
"Mi ero trovato in Germania al momento dell'ascesa e dell'espansione del nazismo a un'età - quella di Pollicino - che interessa al capo degli Orchi e avevo sentito quanto il nuovo regime fosse imperniato su di me e i miei simili. Era effettivamente una delle caratteristiche del fascismo quella di sopravvalutare la giovinezza, di farne un valore, un fine in sé, un ossessione pubblicitaria. Un movimento giovane, di giovani, per i giovani, questo era lo slogan più spesso ripetuto in Italia. E si deve convenire che la vita politica fascista ha qualcosa d'infantile, voglio dire che si manifesta a un livello che la mette alla portata dei più giovani con le sue sfilate, le sue feste, i suoi falò, le sue adunate, le sue organizzazioni giovanili." (Michel Tournier).
"Quanta stella c'è nel cielo" non è un errore, è il primo verso di una ballata amara del giovane Petöfi, il grande poeta ungherese. Quei versi sono tra le poche cose che Anita porta con sé, insieme a molti ricordi laceranti. Anita non ha ancora sedici anni. È una sopravvissuta ai campi. È bella, è sensibile, le prove della vita le hanno tatuato l'anima. Sta fuggendo da un orfanotrofio ungherese per andare a vivere a casa di una zia, Monika. Eli, il giovane cognato di Monika, è venuto a prenderla al confine per accompagnarla nel viaggio in Cecoslovacchia, dove si ritrova clandestina in un mondo ancora in subbuglio. Ma tutto questo a Eli non interessa: lo attira solo il corpo di quella ragazza e già sul treno, affollato di una moltitudine randagia, inizia a insidiarla in un gioco cinico e crudele. Un romanzo dai risvolti inattesi. Racconta come si possa tornare dalla morte alla vita. E come, a volte, il cammino per ritrovare la speranza possa seguire trame imprevedibili. Protagonista, intorno ad Anita, è un'umanità dolente, alla ricerca di una nuova esistenza: c'è chi vuole dimenticare e chi vuole ricordare, chi mette radici e chi si imbarca per la terra promessa. Edith Bruck offre in queste pagine la storia palpitante di un'epoca cruciale del dopoguerra, quando tutto era in fermento. Una meditazione sulla speranza, sulla straordinaria forza e fragilità di chi va verso una rinascita. E la grande capacità della Bruck è il risvegliare violente emozioni nel lettore.
È estate e l’oceano ruggisce al largo della città di Salem. Towner Whitney è tornata dove tutto è cominciato. Il tempo pare essersi fermato. La grande casa segnata dalla salsedine è avvolta dal silenzio. Eppure a Towner sembra ancora di vedere la sua gemella Lindley mentre, con lei, ride e legge il futuro secondo un’antica arte trasmessa di madre in figlia tra le strane donne della famiglia Whitney.
Towner era fuggita da tutto ciò, prigioniera del senso di colpa e della follia. Perché l'ultima volta che aveva previsto il futuro, Lindley era morta. Sono passati quindici anni. Ma la scomparsa dell’amata zia Eva la costringe a fare ritorno, a ripercorrere quella strada troppe volte dimenticata. Per ritrovarla, Towner non ha altra scelta: deve affrontare il segreto che la lega indissolubilmente a Lindley. Un segreto che affonda le radici in un passato inconfessabile che molti, nel clan Whitney e nella chiusa comunità di Salem, hanno cercato di rimuovere. Dalla madre di Towner, May, una donna dura e solitaria, che vive su un’isola sperduta, alla fragile Emma, marchiata da una ferita indelebile, alle eclettiche signore con il cappello rosso, fino a Cal, un ambiguo predicatore.
Quando il corpo di Eva viene restituito dalle onde e un’altra ragazza scompare, Towner capisce di essere precipitata di nuovo nell’incubo di quella calda estate di quindici anni prima. Circondata dalle chiacchiere e dai sospetti, non può fare affidamento che su sé stessa. Ora più che mai tutto dipende da lei. È questa l’eredità che Eva le ha lasciato: scrutare il futuro e distinguere vero e falso, odio e amore, realtà e sogno. Solo allora il velo che offusca il suo destino finalmente si solleverà.
Un libro dalla storia unica. Stampato in proprio dall’autrice, in due settimane è andato esaurito solo grazie al passaparola dei lettori. Ora, pubblicato da una delle più importanti case editrici americane, è un assoluto bestseller. La lettrice bugiarda è una storia di abbandono e redenzione, di bugie e tradimenti, dove i misteri e i segreti si dipanano pagina dopo pagina fino a dare un nuovo significato alla parola verità.
«Si parte dal marzo del 2007: governava, traballando, Romano Prodi. Si arriva al settembre del 2008: sgoverna, anzi risgoverna Silvio Berlusconi. Qualcuno mi rimprovera di ricorrere troppo spesso a soprannomi, ma è una questione igienico-sanitaria: non ce la faccio più a chiamarlo col suo nome. Però ritengo che sia ancora utile occuparsene, descriverlo per quello che è…
Questa è soprattutto la storia tragicomica del suicidio politico, culturale, esistenziale, forse generazionale di una classe dirigente, quella che ora si fa chiamare Partito democratico e Sinistra Arcobaleno, o qualcosa del genere, e che ha riconsegnato per la terza volta il paese a una barzelletta ambulante. Una classe dirigente al cui confronto Fantozzi e Tafazzi sono due vincenti… ma che ha deciso – bontà sua – di autoconfermarsi al vertice dei rispettivi partiti, in vista di nuove, appassionanti disfatte.»
(Dalla Premessa di Marco Travaglio)
Per chi suona la banana racconta con graffiante puntiglio e feroce amore per la verità i dodici mesi finali dell’Unione Brancaleone e i primi sei del Berlusconi III. Con cadenza pressoché quotidiana, Travaglio registra fatti e dichiarazioni del teatrino politico-mediatico, richiama i suoi protagonisti alle loro dichiarazioni (dove troppo spesso latitano coerenza e logica), denuncia storture e stupidaggini. È la pratica di un giornalismo che ha come linee guida la libertà e l’indipendenza – e infatti gli strali colpiscono imparzialmente a destra e a sinistra. Si tratta in primo luogo di informare, dando spazio anche alle notizie che un’informazione addomesticata cerca di far sparire, riportando alla memoria il passato e creando nessi illuminanti tra fatti e frasi in apparenza distanti. Un giornalismo di questo genere assume così un compito di controllo e verifica nei confronti dei Palazzi, un ruolo fondamentale per il buon funzionamento di ogni democrazia.
Per chi suona la banana, come gli altri libri di Marco Travaglio, finisce dunque per portare alla luce alcune delle dinamiche profonde – e a volte desolanti – della recente storia patria. Solo da qui, tuttavia, solo acquisendo consapevolezza di difetti e storture, è possibile iniziare a cambiare, immaginare un paese e una politica diversi. Chi preferisce il pessimismo all’utopia può invece provare a ipotizzare, partendo da queste pagine, la prossima tappa del degrado.
Ma intanto questo paese e questa politica, così come li racconta Travaglio, sono spesso (purtroppo!) più divertenti delle gag di molti cabarettisti.
In copertina: Disegno di Vauro, 2008
Questo apologo allegro e scanzonato, ricco di pagine esilaranti e di solare erotismo, ha per protagonista la stravagante figura di una santa munita, secondo la tradizione, di un mazzetto di fulmini: santa Barbara. Un bel giorno la sua statua viene fatta trasportare dal Reconcavo a Bahia per una esposizione d'arte sacra. Ma già durante il breve viaggio, su un peschereccio, la statua comincia a dar segni di irrequietezza: per rimettere a posto alcune situazioni che non le vanno a genio, al momento dell'attracco prende vita e, assunto l'aspetto di Yansã, signora dell'uragano e della guerra, se ne va in giro per le strade, seminando panico e raccogliendo reverenti omaggi. Siamo negli anni della dittatura militare, e la sparizione della statua getta nello scompiglio la polizia e la stampa.
Un mistero nascosto tra le sponde del lago
e solo sette giorni per scoprire la verità
«Uno dopo l’altro, in virtù di una scrittura strepitosa, e grazie alle magie del passaparola (che non sbaglia mai), i romanzi di Vitali hanno conquistato un pubblico sempre più numeroso: ridendo e scherzando siamo giunti a 1 milione di copie.»
Massimo Boffa, «Panorama»
«Che devo dirvi? Ho finito le parole per raccontare quanto è bravo Andrea Vitali. Ogni volta che si finisce un suo romanzo viene voglia di fischiettare La vie en rose. Fì, fìfìfì fìfìfì…»
Antonio D’Orrico, «Corriere della Sera – Magazine»
«So per certo che questo scrittore è tra i massimi in quell’esigua pattuglia della narrativa italiana che vuol mettere sotto gli occhi del lettore storie ben congegnate, con personaggi ricalcati evidentemente dal vero, salvo l’aggiunta di quel tanto in più che li renda appunto “romanzeschi”.»
Corrado Augias, «Il Venerdì di Repubblica»
«Il Boccaccio premia Andrea Vitali, uno dei più grandi scrittori del nostro tempo, un autore di grande qualità, con una cifra di indipendenza non comune, non inquadrabile in alcuna lobby politica e culturale.»
Dalla motivazione della Giuria del Premio Boccaccio 2008
Sono le tre di notte del 4 novembre. Il dottor Carlo Lonati viene chiamato per un’urgenza, il pazientre lo conosce bene. Attraversa sotto una pioggia micronizzata i cinquecento metri che lo separato dalla casa del notaio Luciano Galimberti, suo antico compagno di bagordi. Può solo constatarne la morte per infarto. Ma c’è qualcosa che non lo convince, e nelle ore successive arrivano altri indizi e i sospetti crescono.
Il dottore non può fare a meno di indagare: vuole sapere se il suo vecchio amico è davvero morto per cause naturali. Per farlo, dovra conquistare la fiducia della moglie e della figlia di Lonati. E scoprire che la verità di trova forse sull’altra sponda del Lago di Como…
Dopo lunga e penosa malattia è l’unico giallo scritto da Andrea Vitali. E forse non è un caso che abbia come protagonista un medico sensibile e acuto. L’indagine è concentrata in una settimana, tra le esitazioni dell’improvvisato detective e il moltiplicarsi di tracce e confidenze, fino al colpo di scena finale.
Ancora una volta, Andrea Vitali cattura con la precisione dei dettagli, quelle pennellate precise che restituiscono la realtà e le sue mille sfumature. Conquista con l’incalzante ritmo narrativo e il sapiente montaggio di luoghi, tempi e personaggi. Diverte con situazioni e dialoghi che ci regalano l’immediatezza e l’assurdità della vita. E alla fine ci fa innamorare di quel suo mondo così ricco, vivo e inconfondibile.
Da molti anni il cocchiere Salim viaggia ogni giorno per le strade di Damasco. In nessun luogo si sanno raccontare storie come in questa città e Salim è indiscutibilmente il suo narratore più famoso. Un uomo mingherlino, ma con una voce profonda e incantatrice capace di trascinare i suoi ascoltatori nel mare più azzurro e lontano, nei deserti sconfinati, nella foresta più intricata. I suoi clienti adorano essere cullati dal dolce suono delle sue fiabe, mentre percorrono le strade piene di magia, sapori e profumi della città. Ma una notte Salim perde la voce a causa di un misterioso incantesimo. Muto e inconsolabile, il vecchio cocchiere si rivolge ai suoi più grandi amici, sette compagni di narghilè e racconti notturni, perché lo aiutino a trovare il modo di spezzare l’incanto. Per sette notti, ognuno di loro gli dovrà fare un dono prezioso, e cosa c’è di più prezioso di una storia per un uomo come Salim? Notte dopo notte, i narratori di Damasco racconteranno di maghi e principesse, del contadino che vendette la sua voce al demonio, dell’emigrante nella lontana New York, del re bugiardo e della sua collezione di menzogne, fino all’ultima, insospettabile e decisiva storia.
La voce della notte è il più grande successo di Rafik Schami: in testa alle classifiche tedesche per mesi, acclamato in America e in Europa, ci introduce nei misteri di Damasco, nei suoi vicoli più segreti e nascosti, facendoci scoprire l’antica arte della narrazione e le splendide fiabe della tradizione orientale, capaci di liberare e far volare la nostra fantasia proprio come una rondine che torna a solcare il cielo.
Durante la sua detenzione nel carcere di Spandau, Albert Speer, l'architetto del Terzo Reich, stretto confidente di Hitler e dal 1942 ministro degli Armamenti del regime nazista, fu assistito da Joachim Fest nella redazione delle sue "Memorie" e dei "Diari di Spandau". Fra il 1966 e il 1981 i due conversarono a lungo e in numerose occasioni. Dopo ogni incontro Joachim Fest annotava, in parte testualmente, ciò che si erano detti. Questi appunti - dai quali emerge il profilo di una personalità complessa ed enigmatica, oltre alla costante diffidenza da parte Fest -, vengono ora pubblicati per la prima volta e forniscono uno straordinario primo piano di Albert Speer. Costituiscono un contributo importante per comprendere la psicologia della dirigenza nazista e sono nello stesso tempo un documento fondamentale sulla storia di quel periodo.
«Nel villaggio di Malbry facevano di tutto per non sognare mai. Dormivano su assi anziché su materassi, evitavano le cene pesanti, e quanto alle storie della buonanotte... be’. Questo non vuol dire che la magia fosse scomparsa. In effetti, negli ultimi quattordici anni il villaggio aveva assistito, in un modo o nell’altro, a più magia di ogni altro posto nei Mondi di Mezzo. Ed era colpa di Maddy, ovvio. Maddy Smith era una sognatrice, le piacevano i racconti, e peggio.»
Nel villaggio di Malbry non è facile essere giovani e coltivare i propri sogni. Le regole e la disciplina la fanno da padroni; i giochi e gli incantesimi sono stati proibiti. Eppure Maddy non ha mai smesso di credere nel potere dei sogni e della magia. Lei è diversa da tutti: è ribelle, curiosa, testarda, e sulla mano ha il marchio di una runa. Per molti si tratta di un segno maledetto, ma non per il Guercio, il misterioso straniero che racconta storie affascinanti, l’unico amico che Maddy abbia mai avuto. È lui a svelarle il misterioso linguaggio delle rune e a introdurla in quell’universo proibito e vietato dove sono nascosti gli incantesimi, la conoscenza e il segreto delle sue origini.
Mentre il futuro inciso sulla sua mano si avvicina giorno dopo giorno, una terribile catastrofe minaccia di distruggere per sempre quel mondo perduto.
Maddy è l’unica in grado di salvarlo: sarà un’avventura appassionante, una corsa contro il tempo, una guerra contro nemici dai poteri oscuri. Con Le parole segrete Joanne Harris continua a esplorare la realtà fantastica che l’ha fatta amare da milioni di lettori, fondendo le atmosfere di Chocolat con le antiche mitologie, a cominciare da quelle nordiche, dominate da Odino e Thor. Maddy affronta un percorso di crescita, dall’innocenza perduta alla consapevolezza del proprio destino, oltre le cupe regole dell’Ordine.
«Ho scritto questo libro contro me stesso. Sono totalmente miscredente e fra tutte le religioni quella che sopporto meno è proprio il cristianesimo. Ma da storico ho dovuto sforzarmi di non prendere partito né pro né contro. La cosa più difficile è stato capire cosa si ha nel cuore e nell’animo quando si è cristiani.»
Paul Veyne
La conversione di Costantino al cristianesimo è uno degli avvenimenti decisivi della storia mondiale. Poco prima, nel 309 e nel 311, due feroci persecuzioni avevano provocato migliaia di vittime tra i seguaci del nuovo culto. All’epoca solo una piccola percentuale degli abitanti dell’immenso impero era di religione cristiana. Ottant’anni dopo il paganesimo sarebbe stato vietato, scomparendo per sempre dalla storia.
Paul Veyne, uno dei massimi studiosi dell’antichità, individua le ragioni di quella svolta epocale: le cause storiche, che affondano le radici nella situazione politica dell’impero romano; ma anche le motivazioni personali, radicate nella psicologia di un sovrano che si riteneva il salvatore dell’umanità e che fu dunque in grado di compiere un gesto di straordinaria audacia.
Quando l’Europa è diventata cristiana ricostruisce la cornice di quella rivoluzione politica, culturale e religiosa, e ne analizza le conseguenze. La cristianizzazione dell’impero seguì un cammino tortuoso, che portò finalmente alla sintesi tra due sistemi di valori, cambiando profondamente sia la romanità sia la Chiesa, che convertì milioni di persone senza fare martiri. Ma quel processo lasciò anche cicatrici profonde: l’antisemitismo cristiano iniziò proprio allora a sedimentare i suoi veleni. Senza dimenticare che quegli eventi così lontani nel tempo riverberano ancora nel dibattito politico, come conferma la discussione conclusiva sulle radici cristiane dell’Europa. Veyne ci offre così una riflessione documentata e a tratti provocatoria sul rapporto tra ideologia e religione, tra monoteismo e psicologia, tra storia e politica.