Tobino, ne "La brace dei Biassoli" (1956), il suo libro più personale e doloroso, rende omaggio alla figura della madre, Maria Biassoli, da poco scomparsa. Come nella "Vita nova" dantesca, lo scrittore muove dal dolore per la perdita di una donna amata assurta ad archetipo di femminilità, snodando poi il racconto, quasi un succedersi di quadri di una sacra rappresentazione, o di stanze di una canzone, tra prosa e poesia, in una continua alternanza tra opposte tensioni emotive e stilistiche. Al centro, la figura di Maria che, tornando a Vezzano, il paese di famiglia incastonato tra monti e fiume, in un entroterra ligure aspro e dolcissimo, sente rinascere le antiche emozioni, la brace rifarsi fiamma; e attorno a lei, i membri della famiglia Biassoli, un formicolare di volti e vicende che spingono l'autore - in un romanzo che a detta di Italo Calvino si presenta come "il più sciolto e limpido nella sua prosa" - a rimeditare "sugli affetti e i legami fra chi vive e chi muore, sul valore e il segno del nostro stare al mondo".
Giovanni Battista Montini, che nel giugno 1963 venne chiamato alla successione di Giovanni XXIII e portò a compimento il concilio ecumenico Vaticano II, è un papa dimenticato. Frainteso da quanti hanno ritenuto che il concilio fosse il principio di un'era assolutamente nuova, di totale rottura con il passato, così come da coloro che hanno visto in quell'evento l'inizio della fine del cattolicesimo. Criticato da sinistra e da destra, da chi gli imputava di aver tarpato le ali del Vaticano II, soffocandone le speranze e frenandone gli slanci, e da chi gli attribuiva la responsabilità della crisi della Chiesa, dell'incertezza sulla dottrina, dell'imponente emorragia di sacerdoti che ha segnato gli anni difficili del postconcilio. Paolo VI appare oggi schiacciato tra le figure dei grandi pontefici che l'hanno preceduto e che gli sono succeduti. Non era facile stare al timone della Chiesa dopo la scomparsa di una figura popolarissima come quella del "papa buono". Non è facile mantenere viva la memoria del drammatico pontificato montiniano dopo quello di Giovanni Paolo II, straordinario per intensità e durata. Così, il suo regno è stato presto archiviato come un lungo e sofferto intermezzo tra due capitoli decisivi della storia del cattolicesimo e dell'intera umanità, dimenticando che si deve proprio a Paolo VI l'aver attuato una profonda riforma della Chiesa, l'aver iniziato i viaggi apostolici in tutti i continenti, l'aver inaugurato una nuova epoca di dialogo con le altre confessioni cristiane.
La condizione umana, provvisoria pur nella sua apparente continuità, è il tema di questo nuovo libro del cardinale Martini. Dall’infanzia all’adolescenza, dalla maturità, fino alla vecchiaia, i sogni, i doveri, le responsabilità mutano con il mutare del corpo e dell’animo, sotto la spinta dell’esperienza e dei “fatti della vita”.
Nei suoi incontri con i giovani, i lavoratori, gli anziani, Carlo Maria Martini ha più volte affrontato i rischi e la grandezza di ogni età, ciascuna degna di essere vissuta con il massimo impegno e consapevolezza.
Le sue parole, frutto di una lunga, personale meditazione, sono di incitamento, ma soprattutto di speranza: una guida, ispirata da comprensione e amore, rivolta a laici e cattolici all’alba o al tramonto della loro umana avventura. Dopo il successo di Colloqui notturni da Gerusalemme e Qualcosa di così personale, un libro per tutti, ricco di umana esperienza e di profondità di pensiero.
Carlo Maria Martini, gesuita, biblista di fama internazionale, è stato arcivescovo della diocesi di Milano dal 1980 al 2002. Al termine del servizio episcopale in diocesi, per lungo tempo si è ritirato a Gerusalemme, dove ha ripreso gli studi biblici. Nume- rose le sue pubblicazioni, tra cui con Mondadori: Sulla giustizia (1999), Non è giustizia (2003), Il discorso della montagna (2006), Conversazioni notturne a Gerusalemme (2008), Qualcosa di così personale (2009)
Quando nel giugno 1812 Napoleone Bonaparte invade la Russia è convinto di dover affrontare truppe male armate e poco addestrate, guidate da un sovrano irresoluto, lo zar Alessandro I. Incontra invece una resistenza accanita, che lo costringe a una disastrosa ritirata, trasformando quella che doveva essere una marcia trionfale nella disfatta della Grande Armée. Dalla storia nota inizia il magistrale lavoro di Dominic Lieven sulla Russia contro Napoleone, che rende giustizia alle doti militari e alla lungimiranza strategica del sovrano russo e dei suoi generali, nonché all’eroismo e al valore dei suoi soldati e cavalleggeri. E illumina, specie sul versante russo, ogni elemento – economico, militare, logistico, diplomatico, spionistico – in un racconto rigoroso e al tempo stesso avvincente, che accompagna lo zar di tutte le Russie e i suoi eserciti anche nella controffensiva attraverso l’Europa, fino all’entrata in Parigi. In un libro memorabile, gli aspetti e i retroscena meno noti – ma decisivi – di una storia famosa.
Anno Domini 1553. Il Ducato di Milano è dominato dagli Asburgo di Spagna. Ludovico di Valois, arrogante e feroce, comandante della guarnigione della città, è l’uomo dal pugno di ferro. Ed è anche l’avversario contro il quale Fulvio Alciati, coraggioso guerriero errante, è fatalmente destinato a scontrarsi: nella gerarchia, nell’etica e forse fi no all’acciaio. Tra loro, Mariangela Comencini, donna dallo spirito indomabile sulla quale pesa un’accusa di stregoneria, impegnata in una fuga senza fi ne dalla persecuzione ossessiva di padre Guaraldo Giussani, un inquisitore con fi n troppi lividi sull’anima. Narrato con l’effi cacia di un thriller ma sostenuto da una rigorosa ricostruzione storica, I bastioni del coraggio è l’affresco crudo ma anche epico, a tratti addirittura poetico, di un’epoca in cui il potere è assoluto, la crudeltà è norma e la compassione è sempre troppo lontana.
Non avrai altro dio all'infuori di te. Ama te stesso. Ascolta la tua parte impura. Non essere infelice invano. Non cercare di migliorarti. Non cacciare il dolore... La strada per la felicità passa dal coraggio di mettere in discussione i nostri convincimenti, i luoghi comuni della morale che ci appesantiscono inutilmente. Pensieri, giudizi, ideali: spesso gli ostacoli maggiori si nascondono proprio in quello che la nostra cultura ci ha insegnato come positivo, importante, necessario. Raffaele Morelli ci ha abituato alla provocazione. Ama giocare in contropiede rispetto ai nostri pregiudizi per mostrarci inaspettate vie verso il benessere. In questo suo nuovo libro fa piazza pulita dei falsi luoghi comuni della psicologia per mostrarci che cosa conta davvero nella vita, quali sono gli insegnamenti da seguire per imparare a stare bene con se stessi. E questo contro-decalogo diventa così anche una sorta di lezione, un percorso a tappe verso la felicità.
Giovanni Ussorio, ultrasessantenne e benestante vitellone pescarese, perde la testa per una giovane cantante lirica-rock di origini greche. Nel bel mezzo della loro appassionata relazione Violetta, la cantante, sparisce senza lasciare tracce. Giovanni è disperato, irriconoscibile. Costretto dagli amici fedeli, chiede aiuto a uno psicoanalista, temendo con terrore che il ramo di pazzia già presente nella sua storia familiare possa arrivare fino a lui. Nelle notti insonni che seguono, Ussorio medita di dare mandato a un investigatore privato che dia la caccia al fantasma di Violetta. Ma, mentre l’investigatore segue le sue piste, le condizioni di Ussorio si aggravano. Lo psicanalista, un onesto mestierante – il ritratto di Ennio Flaiano! –, gli consiglia scolasticamente di trascrivere i propri sogni per trovare la chiave del suo malessere. Così Ussorio, che non riesce a dormire, figuriamoci a sognare, accontenta il dottore inventando una serie di incubi di cui è protagonista, anzi vittima, ispirandosi a una raccolta di racconti che trova in casa.
Edward Rutherfurd celebra la più grande città d’America in questa appassionante saga, unendo con abilità fiction e storia. Dagli inizi del Nuovo Mondo – quando New York era solo un piccolissimo villaggio di pescatori Indiani sull’isola di Manna Hata – alla New York moderna dei grattacieli, l’autore ricostruisce l’intera storia di questa straordinaria metropoli. Passando attraverso la guerra civile, l’immigrazione, il boom economico e l’attacco alle Torri Gemelle, Rutherfurd mescola l’impeccabile ricerca storica al bellissimo racconto dei destini intrecciati di numerose famiglie, ricche e povere, bianche e nere, immigrate e non, ricostruendo, attraverso le loro peripezie, quattro secoli di storia americana.
Una rigorosa e amabile “guida” alla vita eterna.
Cos’ha detto Gesù a proposito del paradiso e della vita eterna? I cristiani si chiedono mai come sarà il paradiso? Le domande che si pone Pippo Corigliano, da quarant’anni portavoce dell’Opus Dei in Italia, hanno lo scopo di illuminare uno degli aspetti più pregnanti e meno conosciuti delle Sacre Scritture.
Mentre, infatti, dell’inferno e del purgatorio si discute spesso e talvolta a sproposito, del paradiso e di ciò che ci attende dopo la vita terrena si parla poco e male.
E, invece, mai come oggi l’uomo ha bisogno di sentirsi dire che il paradiso c’è e ci sta aspettando. Con uno stile chiaro e limpido, l’autore analizza i passi più suggestivi offerti dalla lettura dei Vangeli, con particolare attenzione al tema della vita eterna che Gesù affronta più volte insieme ai suoi discepoli. Argomenti come la fede, la vita interiore dopo la morte e l’esistenza di un aldilà dove possa inverarsi l’atteggiamento del buon cristiano di fronte al mondo diventano elementi di riflessione positiva da applicarsi alla vita quotidiana, sia che si parli di amicizia, di amore, di lavoro o di affetti verso il prossimo. Un libro stimolante e pieno di fiducia nelle virtù dell’uomo, per conquistare il paradiso.
Pippo Corigliano ha diretto il centro dell’Opus Dei a Napoli fino al 1970. In seguito è entrato a far parte della commissione regionale dell’Opus Dei in Italia, l’organo di governo delle attività dell’Opera nel nostro Paese, occupandosi della comunicazione dell’istituzione. Nel 1980 si è trasferito a Roma a dirigere il nuovo Ufficio informazioni dell’Opus Dei. Da sempre segue le attività formative dell’Opera con i giovani. Da Mondadori ha pubblicato Un lavoro soprannaturale (2008).
******* LA NOSTRA RECENSIONE DEL LIBRO *******
L'uomo moderno, oggi fugge dinnanzi all'idea della morte; come evento naturale, da una parte, viene mistificato e scongiurato, dall'altra viene banalizzato tramite la sua “diffusione” nelle serie televisive e nella letteratura più leggera. Nella quotidianità si nasconde il concetto di morte intesa come drastica fine ma diviene normale mascherare i più piccoli da scheletri, streghe, zombi e quant'altro. L'attuale dicotomia tra la vita ed i costumi della società viene scossa dalla semplice esposizione di realtà superne che troviamo nel libro del portavoce dell'Opus Dei, Preferisco il Paradiso, la vita eterna: com'è come arrivarci. In un certo senso questo agile volume costituisce quasi una biografia spirituale dell'autore in cui egli raccoglie e testimonia l'esperienza travolgente del messaggio cristiano. Per coloro che si accostano a questo testo forse è importante ribadire un aspetto della scrittura di Pippo Corigliano: si ha subito l'impressione di un comporre solare, ricco di espressioni capaci di risvegliare l'aspetto più bello e contagioso del cristianesimo. Un continuo riferimento all'amore nella sua accezione più alta costituisce nella trama un filo rosso che bisogna seguire continuamente per poter gustare le profondità di riflessione che si sviluppano nel corso del testo. Stupisce che il Nostro citi con tranquillità Ornella Vanoni e sant'Agostino, testi napoletani e stralci del magistero pontificio di Benedetto XVI. L'impressione è quella di una fede che abbraccia ogni aspetto dell'umano divenire senza per questo intaccare il rispetto per la sacralità del Depositum Fidei.
Intorno al tema principale che è quello della vita eterna, Pippo Corigliano ne articola altri che ad esso conducono: il discorso sui novissimi, la tipologia della vita presente in rapporto alla vita futura, il giudizio, la grazia ed il perdono e così via.
Una costante piacevolissima è data...dal Vangelo. Egli cita con abbondanza i testi evangelici come pietre angolari della sua spiritualità. La freschezza che si evince dalle poche parole di commento ai testi permettono al lettore di percepire come e quanto il Vangelo, il rapporto e la frequentazione del Cristo siano la chiave di volta di una vita autenticamente cristiana, lontana dai luoghi comuni o dagli schemi precostituiti “in negativo”. Pippo guarda la fede nel suo aspetto trasfigurante, positivo e reale spingendo i lettori a fare lo stesso.
L'esposizione dell'Autore procede in compagnia di un altro gigante: san Paolo. La forza della coerenza di fede e della missione dell'Apostolo dei Gentili riempie il libro delle note vigorose cui siamo abituati nella frequentazione della letteratura paolina.
Virgilio, lo duca mio, accompagna Dante nel viaggio / visione nell'oltremondo; Pippo è accompagnato da san Josemaría Escrivà. Come lui stesso ammette, proprio il fondatore dell'Opus è stato colui che gli ha permesso di addentrarsi in un cristianesimo autentico e vitale.
Leggere Pippo Corigliano è facile ed il tutto è di immediata comprensione, un testo adatto a chiunque sia interessato a capire ed a sperimentare che il cristianesimo non appaga il naturale desiderio antropologico dell'ultraterreno, il cristianesimo realizza la partecipazione vera alla vita divina in cui siamo stati introdotti dal sacrificio redentivo di Cristo Signore.
Francesco Bonomo
Questo libro fotografa le difficoltà non della Santa Sede, perché la Chiesa cattolica rimane un’istituzione forte, radicata e prestigiosa. Ma certamente di “un” cattolicesimo: quello che in Occidente era maggioritario per antonomasia, viveva in una sfera di superiorità morale e di autoreferenzialità indiscusse, ed era in grado di mantenere i propri segreti o di distillarli come pillole di una sapienza bimillenaria. Quanto è accaduto negli ultimi anni sembra dire che il meccanismo si è inceppato, e forse rotto. E la coincidenza temporale con la crisi geopolitica degli Stati Uniti non può non portare a ipotizzare uno scoppio della “bolla etica” vaticana, parallela a quella finanziaria e militare dell’Occidente. Su tale sfondo, gli errori di comunicazione, gli scandali sulla pedofilia che riemergono dal passato, le guerre fra cardinali, sono sintomi più che cause di questa crisi. Ma contribuiscono a colpire la credibilità del Vaticano. Di queste difficoltà il pontificato di Benedetto XVI appare quasi il capro espiatorio. La crisi nasce forse dalla fi ne della Guerra Fredda, che lascia tutti più soli con le proprie contraddizioni, Vaticano compreso. E si rivela nella stessa Italia, dove l’influenza dei vescovi e del papa sull’elettorato è fortemente diminuita, e il cattolicesimo politico si è ridotto a una realtà quasi residuale.