Prima della scoperta dei rotoli del Mar Morto (1947) conoscevamo gli esseni solo grazie alle fonti antiche. Sapevamo che essi conducevano una vita filosofica: ripudiavano i piaceri e disprezzavano la ricchezza, vivevano in ammirevole vita comunitaria, non temevano la morte e credevano nella resurrezione dei corpi. La loro giornata vedeva l’alternarsi di lavoro e preghiera, immersioni nelle acque vive e partecipazione alla seudah, l’anticipazione del banchetto messianico.
Negli esseni, questi antichi hassidim, Benamozegh vedeva i predecessori della Qabbalah e nella loro storia una fonte ricchissima di elementi atti a spiegare l’origine del cristianesimo.
Che gli esseni non potessero essere definitivamente scomparsi dalla storia, Benamozegh lo sapeva: come un fiume che scorre sotterraneo per molte miglia, per poi riprendere a scorrere alla luce del sole, così anche gli esseni sono di nuovo tra noi, nostri contemporanei.
A cura di Marco Morselli
GLI AUTORI
Elia Benamozegh (Livorno 1823-1900), biblista, talmudista, cabbalista, filosofo della religione, è stato il più importante rabbino italiano dell'Ottocento. Nato da una famiglia originaria di Fez (Marocco), trascorse per intero la sua vita a Livorno, esercitando l’ufficio di rabbino. Gran parte della sua opera, scritta in ebraico, italiano e francese, è ancora inedita e forse, almeno in parte, è andata smarrita. Marietti ha già pubblicato: Israele e l’umanità (1990), Morale ebraica e morale cristiana (1997), L'origine dei dogmi cristiani (2002), e Il Noachismo (2006).
Una monografia sulla storia dei fondamenti della Chiesa cattolica
Per Marcione esistono due dèi: il creatore del mondo, rivelatosi all'uomo sin dall'inizio nelle opere della creazione e nell'Antico Testamento, e il Dio straniero che si è manifestato in suo figlio Gesù Cristo per strappare gli uomini al dominio opprimente del Creatore. Dietro questa visione teologica a prima vista assai bizzarra si nasconde un'interpretazione particolare della Bibbia: oltre dieci secoli prima di Lutero, Marcione rivendica l'indipendenza del Vangelo dalla Legge mosaica con una radicalità estrema, tanto da ritenere che l'Antico e il Nuovo Testamento siano opera di due divinità diverse.
Come ha ricordato recentemente lo stesso papa Benedetto XVI, riferendosi proprio a questo testo di Harnack, Marcione rappresenta ad un tempo la più grande minaccia, ma anche la più grande sfida lanciata alla dottrina cristiana e rappresenta ancor oggi un passaggio obbligato per il dialogo ebraico-cristiano.
A cura di Federico Dal Bo
GLI AUTORI
ADOLF VON HARNACK (1851-1930) è stato uno dei teologi tedeschi più importanti del secolo scorso. La sua fama è legata alla monumentale storia dei dogmi cristiani, ma soprattutto all'audace monografia che dedicò al più celebre eretico del cristianesimo antico: Marcione.
Il romanzo narra il correre parallelo di due esistenze (un uomo e una donna) nell’Ancona dei primi decenni del Novecento, popolata dei mezzi più avanzati di quella tecnologia sempre più dominante (auto, aerei, radio). Lui, nato cieco, e lei, intraprendente aviopittrice, finiscono col ritrovarsi, senza volerlo, insieme sotto il bombardamento della città, fatto storicamente avvenuto il 2 novembre 1943. La partecipazione all’evento provoca il misterioso, contemporaneo accadere di fenomeni opposti: lui, Elia, acquista inspiegabilmente la vista, proprio quando a lei invece verrà sottratta. Attraverso l’avvenimento che scombina la vita dei due personaggi, il romanzo si trasforma in un’ardita riflessione sulla facoltà del “vedere”, sollecitata dall’intromissione di un “terzo uomo”, un monaco ortodosso ispirato alla figura del matematico-filosofo Pavel Florenskij.
L'opera divide i lemmi in tre volumi. Tutti i lemmi hanno subito interventi rispetto alla prima edizione del 1984, sia di aggiornamento del testo, sia nella biografia, ne sono stati aggiunti circa 500.
Cos’è il linguaggio, qual è la sua origine e il suo rapporto con il mito? E ancora, che ruolo ha la lingua nell’opera di Tolkien, perché l’autore del Signore degli Anelli considera l’uomo una "luce riflessa" capace di sub-creare mondi immaginari tramite le parole? Come ci dice la Flieger in questo volume «le parole sono espressione del mito, incarnazioni di concetti mitici e di una visione mitica del mondo. La lingua ai suoi inizi non faceva alcuna distinzione tra il significato letterale di una parola e quello metaforico, come invece accade ora [...]. Qualsiasi tipo di espressione era letterale e dava direttamente voce alla percezione dei fenomeni ed alla partecipazione intuitiva e mitica ad essi da parte dell’umanità». È a partire da questa teoria della parola e del mito (originariamente proposta da un altro Inkling, Owen Barfield) che Verlyn Flieger in Schegge di luce elabora un’affascinante interpretazione dell’opera tolkieniana, che la critica considera, insieme a La via per la Terra di Mezzo di Tom Shippey (Marietti 2005) un testo imprescindibile per chiunque voglia cogliere in tutta la sua ricchezza il senso profondo del legendarium di Tolkien. La prima collana italiana dedicata agli studi critici su "Tolkien e dintorni" non poteva quindi auspicare un esordio migliore. Presentazione di Claudio Antonio Testi
«Nulla anteporre all’amore di Cristo». Questo promemoria che san Benedetto ha posto nella sua Regola è stato il tema ripreso e svolto da padre Sergio al corso di Esercizi spirituali per sacerdoti proposto da Comunione e Liberazione. È questo un invito sempre attuale. Infatti, l’uomo non ha in sé la capacità di darsi la risposta esauriente al proprio bisogno di felicità. Solo quando questa risposta si rende presente in un fatto umano toccabile, udibile, e gli dice: «Vieni», inizia l’avventura della scoperta infinita di sé. Gesù Cristo è l’infinito di Dio fatto carne nel quale trova vita e compimento il nostro io. Egli è la via, cioè il metodo che ci introduce nella pienezza della verità e quindi dell’umanità. Occorre che la nostra libertà Lo lasci agire. Queste meditazioni mettono in luce questo dramma, testimoniato dall’Autore, dramma perennemente aperto.
Saluto introduttivo e sintesi di Julián Carrón
L'opera si propone di recuperare l'immensa riserva di contenuti teologici e spirituali che permettevano alla Pasqua delle origini di plasmare l'intera vita della Chiesa. Le quattro età o stagioni della Pasqua – la Pasqua storica dell'Esodo, la Pasqua liturgica di Israele, la Pasqua storica di Cristo e la Pasqua liturgica della Chiesa – vengono quindi rivisitate seguendo la genuina dialettica biblica che intreccia alla storia la liturgia della storia, e all'evento il sacramento. Questo permette di raccogliere i tesori spirituali che si sono andati accumulando lungo i secoli tra le pieghe della celebrazione pasquale, soprattutto i meravigliosi testi dei Padri, capaci ancora di stupire per la loro attualità e la potente carica religiosa.
GLI AUTORI
Padre Raniero Cantalamessa, sacerdote cappuccino, è stato per molti anni professore di Storia delle origini cristiane e Direttore del Dipartimento di scienze religiose dell'Università Cattolica del S. Cuore di Milano.
Nel 1980 ha lasciato l’insegnamento accademico per dedicarsi all’animazione spirituale e pastorale, e da allora ricopre l'ufficio di Predicatore della Casa Pontificia; in questa veste tiene ogni anno, in Quaresima e in Avvento, delle meditazioni al Santo Padre, ai Cardinali e prelati di Curia e ai componenti della Cappella papale. Per la televisione conduce su RAI1 la rubrica di cultura religiosa Settimo giorno.
Le apparizioni mariane prese in esame in questo libro – S. Maria delle Vigne, la Madonna della Guardia, a P. Giusso nel 1746 – sono quelle che più hanno segnato la storia religiosa e civile di Genova. In un convegno tenuto il 4 dicembre del 2004 si è cercato di fare il punto sulla situazione della ricerca storica al riguardo. La pubblicazione degli Atti intende mettere a disposizione degli studiosi il materiale raccolto nella speranza di suscitare altri studi. La devozione mariana si inserisce nella rete di luoghi e relazioni della città medievale e di antico regime. Le apparizioni sono poi un momento importante di legittimazione di chiese, definizioni di riti e memorie collettive. Ripercorrere le più importanti mariofanie genovesi diviene un’occasione per indagare il modo di strutturarsi delle relazioni umane, delle località e delle pratiche sociali. Un modo per decifrare la città attraverso l’organizzarsi dei riti che la definiscono. Prefazione di Tarcisio Bertone
Quest'opera, nata dall'intento di sottoporre la concezione di René Girard a un serrato approfondimento critico e storico, affronta un campo attualmente poco esplorato, quello del confronto tra cultura greca, e più generalmente pagana, e cristianesimo. Perno di tale confronto è il sacrificio, l'istituzione religiosa senza la quale le società antiche non sarebbero riuscite a canalizzare ed allontanare la loro violenza interna, concentrandola su una vittima, e che si rinnova ai nostri giorni sotto mille travestimenti, quando non sotto forma di nostalgia ideologica. L'assunto del libro è non solo che la cultura greca più avanzata abbia sviluppato una profonda riflessione sulla violenza umana e sulla necessità del sacrificio, ma che il cristianesimo sia riuscito a portare la risposta che alla tragedia e alla filosofia restava ancora inaccessibile, la risposta di un Dio misericordioso che, nella persona del suo figlio, accetta di farsi vittima pur di liberare gli uomini dalla necessità di nuovi sacrifici. L'unicità del cristianesimo emerge proprio dal sovrapporsi di uno stesso problema, radicato nella storia e nella natura umana, e nel punto di vista che in esso Cristo fa emergere: il punto di vista della vittima innocente, che subisce la violenza umana, la perdona, e così la trasforma in strumento di redenzione. Prefazione di Emmanuele Morandi
Viene presentata in modo unitario la raccolta di studi che María Zambrano (1904-1991) ha dedicato alle figure femminili dei maggiori romanzi di Benito Pérez Galdós (1843-1920), considerato uno dei più grandi scrittori che la Spagna abbia mai avuto. Attraverso la riflessione intorno a Nina (protagonista di Misericordia) e Tristana (protagonista dell’ omonimo romanzo da cui Buñuel ha tratto il famoso film), la filosofa spagnola torna a parlare dei temi che l’hanno sempre inquietata e fecondamente interrogata: la storia nazionale della Spagna, il conflitto tragico tra storia e vita delle singole creature umane, la vita umana contesa tra il romanzo e la tragedia. Le “creature” come Nina e Tristana mostrano la possibilità di “trascendere” i conflitti tragici attraverso l’unica possibile soluzione: vivere sempre di nuovo una “vita pura”, illustrata da due metafore concrete fondamentali nella filosofia di María Zambrano: l’acqua e la luce diversa intravista nella Spagna della sua giovinezza. Cura e introduzione di Annarosa Buttarelli Traduzione e postfazione di Laura Mariateresa Durante