Un itinerario di dialoghi pieno di testimonianze inedite che ripercorre le tappe della vita e dell'ispirazione cristiana di Giorgio La Pira.
Riprodurre in prosa i versi di Dante è più incisivo che farne la pur utile parafrasi. Perché "spiega" il testo con un'espressività e una cadenza più simili a quelle della poesia. Così che la si può apprezzare con più calma nei suoi aspetti formali, che possono essere meglio approfonditi. I due testi che sono stampati in parallelo spingono anche a valutare in quello ammodernato le soluzioni lessicali, sintattiche e stilistiche: discuterle e integrarle è un modo di studiare la Divina Commedia. Grazie a Dante l'idioma italiano è nato adulto. Perciò la prosa moderna è singolarmente affine alla lingua del poema "antico". Ed è facile fare entrare chiunque capisca l'italiano d'oggi nel mondo poetico e morale di Dante: il più suggestivo e formativo concepito nella storia della cultura occidentale. Un mondo da proporre specie ai giovani e a chi, forestiero, ha però appreso l'italiano.
Un libro profetico perfettamente adatto all'epoca che stiamo vivendo e che richiede un cambiamento profondo in tutti gli aspetti della società.
Questa raccolta di saggi, esposti in occasione del II Convegno Nazionale dell'Associazione Cattolici Vegetariani che si è svolto a maggio 2012, pur affrontando un tema per nulla inedito, ha comunque qualcosa di originale: è la prima riflessione specifica in Italia sorta in ambito cattolico.
Nel gesto di affetto di Maria verso Gesù nell'orto dopo la resurrezione, come nel profumo versato prima della passione c'è tutto l'amore per l'umanità di Gesù che contiene anche la sua divinità, un po' come in questo libro dove si affaccia anche più di una volta anche il problema del rapporto tra fede e ragione. I due termini, non in contrasto secondo l'insegnamento della Chiesa cattolica, sono considerati da molti come inconciliabili. Sui fuochi accesi periodicamente in uno scontro che si alimenta di equivoci e disinformazioni, queste pagine possono scendere come una brezza rasserenante. Se accadrà, il merito non è di chi ha steso queste riflessioni, ma di Gesù di Nazaret, sicuro amico della ragione e maestro di piena umanità.
Un piccolo e pratico manuale da collezione per riscoprire la ricchezza della varietà alimentare che si è persa o dimenticata, ottimo come regalo per sè e per gli altri.
Il problema della fame è presente molto spesso nelle nostre vite di occidentali indaffarati solo come una cattiva coscienza un po’ vaga. Eppure non si pensa che la fame nel terzo mondo è divenuta endemica a causa della colonizzazione da parte dell’Occidente e che tutte le politiche e le tecniche usate per combatterla non hanno fatto altro che incrementarla. La grande industria ha infatti esteso la propria produzione espropriando i piccoli contadini, mentre la liberalizzazione dei prodotti agricoli è andata di pari passo con il protezionismo delle grandi multinazionali e una progressiva chiusura verso le piccole produzioni agricole e i loro coltivatori. “La fame: perchè?”, traduzione italiana dal francese dell’agronomo e studioso François de Ravignan, ripercorre i dibattiti cui l’autore ha partecipato e fornisce un quadro esaustivo sui caratteri della fame nel mondo d’oggi, i rischi gravi che fa correre e, di fronte a questi, le capacità fisiche del pianeta di rispondere ai bisogni della sua intera popolazione, oggi e in futuro. In particolare, l’autore si sofferma sul ruolo essenziale dei contadini, dei più poveri, nell’affermare la loro dignità facendo regredire la fame. “I contadini poveri - afferma de Ravignan - hanno enormemente innovato, moltiplicando le loro associazioni, precisando le loro rivendicazioni, rendendo efficaci le loro azioni. (...) Sicchè ci si può chiedere se non siamo già all’alba di un risveglio politico dalle conseguenze impreviste”.
Il pensiero di Jousse, in questo secondo libro edito da LEF, parte da una semplice considerazione: di solito abbiamo l’idea che la scuola autentica consista nello stare tra quattro mura, davanti ai libri. Abbiamo fatto cioè totale “astrazione” della “Scuola delle cose” e non vediamo altro che la Scuola dei Libri. Invece, scrive Jousse, dobbiamo ricordare che è la scuola delle cose che orienta verso il Senso della Vita e verso il Senso del Linguaggio e che essa è parte integrante nella nostra espe- rienza pratica. Fondamentale a questo scopo è quindi il contatto con la terra perchè di essa ci nutriamo, da essa apprendiamo e contemporaneamente la modelliamo con la nostra intelligenza per ottenerne i frutti utili alla nostra sussistenza. Il lavoro della terra riacquista, nelle parole di Jousse, la sua nobiltà, tanto da rivalutare la figura del contadino elevandola a maestro. Maestro per i ragazzi, insegnante per gli insegnanti, che dalla sua mimica, dalla sua azione possono comprendere come appassionare i ragazzi. E’ qui la grande forza della pedagogia contadina che Jousse rivendica con decisione in queste pagine.
Questo diario è stato scritto nel 1946 da un adolescente, apprendista di un artigiano bronzista, con bottega a Firenze in via dei Serragli. Dalle parole spontanee, non prive di errori ortografici, che rendono la lettura più istintiva e sincera, nasce un racconto sublime sul valore del lavoro artigiano e del rapporto tra apprendista e maestro, per cui ogni più piccolo gesto, perfino uno sguardo, assumono il senso di una lezione di vita. L’autore, rileggendo il suo diario a distanza di tempo, ritrova il senso profondo del lavoro manuale per se stesso e per la città intera. Con questo testo la LEF rinnova l’attualità di una sua pubblicazione, di fronte al disastro di una scuola italiana che alleva solo impiegati per posti di lavoro seduti davanti a un computer.
“Il bambino e l’uomo, nel bambino le premesse dell’uomo: la fedeltà al lavoro, la costanza, il riprovare ogni giorno, premio, il piccolissimo premio della caramella, la severità asciutta e attenta di chi gli insegna, una mamma alle spalle che corregge calligrafia e vita. È una storia di piccole cose, di un quotidiano monotono direbbero, purtroppo, molti ragazzi d’oggi impazienti, ma è stato proprio quel seguito di giorni e d’anni che ha dato al bambino lo spazio e la saggezza necessarie per diventare uomo”. (Fioretta Mazzei).
Frutto di una profonda devozione verso gli scritti di San Paolo, questa traduzione di Giuseppe Sandri offre al lettore una chiave di lettura neutra, ripulita da ogni interpretazione e aderente il più possibile al messaggio originale. Il commento, spoglio di elementi eruditi, presenta, in un continuo appassionato annotare, le bellezze del Regno di Dio e offre digressioni riguardanti la Chiesa, i Sacramenti, la gerarchia, l’unità, il privilegio del dono della fede cristiana, la responsabilità di corrispondere liberamente alla chiamata, i doni d’amore, la necessità di lasciarsi trasformare sul modello della “morte e risurrezione” di Gesù, concetto fondamentale assai ricorrente nella teologia di Paolo. In queste traduzioni, Sandri ha voluto donare il senso della sua ricerca di Dio, e della sua scelta di servirLo facendosi povero tra poveri. Da questo il suo valore profondo, che spinge a una riflessione più intima sul senso della vocazione, che come lo fu di San Paolo, lo è per tutti, quotidianamente ognuno a suo modo.