"La mostra che inauguriamo ai Musei capitolini porta all'attenzione del pubblico quello stupefacente periodo, uno dei più fecondi della cultura romana, che vide alla fine del quattrocento il tessuto dell'élite culturale e politica attraversato da un grande fermento umanistico, propugnato dagli intellettuali, ma fortemente controllato da una curia romana che interpreta sé stessa come nuova Atene. Il filo conduttore dell'esposizione è il tentativo di riconoscere nelle lettere e nelle arti dell'epoca quella memoria della Roma antica, repubblicana e imperiale, sulla base della quale la Chiesa andava delineando il proprio "rinascimento" politico e religioso. I protagonisti della mostra, già indicati nell'intrigante titolo "Pintoricchio pittore dei Borgia. Il mistero svelato di Giulia Farnese", sono Bernardino di Betto, detto il Pintoricchio (Perugia c. 1454 - Siena 1513), uno degli artisti più estrosi del nostro Rinascimento, "occhio di gazza" come lo definì magistralmente Lionello Venturi già nel 1913, e il neoeletto papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia, 1492-1503), notissima e controversa figura di pontefice che ebbe, tuttavia, tra i suoi meriti quello di richiamare a Roma l'artista umbro a decorare il suo nuovo appartamento in Vaticano. Il Pintoricchio fu un artista protagonista del suo tempo capace di affrontare tutti i nodi centrali della pittura italiana del quattrocento. Si cimentò, infatti, proponendo nuove soluzioni precorritrici di promettenti sviluppi, nella prospettiva lineare, nella pittura di paesaggio, nella pittura di storia, nella pittura di volte e soffitti, nello studio dell'antico. In tutti questi campi il Pintoricchio si dimostra spigliato, originale e anticonvenzionale; usando la felice espressione di Claudio Strinati, Bernardino di Betto fu il pittore del "tenue gigantismo", capace, nelle sue opere più riuscite, di dilatare in registri quasi monumentali il calligrafico miniaturismo, spesso considerato un suo limite, e di avvicinarsi con sguardo consapevole e moderno alla lezione dell'antichità classica." (Dall'Introduzione di Cristina Acidini e Francesco Buranelli). Prefazione di Claudio Parisi Presicce e Claudio Folena.
"Organizzare mostre d'arte per condividere con il pubblico la bellezza di opere dell'ingegno costituisce, sempre, motivo di grande soddisfazione. Quando poi accade che queste opere, ritenute ormai scomparse, naufragate per sempre nel mare dell'oblio, si stagliano nuovamente all'orizzonte, in tutta la loro bellezza, alla soddisfazione si aggiunge la gioia. Perché evoca, molto da vicino, quel ritrovamento di un tempo perduto, di proustiana memoria, da cui ricominciare a costruire una storia a partire proprio da dove si era interrotta. Una analessi che ripercorre quel pezzo mancante di tempo per ritrovare la continuità di una narrazione che ogni opera, ogni dipinto, ogni scultura porta con sé. E scoprire, magari, in quelle stesse opere, elementi nuovi, particolari inediti che aggiungono, al racconto storico, ricchezza ulteriore. La mostra organizzata ai Musei Capitolini di "bellezze ritrovate", di cui questo catalogo è testimone attento, è articolata in tre sezioni per distinguere la causa che ne aveva determinato la scomparsa dal panorama pubblico: opere salvate dalle zone terremotate, opere danneggiate dalle guerre, opere recuperate dai furti. Scenari diversi per un unico attore, l'uomo, che nel mondo dell'arte agisce. Nel bene e nel male. E fra questi, è a coloro che nel bene, e per il bene dell'arte si adoperano, mettendo tutto l'impegno e la dedizione per la ricomposizione e ricostruzione del nostro patrimonio culturale, che va tutta la nostra gratitudine. Nel caso specifico di questa mostra, al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale." (Dalla Prefazione di Claudio Parisi, preside sovrintendente capitolino ai beni culturali). Prefazione di Giuseppe Lepore.
La mostra presenta presenta quattro dipinti, o meglio due coppie di dipinti messi a confronto, due di certa mano caravaggesca e gli altri copie antiche che ritraggono rispettivamente San Francesco in meditazione e La Flagellazione di Cristo. Il confronto tra due versioni della medesima composizione - sia nel caso di due versioni pressoché identiche, sia nel caso di un originale con la sua copia antica - costituisce un terreno insidioso e appassionante per gli studiosi, in cui gli aspetti storico-artistici e documentari si intrecciano a quelli tecnico-esecutivi e conservativi.
Agosto 1943. L'Europa si sta lacerando. Morto suo padre Boris III in circostanze misteriose, il giovane Simeone, a 6 anni, diventa re dei Bulgari. Il tragico destino di un paese e di un popolo s'incarnerà in questo Re-bambino in un percorso al di fuori del comune. Dopo che una parte della sua famiglia è fucilata dai comunisti, lui deve partire. Saranno i tempi dell'esilio: nel settembre 1946 il re lascia Sofia per Istanbul. Poi vengono l'Egitto, Alessandria e le sue meraviglie, la Spagna, infine, dove la famiglia reale bulgara arriva per ricominciare a vivere. Miracolo della storia, Simeone, che non ha mai perso la speranza, può rientrare nel suo paese 50 anni dopo averlo lasciato. E il ritorno trionfale a Sofia nel maggio 1996, seguito da un impegno politico e dalla vittoria del suo movimento alle elezioni legislative del 2001. Colpo di scena incredibile: il re decaduto diventa primo ministro. Simeone di Bulgaria - di cui la regina Elisabetta, Hussein di Giordania, Hassan del Marocco, Franco, lo Shah d'Iran, Juan Carlos e molti altri hanno incrociato il cammino - ha attraversato il secolo e ha fatto la storia. Con Sébastien de Courtois.
L'apparizione delle prime serie iconografiche dei Sette Sacramenti nell'arte monumentale italiana del Trecento rappresenta un episodio significativo, ma finora poco indagato, della grande vitalità artistica dei secoli del Basso Medioevo. In diversi contesti e con diverse finalità, i committenti dei cicli di Firenze, Napoli, Galatina (Lecce) e Priverno (Latina) si appropriarono del tema - ampiamente discusso dalla trattatistica filosofica e dottrinaria del XII e del XIII secolo, ma non ancora oggetto di sistematico insegnamento da parte della Chiesa - per farne uno strumento di autorappresentazione di alto valore simbolico. Il volume ricostruisce le occasioni e le circostanze in cui i quattro cicli furono ideati, le loro finalità e i rispettivi contesti, in relazione alla progressiva affermazione del tema sacramentario nella comune coscienza religiosa medievale.
L'idea del libro nasce dall'incontro ideale dei bambini con Papa Francesco, un personaggio destinato a colpire la loro fantasia, qualcosa a metà tra il padre e il nonno buono, tra l'amico di famiglia e il super eroe. I bambini che parlano del Papa sono gli alunni del Circolo didattico don Lorenzo Milani di Randazzo un paesino alle pendici dell'Etna, di un'età che va dai sei ai dieci anni. Il loro pensiero riflette una realtà sociale difficile, ma ricca di umanità, lontana dal consumismo dilagante. E in tal modo ci offrono lo spaccato di un universo trascurato o addirittura ignorato dagli gli adulti, sempre indaffarati nelle beghe quotidiane. Ai loro occhi il Papa è un punto di riferimento irrinunciabile, col quale condividono i loro sogni e che, non a caso, viene definito un "incoraggiatore": un termine emblematico del ruolo che dovrebbero avere gli adulti nei confronti dei figli, evitando di trasmettere loro ansie e pessimismo. In questo piccolo libro, grande per i suoi contenuti umani e poetici, i bambini toccano ogni argomento, dal terrorismo, alla povertà, dal problema dell'immigrazione, a quelli connessi alla famiglia, sempre filtrati dall'innocenza infantile. E senza mai perdere di vista il gusto del gioco. In un clima di serenità, nella consapevolezza di aver trovato nel Papa un interlocutore, attento, sensibile e autorevole. Quindi, "Meno male che c'è Francesco"...
Santino Sparti ha unito i saggi di due grandissimi personaggi: Dante Alighieri per la poesia e Carlo V per la politica. Del primo ha trattato "La salvezza degli infedeli" con puntigliose citazioni riferite alle sue opere ed alla teologia medievale, specialmente alla "Stimma Teologica" di S. Tommaso d'Aquino. Dante non potendo accordare il paradiso al troiano Rifeo e all'imperatore romano Traiano, perché pagani, si è illuso poeticamente di collocarli nella terza cantica, dopo avere raccolto dalla tradizione patristica, alcuni gesti della loro genuina religiosità e giustizia. Del secondo ha studiato a fondo la vittoria sui pirati dell'Africa con Carlo V da Tunisi a Messina per Randazzo. Ha elencato le varie tappe dell'imperatore all'interno della Sicilia, intento a raggiungere Bologna dopo avere lasciato la città sicula. L'autore ha svolto il tema con eleganza stilistica, con certosine ricerche archivistiche, anche locali e con i documenti originali di quegli scrittori del Cinquecento, che si sono intrattenuti sulla relativa vittoria. Diverse delle loro opere profumano ancora dell'invenzione della stampa, scoperte nella Biblioteca Apostolica Vaticana.
L'ignoranza genera mostri, e il pregiudizio può produrre gravi danni alla convivenza civile. Giulia Mafai ha deciso di raccogliere questa sfida proponendo un percorso di conoscenza storica ed antropologica. Sicuramente gastronomica. Immaginando di sedere a tavola con il giovane nipote Elia, al quale propone prelibatezze della tradizione ebraica in una trattoria nel Ghetto di Roma, decide di raccontargli le vicende della plurimillenaria comunità romana. Lo fa scegliendo un registro linguistico colloquiale di grande effetto. (GLV) Si dice che Dio creò l'uomo perché gli piaceva ascoltare delle storie, dei racconti, e agli ebrei piace molto raccontare. Tutto in fondo nasce circa cinquemila anni fa dalla più grande e meravigliosa raccolta di storie: la Bibbia. Le disgrazie sono tante, la vita difficile, il tempo lento a passare ma bisogna andare avanti, stare insieme, parlare, discutere, litigare, convivere, tenersi compagnia. Si dice che due ebrei hanno tre opinioni e sono dei gran chiacchieroni, almeno fino a quando non è stata scoperta la televisione e internet, e molti di loro ne sono stati distratti. (GM)
Il più grande "cantiere moderno dell'antichità". L'area in cui sorgevano i Fori Imperiali, cuore antico della città di Roma e complesso architettonico unico al mondo per vastità e continuità urbanistica, è stata oggetto di un'attività di scavo, studio e ricerca straordinariamente intensa nel corso del tempo. In particolare, gli scavi archeologici realizzati negli ultimi venticinque anni hanno portato alla luce un tesoro prezioso. Il rinvenimento di un'eccezionale varietà di reperti, in alcuni casi unici, ha permesso, infatti, di ampliare le conoscenze sulle vicende del sito nel periodo medievale e moderno. Un contesto storico sicuramente meno noto (e meno rappresentato) al grande pubblico rispetto a quello classico, ma altamente esemplare della continuità insediativa urbana. Un'interessante e quanto mai diversificata selezione di reperti - tra cui ceramiche, sculture, monete, oggetti devozionali e di uso quotidiano -, tra le migliaia recuperati e per la maggior parte esposti per la prima volta, raccontano questi significativi periodi storici. Come in un viaggio a ritroso nel tempo, gli scavi archeologici hanno riportato alla luce ricchi depositi stratigrafici che si sono accumulati nel corso dei secoli al di sopra dei maestosi resti dei Fori. Qui, già prima del fatidico Anno Mille, erano sorti diversi nuclei di abitato e alcune piccole chiese. Il paesaggio urbano cambia nuovamente alla fine del XVI secolo, quando nella zona vengono avviate operazioni di bonifica dei terreni seguite dalla nascita di un tessuto urbano ordinato: il Quartiere Alessandrino, chiamato così dal soprannome del cardinal Michele Bonelli, che ne promosse la realizzazione. Negli Anni Trenta del secolo scorso il Quartiere, con le sue abitazioni e le sue chiese, viene raso al suolo per l'apertura di via dei Fori Imperiali e la "liberazione" delle strutture di epoca classica. Vengono così cancellati, d'un colpo, secoli di storia, di vita, di arte. La vita quotidiana, insieme alle vicende dei luoghi e delle persone - anche illustri -, è ricostruita attraverso 310 reperti archeologici, costituiti da oggetti appartenuti agli abitanti o prodotti nelle botteghe dell'area.
A cinquecento anni dallo svelamento della volai Sistina gli affreschi più celebri di Michelangelo non cessano di stimolare nuove e inedite letture. Secondo un taglio iconografico e iconologico aggiornato all'indagine contestuale, questo volume raccoglie i contributi più significativi degli studiosi che hanno affrontato con tagli diversi e complementari l'interpretazione dei significati del ciclo della Genesi, rivelandone la complessità simbolica e dottrinale, funzionale all'immaginazione creativa di Michelangelo, e il forte impatto comunicativo. I saggi di Antonio Paolucci, Maurizio Calvesi, Silvia Danesi Squarzina, Heinrich Pfeiffer, Thimoty Verdon, Gianluigi Colalucci, Costanza Barbieri, Lucina Vattuone propongono letture fondate sulla cultura agostiniana, sul gioachimismo, sul francescanesimo, sul neoplatonismo e sulla storia delle immagini. Emergono così le profonde radici storico-religiose delle scelte figurative del Buonarroti e dei teologi che lo hanno affiancato. In questa prospettiva, i contenuti giustificano le forme e danno sostanza alle scelte compositive: l'accurata tecnica esecutiva del Giona sopra l'altare, ad esempio, che ha richiesto ben dodici giornate di lavoro, si spiega con la centralità teologica del profeta nell'economia dei significati della Sistina. (Completa il volume un'appendice con i risultati inediti delle indagini diagnostiche non invasive sul "Ritratto di Michelangelo che mostra i suoi disegni" (Amburgo, collezione privata), condotte dalle più importanti istituzioni italiane ed estere (Firenze, Opifìcio delle Pietre Dure e INOA; Università di Perugia, CNR-ISTM e centro SMAART; Università di Anversa, Dipartimento di Chimica). Ne emergono dati spettacolari che gettano luce non solo sul nodo del problema attributivo, ma rivelano, negli strati pittorici soggiacenti al ritratto, la presenza di un dipinto di Andrea del Sarto raffigurante una Madonna con Bambino e San Giovannino, che i documenti associano inequivocabilmente al committente Pierfrancesco Borgherini, ad Andrea del Sarto, a Michelangelo e a Sebastiano del Piombo.