
Taizé nasce nella Francia occupata dai nazisti come comunità monastica, voluta da un giovane protestante svizzero, Roger Schutz-Marsauche, che non crede all’esistenza di frontiere invalicabili fra i paesi, le confessioni religiose, le culture, le generazioni. In un’epoca in cui l’uomo sembrava aver smarrito ogni speranza, frère Roger fonda sulle dolci colline della Borgogna un luogo di riflessione, di preghiera e di dialogo, dapprima riservato ai confratelli protestanti e poi con il passare degli anni aperto anche ai cattolici e agli anglicani (l’unità dei cristiani, così tanto desiderata…). Taizé diventa in poco tempo una delle realtà più vitali del mondo cristiano, capace di parlare – in un’Europa sempre più atea – alla società e, in particolare, ai giovani, e impegnata a fare dell’ecumenismo una pratica davvero quotidiana. Le immagini dei tantissimi ragazzi che ogni anno da tutte le parti del mondo si radunano festanti sulle colline francesi per pregare e stare insieme sono forse la rappresentazione più efficace dello spirito di Taizé. Ma altrettanto significativi sono i legami che frère Roger e la sua comunità hanno stretto con Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, con uomini politici come Mitterrand, con intellettuali e artisti come Wim Wenders, e i progetti di aiuto alle zone più povere del pianeta, dall’Africa, all’Asia, all’America latina.
Nelle pagine di questo libro il cantiere avviato dalla comunità di Taizé – diretta dal 2005 da frère Alois, dopo la tragica scomparsa di frère Roger –, si rivela un’opera titanica nella sua semplicità, una tra le più alte di tutta la spiritualità del XX secolo. Dopo aver assistito alla sconfitta dei totalitarismi, all’esaurimento delle ideologie e aver contribuito a riavvicinare molte voci discordi della cristianità, Taizé ha ora di fronte la sfida forse più difficile: ridare una speranza cristiana a un mondo soffocato da un relativismo privo di una prospettiva autenticamente umana.
Incombente e sinistra presenza nel Codice Da Vinci, l’Opus Dei è da anni uno dei capri espiatori dei media di tutto il mondo, che a turno la dichiarano implicata in scandali e inchieste su assassini, bancarotte e traffici illeciti. Ma è proprio il «mostro» di cui si parla? È davvero una società «segreta », ultraconservatrice, ricchissima e pressoché onnipotente, in grado di controllare anche il Vaticano? E, in ogni caso, perché la si ritiene coinvolta in oscure manovre politico-finanziarie di portata mondiale?
Queste sono solo alcune delle domande a cui Patrice de Plunkett risponde in un libro-inchiesta che fa finalmente luce su uno dei grandi «enigmi» religiosi e politici dei nostri tempi.
Attraverso la storia della Prelatura, i suoi rapporti con il Vaticano e con i paesi in cui ha messo radici, le testimonianze di chi vi ha aderito e anche quelle di chi ne è uscito, De Plunkett dipinge un quadro lucido documentato e preciso della Obra spagnola, senza ignorare le questioni più spinose – ad esempio il caso Calvi – o le accuse più gravi.
A qualcuno non piacerà, ma forse la verità è molto semplice: l’Opus Dei è soltanto una «via» che il cattolicesimo mette a disposizione dei credenti per seguire la propria fede, vivendo secondo quelle regole di castità, obbedienza e povertà dettate dal suo fondatore, Josemaría Escrivá de Balaguer. È uno strumento offerto ai cristiani per arrivare a Dio e alla «santità».
L'AUTORE
PATRICE DE PLUNKETT, saggista e giornalista, ha codiretto per molti anni una delle riviste francesi più famose, «Figaro Magazine», e attualmente è membro del comitato editoriale della rivista cattolica «Kephas». È autore di La culture en veston rose, Ça donne envie de faire la révolution!, Quelle spiritualité pour le XXIe siècle?, L’Évangile face aux médias, Benoît XVI et le plan de Dieu e Nous sommes des animaux mais on n’est pas des bêtes.
IL LIBRO
Il 1° febbraio 1954, durante uno degli inverni più freddi del dopoguerra, l’Abbé Pierre rivolge un appello radiofonico ai francesi di buona volontà, dando avvio a quella che fu definita l’«insurrezione della bontà» e alla sua battaglia contro l’emarginazione e la povertà nelle nostre città e nel mondo.
Dopo cinquant’anni l’Abbé Pierre, ormai novantenne, si rivolge alle giovani generazioni e le invita a una nuova rivoluzione, capace di assicurare all’umanità intera un’autentica prospettiva di futuro. Egli conosce i loro tormenti interiori e il loro desiderio di costruire qualcosa di duraturo e profondo, la loro difficoltà a ribellarsi a un modo omologato di vedere le cose e a trovare altre strade, i problemi concreti che assillano le famiglie, le ingiustizie che dividono il mondo e le società, e indica una rotta diversa.
Ognuno di noi, con il suo lavoro e il suo impegno, può costruire un mondo migliore, semplicemente facendo bene ciò che deve. Ma è anche necessario che si instauri un ordine delle cose più equo, che preveda una reale condivisione delle risorse e delle ricchezze. Il futuro dell’Uomo e della Terra dipende in buona misura dalla volontà di costruire giorno dopo giorno una più equilibrata convivenza tra ricchi e poveri, tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo.
Solo questo ci consentirà di controllare i grandi spostamenti di popolazioni che assillano e mettono in crisi le nostre società ricche e fiorenti e che, senza una decisa sterzata delle politiche economiche mondiali, non potranno che intensificarsi.
L'AUTORE
Henri Grouès – l’Abbé Pierre – nacque a Lione nel 1912. Ordinato sacerdote nel 1938, partecipò alle attività della Resistenza francese, divenendone presto uno dei capi. Dopo la guerra fu eletto deputato e fece parte dell’Assemblea Nazionale, ma, dopo qualche anno, abbandonò l’attività politica per dedicarsi ai poveri e ai bisognosi: nacque così Emmaüs, l’associazione dei «compagni», che attraverso il recupero dei materiali riciclabili e di tutto ciò che finiva nelle cantine e nelle soffitte delle famiglie finanziava le azioni di sostegno e aiuto ai più poveri, e che nel corso del tempo è diventata un’organizzazione articolata presente in tutti i continenti. L’Abbé Pierre è morto il 22 gennaio 2007.
IL LIBRO
Molti lamentano la crisi della cultura scientifica e la diffusione di un analfabetismo scientifico e tecnologico che inizia nella scuola e sarebbe alimentato da una diffusa ostilità nei confronti della scienza. Il modo di curare questa malattia consisterebbe nel propinare una overdose di informazione e divulgazione scientifica improntata a immagini positive e in contrasto con la cultura umanistica «parolaia».
Questo libro si propone di dimostrare che il male ha cause ben diverse. La crisi attuale è alimentata dai fautori di un rozzo scientismo di stampo positivistico, dai divulgatori che presentano in modo magico e acritico ogni risultato scientifico-tecnologico e da coloro che escludono la scienza dalla cultura, riducendola a tecniche di «problem-solving », a mera abilità pratica, in definitiva priva di attrattive per chi continui a nutrire interesse per la conoscenza.
Il volume collega la crisi della cultura scientifica a un disastro educativo che sta sgretolando le fondamenta delle strutture dell’istruzione. Sotto l’influsso di teorie pedagogico-didattiche sedicenti progressiste la scuola si sta trasformando da luogo di formazione e di cultura in un laboratorio di metodologia dell’autoapprendimento. Come ha scritto Jean-François Revel, «la decadenza dell’insegnamento da trent’anni è conseguenza di una scelta deliberata secondo la quale la scuola non deve avere come funzione la trasmissione della conoscenza».
Il libro è concentrato sul caso italiano ma molte delle riflessioni sviluppate hanno valore più generale e mettono in luce un processo che è espressione di una crisi della cultura occidentale in alcuni dei suoi nodi nevralgici: la cultura scientifica, la scienza e il suo insegnamento.
L'AUTORE
GIORGIO ISRAEL è professore ordinario di Matematiche complementari presso l’Università di Roma «La Sapienza». È membro dell’Académie Internationale d’Histoire des Sciences ed è stato professore presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi. È autore di più di duecento articoli scientifici e di una ventina di libri tra cui: The Invisible Hand. Economic Equilibrium in the History of Science (con B. Ingrao), MIT Press, 2000; La visione matematica della realtà, Laterza, 2003 (3ª ed.); The Biology of Numbers (con A. Millán Gasca), Birkhäuser, 2002; La macchina vivente. Contro le visioni meccaniciste dell’uomo, Bollati Boringhieri, 2004; Liberarsi dei demoni. Odio di sé, scientismo e relativismo, Marietti, 2006.
RECENSIONI
«Liberal», 6 marzo 2008
«Lungi dall’essere una noiosa anamnesi di date, documenti e interventi che a vario titolo hanno accelerato il collasso, Chi sono i nemici della scienza? […] si segnala come un’analisi originale e impietosa di alcune tra le più grandi e troppo spesso taciute aberrazioni ideologiche che hanno tramutato la scuola in una creatura acefala e deforme.»
IL LIBRO
Dopo aver trascorso diversi anni in Libano, Frédéric Pichon e la sua famiglia decidono di lasciare Beirut per la Francia. Ma quello a cui si predispongono non è un qualsiasi viaggio di ritorno, perché avrà come filo conduttore le comunità cristiane d’Oriente, insediate con le loro antiche chiese non lontano dai luoghi dove sono vissuti Gesù e gli Apostoli.
Inizia così un lungo periplo attraverso il Libano, la Siria, la Turchia e la Grecia, costellato di incontri, peripezie, incursioni nella storia antica e moderna di questi luoghi, attraverso deserti, valli e montagne a strapiombo su cui vegliano monasteri austeri e remoti.
Lo sguardo dell’autore è acuto e penetrante: giocano a suo favore l’esperienza di vita nel Vicino Oriente, la conoscenza della lingua, un rapporto di grande empatia con le popolazioni locali e un sincero sentimento religioso. Il risultato è un racconto vivace, sempre suggestivo, spesso appassionante, soprattutto capace di cogliere l’anima profonda e molteplice dei cristiani d’oriente, cattolici, ortodossi, maroniti e caldei che sopravvivono, con grandi sofferenze e coraggio, ogni giorno più isolati, in un mondo musulmano contraddittorio e travagliato.
L'AUTORE
FRÉDÉRIC PICHON, dopo la laurea in lingua araba, ha trascorso diversi anni a Beirut. Attualmente è ricercatore di Scienze religiose all’École Pratique des Hautes Études e insegna storia e geografia in un liceo della periferia parigina. Viaggio fra i cristiani d’Oriente è la sua prima opera pubblicata.
RECENSIONI
Camillo Langone, «Il Foglio», 25 aprile 2008
«Doloroso quanto istruttivo.»
IL LIBRO
Convertitosi al cattolicesimo nel 1922, Chesterton pubblicò questo «bozzetto» su san Francesco nel 1923, come se dalla conversione del santo di Assisi traesse uno spirituale alimento per la propria. Per Chesterton san Francesco era soprattutto un uomo innamorato di Dio e della Creazione, un poeta che si sentiva piccolo e cantava la gloria delle piccole cose, dei piccoli esseri viventi, della vita ordinaria di coloro che aiutava nella lotta contro la miseria. Dai folli gesti di carità compiuti quando era ancora il figlio di un mercante al rifiuto del mondo e alla creazione di un ordine e di una regola che davvero imitavano la vita di Cristo, alle stigmate ricevute sul monte Alverno, e fino alla morte, ogni passo del suo cammino su questa terra era rivolto al cielo.
Un amore così grande e appassionato, una mistica così semplice e assoluta appaiono «scandalose» alla mentalità moderna. Ma è proprio essa che Chesterton vuole scuotere in queste pagine, cercando di aiutarla, con la consueta ironia, a compiere il movimento di rivoluzione interiore che fece del piccolo Francesco Bernardone il grande san Francesco.
L'AUTORE
GILBERT KEITH CHESTERTON (1874-1936) fu scrittore e pubblicista dalla penna estremamente feconda. Soprannominato «il principe del paradosso», usava una prosa vivace e ironica per esprimere serissimi commenti sul mondo in cui viveva. Scrisse saggi letterari (Dickens, Wilde, Shaw) e polemici (Ortodossia), romanzi «seri» (L’uomo che fu Giovedì, L’osteria volante) e gialli (celebre la serie di avventure di Padre Brown).
RECENSIONI
Roberto Persico, «Il Foglio», 15 marzo 2008
«Chesterton non si può parafrasare, si può solo cercare di seguirlo nei suoi pirotecnici paradossi: par di vederlo, col suo corpaccione enorme poggiato sulle mani a testa in giù, che contempla il mondo capovolto. E da questa prospettiva ci restituisce un Francesco d’Assisi inedito, vivido, pennellato sullo sfondo d’un medioevo rutilante di vita e di figure, giovane ricco innamorato della poesia francese che lascia tutto e tutto ritrova in un possesso più certo, fino a diventare principio di un nuovo mondo.»
IL LIBRO
Il Giappone è spesso visto come la patria dell’innovazione tecnologica, del dinamismo economico, delle megalopoli sovraffollate, dei fumetti manga e dei film di yakuza, e anche, attraverso il filtro di un esotismo un po’ datato, come il paese dei samurai e delle geishe, del sushi e del sake. In realtà, come dimostra Robert Calvet in questo saggio esaustivo e appassionante, il Giappone è stato, ed è, molto di più.
L’autore ne ripercorre la storia dalle origini (la comparsa della ceramica nel periodo Jomon, all’incirca nel 10.000 a.C.) fino ai giorni nostri (con l’elezione dell’ultimo premier Fukuda Yasuo), descrivendo l’organizzazione del potere e il suo controllo da parte dell’aristocrazia di corte tra l’VIII e il XII secolo; il ruolo dell’imperatore considerato di ascendenza divina; le terribili lotte tra i potenti clan militari e la nascita del bakufu (governo militare) e della figura dello shogun; il processo di unificazione tra il XVII e il XVIII secolo e la fine dello shogunato con l’inizio dell’era Meiji; il ruolo del paese durante la seconda guerra mondiale e infine le vicissitudini che il Giappone ha vissuto tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo (la grande crescita demografica, il boom economico degli anni ’80 e la crisi degli anni ’90, gli scandali che hanno segnato la vita politica nazionale, i difficili rapporti con gli altri paesi asiatici e in particolare con la Cina…).
Ma Calvet non esclude dalla sua ricostruzione gli aspetti più significativi di una vicenda culturale e artistica che ha pochi termini di paragone, sia in Oriente sia in Occidente: dai templi di Nara e di Kyoto, dalle porcellane di Arita, agli artisti (Utamaro, Hokusai, Hiroshige), agli scrittori (Kawabata, Tanizaki, Mishima, Oe), ai registi (Ozu, Mizoguchi, Kurosawa, ma anche Kitano, Tsukamoto, Miike), a cui tanto deve anche la nostra cultura.
Questo saggio rappresenta insomma una ricognizione completa della storia dell’arcipelago, che permette al lettore di comprendere le grandi dinamiche – storiche, sociali e culturali – che hanno fatto del Giappone una realtà unica e imprescindibile del panorama mondiale.
L'AUTORE
ROBERT CALVET insegna storia all’Université de La Rochelle. Tra le numerose pubblicazioni ricordiamo Les Américains (2004).
Per Thomas Merton – uno degli scrittori religiosi più significativi del XX secolo, le cui opere sono da molti ritenute profetiche – la riscoperta della vita interiore è la condizione irrinunciabile per ritrovare la nostra autentica identità di esseri umani, che non si rinchiudono in se stessi ma anzi ricercano il rapporto con gli altri e si liberano delle «risposte obbligate» prescritte e imposte dall’educazione, dai retaggi razziali e nazionali, dall’appartenenza religiosa e da tutte le istituzioni che prosperano dividendo gli uomini in amici e nemici. Di fronte a una società che si è perduta nella vana aspirazione al successo, al potere e al denaro, solo un amore fondato sulla condivisione può offrire quelle risposte che tutti avvertono come essenziali e urgenti.
In questa sua raccolta di pensieri e meditazioni, Merton parla della libertà, della verità che non scende a compromessi, della capacità di affermare il proprio «sì» e il proprio «no», della pace, del silenzio, della parola e della presenza di Dio nella nostra quotidianità. E testimonia ancora una volta il suo attaccamento al mondo, a ciò che egli concepisce come la sua «reale» storia, il fluire degli eventi prodotto dal pensiero e dall’azione di ognuno di noi.
L'AUTORE
THOMAS MERTON (1915-1968), scrittore e monaco trappista, è autore di più di settanta libri tra cui La montagna dalle sette balze, Nuovi semi di contemplazione, Fede e violenza e Diario di un testimone colpevole.
Varma articola la sua analisi intorno a quattro chiavi di lettura: il potere, la ricchezza, la tecnologia, il nazionalismo. Come è cambiata l'India negli ultimi decenni, nell'articolazione della società, nella distribuzione del potere, nella produzione della ricchezza, nell'accesso all'istruzione, nel rapporto con la sua spiritualità religiosa? L'India è la più grande democrazia del pianeta, è all'avanguardia nell'informatica, è prossima a diventare un gigante economico, eppure 200 milioni di indiani rimangono disperatamente poveri. Il tasso di analfabetismo è alto, la violenza è diffusa, il sistema delle caste conserva ancora molto del suo potere. Come andare oltre i molti fraintedimenti nutriti dagli stereotipi occidentali e dai miti proiettati dagli indiani su loro stessi?
IL LIBRO
Milioni di persone, di tutte le età, di tutte le fedi, di tutte le nazionalità e capi di nazioni anche in guerra fra loro si sono ritrovati nell’aprile 2005 per rendere l’estremo saluto a Giovanni Paolo II. Questa mobilitazione senza precedenti nella storia ha dimostrato che la Chiesa rappresenta un punto di riferimento essenziale, non solo per i cattolici. Anzi, qualche volta sembrano proprio alcuni fra loro i più restii ad accettarne la vitalità e la ritrovata capacità di offrire un contributo di idee autorevole, anche se spesso controverso, al mondo contemporaneo.
In Lo Splendore della Verità padre Neuhaus – che si trovava a Roma in quegli storici giorni e ne ha redatto un diario che conclude il suo saggio – affronta molti dei temi più dibattuti del cattolicesimo postconciliare (dal significato del Concilio alle innovazioni nella liturgia, dall’ordinazione delle donne alla contraccezione, dall’aborto e dall’omosessualità al celibato dei sacerdoti) coinvolgendo il lettore in una riflessione vibrante e profonda su cosa significa essere credenti oggi.
Partendo dalla sua vicenda personale – che lo ha portato a sentire l’insufficienza della fede e della teologia luterana nella quale era cresciuto e a diventare prima cattolico e poi sacerdote –, e ricordando gli incontri con Giovanni Paolo II e l’allora cardinale Ratzinger, Neuhaus spiega quanto sia in errore chi vuole politicizzare e «democratizzare » la Chiesa, contestando o stravolgendo gli insegnamenti del Magistero. La fedeltà e la continuità, non l’autonomia e la novità, conducono a un futuro ricco di promesse. Un futuro all’insegna di una evangelizzazione planetaria, dell’unità fra i Cristiani, e di un vero rinnovamento.
L'AUTORE
RICHARD JOHN NEUHAUS, una delle più importanti autorità sulla religione nel mondo contemporaneo e presidente dell’Institute on Religion and Public Life, è redattore capo della rivista «First Things». Con il leader evangelico Charles Colson ha promosso Evangelicals and Catholics Together, un’iniziativa controversa per riallineare le dinamiche religiose e culturali nella nostra società. È autore di molti libri, alcuni dei quali editi in Italia: Le ultime parole di Gesù dalla croce (2001), Solidarietà e profitto. La sfida del capitalismo cristiano (1994). È sacerdote dell’arcidiocesi di New York e vive a Manhattan.