Forse non lo sapete, ma il piccolo oggetto che avete in mano - così maneggevole, chiaramente stampato, dai caratteri eleganti, corredato da un frontespizio e da un indice - deve quasi tutto al genio di Aldo Manuzio, che cinque secoli fa ha rivoluzionato il modo di realizzare i libri e ha reso possibile il piacere di leggere. Benvenuti nel mondo del primo editore della storia.
Le politiche neoliberiste degli ultimi decenni hanno arricchito una minoranza, approfondendo le disuguaglianze e riducendo la mobilità sociale. Eppure a questo stato di cose non corrisponde una reazione di massa, come se le persone fossero impoverite non solo materialmente e fossero incapaci di immaginare un altro scenario. E in effetti, sul piano politico nessuno mette veramente in discussione la logica del 'libero mercato', che viene considerata una legge di natura. La destra sovranista - con Salvini e Meloni - ha aggiornato la retorica nazionalista ottocentesca indicando negli immigrati e nell'Europa i nuovi capri espiatori. La sinistra ha passivamente seguito, illudendosi di poter dare una versione 'progressista' del patriottismo. Entrambe le parti politiche, in Italia come in tutto l'Occidente, si trovano perfettamente unite nell'accettare il 'culto neoliberista' della performance e della vita come competizione per il successo individuale. Questa narrazione ha trovato una potente linfa a suo sostegno in una cultura di massa - sapientemente alimentata dalle grandi corporation dell'intrattenimento - che ha eliminato ogni aspetto tragico della realtà, portando il pubblico a credere a una dimensione inverosimile e infantile in cui il bene trionfa sempre e il male viene punito. Una continua produzione di favole che incantano e alla fine inducono ad accettare passivamente ogni iniquità e ogni sfruttamento.
Figlia di Agrippa, il trionfatore di Azio, e di Giulia, l'unica figlia di Augusto, lei sola, Agrippina, si salva dalla tragedia domestica che si abbatte sulla discendenza diretta di Augusto. Eredita i tratti fondamentali della sua stirpe: dalla madre il carattere passionale e l'arroganza di casta non disgiunta dalla capacità di sedurre anche i ceti subalterni; dal padre la disinvoltura a convivere con le truppe; di certo dal nonno, Augusto, il senso dell'autorità e il rispetto per la tradizione dei valori romani.
Il capitalismo ha trionfato seguendo due modelli: in Occidente come ‘capitalismo liberale’, in Oriente come ‘capitalismo politico’. Il primo vacilla sotto il peso dell’iniquità, il secondo sotto quello della corruzione. Quale dei due riuscirà a conquistare la leadership mondiale? È realizzabile un terzo modello più equo e più giusto?
Oggi siamo tutti capitalisti. Infatti, per la prima volta nella storia umana, il mondo è dominato da un unico sistema economico e si muove ovunque seguendo lo stesso spartito. Per arrivare a questo, il sistema capitalistico e l’economia di mercato hanno dovuto sconfiggere prima il feudalesimo, con le sue diverse declinazioni, e poi il comunismo, l’ultimo grande avversario. Se questo è potuto accadere è perché il capitalismo funziona: produce prosperità e gratifica l’aspirazione umana all’autonomia. Ma tutto ciò ha un costo: ci spinge a perseguire il successo materiale come unico obiettivo. E non offre garanzie di stabilità. In Occidente il capitalismo liberale produce crescenti disuguaglianze che minano la convivenza democratica. D’altro canto il capitalismo politico, esemplificato dal modello cinese, è più esposto alla corruzione perché non è arginato dai vincoli di un sistema democratico e si espone al rischio di disordini sociali. Branko Milanovic, uno dei più innovativi e autorevoli economisti mondiali, indaga nel libro proprio le ragioni di questo sviluppo storico del capitalismo e pone sul terreno una domanda non più eludibile: ora che il capitalismo è l’unico sistema che ci governa, quali sono le prospettive concrete che garantiscono all’umanità più equità e una crescita sostenibile per il pianeta? Le sue risposte sono sorprendenti e niente affatto fataliste. Ancora una volta il futuro è rimesso nelle nostre mani: il capitalismo è un sistema umano, perciò dovranno essere le nostre scelte a orientarlo in una direzione o in un’altra e a determinare cosa dovrà offrirci.
Automazione, algoritmi, piattaforme, smart working: il mondo del lavoro sta vivendo una vera e propria rivoluzione. La paura è che crolli il numero degli occupati e che il lavoro umano venga riconosciuto e apprezzato sempre meno. Si teme la capacità di controllo dei software di intelligenza artificiale. Ma non esistono tecnologie buone e tecnologie cattive; esistono usi distorti e usi consapevoli delle invenzioni e delle innovazioni.
La tecnologia cambia rapidamente e incide in profondità in tutti gli ambiti, con esiti spesso preoccupanti. È quello che accade al mondo del lavoro, tra trasformazione digitale, utilizzo dei robot e dell’intelligenza artificiale e diffusione delle piattaforme. Che cosa sta accadendo alle professioni che non sono state spazzate via dalla tecnologia? Come ci si confronta con strumenti di sorveglianza dei lavoratori sempre più pervasivi? Quante possibilità ci sono che il modello della gig-economy si affermi come nuovo paradigma produttivo? Che cosa potranno fare le parti sociali e le forze politiche per mettere in campo protezioni efficaci? La qualità del lavoro presente e futuro dipende da come esso è concepito, contrattato e organizzato. La trasformazione digitale può essere infatti un alleato indispensabile, dalla fabbrica alla scrivania, dal magazzino all’ufficio, ma va messa alla prova sul terreno della convenienza sociale e politica e non solo su quello della convenienza economica. Questo libro è uno strumento prezioso per orientarsi con coordinate precise sui nuovi scenari, sui rischi che corriamo e sulle scelte necessarie per affrontare il futuro.
«Non è una punta, ma una massa prodigiosa. Il lungo braccio della Cresta Nord-ovest, con i suoi speroni secondari, sembra la cattedrale di Winchester dopo una nevicata.»
George Leigh Mallory, 1921
È l’Everest: sui suoi pendii da un secolo si cimentano i migliori alpinisti del mondo, da Eric Shipton a Reinhold Messner, da Edmund Hillary a Krzysztof Wielicki, Anatolij Boukreev, Doug Scott, Simone Moro e Alex Txikon. Ma anche avventurieri, topografi, sognatori, scienziati e figure eccezionali come quelle degli sherpa.
Un secolo fa, nella primavera del 1921, una spedizione britannica lascia le piantagioni di tè di Darjeeling per dirigersi verso la base della montagna più alta del mondo, l’Everest. A partire da quel momento il Big E sarà teatro di una serie di vicende che rimarranno scolpite nella memoria storica dell’alpinismo: dalla scomparsa di George Mallory e Andrew Irvine nel 1924 alla prima ascensione da parte di Edmund Hillary e Tenzing Norgay nel 1953. Dalle imprese solitarie e senza ossigeno di Reinhold Messner nel 1978 e nel 1980 al fenomeno delle spedizioni commerciali dei giorni nostri, che vede centinaia di persone pagare alte cifre per raggiungere la cima, e alle esperienze dei protagonisti odierni delle scalate. Stefano Ardito racconta in queste pagine l’affascinante storia di cento anni di spedizioni. È una storia fatta di coraggio, intelligenza, paura, ma anche di tanti altri aspetti, dall’evoluzione tecnologica delle attrezzature alle trasformazioni geopolitiche che hanno influito sull’alpinismo.
Le ragioni che hanno portato al fallimento del modello neoliberista. Il sentiero che la società civile e una nuova classe politica progressista dovranno intraprendere per ripensare il mondo secondo altri principi.
È il momento di ripensare il nostro mondo secondo un’altra logica. Anzi di realizzare quel mondo diverso che non abbia il Pil come misura del benessere del cittadino, che non rimetta nelle mani dei tecnocrati decisioni tutt’altro che tecniche, che smetta di considerare l’ambiente una quinta teatrale, che impedisca il formarsi di disuguaglianze insostenibili, che garantisca al massimo numero di persone le medesime opportunità. È quel mondo in cui si torna ad ascoltare la voce dei cittadini e dei lavoratori affinché scelgano e non subiscano il futuro.
«Demone a ciascuno è il suo modo di essere.»
Eraclito
Guardano il cielo stellato ma non si meravigliano, sono angosciati dall’esistenza ma non sono tragici, elaborano ricette ma non redigono nuove tavole della legge, parlano di tutto ma non di noi. I contemporanei non ci sono attuali. Sono i classici i competenti in umanità e i maestri di saggezza: con i loro precetti – obbedire al tempo, seguire il demone, conoscere se stessi, non eccedere, conoscere la natura – ci soccorrono nel rispondere alla domanda di Agostino: «Tu chi sei?». Sono i classici che, liberandoci dalla saturazione e dalle spire del presente, ci ricollegano alla memoria dei trapassati e ci interpellano sulla responsabilità verso i nascituri, rendendoci partecipi di quella grande comunità – res publica maior la chiamava Seneca – che ci precede e ci eccede. Il libro spinge questa riflessione fino ai nostri giorni. Intercetta le domande dei giovani, abitati da una divorante ansia di verità e chiamati a una missione supplementare e difficile: arrivati in un mondo fatto su misura per i loro padri, devono costruirne uno per loro stessi e per i loro figli. Torna così attuale l’invito che Max Weber, echeggiando la saggezza classica, rivolse ai giovani nei giorni segnati dalle macerie della prima guerra mondiale. Alla loro domanda: «Professore, cosa dobbiamo fare?», rispose semplicemente: «Ognuno segua il demone che tiene i fili della sua vita».
Un virus ha cambiato il mondo: è importante capire come. Intellettuali e interpreti del nostro tempo riflettono sulle trasformazioni in corso. E propongono idee e azioni per affrontare le difficoltà del futuro.
La pandemia ha tracciato un grande solco tra un prima e un dopo, uno spartiacque tra un mondo che credevamo di controllare e uno dal profilo molto incerto, che sta facendo saltare molte sicurezze. Nel ‘prima’ le nostre società facevano mostra di un’organizzazione globale efficiente; oggi manifestano l’altra faccia, quella fragile e insostenibile. Nel ‘prima’ la democrazia appariva il destino dell’umanità; nel ‘dopo’ non sembra essere più così scontata. Nel ‘prima’ lo Stato era considerato un’istituzione quasi residuale, da limitare e contenere; nel ‘dopo’ dovremo considerare la sua forza necessaria. Nel ‘prima’ in tanti pensavano che la distruzione dell’ambiente avrebbe avuto effetti sulle nostre vite tra molto tempo; nel ‘dopo’ è divenuto chiaro che non possiamo essere sani su una terra malata. Il mondo che verrà ci chiama tutti a riflettere su ciò che è stato, sulle cause profonde di quanto stiamo vivendo e sulle sue conseguenze immediate – economiche, politiche, sociali – e a porci quesiti nuovi sul futuro che ci aspetta e che dovremo ricostruire.
Le disuguaglianze, l'immigrazione, la sicurezza, la corruzione: su queste e altre questioni nevralgiche del nostro tempo abbiamo un atteggiamento diverso a seconda dell'idea di giustizia che assumiamo. Giusto è ciò che coincide con la legge? Raffaele Cantone e Vincenzo Paglia si confrontano senza pregiudizi o ipocrisie a partire dalle loro differenti visioni del mondo. Con un fine che inseguono testardamente pagina dopo pagina: comprendere e definire cosa è giusto. Con il più onesto dei mezzi: gli esempi tratti dalle loro esperienze professionali, in particolare quelli che chiamano in causa la nostra coscienza, quelli che la legge sembra non riuscire a codificare. Dalla più attuale e controversa questione dell'accoglienza dei migranti alla questione della corruzione, dai sistemi di repressione al modo di intendere la punizione e il perdono. Il dialogo è stato curato da Emanuele Coen, giornalista de "L'Espresso".