Poche cose come il treno hanno contribuito a definire la realtà e l’immaginario
degli italiani. Nell’Ottocento la strada ferrata divenne simbolo dell’unità nazionale: non solo si scambiavano merci e idee, ma soprattutto le diverse genti della penisola entravano in contatto, si conoscevano, si mescolavano. Il treno insomma ha cucito insieme l’Italia: con le tradotte dei fanti della prima guerra mondiale, con i "treni popolari" dell’epoca fascista, con i tanti "treni del sole" che nel dopoguerra rovesciarono, a centinaia di migliaia, le genti del sud nelle periferie industriali di Torino e di Milano. Il libro racconta la storia delle ferrovie italiane dalle origini all’evoluzione più recente, che comprende i nuovi treni ad alta velocità e l’ingresso di imprese private a seguito della liberalizzazione del settore.
Chi è la giovanissima ragazza ebrea proveniente da un piccolo paese della Galilea che divenne la madre di Gesù? Oggetto di culto e devozione senza pari, la figura di Maria di Nazaret nel corso dei secoli è stata al centro di interpretazioni spesso lontane da quanto raccontano le esili tracce presenti su di lei nei vangeli canonici. Ha attraversato il mondo cattolico, ortodosso, come pure - sorprendentemente - quello islamico, e ha influenzato l'arte e la spiritualità di tutti i tempi. Dai vangeli agli scritti apocrifi, dai dogmi al culto delle apparizioni, l'immagine di una donna dalla forte carica eversiva.
Una strada, o meglio una rete di strade, un fascio di percorsi terrestri e marittimi hanno spostato nel corso dei secoli uomini, merci e conoscenze dall'estremità orientale dell'Asia sino al Mediterraneo e all'Europa. Romantica e recente, l'espressione «via della seta» restituisce il senso di un mondo vasto, attraversato fin dai tempi antichi da guerre e conflitti ma animato anche dal fervore di scambi commerciali, culturali e politici. Fra montagne e altipiani per questotammino sono transitati spezie, animali, ceramiche, cobalto, carta, e naturalmente la seta. Alessandria, Chang'an, Samarcanda, Bukhara, Baghdad, Istanbul: sono alcune delle tappe di un viaggio millenario che giunge fin dentro al nostro presente. Perché la via della seta non è solo un racconto del passato, ma ha a che fare con il nostro futuro globale.
Il nome di Spartaco è legato alla terza e più nota delle guerre cosiddette servili, ribellioni di schiavi e non solo, che afflissero lo Stato romano fra secondo e primo secolo a.C. Il libro mostra come quella guerra sia in realtà l'episodio ultimo di una serie di eventi a sfondo sociale e civile che coinvolsero una «seconda» Italia a lungo emarginata. All'indomani di conflitti che avevano lasciato strascichi spaventosi di rovine, lutti, odio, Spartaco fu colui che, ultimo, riuscì a coagulare attorno a sé lo scontento delle popolazioni meridionali, soprattutto appenniniche, non ancora integrate. Anche se Crasso mise fine alla guerra, Roma, provata, fu infine costretta a cedere pienamente alle richieste degli Italici.
Quanta verità c'è nella postverità? Anche se è forte la tentazione di dire che le bufale sono sempre esistite, che la menzogna è un ingrediente imprescindibile della politica e della vita, e che dunque non c'è niente di nuovo sotto il sole, anche se viene voglia di tagliar corto dicendo che si tratta tutt'al più di fare attenzione a quel che si legge così come si fa attenzione a quel che si mangia e si beve, la postverità è un concetto filosoficamente rilevante e la sua emergenza definisce una caratteristica essenziale del mondo contemporaneo: l'alleanza tra la potenza modernissima del web e il più antico desiderio umano, quello di aver ragione a tutti i costi.
Quando il 13 aprile 1986 Giovanni Paolo II entrò nella sinagoga di Roma la notizia fece il giro del mondo. Non accadeva dai tempi di Pietro che un papa entrasse in sinagoga. Quel gesto, che marcava un eccezionale avvicinamento fra cristiani ed ebrei, era opera di due personaggi a loro volta d'eccezione, papa Wojtyla e il rabbino capo di Roma Elio Toaff. Per Toaff era il coronamento di una vita spesa per intero a servizio dell'ebraismo e degli ebrei. Egli volle allora ricapitolarla in questa memoria, che con un racconto sereno e saggio, ma non indulgente, attraversa il fascismo, la persecuzione, la guerra, la nascita di Israele, il rapporto della società italiana con l'ebraismo, l'antisemitismo ritornante. Arricchito da testi e testimonianze, il ritratto della maggiore e più amata figura dell'ebraismo italiano.
Secondo Winston Churchill la democrazia è «il peggior sistema di governo a eccezione di tutti gli altri». Un’affermazione paradossale per dire che è invece il sistema migliore, quello che offre maggiori garanzie di uguaglianza e di giustizia per tutti. Eppure in America, così come in altri paesi, la democrazia sembra avere perso attrattiva. E se la vittoria elettorale di Donald Trump è un segno evidente di questo stato di cose, molti altri sintomi, meno clamorosi ma non meno preoccupanti, si erano manifestati da tempo. Come siamo potuti arrivare a questo punto? E soprattutto, cosa possiamo fare per arrestare il declino della democrazia? Per trovare una risposta a questo interrogativo Philip Kotler, padre del marketing moderno, ha provato a immaginare che la democrazia sia un prodotto e che noi cittadini ne siamo i consumatori disaffezionati. Ha individuato quelli che a suo avviso sono i quattordici punti deboli del «prodotto» e ha cercato di proporre soluzioni per renderlo nuovamente interessante ai nostri occhi; nel contempo, ha offerto una lucida riflessione sulla politica e sulla società americane che – come sottolinea Federico Mioni nell’introduzione all’edizione italiana – aiuta a capire perché anche in Italia il populismo rischi di avere la meglio sulla democrazia.
Definito dal «Financial Times» uno dei quattro pensatori di management più autorevoli di tutti i tempi, Philip Kotler è professore di International Management alla Kellogg School of Management della Northwestern University di Evanston, Illinois. Ha dato un contributo importantissimo alla strutturazione del marketing come disciplina scientifica ed è autore di numerosi volumi, molti dei quali tradotti in italiano: il suo «Marketing Management» (la cui prima edizione risale al 1967) è uno dei testi più autorevoli nella letteratura manageriale, e tuttora un grande punto di riferimento. Kotler ha anche avviato fra i primi le ricerche sul «marketing sociale». Ha svolto numerosissime attività di consulenza per le multinazionali più importanti del mondo e per molte altre imprese.
Federico Mioni è il direttore di Federmanager Academy e docente alla Link Campus University (Roma). Ha condotto ricerche presso le Università di Princeton e della Virginia, la Library of Congress di Washington e la Massachusetts Historical Society di Boston, è stato Visiting Professor presso la John Marshall Law School di Chicago e docente all’Università di Parma. Autore e/o curatore di una ventina di saggi e volumi, ha vinto il Premio Roberto Ruffilli e il premio del Centro di Studi Americani di Roma.
Luigi Cadorna diresse con poteri pressoché assoluti le operazioni militari italiane nella grande guerra. L'enorme consenso personale e la debolezza dei governi di Roma lo misero al riparo da ogni critica: nonostante l'insuccesso dei suoi piani, le enormi perdite di vite umane, il rischio di una sconfitta sul fronte trentino nel 1916, il generale rimase al suo posto fino alla disfatta di Caporetto, nell'autunno 1917. Quanto era stato incensato prima, tanto venne demonizzato poi. Il libro rilegge la carriera e l'operato di Cadorna collocandone la figura nel contesto della cultura militare europea e della storia italiana dell'epoca. Luigi Cadorna appare così come il rappresentante, non eccezionale, di una generazione di professionisti delle armi ossessionata dal passato inglorioso, dalle umilianti sconfitte e dai difetti di un paese che ritenevano debole e indisciplinato.
«La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.» Quinta Legge Fondamentale
Impalpabili, evanescenti, i sogni sono creature fragili, che svaniscono nella memoria pochi momenti dopo la loro apparizione. Sono nostri, li facciamo noi («stanotte ho fatto un sogno...»), e però questi grandi suscitatori di immagini, sensazioni, emozioni, visioni sfuggono completamente al nostro dominio. Il libro accompagna il lettore in un viaggio nella terra dei sogni, là dove abitano quelli degli antichi, quelli dei moderni, e quelli che da tempo immemorabile visitano le notti dell'umanità, perché comuni a tutte le epoche. Nitidi o vaghi, enigmatici, spaventosi quando assumono i contorni dell'incubo, confusi o assurdi, spesso sono più emozionanti di un film, più commoventi di una poesia, più comici di qualsiasi gag che la mente (conscia) possa escogitare, donano momenti di perfetta felicità oppure di scorato smarrimento. A differenza di noi, che i sogni li «facciamo», i Greci e i Romani li «vedevano»; per loro i sogni cadevano prima di tutto sotto l'organo della vista. Anche per questo il nostro viaggio è accompagnato da un ricco corredo di immagini che dispiegano il modo in cui i sogni sono stati «visti» da una miriade di artisti, dall'Antichità al Medioevo e al Rinascimento, dall'Ottocento fin dentro l'epoca contemporanea, a testimonianza dello straordinario potere germinativo della materia onirica, serbatoio simbolico inesauribile.