Terribile e dolcissimo, enigmatico e sapiente: chi viene evocato in questo libro è il grande esiliato della coscienza contemporanea, il padre. In tutti i sensi in cui si voglia intendere questa figura così inattuale: il Dio Padre religioso, punto di riferimento di chiunque cerchi con ostinazione e umiltà il senso della propria vita; oppure il padre spirituale, àncora di conforto, confidenza, consiglio, quello che per Alda Merini fu la figura straordinaria di David Maria Turoldo, «un prete che diradava le tenebre, che accarezzava quelle carni rese putride dalla distanza, un prete che era la memoria». Il padre rappresenta simbolicamente l'origine e, nello stesso tempo, il Nulla a cui tutto tende. Lo cerchiamo senza saperlo, come ciechi o sonnambuli, a volte ce ne separiamo con rabbia e superbia, o lo dimentichiamo con insipiente vanità. Ma lui non ci lascia mai, e a noi non è concesso di lasciarlo, sembrano suggerirci questi versi, a tratti visionari e dolenti, ancora una volta di straordinaria potenza espressiva. Rovesciando i termini del rapporto filiale, la poetessa si chiede infatti: «Ma non è l¿uomo che sostiene Dio e , come un eterno Anchise, se lo porta sulle spalle e gli fa attraversare quel fondo di infinita solitudine che è la vita?» Quasi un destino che è impossibile sfuggire o esorcizzare. Un libro toccante che non consola né rassicura, ma interroga con muta insistenza le nostre coscienze di uomini moderni che credono di non avere più bisogno né di santità né, tantomeno, di un padre.
“Conosci te stesso”, dicevano gli antichi: e la vera autoconoscenza incomincia - secondo Igor Sibaldi - quando ci si accorge che in ognuno di noi vive un io molto più grande di quello che, nella vita quotidiana, riusciamo a esprimere. Ed è un io nuovo, entusiasmante, dotato di immensa energia creativa: i Testi Sacri lo [...]“Conosci te stesso”, dicevano gli antichi: e la vera autoconoscenza incomincia - secondo Igor Sibaldi - quando ci si accorge che in ognuno di noi vive un io molto più grande di quello che, nella vita quotidiana, riusciamo a esprimere. Ed è un io nuovo, entusiasmante, dotato di immensa energia creativa: i Testi Sacri lo chiamano il “Figlio dell’uomo”, perché davvero costituisce un’ulteriore fase evolutiva dell’umanità. Ciò che lo nasconde ai nostri occhi sono i traumi, i condizionamenti che abbiamo subìto fin da bambini, le nostre obbedienze agli altri, la paura di lasciarci alle spalle ciò che per gli altri è “normalità”. Per scoprire e imparare a essere questo io straordinario, occorre una psicologia anch’essa radicalmente nuova, che insegni non tanto a risolvere quanto piuttosto a superare i nostri problemi più profondi e ciò che li ha determinati: non, cioè, ad adattarsi, a rassegnarsi al mondo così com’è, ma a comprenderlo e a cambiarlo. Prendendo come punto di partenza le più audaci ipotesi junghiane, Sibaldi costruisce e spiega questa psicologia del cambiamento: individua le “funzioni”, le capacità fondamentali della mente e della personalità (quelle da cui dipende ciò che comunemente si chiama “il nostro destino”), indica il modo di ridestarle, di liberarle e, soprattutto, di guardare al di là di ciascuna di esse - verso quelle superiori forme di energia psichica attraverso le quali noi stessi scegliamo cosa far accadere nella nostra vita, e cosa no. Esplorare così le vie che, all’interno della nostra psiche, dietro i nostri pensieri e sentimenti, conducono verso quell’io più grande, è d’altra parte il compito che da sempre si sono proposte le grandi religioni: Sibaldi trova in queste ultime i suoi veri maestri, riscoprendone le idee nei testi originali, e trasformando ciò che solitamente è puro “oggetto di fede” in stimolo a una concretissima analisi delle potenzialità della psiche. Da qui il suo stile, al tempo stesso estremamente razionale e fortemente caratterizzato da elementi di immaginazione, di mito.
Durante la sua terza missione in Iraq, Logan Thibault, soldato del corpo dei marines, trova nella sabbia la foto di una giovane donna: una bionda sorridente con maliziosi occhi verde giada. Il suo primo istinto è quello di gettarla via. Poi, immaginando che qualcuno la stia cercando, decide di portarla al campo. Dopo alcuni giorni la fotografia è ancora lì: seguendo l'istinto Logan la infila in tasca e da quel momento non se ne separa più. Ben presto la fortuna bussa alla sua porta: dopo una sorprendente vincita a poker, sopravvive miracolosamente a una granata che uccide due dei suoi più cari compagni. Solo il suo migliore amico, Victor, sembra avere una spiegazione per quell'improvvisa buona sorte: la fotografia è il suo amuleto. Tornato in Colorado, Logan non può fare a meno di pensare alla misteriosa donna ritratta nella foto. Convinto di avere con lei un debito, intraprende un lungo viaggio attraverso gli Stati Uniti per rintracciarla. Non può certo immaginare che Elizabeth, la donna forte ma vulnerabile che infine incontrerà a Hampton, nel North Carolina, sia anche la persona che ha atteso per tutta l'esistenza. Travolto dall'attrazione che prova per lei, Logan non fa alcun accenno al suo "portafortuna". Lui ed Elizabeth si trovano coinvolti in un'appassionante storia d'amore, ma il segreto che li separa minaccia di compromettere irrimediabilmente non solo il loro rapporto, ma anche le loro vite.
Straordinario romanzo sulla forza dell'amore materno, Il dono è il nuovo, piccolo capolavoro dell'autrice di Amatissima e, quasi ne fosse il preludio, è ambientato due secoli prima, alla fine del Seicento, quando il commercio degli schiavi era solo agli inizi, e nell'America ancora incontaminata e selvaggia regnavano violenti contrasti religiosi e di classe, pregiudizi e oppressioni. Florens è una ragazzina con "le mani da schiava e i piedi di una signora portoghese", sa leggere e scrivere, le piacciono le scarpe dei grandi, ama con trasporto sua madre e vive in una squallida capanna. È figlia di una schiava, e forse del padrone, proprietario di una piantagione nel Maryland cattolico. Un giorno nella fattoria giunge Jacob, commerciante e avventuriero anglo-olandese con una piccola proprietà nell'aspro Nord, che è passato a riscuotere un debito. Il padrone gli offre la schiava, ma in un attimo lei, che ha colto negli occhi dell'uomo un lampo di bontà, lo convince a prendersi la piccola Florens, certa che avrà un futuro migliore. Malgrado la riluttanza a trattare "carne umana", Jacob accetta la bambina come indennizzo e la porta con sé. Da quel giorno e per tutta la vita, Florens cercherà invano di colmare il vuoto dell'abbandono materno con l'amore di altri: prima quello di Lina, un'altra serva nella tenuta del nuovo padrone, la cui tribù è stata sterminata dal vaiolo; quello della loro padrona, Rebekka, a sua volta vittima dell'intolleranza religiosa in Inghilterra; di Sorrow, una strana ragazza che ha trascorso l'infanzia in mare; e poi, diventata grande, quello di un fabbro, forte e libero, africano che non ha mai conosciuto la schiavitù. Ma Florens ignorerà sempre che quell'abbandono non è stato altro che un gesto di mi sericordia, un atto di salvezza, l'estremo straziante dono di sua madre.
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Fu a nove anni che Liesel iniziò la sua brillante carriera di ladra. Certo, aveva fame e rubava mele, ma quello a cui teneva veramente erano i libri, e più che rubarli li salvava. Il primo fu quello caduto nella neve accanto alla tomba dove era stato appena seppellito il suo fratellino. Stavano andando a Molching, vicino a Monaco, dove li aspettavano i loro genitori adottivi. Il secondo, invece, lo sottrasse al fuoco di uno dei tanti roghi accesi dai nazisti. A loro piaceva bruciare tutto: case, negozi, sinagoghe, persone... Piano piano, con il tempo ne raccolse una quindicina, e quando affidò la propria storia alla carta si domandò quando esattamente la parola scritta avesse incominciato a significare non solamente qualcosa, ma tutto. Accadde forse quando vide per la prima volta la libreria della moglie del sindaco, un'intera stanza ricolma di volumi? Quando arrivò nella sua via Max Vandenburg, ex pugile ma ancora lottatore, portandosi dietro il "Mein Kampf" e infinite sofferenze? Quando iniziò a leggere per gli altri nei rifugi antiaerei? Quando s'infilò in una colonna di ebrei in marcia verso Dachau? Ma forse queste erano domande oziose, e ciò che realmente importava era la catena di pagine che univa tante persone etichettate come ebree, sovversive o ariane, e invece erano solo poveri esseri legati da spettri, silenzi e segreti.
Adrienne ha tre figli e vari nipotini. Sa che viene generalmente considerata una signora tranquilla e prevedibile, persino un po' ingenua, e di solito fingere di adeguarsi a questo stereotipo la diverte. Ma quando la figlia Amanda cade in una profondissima depressione dopo la morte del marito, lei decide di rivelarle un segreto a lungo taciuto per non minare quell'immagine rassicurante alla base del loro equilibrio famigliare. Così, seduta al tavolo di cucina, una sera le racconta di quando, quattordici anni prima, aveva sostituito un'amica nella gestione di una locanda sull'oceano e in quei pochi giorni strappati alla quotidianità aveva fatto un'esperienza che le aveva cambiato la vita. Dicembre 1988: in un'isoletta del North Carolina si incrociano i destini di Paul e Adrienne, due persone che stanno faticosamente raccogliendo i frammenti delle proprie esistenze. Soli in quel luogo appartato che sta per essere investito da un uragano, mentre il vento si fa sempre più impetuoso, i due entrano in confidenza. Riscoprono così la semplice felicità della comunione con un altro essere umano, ma soprattutto vedono via via accendersi il desiderio reciproco, abbandonandosi infine all'amore...
"Mistica d'amore" riunisce cinque opere di ispirazione religiosa composte da Alda Merini fra il 2000 e il 2007, racconti poetici che hanno per protagonisti le figure fondamentali della fede cristiana. Le pagine di "Corpo d'amore" indagano l'enigma di Gesù e il potere del suo amore per gli uomini, "fiamma che sciolse tutti i ghiacciai dell'universo". Riflessioni riprese nel "Poema della croce", al centro del quale si staglia il teatro della crocifissione, il luogo terribile dove il dolore di Dio e quello dell'uomo convergono e la pietà e la speranza sembrano bandite per sempre. In "Magnificat", una Vergine Maria fragile e umanissima rivive il suo smarrimento di fronte al mistero della divinità del figlio e, in "Cantico dei Vangeli", Pietro, Giovanni, Giuda, Pilato, Maria Maddalena intessono con Gesù un dialogo intenso, ciascuno con accenti diversi - pensosi, drammatici o intimi. In "Francesco", infine, il santo di Assisi ripercorre, in un monologo che è a un tempo confessione e preghiera, le tappe fondamentali della sua vita, dalla rinuncia ai beni del padre all'attesa della morte. Ne risulta un unico canto di amore mistico, dove poesia e professione di fede si intrecciano in versi di potente suggestione e grande forza espressiva.
Nel paesaggio di acqua e nebbie della Bassa, il commissario Soneri si trova a suo agio. Insieme con gli anziani del posto è tra i pochi a conoscere quel tratto del Po, a sapersi muovere tra gli argini, le golene, i casolari sparsi in una terra che ormai sembra abitata da fantasmi. E dove invece le cose stanno cambiando: slavi che pescano il pesce siluro e forse trafficano con le armi; speculatori che rubano la sabbia dal letto del fiume; ragazzi sbandati senza un futuro; una banda che rapina i bancomat con l'esplosivo... Stavolta però succede anche di peggio: nel giro di un giorno spuntano due cadaveri. Il primo, come presto viene appurato, è di un giovane ungherese. Rinvenuto nel fango con un foro di proiettile in testa. Il secondo è dell'ex comandante partigiano Libero Manotti, morto di vecchiaia, di solitudine, di abbandono nella sua casa isolata in mezzo ai pioppi. Due storie diverse, eppure legate da un filo: Soneri ci mette un po' a trovarlo, avviando un'indagine che lo porta a scavare nel rivolo ambiguo del nuovo terrorismo rosso, ma anche nel passato, al tempo dell'occupazione tedesca. E che lo mette drammaticamente a confronto con alcuni, indimenticabili personaggi del fiume: il Nocio, marinaio d'acqua dolce dalla scorza ruvida e dall'animo nobile; la stagionata Gina, che tuttavia all'amore non rinuncia; il vecchio Lumén, che sulla sua sedia a rotelle esce solo con il buio, perché così la realtà gli pare meno brutta; Carega, maestro in pensione con la saggezza di un filosofo.
Senza rendercene conto, nel corso degli anni diventiamo adulti rischiando di soffocare la parte geniale e infantile di noi, e tutti i desideri più profondi che animano la nostra esistenza. Attraverso un racconto che affonda le radici nel mito, questo libro ci guida alla riscoperta del nostro Bambino interiore, e alla rinascita della parte migliore di noi. Per questo l'autore narra di Dei e di uomini coinvolti in vicende atroci: storie di genitori che tradiscono i figli, e di figli che lottano per non morire, o per rinascere - o che, semplicemente, si arrendono per sconforto o per amore. Nelle storie sacre greche ed ebraiche (da Tantalo fino a Cristo) si rivela una struttura fondamentale della personalità: la tensione tra l'io e il Bambino interiore. La perdita di quest'ultimo distrugge ogni senso di originalità e di libertà, e atrofizza quella forza di desiderare e di crescere di cui il Bambino è simbolo. Come si manifesta la sindrome? Come si può guarire da questa nevrosi? Invece di costruire ipotesi interpretative, l'autore narra quali furono i sentimenti e le riflessioni di Zeus sul crimine di Tantalo. Racconta perché Minosse costruì il Labirinto, e che cosa provava nel Labirinto suo figlio, il Minotauro, ingiustamente ritenuto crudele e mostruoso. E delinea la "terapia" della sindrome del figlicidio nel mito di Demetra, che si ribella all'Olimpo per ritrovare la sua Bambina rapita.
Questo libro nasce dal ritrovamento, dopo più di trent'anni, di una serie di fogli scritti da Alda Merini nel lungo periodo di internamento in ospedale psichiatrico, quasi un decennio a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta. Si tratta di lettere, poesie, pagine di diario indirizzate in gran parte al dottor G, ovvero Enzo Cabrici, il neuropsichiatra che l'aveva presa in cura e che firma la prefazione al volume. L'esperienza del manicomio è stata centrale non solo nell'esistenza, ma anche per l'opera di Alda Merini la quale, dopo essere stata restituita alla sua famiglia e al suo mondo, ha avviato una riflessione sulla vita all'interno dell'istituto che ha prodotto liriche e prose di grande intensità. Le pagine contenute in questo testo - scritte di getto, su suggerimento degli stessi medici - illuminano invece il percorso di Alda Merini nell'intervallo in cui il processo creativo si era interrotto a causa della malattia: la sofferenza angosciosa, gli incubi prodotti dalle pesanti terapie, la nostalgia delle figlie, la gratitudine per i segni d'amore ricevuti da qualche compagno di sventura e soprattutto, la fiducia nell'uomo "dolce e romantico", vestito dal camice bianco, che le ha restituito il dono salvifico della poesia.