La filosofia di Emanuele Severino è destinata a interpellare filosofi, teologi e scienziati non perché ha per oggetto ciò che sta a fondamento della stessa cultura occidentale. Ripercorrendo le opere fondamentali - da La struttura originaria a Oltrepassare - Nicoletta Cusano compie una sintesi e insieme un'indagine teoretica su quell'oggetto obliato dalla tradizione e sul linguaggio che ne parla: l'oggetto è "la necessità dell'essere nel suo opporsi al non essere", il linguaggio "testimonia" questa verità. l'oblio è il nichilismo, la "grande follia dell'Occidente", consistente nel credere che le cose oscillino tra essere e nulla; da questa fede dipendono molte altre credenze infondate.
Severino dimostra la non evidenza del divenire sulla base del destino dell'essere, del suo stare necessariamente in opposizione al non essere: è impossibile stabilire il momento in cui una cosa smetta di essere o incominci ad essere, pena il cadere della contraddizione di far coincidere l'uno con l'altro. Il Nichilismo è la precompressione che abbiamo del mondo, perciò lo stesso Severino nell'assumere il linguaggio che testimonia la verità prende le distanze dal pensiero occidentale e al contento indugia in quel linguaggio che intende oltrepassare. La sua posizione teoretica non è inficiata, ma su questo residuo nichilistico- visibile nelle prime opere - si innesta un'altra riflessione: è possibile emendare del tutto l'errore?
Per Severino noi siamo errore, e proprio in quanto errore siamo testimoni dell'eterno che è in noi.
Forse nessuno dei filosofi del'900 è stato oggetto di attenzione da parte dei teologi come Martin Heidegger (1889-1976). Non sempre però vi è stata la preoccupazione di comprendere la ragione più profonda dell'interesse teologico: ci si è limitati a cogliere affinità di prospettive oppure a usare alcune tematiche in lui presenti. Ricercare tale ragione sembra l'impresa più produttiva per il pensare teologico, e a questo si dedica il volume. In questione non è anzitutto questo o quel contenuto, bensì lo statuto epistemologico della teologia con il quale Heidegger si misura fin dai primi anni della sua formazione e che poi riformulerà radicalmente oltre lo stesso cristianesimo, mettendo in evidenza l'incapacità del pensare teologico cristiano a mantenere unite due istanze imprescindibili, benché divergenti: l'indeducibilità e alterità del fondamento, da una parte, e il ruolo irrinunciabile del soggetto umano, dall'altra.
Si tratta di una provocazione alla quale i teologi non possono sottrarsi, pena non riuscire a mostrare che la loro "scienza" è un'impresa culturalmente seria.
Giacomo Canobbio
Studi su giudaismo e cristianesimo dal Secondo Tempio alla Tarda antichità.
Che senso ha leggere oggi pagine scritte più di otto secoli fa? Quale significato può avere per noi sapere come e perché Guglielmo di Saint-Thierry e Bernardo di Chiaravalle accusarono Abelardo di aver elaborato e divulgato una Theologia nova e come e perché Abelardo abbia tentato di difendersi da questa accusa?
La vicenda si colloca in anni di trasformazioni molteplici e profonde, che potremmo definire di crisi, "di crescita". Era in questione il rapporto tra auctoritas e ratio, la possibilità di accostarsi alla sacra pagina con strumenti ermeneutici sempre nuovi, di valutare criticamente i contributi offerti dai Padri. Diverse e contrastanti furono le risposte della tradizione monastica da un lato e della nuova cultura delle scuole dall'altro.
Si trattava di fissare i limiti che regolassero le relazioni tra intellettuali e fede, di trovare e proporre i modi in cui il messaggio cristiano poteva e doveva calarsi entro strutture temporali, politiche e soprattutto culturali, conservando tuttavia la propria genuinità.
Sono problemi ardui, che ora, come allora, interrogano e coinvolgono nel profondo, mettendo alla prova il nostro vivere concreto, di uomini, nella storia. Problemi, mutatis mutandis, ancora attuali, che chi crede non può eludere. E giova non poco poterne leggere in pagine scritte parecchi secoli fa, perché da sempre la fede non ha vita autonoma, ma si incarna nel tessuto della vita collettiva, "nella storia".
Il volume nasce dalla missione della Comunità di Sant'Egidio per il dialogo fra le diverse religioni e confessioni, fra credenti e non credenti, e dalla sua attenzione alla storia delle radici cristiane in Medio Oriente dal tempo apostolico. Una presenza oggi sempre più problematica, di qui l'incidenza dell'emigrazione: lasciare il paese d'origine per trovare un futuro altrove. Un fenomeno che non riguarda soltanto i cristiani, in condizione di pericolo permanente e non, ma tutto il mondo arabo. E se invece il loro futuro fosse lì? Che apporto può offrire in questo senso il cristianesimo? Esso stesso deve meditare sul rischio di chiudersi alle sfide del presente, collaborando a diffondere un senso di rispetto della diversità. Una scommessa che coinvolge ogni ignoranza, per il suo valore nell'equilibrio di una società che condivide la volontà di arginare i fondamentalismi. Il confronto tra autorevoli personalità musulmane e cristiane sulla più urgente attualità mediorientale e sul suo destino ne evidenzia la peculiare identità: per a rara, e storicamente data, densità multietnica e multireligiosa il Medio Oriente potrà diventare un modello di convivenza, nelle diverse fedi, per il mondo intero, se solo ccetta a sfida di ripensare se stesso come bacino di coltura di un pluralismo reale.
Vittorio Ianari studioso dei rapporti tra mondo arabo-islamico e Occidente, ha insegnato all'Università Lateranense e Urbaniana ed è stato responsabile dell'Ufficio per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza Episcopale Italiana. Tra le sue pubblicazioni: Chiesa, cloni e islam (Torino 1995) e lo stivale nel mare. Italia, Mediterraneo e islam: alle origini di una politica (Milano 2006).
Un'indagine in grado di offrire un volto complessivo di Origene riducendo la ricchezza di spunti sulla preghiera dispersi nel suo vasto corpus in una prospettiva storiografica capace di vedere gli influssi esegetico-teologici del pensiero di questo maestro sul primo cristianesimo.
Nuove prospettive di ricerca sul modernismo. Che effetti ha cent'anni dopo l'enciclica Pascendi quel tentativo di fare dell'uomo la misura della religione e come è mutata la Chiesa rispetto ad esso? Un dibattito che tocca l'attualissima questione del rapporto tra fede e cultura, Chiesa e società.
Uno dei più importanti commenti medioevali alle Scritture, quello di Eckhart al Libro della Genesi, a cura di uno dei maggiori studiosi di misticismo in Italia. Un libro che vuole andare oltre la "lettera" della Sacra Scrittura per scoprirne quel "senso più recondito" che "si dà a conoscere solo quando Dio si genera nell'anima nostra". Un vero e proprio itinerario di mistica cristiana.