
Lei, la ragazza, è un'aspirante modella che si guadagna da vivere come può. Lui, Milo One Way Montero, è un pugile che conosce una sola direzione, andare avanti, e che andando avanti ha conquistato il titolo di campione del mondo. I due si incontrano, si annusano, si perdono. Quando si ritrovano, lui porta sulle spalle il peso di una bruciante sconfitta e di un'operazione all'occhio che lo ha reso più fragile; lei sembra pronta a farsi custode di quest'inedita fragilità. Parlano la stessa lingua, una lingua fatta di corpi che si intrecciano, di frasi scarne, ma soprattutto di gesti: lei copre con la mano l'occhio di lui, lui fa altrettanto con quello di lei. «Mi vedi?» si chiedono. E finché continuano a vedersi - malgrado le paure di lui, malgrado l'inafferrabilità di lei - il resto è solo rumore di fondo. Ma quel rumore c'è, e interferisce. C'è la provincia post-industriale italiana che Milo si è lasciato alle spalle. C'è il grande ritorno sul ring da preparare con il sostegno di un intero clan. E c'è Irene, la sorella di Milo, che gestisce l'impero economico nato attorno al brand One Way, ed è pronta ad andare contro chiunque minacci di ostacolarla o anche soltanto di intromettersi. A osservare il clan Montero, Leo Ruffo, giovane scrittore ingaggiato da Irene per raccontare la vita del campione. E il biografo allora diventa confidente, testimone di quanto accade dentro e fuori dal ring. Ma da che parte stare? Da quella di Irene, disposta a tutto pur di tenersi stretti la ricchezza e i privilegi faticosamente conquistati? O da quella della ragazza, che adesso cerca redenzione e giustizia attraverso la vendetta?
Febbraio 1862, la Guerra civile è iniziata da un anno, e il presidente degli Stati Uniti, Abraham Lincoln, è alle prese con ciò che sta assumendo tutti i contorni di una catastrofe. Nel frattempo Willie, il figlio prediletto di undici anni, si ammala gravemente e muore. Verrà sepolto a Washington, nel cimitero di Georgetown. A partire da questa scheggia di verità storica - i giornali dell'epoca raccontano che Lincoln si recò nella cripta e aprì la bara per abbracciare il figlio morto - Saunders mette in scena un inedito Aldilà romanzesco popolato di anime in stallo. Il Bardo del titolo, un riferimento al «Libro tibetano dei morti», allude al momento di passaggio in cui la coscienza è sospesa tra la morte e la prossima vita. È questo il limbo in cui si aggirano moltitudini di creature ancora troppo attaccate all'esistenza precedente, come Willie, che non riesce a separarsi dal padre, e il padre, che non riesce a separarsi dal figlio. Accompagnati da tre improbabili guide di ascendenza dantesca, assisteremo allo sconvolgimento prodotto nel mondo di queste anime perse dall'arrivo di Willie Lincoln, che è morto e non lo sa, e di suo padre, il presidente, che è come morto ma deve vivere per il bene del proprio paese. Sentiremo le voci - petulanti, nostalgiche, stizzose, accorate - degli spiriti e il controcanto della storia. Leggeremo nei pensieri di Lincoln e nella mente di suo figlio, uniti da un amore che trascende il dolore e il distacco fisico. Il romanzo si svolge in una sola notte, eppure abbraccia le epoche e arriva fino a noi, spaziando in un territorio dove tutto è possibile, dove la logica convive con l'assurdo, le vicende vere con quelle inventate, dove tragedia e farsa non sono due categorie distinte e separate ma un'unica realtà indifferenziata e contraddittoria, che proprio per questo appare spaventosa e viene negata. Come si può vivere, amare e compiere grandi imprese, sapendo che tutto finisce nel nulla?
Un'ironica meditazione sul destino e sul senso della fine, una critica feroce della Cina contemporanea, fra comunismo e ipercapitalismo. Yang Fei esce di casa una mattina e trova una nebbia fitta mista a una strana neve luminosa: è in ritardo per la sua cremazione. Inizia così il viaggio nell'Aldilà di un uomo vissuto, troppo brevemente, nella Cina del capitalismo socialista e delle sue aberranti contraddizioni. In un'avventura di sette giorni, il protagonista incontrerà persone care smarrite da tempo, imparando nuove cose di loro e di se stesso. Conoscenti e sconosciuti gli racconteranno, poi, la propria storia nell'inferno vero, l'Aldiquà: demolizioni forzate, corruzione, tangenti, feti buttati nel fiume come rifiuti, miriadi di poveracci che pullulano in bunker sotterranei come formiche, traffico di organi, consumismo sfrenato... La morte livella finalmente le diseguaglianze, svelando l'essenziale, e i cittadini di questa necropoli soave uscita dalla penna di Yu Hua ci insegnano tutta la semplicità dell'amore.
«Questo libro non è un tentativo di prevedere il futuro. Questo libro è un tentativo di sbloccare il futuro». E per sbloccare il futuro, scrive Rutger Bregman, bisogna tornare alle utopie. Di fronte al ritorno dei nazionalismi, al divario sempre più ampio tra ricchi e poveri e allo stress che il carico di lavoro porta ogni giorno nelle nostre vite, siamo costretti a riconoscere che le nostre aspettative sullo sviluppo liberale della società occidentale si sono drammaticamente consumate, lasciandoci di fronte alla dura verità: senza utopie, tutto quello che resta è un presente senza orizzonte, il presente immobile e sterile della tecnocrazia. Ma quali sono le utopie di cui abbiamo bisogno per rilanciare la politica e trovare la strategia per una convivenza sostenibile? Secondo Bregman, è arrivato il tempo di ridurre consumi e ore di lavoro, di aprire i confini degli stati e combattere sul serio la povertà, di concedere a tutti un reddito minimo, sottraendolo alle vuote retoriche populiste che si stanno impadronendo del dibattito mediatico in tutto il mondo democratico. "Oggi la pressione e il lavoro eccessivo sono diventati uno status symbol. Avere un po' di tempo libero è considerato come essere disoccupati, non come la scelta intelligente di anteporre la vita al lavoro". Per vivere meglio, secondo Bregman, basterebbe lavorare meno. Ma come si potrebbe sopravvivere? Concedendo a tutti il reddito di base. Un pensiero utopico, che in Olanda ha dato vita a un movimento per il reddito minimo, catturando l'attenzione dei media internazionali. D'altra parte, non si tratta di un'idea nuova né stravagante: "Da troppo tempo ci alleniamo a combattere, non a divertirci", scriveva John Maynard Keynes nel 1930.
Dopo vent'anni, una donna torna da dove era scappata in seguito a una terribile disgrazia. Ma quella che torna è una donna diversa. La sua figura, gli occhi, persino la voce sono diversi. Neanche il suo nome è più lo stesso. La riconoscerà chi la amava all'epoca? Lui la riconoscerà? Mary Lohan, Marilé Lauría o María Elena Pujol - quella che è, quella che era, quella che è stata a volte - torna nei sobborghi di Buenos Aires dove vent'anni prima aveva una famiglia, fino a quando non decise di scappare. Ancora non capisce perché ha accettato di tornare a quel passato che si era riproposta di lasciarsi per sempre alle spalle. Però, mentre lo capisce, fra incontri attesi e rivelazioni inaspettate, comprenderà anche che a volte la vita non è né destino né casualità e che forse il suo ritorno non è altro che un piccolo colpo di fortuna.
Due fratelli crescono in un mondo che suona loro incomprensibile a loro che sono bambini e intollerabile agli adulti: la cittadina di Liuzhen è sconvolta dalla Rivoluzione culturale. La follia non ha limiti, ha un colore, però, il rosso delle bandiere, delle spillette di Mao e del sangue. Yu Hua racconta una storia palpitante che sgretola l'idea grigia di collettività come una massa indistinta, inscenando una commedia tutta cinese e una tragedia umana disarmante. Brothers è un mondo che travolge e risucchia, dove l'orrore più osceno si stempera nella risata più liberatoria e le passioni che fanno grandi gli uomini coesistono con le loro piccolezze. Il ruggito grandioso dell'oceano di notte, il trionfo incontenibile della primavera, un uomo e una donna che si amano teneramente. Una pazza che corre nuda nella campagna, un professore ucciso a bastonate e un disgraziato che spia il didietro delle donne. E due bambini, di fronte a questo mondo indecifrabile, stanno a guardare con il moccio al naso.
Continua il dialogo tra Miriàm e Iosèf. Continua con il loro esilio in Egitto, il bambino carico di doni e di pericoli. Oro, incenso, mirra e scannatori di Erode, il Nilo e il Giordano, la falegnameria e la croce: la famiglia più raffigurata del mondo affronta lo sbaraglio prestabilito. In ogni nuova creatura si cercano somiglianze per vedere in lei un precedente conosciuto. Invece è meravigliosamente nuova e sconosciuta. Ogni nuova creatura ha la faccia delle nuvole.
Si incontrano una sera di ottobre, davanti a un teatro. Lui, rientrato da Londra, insegna recitazione a un gruppo di anziani. Lei lavora in un'agenzia di viaggi. Dal fascino indecifrabile di Teresa Nino è confuso e turbato. Starle accanto lo costringe a pensare, a farsi e a fare domande, che via via acquisiscono altezza e spessore. Al di là dell'attrazione fisica, coglie in lei un enorme mistero, portato con semplicità e scioltezza. L'uno guarda l'altra come in uno specchio, che di entrambi riflette e scompone le scelte, le ambizioni, le inquietudini. Tanto Nino è figlio del suo tempo (molte passioni spente, nessuna tensione ideologica), tanto Teresa, con il suo segreto, sembra andare oltre. Ostaggi di un mondo invecchiato, si lanciano insieme verso un sentimento nuovo, come si trattasse di un patto, di una scommessa. Accade sotto lo sguardo lungo e partecipe di Grazia, zia di Teresa e insegnante di teatro di Nino, attore giovane allo sbando. Proprio mentre crescono l'attesa e il desiderio, Grazia esce di scena, creando una sorta di "dopo" che rilegge l'intera vicenda di Nino e Teresa, il loro cercarsi là dove sono più profondamente diversi.