Porta d'accesso al "secolo breve", guerra che avrebbe dovuto porre fine a tutte le guerre, "inutile strage": il primo conflitto mondiale fu una tragedia che costò la vita a oltre nove milioni di persone. La Grande guerra fu lo sbocco finale della corsa agli armamenti perseguita dalle principali potenze europee (in particolare dalla Germania), il frutto avvelenato dell'imperialismo. Ma davvero il Reich tedesco rappresentava una minaccia per l'ordine e la stabilità dell'Europa? Davvero si trattò di un conflitto inevitabile? A queste e altre domande risponde lo storico Niall Ferguson. Muovendosi in una interdisciplinare "terra di nessuno", confrontando dati economici e finanziari, rileggendo i testi dei "poeti di guerra", gli articoli dei principali quotidiani dell'epoca, come pure i libri di memorie o i documenti diplomatici, Ferguson fa piazza pulita di tanti miti e luoghi comuni e solleva questioni cruciali che intaccano alla radice la nostra percezione e conoscenza della prima guerra mondiale: è vero che l'opinione pubblica accolse la guerra con entusiasmo? Chi vinse la pace, o meglio, a chi toccò di pagare il prezzo della guerra? E soprattutto: ne valse la pena? Alla fine "Il grido dei morti", nelle sue conclusioni, ci consegna un'unica, terribile verità: la prima guerra mondiale non fu soltanto una tragedia. Fu il più grave errore della storia moderna.
La supremazia dell'Occidente è ormai da secoli un fatto indiscutibile. Ma a cosa è dovuta? Nel tempo sono stati evocati diversi fattori: razziali, tecnologici, di organizzazione economica, politica, morale... Hanson mette insieme tutto questo ma offre anche una sua provocatoria spiegazione: gli occidentali hanno vinto perché sono più bravi a uccidere. Focalizzandosi sull'aspetto militare della civiltà occidentale, Hanson vede nella guerra un momento privilegiato per studiare il carattere di una società. E se un ruolo importante nel costruire la supremazia bellica dell'Occidente lo hanno certo giocato le tecnologie più avanzate e le tattiche più efficaci, ¡1 fattore cruciale è stato di natura culturale: gli eserciti delle «democrazie in armi», basati su disciplina e organizzazione, ma anche sulla libertà individuale del cittadino, sulla discussione e sull'inventiva, si sono rivelati più efficaci anche contro armate imponenti di semplici «sudditi» come è accaduto per gli antichi Greci contro gli Imperi orientali. Per indagare le ragioni e i modi di questa millenaria vicenda, Hanson racconta con verve nove celebri battaglie, ciascuna esemplificativa di un particolare aspetto della «guerra occidentale», da quella di Salamina nel 480 a.C. all'offensiva del Tet nel 1968, passando per la conquista del Messico da parte di Cortes e le Midway, fino a giungere ai giorni nostri e a gettare uno sguardo sul nostro futuro.
«L'ardito è l'uomo votato alle imprese più arrischiate, che ha cancellato dal proprio vocabolario la parola "impossibile". Le bombe nel tascapane, il pugnaletto al fianco, l'ardito si getta allo sbaraglio, veloce come il fulmine, inesorabile come il destino. Proiettile umano lanciato a una meta certa, non conosce ostacoli» scriveva Benito Mussolini sulle pagine del «Popolo d'Italia». Sin dalle origini mito della destra, gli arditi sono rimasti tali nell'immaginario collettivo, proiettando la stessa dimensione ideologica su tutti i corpi speciali delle Forze armate, dagli incursori della Marina ai paracadutisti. Da questa impostazione sono derivate le celebrazioni del Ventennio e le rimozioni dell'Italia repubblicana: il paracadutista della «Folgore» o l'incursore della X Mas sono stati orgoglio nazionale sino al 1943, per diventare subito dopo pagine indicibili del nostro passato, con il risultato che si è scritto e parlato moltissimo degli alpini morti in Russia, pochissimo dei paracadutisti caduti a El Alamein, eppure erano i combattenti della stessa guerra di conquista scatenata nel 1940. Dopo aver narrato in "Fra i dannati della terra" la storia della Legione straniera, unico modello di riferimento a disposizione degli eserciti europei per l'istituzione dei reparti speciali, Gianni Oliva si cimenta ora nel racconto dei corpi speciali italiani, rintracciandone le caratteristiche al di là degli stereotipi consolidati. Partendo dal Primo conflitto mondiale, ripercorre la storia degli arditi, le truppe d'assalto addestrate agli attacchi della guerra di trincea, e degli incursori dei Mas, che affondavano le navi austroungariche; prosegue con i paracadutisti della «Folgore», che combatterono a El Alamein, e i «maiali» e gli «uomini gamma» della X Mas, reparto in grado di affondare le corazzate della leggendaria Royal Navy; per concludere con il Comsubin, il «Tuscania», il «San Marco», il «Col Moschin» e gli altri corpi speciali costituiti dopo il 1945, oggi in prima fila nelle missioni internazionali di peacekeeping.
Sono passati più di cento anni dal 13 maggio 1909 quando 127 ciclisti partirono per il primo Giro d'Italia organizzato dalla "Gazzetta dello Sport". 108 anni nei quali l'Italia e il mondo intero sono profondamente cambiati. E di quei mutamenti nell'economia, nella politica, nella cultura, nella società e nel costume la corsa in rosa è stata specchio e testimone. Ecco perché raccontare il Giro significa anche raccontare la storia dell'ultimo secolo del nostro Paese. Lo fanno in questo libro due studiosi che, partendo dalle fonti più disparate, raccontano i protagonisti dell'epopea del Giro e le vicende del nostro Paese, da Binda a Girardengo, da Giolitti a Mussolini, dai mitici Coppi e Bartali a Eddy Merckx, da De Gasperi e Togliatti fino a Pantani e Nibali, Berlusconi e Renzi.
Il mondo sta cambiando. E sta cambiando a una velocità mai sperimentata prima. Tecnologia, globalizzazione e cambiamenti climatici sono forze in costante accelerazione, che rischiano di travolgere la civiltà contemporanea. In un'epoca del genere, moltissimi aspetti delle nostre società devono essere completamente ripensati, e l'errore più grande che potremmo fare è scegliere di isolarci in preda al panico. Thomas Friedman, saggista e editorialista del «New York Times», propone piuttosto di fermarsi un istante a riflettere, per comprendere meglio il mondo che ci circonda. E "Grazie per essere arrivato tardi" è la sua personale pausa. Facendo di necessità virtù, e approfittando dei ritardi altrui, Friedman scende dall'ottovolante della propria vita frenetica e analizza con ordine i fatti che ci hanno condotti al punto in cui siamo. A cominciare da una domanda: «Cosa diavolo è successo nel 2007?». Nel 2007 Steve Jobs presentò il primo iPhone, Hadoop rese i Big Data accessibili a tutti, Facebook si aprì al mondo, Twit-ter cominciò a diffondersi a livello globale, Airbnb fu concepito da due ragazzi a corto di soldi, Google lanciò Android e Amazon la rivoluzione degli e-book. All'inizio degli anni Duemila il progresso tecnologico e scientifico ha subito un'accelerazione senza precedenti, dettando nuovi ritmi, nuove regole, nuove convenzioni sociali, raggiungendo una velocità tale da eccedere la normale capacità di adattamento degli esseri umani e della società. E questo mentre anche altre forze primarie richiedono l'attenzione e il coinvolgimento di tutti. La globalizzazione ci vuole inter e iperconnessi, flessibili e adattabili, e ci dà gli strumenti non solo per accettare un mondo del lavoro in continua evoluzione, ma anche per inventarne uno nuovo. Nel contempo, Madre Natura chiede di pagare pegno. Il cambiamento climatico è un dato di fatto: la desertificazione dell'Africa subsahariana e le migrazioni verso il Nord del pianeta delle popolazioni che fuggono dalla povertà ne sono la dimostrazione più tangibile. Friedman esamina con cognizione di causa le tre forze più potenti al mondo - la Supernova, il Mercato e Madre Natura - per cercare di capire i meccanismi che stanno alla base di questa Epoca delle Accelerazioni. E propone delle soluzioni. Da scrupoloso editorialista qual è, sa di dover smuovere la mente e il cuore dei propri lettori, in modo da spingerli non solo a riflettere, ma anche ad agire diversamente in futuro. Come lo stesso Friedman afferma, «questo libro è un gigantesco editoriale sulla realtà di oggi».
Alex Gioia è uno dei più famosi cantanti italiani. La sua vita, baciata dal successo, è attraversata da un cruccio che lo tormenta: non aver potuto vivere fino in fondo la sua storia d'amore con Greta, una ragazza più giovane di lui, conosciuta durante un evento a Napoli. Alex e Greta si sono rincorsi, si sono sfiorati, ma il momento per loro non è stato mai quello giusto. Da qualche tempo Alex si è trasferito a Parigi, per riprendere fiato in una città in cui non conosce nessuno e nessuno lo conosce, per ritrovare la sua ispirazione perduta. Un giorno, in metrò, si incuriosisce osservando una donna che scende sempre a fermate diverse con persone diverse, facendo delle bolle di sapone. Ne resta affascinato, si presenta e si ritrovano a parlare di occasioni mancate e di rimpianti. Improvvisamente Nirvana, questo è il nome della ragazza, offre ad Alex un dono: un tubo di bolle di sapone. Un tubo magico, gli spiega, e ogni volta che soffierà potrà tornare a un giorno del suo passato, e cambiarlo. Ma ogni viaggio avrà un prezzo. Per ogni tentativo fatto per tornare indietro nel tempo, Alex dovrà dare in cambio un anno della sua vita. Un anno per un giorno. Alex torna all'albergo in cui vive, credendo sia uno scherzo. Finché, ripensando a Greta, non osserva il tubo e viene preso dalla voglia di soffiare. E se Nirvana avesse detto la verità? Se davvero il passato si potesse cambiare?
Qualunque cosa sia la felicità, è accanto a te o, per essere ancora più precisi, dentro di te. Tu però non lo sai: non la riconosci e per di più la immagini distante e difficile da raggiungere. E così rinunci, lasci perdere, ti adagi, ti adegui e poco alla volta la vita perde colore, sapore e odore. La strada per la felicità è in realtà molto più breve e semplice di quello che comunemente crediamo. A farcela sembrare lunga e difficile sono i pregiudizi e i luoghi comuni su noi stessi e sulla vita, pregiudizi che assorbiamo dall'esterno e che accettiamo passivamente. Fin da quando eravamo piccoli ce ne hanno propinati di tutti i tipi. Questo libro raccoglie i più diffusi - che sono nel contempo i più pericolosi e i più difficili da estirpare - e li analizza brevemente affinché ciascuno possa capire quanto certe presunte verità granitiche siano in realtà inconsistenti, e come terribili spauracchi che ci hanno tenuto in scacco per anni si rivelino, a un veloce esame, mostri di fumo, da spazzare via con un semplice soffio. E fornisce consigli pratici per aiutare ciascuno a muoversi in autonomia verso il benessere. Ecco allora che le cose si possono chiamare con il loro vero nome, che il dolore ha un senso, che ogni giorno può portare i suoi frutti, che le soluzioni vengono a galla, i problemi trovano la giusta collocazione, i talenti emergono, la spontaneità prende il posto del calcolo, i rapporti si animano, i sentimenti si liberano dalla patina uniforme e triste dei conformismi. E il cuore può battere al suo ritmo.
Il volume raccoglie in due tomi tutti gli scritti editi e le numerose pagine inedite di don Milani. I soli due libri dati alle stampe in vita: Esperienze pastorali, del 1958, che il Sant'Uffizio fece ritirare dal commercio; e Lettera a una professoressa, cui Milani deve la sua fama e che uscì a firma della Scuola di Barbiana un mese prima della morte del priore. Accanto ad essi: l'epistolario privato e tutti gli scritti sparsi; gli articoli su quotidiani e riviste dedicati a scuola, istruzione, emancipazione e sfruttamento del lavoro; e le due lettere pubbliche sull'obiezione di coscienza rivolte ai giudici e ai cappellani militari.
L'adolescenza è un periodo di sconvolgimenti fisici e di profonde rivoluzioni psichiche (a partire dal bisogno di sviluppare la propria identità) che finisce per stravolgere gli equilibri di tutta la famiglia. Una trasformazione che implica la ridefinizione, talvolta traumatica, dei ruoli non solo del ragazzo, ma anche dei suoi genitori. Gli adolescenti di oggi sono nati e cresciuti in un ambiente molto differente da quello dei loro padri e delle loro madri. È mutato lo scenario sociale in cui viviamo, ma è cambiato anche lo scenario privato: dalla famiglia delle regole si è passati a quella che promuove la creatività e la capacità relazionale dei figli, favorendo talvolta in loro il narcisismo e un'intrinseca fragilità, pur sotto i modi apparentemente spavaldi, sprezzanti e spregiudicati, e innescando una crisi adolescenziale di difficile soluzione. Ecco allora che i genitori spesso tentano di stabilire un tardivo «governo del no», rieditando modelli educativi che non condividono veramente. Se le punizioni, le botte, perfino le urla sono state bandite dal «galateo educativo» della nuova famiglia, non ha senso imporre i famosi «no che aiutano a crescere» proprio in questa delicata fase della vita. I divieti degli adulti vengono infatti vissuti dagli adolescenti come gesti sadici, ispirati dalla volontà di negare lo sviluppo, l'affermazione di sé e la capacità di decidere in autonomia. Il percorso di crescita si carica allora di tensioni nei ragazzi e di senso di delusione e di impotenza nei genitori, preoccupati da alcuni comportamenti, apparentemente ingiustificati: dall'insuccesso scolastico alla chiusura in se stessi, dall'uso di sostanze ai disturbi alimentari, dall'isolamento fisico nella propria stanza, come nei sempre più diffusi casi di ritiro sociale, all'ossessivo utilizzo di internet, blog o social network, fino ai gesti autolesivi. Forte della sua lunga esperienza a contatto con i ragazzi, Matteo Lancini traccia un quadro dei problemi legati alle crisi adolescenziali e, grazie anche al racconto di casi esemplari, suggerisce a genitori, insegnanti e educatori come prestare ascolto alle esigenze e ai pensieri dei ragazzi senza pregiudizio, come favorire la loro autonomia e la loro responsabilità senza mai lasciarli soli davanti ai problemi, come intervenire in modo adeguato nelle situazioni più critiche. Perché se c'è qualcosa di cui gli adolescenti in crisi hanno davvero bisogno sono adulti autorevoli, insieme ai quali definire il loro progetto futuro.
I grandi autori sono, da sempre, esperti della felicità: ogni romanzo memorabile racconta di qualcuno che prova a essere felice e che perciò comincia a vivere una storia straordinaria. Per i cercatori di felicità le convenzioni sociali, i doveri morali, le ambizioni di cui tanti si accontentano diventano limiti da superare: il mondo intero diventa troppo stretto. Così è per il protagonista de "L'idiota" di Dostoevskij: un giovane principe che a tutti appare ingenuo, ma che in realtà vuole soltanto insegnare a non opporsi ai propri desideri più luminosi. Nulla è più rivoluzionario della felicità, secondo Dostoevskij. E nulla è più tenace della paura di conquistarla. Di questa paura, Dostoevskij indaga le cause più profonde e mostra come vincerla, scoprendo un nuovo modo di intendere l'evoluzione dell'umanità. Igor Sibaldi, ne "Il coraggio di essere idiota", narra come avvenne questa scoperta, fin dove giunse e cosa occorre per proseguirla oggi.