Apparso nel 1890 e accolto dalla critica vittoriana con scandalo e furiose polemiche, "Il ritratto di Dorian Gray" costituisce una sorta di manifesto del decadentismo inglese. Il romanzo narra la vicenda del bellissimo Dorian che ottiene di conservare intatte gioventù e avvenenza, nonostante le mille dissolutezze cui si abbandona. Sarà infatti un suo ritratto, tenuto opportunamente nascosto, a invecchiare al suo posto. Quasi un compendio della "filosofia" wildiana nella sua ricerca della sensazione intensa e rara, nella negazione di ogni credo o sentimento al di fuori del piacere, "Il ritratto di Dorian Gray" sottolinea con forza la supremazia dell'artista sulle leggi morali e sulle convenzioni sociali. Idee che Wilde praticò e pagò in prima persona, volendo "vivere la propria vita come un'opera d'arte" e difendendo, attraverso la grazia scherzosa e paradossale del suo inimitabile stile, i valori dell'arte, della cultura, dell'uomo. Con uno scritto di André Gide. Introduzione di Masolino d'Amico.
Guardandosi come ogni mattina allo specchio, Vitangelo Moscarda, detto Gengè, nota un particolare del proprio volto di cui non si è mai accorto: il naso in pendenza verso destra. Inizia qui l'avventura dell'uomo, che si sente sdoppiato in un altro se stesso, conosciuto solo dallo sguardo altrui. Le cose si complicano velocemente: Moscarda non è più alle prese con un solo estraneo, bensì con centomila estranei che convivono in lui, secondo la realtà che gli altri gli danno, "ciascuno a suo modo". Nello sfuggire alle proprie centomila realtà, Gengè si troverà a rinnegare perfino se stesso. Con "Uno, nessuno e centomila", il suo ultimo romanzo (pubblicato nel 1925), lo scrittore siciliano porta all'estremo compimento il processo di scomposizione del personaggio, raggiungendo nel contempo il vertice della sua carriera narrativa...
A Muslandia l'arrivo dell'ultimo nato in una famiglia di topi bianchi getta mamma e papà in grande imbarazzo: Tapurino ha il pelo soffice, un musetto allegro, ma dal suo pancino escono bolle diaria così violente e rumorose da farlo sollevare da terra. Tapurino è davvero speciale: non si era mai visto un topolino scoreggino! Cresce sano e forte, ma è infelice perché si sente diverso dagli altri; papà e mamma se ne vergognano, gli amici lo prendono in giro. Decide allora di andarsene da casa, senza tuttavia immaginare ciò che la vita gli riserverà. Questa è la sua storia, la storia della sua memorabile impresa. Tapurino infatti è predestinato a fare grandi cose, combattendo con coraggio contro brutti pipistrelli e streghe malvagie. Ed è la storia della sua amicizia con dei buoni maestri di vita: un gufo e un'aquila. Età di lettura: da 8 anni.
Viaggiare e scrivere, non so se scrivere per viaggiare o viaggiare per scrivere. Questa era la scorciatoia psicologica capace di placare i miei sensi di colpa durante le fughe da ragazzo. Spesso fughe nella fantasia, ma non per questo meno avventurose. Un giorno, mi dicevo, le racconterò. Così le giustificavo. Senza saperlo ne facevo una professione." Queste le prime righe dell'inedito e giocoso racconto autobiografico con il quale si apre questo libro che raccoglie per la prima volta, grazie alla collaborazione tra Bernardo Valli e Franco Contorbia (massimo esperto italiano di scrittura giornalistica che firma, a suggello dell'antologia da lui curata, un importante saggio storico-critico), una vasta scelta di articoli e reportages redatti da Valli nell'arco di quasi sessant'anni e apparsi su "Il Giorno", il "Corriere della Sera", "La Stampa" e "la Repubblica". Preceduti da una serie di scritti "teorici" ai quali l'autore ha affidato una acutissima riflessione sui caratteri costitutivi e le radicali metamorfosi che hanno investito la professione del reporter, e particolarmente del corrispondente "di guerra", sono ben 193 i pezzi più interessanti e memorabili grazie ai quali la vasta platea dei lettori di Valli può finalmente ripercorrere più di mezzo secolo di storia italiana e internazionale nelle immagini luminose e sfaccetta tissime dei suoi racconti e delle sue riflessioni intorno alle cose del mondo.
Milano, marzo 1953: Flavio Villareale, cinquantenne, attore, regista e proprietario del Teatro Imperiale, un elegante edificio liberty in zona Stazione Centrale, viene trovato senza vita nel suo appartamento di via Vitruvio. A scoprire il cadavere è Umberto Calcaterra, socio di Flavio e amministratore del teatro, l'esame del medico legale riscontra i segni inequivocabili di una morte per soffocamento: Flavio Villareale è stato ucciso. Trovare l'assassino è compito degli uomini del Commissariato Porta Venezia, guidati dal commissario capo Mario Arrigoni, convocato sul luogo del delitto al ritorno dalla interminabile festa di matrimonio del suo vice, Salvatore Mastrantonio, fresco sposo alla tenera età di cinquantaquattro anni. Il viaggio di nozze priverà Arrigoni dei servigi non proprio indispensabili del vice, a favore di quelli ben più brillanti dell'ispettore Giovine. I primi colloqui già mettono in evidenza la personalità della vittima, geniale artista ma pessimo soggetto: assatanato di sesso, dedito a pratiche sadomasochistiche, non esita a sfruttare il suo fascino e la sua posizione per sedurre ogni bella donna che incontri sul suo cammino. Come se ciò non bastasse, pesanti ombre arrivano anche dal passato: mussoliniano fino al fanatismo, pare abbia denunciato oppositori veri e presunti del regime all'Ovra, la polizia segreta fascista, non senza ricavarne un tornaconto personale. Toccherà al commissario Arrigoni risolvere il mistero.
È sorprendente scoprire quanti punti in comune ci siano tra i due grandi mistici Padre Pio e Natuzza Evolo. Due persone umili che cercano Dio non nei discorsi dei filosofi ma nella propria esperienza di vita, d'amore e di sofferenza, nel proprio modo di "portare la Croce". Pio e Natuzza sono stati perseguitati dalla Chiesa, accusati di pazzia, e ad entrambi è stato poi riconosciuto il dono della bilocazione e quello di comunicare con l'aldilà e con gli angeli. Luciano Regolo, già autore di libri di grande successo su Natuzza, compie un appassionante confronto tra queste due grandi personalità: una straordinaria ricerca arricchita da testimonianze inedite raccolte da lui stesso che rendono ancora più emozionante e viva la lettura. Le coincidenze che emergono sono talmente tante che lasciano supporre che Padre Pio e Natuzza siano stati inviati sulla terra per portare lo stesso messaggio: se accetti la sofferenza in nome di Dio, il Paradiso scende sulla terra, e puoi provare la vera gioia. Prefazione di Monsignor Luigi Renzo.
"Alla sera eravamo a cena al Rifugio Hörnli, davanti a un buon minestrone e a una bottiglia di vino. Ero contento: il Cervino mi aveva conquistato e affascinato. Ero salito in cima alla montagna più bella del mondo, a quella che mi piace definire la piramide di Dio". Aimé Maquignaz racconta in un romanzo autobiografico la sua vita vulcanica e inquieta, fra Breuil e il mondo. La propria storia e quella della sua famiglia, di un pezzo di Valle d'Aosta e delle sue genti. La spinta a raggiungere l'ambita vetta ma con il desiderio irrefrenabile di conoscere tutto quello che sta oltre, in terre estreme e misteriose: dall'Africa alla Mongolia, dallo Yukon alla Kamchatka. I racconti degli alpeggi, delle avventure di contrabbandieri e bracconieri, delle sorprendenti Batailles des Reines, si fondono ai viaggi verso altre civiltà, seguendo l'istinto innato del predatore. "Rividi l'orso dalla pelle chiara, color nocciola, che mi sorrideva felice sulla riva dell'oceano Pacifico mentre ascoltava la voce del vento...". Cacciatore di orsi, stambecchi, bufali e unicorni, ma anche cacciatore di idee e di emozioni, di forme e di colori. Un inno alla vita, in tutte le sue manifestazioni. "Sopra di noi c'era soltanto il cielo terso, di quell'azzurro che si ritroverà nei miei dipinti sin da quando ho preso in mano il pennello. Pensai che sopra il cielo c'era Dio. E fu allora che incominciai timidamente a cercarlo".
Bisogna stare attenti alle parole che ci diciamo. Tutte le volte che ci accusiamo, che ci critichiamo, che ci offendiamo, il cervello emette delle vere e proprie tossine nella nostra interiorità. Tossine che ci fanno credere di essere sbagliati, di non aver realizzato nulla di significativo nella vita, di non aver seguito il compito che il nostro destino ci aveva assegnato. Abbiamo bisogno di parole-carezze, non di accusarci! E abbiamo ancora più bisogno di guardare il nostro mondo interno, le emozioni, i sentimenti, in modo del tutto silenzioso. La vera cura dell'anima è il silenzio, cioè quell'energia senza tempo in cui entriamo ogni notte e dove regnano incontrastate le immagini oniriche. Affidare i nostri disagi al silenzio è la prima cura. Non dirsi nulla, spegnere l'autocritica, ascoltarsi senza proferire alcun commento: ecco i comportamenti di cui ha bisogno l'anima per curare le sue ferite.
La mummia di Hatshepsut è stata rubata dal Museo egizio del Cairo. Francesco Volterra, semplice guida turistica, si ritrova suo malgrado coinvolto nel furto, e non immagina nemmeno quello che sta per scoprire. Il caso della "donna faraone" nasconde il più sconvolgente mistero dell'antichità. E una favolosa storia d'amore da cui tutto ha avuto origine. Hatshepsut si innamorò di Senenmut quando, ancora ragazza, lui la salvò dalle acque del Nilo. Non appena lei divenne faraone, lo portò con sé come architetto di corte e lo fece nominare gran sacerdote. La loro relazione clandestina fu osteggiata dai dignitari, che già non vedevano di buon occhio una donna al potere. Senenmut progettò per lei una tomba grandiosa vicino a Luxor, e per sé una tomba segreta collegata a quella dell'amata con un tunnel sotterraneo che li avrebbe uniti per sempre. Per vendicarsi dell'odio subito dalla casta sacerdotale, decise di svelare il segreto da loro custodito con cura: disegnò sul soffitto di quella tomba la chiave del grande mistero delle origini della civiltà egizia, e lo coprì con dell'intonaco, come un messaggio in bottiglia per i posteri. Più di tremila anni dopo, girando in Vespa per Il Cairo e bevendo succo di mango, Francesco Volterra si muoverà fra trafficanti senza scrupoli, società segrete e donne misteriose, sulle tracce di una verità che unisce la piramide di Cheope e la stella di Orione, il nostro mondo con un mondo altro. Una verità rimasta sigillata per millenni e svelata solamente per amore.
Margherita ha quattordici anni e sta per varcare una soglia magica e misteriosa: l'inizio del liceo. Un mondo nuovo da esplorare e conquistare, sapendo però di poter contare sulle persone che la amano. Ma un giorno, tornata a casa, ascolta un messaggio nella segreteria telefonica: è di suo padre, che non tornerà più a casa. Margherita ancora non sa che affrontando questo dolore si trasformerà a poco a poco in una donna, proprio come una splendida perla fiorisce nell'ostrica per l'attacco di un predatore marino. Accanto a lei ci sono la madre, il fratellino vivace e sensibile e l'irriverente nonna Teresa. E poi Marta, la compagna di banco sempre sorridente, e Giulio, il ragazzo più cupo e affascinante della scuola. Ma sarà un professore, un giovane uomo alla ricerca di sé eppure capace di ascoltare le pulsazioni della vita nelle pagine dei libri, a indicare a Margherita il coraggio di Telemaco nell'"Odissea": così che il viaggio sulle tracce del padre possa cambiare il suo destino.