Questo libro è un viaggio nel mondo dei gesti. Non un trattato sulla gestualità, e neppure un manuale di consigli o indicazioni: soprattutto negli ultimi anni, l'attenzione quasi ossessiva per l'"immagine" ha contribuito a porre in una nuova luce l'ambito della gestualità, favorendo però il diffondersi di testi che insegnano come comportarsi nelle diverse occasioni e che di fatto offrono un'interpretazione meccanica, e perciò immiserita, dell'idea di gesto. Abituati come siamo, da secoli, ad attribuire il primato alla parola, siamo disposti malvolentieri ad ammettere quanto sia importante, e talora decisivo, il ruolo del corpo e dei suoi movimenti nei piccoli momenti della vita quotidiana e nei grandi passaggi della storia politica. L'obiettivo del libro è perciò quello di offrire, grazie anche a un apparato di immagini, una ricognizione sull'uso odierno del corpo, tanto nella vita pubblica quanto in quella privata; è insomma l'occasione per osservare come i movimenti del corpo siano - oggi come nel passato - la conseguenza di ben precise visioni del mondo e delle relazioni tra gli uomini.
"Ha trentasette anni, ma non lo definirei un adulto": è questo il giudizio implacabile della madre di Arvid sul figlio. Le è stato appena diagnosticato un tumore allo stomaco, e lei si è imbarcata su un traghetto che dalla Norvegia la porterà nella cittadina danese dove è nata, nella casetta sulla spiaggia in cui la famiglia trascorreva le vacanze estive quando i figli erano piccoli. Arvid la segue dopo pochi giorni, un po' per starle vicino, un po' per riprendersi da un matrimonio ormai fallito, un po' per cercare per l'ennesima volta di riconquistare il suo affetto. Sente di averlo perduto da ragazzo, quando abbandonò gli studi per fare l'operaio nella stessa fabbrica in cui il padre aveva lavorato per anni, affascinato dal mito ormai stanco di quel proletariato a cui i genitori si erano sforzati per tutta la vita di sottrarlo. Per Arvid questa è l'occasione per recuperare il terreno perduto, per dimostrare a sua madre che ormai è un uomo, che si può fare affidamento su di lui. Forse, però, nulla è davvero cambiato, e Arvid, eroicamente, sta ancora cercando un equilibrio personale sull'orlo di quell'abisso silenzioso sul quale l'ha spinto la vita, suo malgrado, bisognoso d'affetto e distratto dal pensiero di ciò che avrebbe potuto essere e non è stato.
Roquenval è un luogo incantato e fuori dal tempo, dove il giovane Boris viene invitato a trascorrere l'estate da un amico. Qui, Boris, emigrato in Francia con i suoi genitori dalla Russia, ritrova il ricordo remoto della casa del nonno e inizia un'ansiosa ricerca delle proprie origini. La parabola struggente di Roquenval e dei suoi abitanti sembra indicare un'assorta riflessione sul ciclo inesorabile del tempo, che nemmeno il potere fantasmatico dell'immaginazione può sperare di interrompere. Breve parentesi nella vita di un giovane, l'estate a Roquenval è una sorta di prova generale dell'esistenza, che autorizza Boris, quando il momento è giunto, a tirare il sipario sulla scena del vecchio castello, per pensare al proprio futuro.
Un bambino coraggioso contro l'elefante che si mangia le zucche della sua famiglia; una ragazza e i coccodrilli che inaspettatamente la aiutano a prendere l'acqua dal fiume; un uccello magico che dà un latte dolcissimo... McCall Smith torna a raccontare le favole africane con la sua voce sempre originale. Un libro consigliato da Mma Ramotswe.
Se ancora è possibile che negli ultimi decenni del '900 ci siano state voci intimamente "classiche", tra quelle dei poeti che furono protagonisti del secondo dopoguerra, allora è indubbio che una di queste voci (e forse proprio la più tersa e indimenticabile) sia stata quella di Vittorio Sereni. E quindi nella certezza di questa possibile "classicità" sereniana che la presente edizione propone congiuntamente le prime due raccolte del poeta di Luino, come tappe fondamentali di un percorso che sarà lungo e fecondissimo, ma che proprio da questi testi prende spunto e avvio. Ma due raccolte sono anche due momenti diversi nella storia personale di un poeta; e tra la pubblicazione del libro d'esordio, "Frontiera" (risalente al 1941), e la stampa della raccolta successiva, il "Diario d'Algeria" (1947), trascorsero anni che furono decisivi nella maturazione letteraria di Sereni. Lo scarto temporale tra le due opere fu anzitutto imposto dalla storia: l'entrata in guerra dell'Italia, annunciata il 10 giugno 1940, condusse il poeta lungo le strade di una discesa non solo geografica (dapprima in Grecia, quindi in Africa) ma anche esistenziale, che si concluse solo con la lunga inerzia della prigionia trascorsa in Algeria e in Marocco, vera e propria esperienza limbico-infernale. Se pertanto all'origine del primo libro sembrano esserci elementi sostanzialmente intimi o privati, nel secondo domina invece la dimensione collettiva.
Sullo sfondo della Pechino post-olimpica dei nostri giorni, una metropoli rumorosa e frenetica in cui ricchezza e povertà sembrano crescere a ritmo incalzante come le selve di grattacieli, il destino di Mei Wang, giovane detective privata, si incrocia con quello della potente famiglia Song, proprietaria della Casa dello Spirito Dorato, un'antica azienda farmaceutica che produce una pillola per guarire i cuori infranti. Ingaggiata dall'affascinante Wudan, avvocato del Sud che cura gli interessi della famiglia, e aiutata dal fidato collaboratore Gupin, Mei indaga sul complicato intreccio di interessi che sta erodendo la solidità finanziaria dell'azienda. Mentre le sue ricerche sono ostacolate dall'onnipresente e corrotta burocrazia cinese e dai suoi ispettori, che minacciano di far chiudere la sua agenzia, Mei si trova coinvolta in un intrigo che si tinge pericolosamente di giallo. Intanto, il tormentato rapporto con la madre e l'inevitabile confronto con la sorella Jin, celebre star televisiva, la costringono a stilare un difficile bilancio personale, tra le ferite, le ombre e i segreti di un passato familiare segnato dal regime maoista, e l'instabilità della propria vita sentimentale e della relazione a distanza col fidanzato Yaping.
"'Col tanfo di caseificio, col chiasso degli zoccoli io sono, ingiustificatamente, la polvere delle ossa dei miei indebitati vicini...' Composto verso il 1960, pubblicato nel 1981, e definito dallo stesso Thomas Bernhard come un testo di assoluta pregnanza all'interno della sua produzione narrativa, 'Ave Virgilio' rappresenta l'esito di due tendenze stilistiche apparentemente contraddittorie. Riflessione teorica e concrezione corporea, teologia negativa e ossessione materica, proiezione simbolica e décor regionalistico convergono nella stesura di un manufatto nero ed oracolare. Infatti, benché il libro rechi le tracce di due soggiorni all'estero (Gran Bretagna e Italia), il suo vero cuore sta nel lacerante sentimento di attrazione e odio che l'autore nutre verso la propria terra: 'Il mio sapere ce l'ho dai solchi nei campi di patate, dall'oscurità del porcile ho appreso cielo e terra, nel rotolio dei mucchi di mele ottobrine ho il mio salmo incessante...' Osti, parroci, sindaci, mastri birrai, arcivescovi, scrivani comunali, contadini e sposi, figure dell'autorità o del martirio (il Padre contro il Figlio) insieme a baluginanti santi intercessori quali Catullo, Dante, Pascal, o Virgilio, compongono il quadro di un inferno bucolico fatto di sangue, cunei nella carne, mattatoi. Lo si vede ad esempio nell'allucinato 'Canto del figlio del macellaio'." (Valerio Magrelli)
In un sonnolento villaggio austriaco, un solitario studioso di scienze naturali decide di confessare la propria «infermità psicoaffettiva» e di «rovesciar fuori» la parte interiore di sé. Con questa intenzione si reca a casa dell’amico Moritz, un agente immobiliare abituato, per lavoro, al contatto quotidiano con gli altri. Nel vivo delle confidenze compare una coppia di clienti: lui è un costruttore svizzero, lei è persiana. Fin dal primo istante la donna affascina l’intellettuale, che scopre in lei una degna compagna di passeggiate, conversazioni e disquisizioni filosofiche.
A poco a poco attraverso la narrazione del loro incontro affiora un mondo di solitudini in cui l’atto esistenziale di maggior senso è quello della confessione. Non sempre, però, l’autosvelamento produce un beneficio. Lo scienziato ne trae vantaggio: l’incontro con la donna lo rende di nuovo «avido di vita» e lo allontana dall’idea accarezzata del suicidio. Alla persiana, invece, non accade la stessa cosa. In fondo al suo tentativo di confessarsi, infatti, c’è ben altra e più profonda solitudine, il cui senso è racchiuso nel suo estremo, definitivo sì.
Nei racconti di P.G. Wodehouse il Drones Club è un luogo sacro, votato ai toni compassati e alla flemma dei suoi frequentatori. Fra questi spiccano giovanotti dal proverbiale contegno britannico, scapestrati rampolli di famiglie nobili o facoltose, impegnati più che altro a inanellare un cocktail dopo l'altro, ad assaporare l'aroma di un sigaro o, come in queste pagine, a narrare le vicende di alcuni fra i soci più intraprendenti, protagonisti vecchi e nuovi del variegato repertorio di Wodehouse: il maldestro e mite Pongo Twistleton, perennemente squattrinato, sfortunato in amore e vittima designata dello zio Fred, conte di Ickenham, che lo coinvolge nelle sue scorribande londinesi; Archibald Mulliner, disposto a rompere il proprio fidanzamento per tenere fede al codice di comportamento della sua famiglia, quando non si lascia folgorare dagli ideali del socialismo; Percy Wimbolt e Nelson Cork, basiti di fronte al mistero fittissimo che avvolge i rispettivi copricapi. Accanto a loro, le immancabili signorine dell'alta borghesia britannica, al centro di corteggiamenti complicati da equivoci esilaranti e fantasiosi. Certo non si può dire che gli habitué del Drones brillino per la loro perspicacia. Ma la sofisticata arguzia con cui l'autore ne dipinge le peripezie li rende figure dai contorni irresistibili... .
Per Sapna Sinha è l'occasione della vita: lasciare l'impiego da commessa e l'appartamento alla periferia di Delhi che condivide con la madre e la sorella per diventare amministratore delegato di una delle più grandi aziende indiane, un colosso da dieci miliardi di dollari. Il colpo di fortuna arriva dall'incontro casuale con Vinay Mohan Acharya, estroso presidente e fondatore del Gruppo ABC, uno degli uomini più ricchi del Paese. Per ottenere il posto, con relativo stipendio da favola, Sapna deve superare sette test, sette sfide che prenderanno forma una dopo l'altra nella sua vita di tutti i giorni e ne metteranno alla prova il carattere, il sangue freddo, il coraggio, la capacità di guidare e motivare gli altri, insomma tutte le doti di un bravo amministratore delegato. Lungo il percorso Sapna incontrerà personaggi di ogni genere, tra cui una gandhiana cleptomane e un commissario appassionato di poesia, una folla di contadini decisi a linciarla e un gruppo di aspiranti star di un reality. Si troverà a fronteggiare alcune grandi piaghe del suo Paese - come la corruzione, il lavoro minorile, i matrimoni combinati e il traffico di organi -, ma soprattutto imparerà a conoscere se stessa, le proprie qualità e i propri limiti, correndo con tutte le forze verso il traguardo, nonostante il terribile sospetto di essere soltanto una pedina nelle mani di un miliardario annoiato, la malcapitata protagonista di un passatempo crudele.