Nella nostra società, scettica e disincantata, gli angeli continuano ad affascinare. Essere invisibili e vicini all'uomo, creature di Dio che rivelano la Sua presenza, essi fanno vibrare il nostro mondo all'unisono con una realtà più alta. Si ritrovano in tutte le tradizioni monoteistiche, ma è nella Bibbia ebraica che rivelano innanzitutto il loro volto misterioso e familiare. Catherine Chalier ne rivisita i grandi episodi - gli ospiti di Abramo, la voce del roveto ardente, ma anche colui che lottò con Giacobbe o l'accusatore di Giobbe. Oltre la loro apparente diversità, ciascuno di questi episodi illumina l'uomo su se stesso e sul senso della sua finitezza. Dall'angelo annunciatore all'angelo distruttore, sono tutte figure che introducono al faccia a faccia con l'Altro divino. La Chalier offre una molteplicità di letture, razionaliste, etiche o mistiche, che vanno dai saggi del Talmud a Filone Alessandrino fino a Maimonide, lo Zohar e i maestri chassidici, guidando il lettore in questo viaggio attraverso la tradizione ebraica sulle tracce degli angeli.
Fra le tante opere dedicate alla Shoah, questa ha l'ambizione di raccontarla in poche pagine ma con completezza, senza pudori e senza sconti per nessuno, fra il dolore delle vittime e la consapevolezza, se non la vergogna, degli altri. Un racconto emotivo che in cento tappe descrive il lungo viaggio ad Auschwitz - dall'antisemitismo alle modalità della macchina dello sterminio, dalle verità ufficiali troppo comode alle ceneri del dopoguerra che conducono fino al Ruanda. Questa "Piccola anatomia di un genocidio" è un atto di pietas collettiva e di allarme, perché "siamo tutti figli della Shoah, l'Europa l'ha provocata e l'Europa su quelle ceneri si è ritrovata".
Il volume pubblicato in esilio nel novembre del 1933, offre un'analisi lucida della situazione politica e sociale dell'ebraismo e delle sue prospettive di rinnovamento alla luce della cesura storica costituita dall'avvento del nazismo. Tramontata l'illusione di un'assimilazione nella cultura tedesca, gli ebrei devono, secondo l'autore, ricostituire un'identità non solo culturale, ma di popolo, e rivendicare così i loro diritti e doveri in quanto minoranza. La nuova forma di identità collettiva auspicata dall'autore comprende dunque la sfera politica, economica e culturale. Riconoscendo l'importanza di un'azione pratica che accompagni la riflessione teorica sul problema dell'ebraismo, il saggio rivendica la necessità di un territorio in cui gli ebrei possano insediarsi.
Chi è un antisemita? E prima ancora: cosa significa antisemitismo? Sono questi i due interrogativi alla base di questo stimolante saggio. Nel solco della migliore tradizione storiografica tedesca, l'autore esegue in queste pagine una dettagliata radiografia del concetto di antisemitismo, ponendo finalmente in discussione la sua validità - sinora data per scontata o sottointesa quale categoria scientifica a tutti gli effetti.
Come rappresentò Rembrandt l'ebreo e l'ebraismo? Perché mutò la propria visione nel corso del tempo? Che differenza c'era fra l'ebraismo sefardita e quello ashkenazita nell'Amsterdam di metà Seicento? A tutte queste domande fornisce risposte esaurienti la tesi di laurea del 1924 di Netty Reiling, una giovane studentessa ebrea tedesca che di lì a poco avrebbe assunto lo pseudonimo di Anna Seghers, la grande e celebre scrittrice comunista. Ricorrendo al metodo comparativo, l'autrice ci consegna un minuzioso lavoro critico di storia dell'arte condito da una teoria estetica molto attenta al rapporto fra realtà immaginata e realtà effettiva.
A sessant'anni dalla nascita dello stato di Israele, e a cento dalla nascita del sionismo, l'autore ha deciso di interpretare il fenomeno attraverso le storie di coloro che, con la loro volontà di vivere in Israele, lo hanno personalmente realizzato. Il volume raccoglie le storie di una trentina di ebrei italiani che, dagli anni trenta ai novanta del secolo scorso, hanno fatto "aliyà", sono diventati israeliani. Il sionismo, una parola che a intervalli regolari corre il rischio di diventare una parolaccia, vive in queste pagine della sua vera luce. Il libro contiene un saggio storico di Vittorio Dan Segre.
Uno sguardo superficiale alle opere di Gershom Scholem e Leo Strauss condurrebbe alla conclusione che non esiste uno stretto rapporto tra i due autori: infatti, che cosa potrebbero avere da dirsi lo storico delle religioni studioso della Kabbalah e il filosofo della politica che ha elaborato la teoria della scrittura reticente? In verità, Scholem e Strauss - nati in una Germania che si sarebbe avviata alle tragedie delle guerre mondiali e del nazismo - hanno condiviso molte vicende e inquietudini, simbolicamente rappresentate da tre città: Berlino (la cultura tedesca), Atene (la filosofia), Gerusalemme (l'ebraismo). Pensatori originali ed eterodossi, sempre sulla frontiera tra filosofia e religione, tra storia e politica, le loro lettere - che testimoniano un'amicizia e uno scambio intellettuale attraverso cui diventano leggibili molte vicende che hanno caratterizzato il Novecento - parlano di un esilio che non è solo politico o sociale, ma intrinseco alla condizione dell'uomo moderno che vive nell'epoca "del non più e del non ancora".
La prima edizione di questo libro uscì nel 1964 ("L'antisemitismo moderno", Universale Cappelli), quando il tema era appena tornato alla ribalta con il processo ad Adolf Eichmann, con le innovative decisioni del Concilio Vaticano II e con le nuove ricerche di Renzo De Felice, che ne scrisse la prefazione (qui riprodotta). Il libro voleva rispondere al bisogno di una più diffusa informazione sul tema e contribuire a sradicare le argomentazioni dell'antisemitismo; per questo fu strutturato in modo da legare un'ampia introduzione a una antologia delle voci più significative dell'antisemitismo.
Il volume raccoglie gli Atti del Convegno su Levinas, organizzato dai curatori e patrocinato, oltre che dalle Università romane "La Sapienza", "Tor Vergata", "Roma Tre", da varie istituzioni finalizzate alla promozione della cultura francese ("Bureau de Cooperation linguistique et artistique de PAmbassade de France en Italie") e della cultura ebraica ("Hanadiv Charitable Foundation", "Leopold Zunz Zentrurn", "Centro Judaica Goren-Goldstein"), tenutosi a Roma, 24-27 maggio 2006, in occasione del Centenario delia nascita del filosofo. Il Convegno è stato parte delle celebrazioni che hanno avuto luogo nell'anno 2006 in vari paesi europei, negli Stati Uniti, in America Latina, in Asia. Obiettivo del Convegno, cui hanno partecipato i maggiori studiosi del pensiero levinasiano italiani (S. Petrosino, G. Ferretti, G. Lissa, P. F. Ciglia) e stranieri (tra i quali: A. Peperzak, B. Casper, R. Burggraeve, D. Banon, G. Bensussan), è stato quello di chiarire il rapporto in Levinas tra la fenomenologia e la tradizione ebraica, ovvero tra le fonti dell'ebraismo e le fonti filosofiche, tra l'ispirazione ebraica o profetica, rinviante all'immediatezza del rapporto del sé con l'Altro - e la filosofia avente origine nella cultura greca, rinviante alla ragione, riflessione o argomentazione. A questo tema, centrale nel pensiero levinasiano, sono dedicati i ventisei contributi pubblicati nel volume, i quali lo affrontano secondo approcci e punti di vista diversi.
In Bucovina, provincia orientale dell'ex impero austro-ungarico, nacque nel 1920 Paul Celan, poeta ebreo di lingua tedesca, considerato uno dei massimi lirici del XX secolo. A Czernowitz, capitale della Bucovina, divenuta romena nel 1919, trascorse l'infanzia e gran parte della giovinezza. Durante l'occupazione nazista subì l'internamento in un ghetto e in un campo di lavoro, ma la ferita insanabile fu la deportazione e l'assassinio dei genitori. Con la fine del conflitto mondiale e l'annessione della Bucovina settentrionale all'Ucraina le condizioni di vita degli ebrei sotto il regime comunista s'inasprirono nuovamente. Trasferitosi nel 1945 a Bucarest, vi rimase due anni, tra i più felici e fecondi della sua turbolenta esistenza. Giunto clandestinamente in Austria, soggiornò alcuni mesi a Vienna. Nel luglio del 1948 emigrò a Parigi, dove morì suicida nel 1970. Sulla base di un lavoro di ricerca e di documentazione durato vari anni, Israel Chalfen ripercorre con rigore e fedeltà la prima metà della vita di Celan, la sua dolorosa vicenda umana e intellettuale, risalendo alle radici culturali che ispirarono e permearono la sua densa produzione lirica.