L'arrivo dei Visigoti nel 376 segnò l'inizio dell'agonia dell'impero romano. Altre orde di barbari dilagarono poi in Gallia e altrove: nell'impossibilità di respingerli, Roma fu costretta a cedere sempre più terreno. Nonostante l'energia dispiegata dagli ultimi grandi generali di Roma, come Stilicone, Costanzo ed Ezio, alla metà del V secolo il territorio sotto il dominio imperiale era ridotto a poca cosa, con la perdita di gran parte delle province. Nel 476 il barbaro Odoacre depose l'ultimo sovrano, Romolo Augustolo, mettendo così fine alla successione imperiale in Occidente.
L'11 ottobre 1962 si apre il concilio Vaticano II voluto da papa Giovanni XXIII. Le telecamere della Rai si accendono e parte la diretta, prima in eurovisione, poi in mondovisione. Si spegneranno solo tre anni dopo, nel 1965, a evento concluso. Il concilio, mai come ora, esce così dall'aula conciliare in San Pietro per entrare direttamente nei salotti delle case, nei cinema, nei bar. Nel secolo dei media, anche questa grande assise di vescovi convocati a Roma per un "aggiornamento" della chiesa subisce la mediazione dei moderni mezzi di comunicazione. E quella Rai pedagogica e fanfaniana diretta da Ettore Bernabei, dopo essersi misurata con i media events grazie alle Olimpiadi romane del 1960, si fa trovare pronta, assumendo su di sé il compito di spiegare ai propri telespettatori cosa è un concilio e cosa si farà al concilio; stravolge il palinsesto con rubriche di approfondimento, programmi speciali, documentari, propone interviste, si avvale di storici della chiesa (tra cui Giuseppe Alberigo e Paolo Prodi), propone in prima serata le riflessioni dell'intellighenzia teologica d'oltralpe. I documenti conservati ora nell'Archivio delle Teche Rai diventano quindi rilevanti fonti storiografiche, alla pari dei documenti tradizionali, per osservare da un inedito punto di vista l'evento che più ha segnato la storia della chiesa dopo il concilio di Trento.
Il concilio Vaticano II, l'evento che ha plasmato la fisionomia del cattolicesimo di questo secolo e segnato l'intero ambito cristiano del pianeta, prima di questa opera non era affrontabile sulla base di una ricostruzione storica organica. La "Storia del concilio Vaticano II", promossa dalla Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna e coordinata da Giuseppe Alberigo, costituisce la sintesi di un progetto internazionale che si avvale di una ricchissima base documentaria inedita e dell'apporto di autori di diversi ambienti, lingue e ambiti culturali. L'opera - pubblicata in sette lingue - si articola in cinque volumi e intende ricostruire la dialettica che ha animato l'assemblea nelle varie fasi. Se ne ripropone ora la riedizione italiana, arricchita da una nuova introduzione di Alberto Melloni, già curatore della precedente edizione (1995-2001), e da un apparato iconografico a cura di Federico Ruozzi. Attraverso la lunga fase preparatoria del Vaticano II, apertasi il 25 gennaio 1959 con l'annuncio di Giovanni XXIII e durata sino all'ottobre del 1962, si palesarono con chiarezza le difficoltà e le tensioni che avevano percorso il cattolicesimo del Novecento. L'intenzione ecumenica di Giovanni XXIII aveva sollevato entusiasmi, talora ingenui, mobilitando comunque energie sconosciute nel corpo delle chiese e sollecitando un confronto con i ritmi incalzanti della storia e i suoi profondi mutamenti.
Il concilio Vaticano II, l'evento che ha plasmato la fisionomia del cattolicesimo di questo secolo e segnato l'intero ambito cristiano del pianeta, prima di questa opera non era affrontabile sulla base di una ricostruzione storica organica. La "Storia del concilio Vaticano II", promossa dalla Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna e coordinata da Giuseppe Alberigo, costituisce la sintesi di un progetto internazionale che si avvale di una ricchissima base documentaria inedita e dell'apporto di autori di diversi ambienti, lingue e ambiti culturali. L'opera - pubblicata in sette lingue - si articola in cinque volumi e intende ricostruire la dialettica che ha animato l'assemblea nelle varie fasi. Se ne ripropone ora la riedizione italiana, arricchita da una nuova introduzione di Alberto Melloni, già curatore della precedente edizione (1995-2001), e da un apparato iconografico a cura di Federico Ruozzi. Già all'apertura dell'11 ottobre 1962, la vita della grande assemblea conciliare si caratterizza per i ritmi complessi, per l'accavallarsi di argomenti, istanze, sentimenti che percorrono l'assemblea plenaria, le commissioni, gli osservatori, i gruppi informali, le grandi residenze dei vescovi, i centri d'informazione, la stampa e l'opinione pubblica. Nel corso delle settimane che occupano questo primo periodo del concilio, chiusosi l'8 dicembre del 1962, vengono posti in discussione temi decisivi per il cattolicesimo contemporaneo.
Posto alla guida dell'Agip all'indomani della Liberazione, Mattei si diede la missione di dotare l'Italia di una ricchezza fondamentale per il suo sviluppo e la sua indipendenza, e nel giro di quindici anni mise in piedi l'Ini e la Snam; conquistò così non solo l'approvvigionamento diretto alle fonti di energia ma fece del nostro paese uno dei maggiori fornitori mondiali di manufatti e know-how per l'industria petrolifera. La sua grande spregiudicatezza nei confronti sia dei concorrenti esteri sia della politica italiana forse gli fu fatale: il 27 ottobre 1962 l'aereo che lo portava da Catania a Milano esplose in volo. Una morte che rimarrà uno dei misteri della storia repubblicana.
A metà del volume "La prigioniera" un episodio interrompe il flusso narrativo proustiano: è la storia della morte di Bergotte. Il vecchio scrittore, desideroso di rivedere un quadro molto amato, la "Veduta di Delft" di Jan Vermeer, è colpito da apoplessia davanti al dipinto. Prima di morire ha però il tempo di confrontare la propria arte con quella del grande pittore olandese e di ammirare in particolare un "muretto giallo" raffigurato con "preziosità cinese". Ma qual è, nel quadro di Vermeer, il famoso muretto? Nell'inseguire la soluzione, forse impossibile, di questo enigma, Lorenzo Renzi offre una visione personale dell'opera proustiana illustrando nel contempo la propria concezione del compito della critica letteraria.
La fine di una relazione amorosa porta con sé conseguenze psicologiche importanti. Facendo parlare i protagonisti, l'autrice individua le ragioni che portano alla rottura, i modi in cui uomini e donne reagiscono alla separazione, le caratteristiche di chi riesce a uscirne bene, e per converso anche le ragioni che rendono durature e felici le coppie. Oggi in particolare si tratta di osservare l'impatto della crisi economica sulle giovani coppie, il ruolo dei social network, i mutamenti indotti dall'allungamento della vita, e cioè dalla presenza di genitori anziani e di figli e nipoti, e l'esperienza di separarsi, ma anche di amarsi, in età più avanzata.
Si tratti di arti plastiche, musica, fotografia, cinema o letteratura, l'arte è un'attività eminentemente collettiva, una catena di cooperazione di cui l'artista è solo un anello. Egli si rifà ad altri artisti del passato o della propria epoca, chiama in causa artigiani e fabbricanti di materiali, collaboratori di vario tipo, intermediari che diffondono l'opera, critici che la discutono, pubblici contemporanei e futuri. Così concepita, l'opera si disvela nella sua genesi materiale e culturale, come un processo segnato da molteplici decisioni e interpretazioni che fanno del "mondo dell'arte" complessivamente inteso il suo vero "autore".
Fino a non molto tempo fa in Europa si pensava che gli imperi fossero relitti del passato. Dopo il crollo dell'Unione Sovietica, le cose sono cambiate: gli Stati Uniti sono venuti ad assumere una posizione di egemonia che spesso fanno consapevolmente valere e che molti considerano una minaccia. Si è ricominciato così a parlare di "impero" e di "imperialismo", concetti che erano stati dati ormai per superati. Ma che cosa ha caratterizzato nella storia la sovranità imperiale? Qual è il contributo alla stabilità che un ordinamento imperiale offre, e quali sono i rischi che esso comporta? L'impero cinese della dinastia Han o quello romano dell'età di Augusto, l'impero mongolo di Gengis Khan o quello degli zar russi, l'impero coloniale spagnolo, portoghese o britannico: condizioni storiche differenti presentano i medesimi principi fondamentali dell'esibizione e della conservazione della potenza. In queste pagine Münkler parte dall'esplorazione del passato per ricostruire la parabola millenaria dell'idea di impero e per comprenderne la storia presente.
Tra la fine di luglio e i primi di agosto del 1588 si svolse nella Manica una grande battaglia navale tra la foltissima flotta spagnola, mai sconfitta da oltre un secolo, e la flotta inglese. Erano le due marine di gran lunga più potenti del mondo, e in gioco vi era il disegno egemonico della Spagna imperiale di Carlo V e poi Filippo II sullo scacchiere europeo. Per gli spagnoli fu una sonora, terribile sconfitta, che sancì la supremazia inglese sui mari e rappresentò un punto di svolta nella storia europea. Questo volume racconta quella battaglia con grande minuzia e al tempo stesso con grande attenzione al contesto storico più allargato. Martelli ricostruisce dunque in una prima parte l'evoluzione della guerra per mare nel Cinquecento, poi la situazione dei due paesi antagonisti e dell'Europa in generale; nella seconda parte segue dettagliatamente tutto lo svolgersi della campagna, e infine discute le conseguenze che il risultato dello scontro ebbe negli equilibri europei.