
Da questa antologia emerge l'originalità di una riflessione che verte sull'oggettività dei valori disvelandone al contempo l'intrinseca contraddittorietà. se i valori, infatti, sono indipendenti dal soggetto, è quest'ultimo che, nell'esercizio del suo assentire o dissentire, li rende validi. Una "relatività" del soggetto rispetto ai valori che non è "relativismo", perché essi sono plurali ma non indifferenti…
Nella BAbele dei valori Hartmann è oggi una voce fuori campo la cui classicità è proprio nella tensione all'universale che dovrebbe essere in ogni seria indagine filosofica.
Quale eredità ci ha lasciato Kant? A partire dai suoi primi scritti sino alle sue opere fondamentali, si delineano qui - e vengono discussi - i concetti chiave della sua 'filosofia pratica', e i loro effetti sino a oggi: pena, (doveri verso la) natura, dignità. Categorie che, se in Kant hanno una fondazione morale, si declinano anche in senso giuridico. È il caso emblematico della pena - oggetto del primo capitolo - con riferimento alla quale Kant, al di là degli scopi che con essa si possono perseguire, è alla ricerca di un principio di giustificazione. Centrale anche il rapporto fra l'uomo e la natura, indagato nel secondo capitolo. Di fronte alle sfide dello sviluppo e dell'ambiente, alle urgenze dell'ecosistema, paiono trasformarsi gli stessi termini in gioco: le teorie etiche che coinvolgevano il soggetto-uomo si estendono ora ad altri soggetti, agli animali e al pianeta. E che ne è della dignità umana? Il terzo capitolo evidenzia che l'attuale dibattito intorno a questo principio è certamente diverso da quello verificatosi nell'immediato dopoguerra. E tuttavia, ora come allora, se non basta il semplice ritorno a Kant per risolvere i problemi, il richiamo al 'nocciolo duro' della dignità, che consiste nel considerare l'uomo come 'fine in sé', può continuare a offrire un punto cardinale per orientarsi.
Questo libro, presentato per la prima volta al lettore italiano, è un classico per gli specialisti di Pascal e del XVII secolo. Nelle dense pagine di quest'opera, Jeans Mesnard offre una lettura dei Pensieri destinata a rimanere di riferimento, come strumento capace di perlustrare la ricchezza e la complessità - lungamente sottovalutate - dei famosi frammenti pascaliani.
Neopaganesimo è la consapevolezza del limite degli uomini, o anche un nuovo spazio per gli dei critico verso monoteismi forieri di violenza. Riflettere sul paganesimo può voler dire però anche imparare la tolleranza e un modello di convivenza fra le religioni basato sulla "pluralità", senza rinunciare alla salvezza come bisogno di trascendenza. Si tratterebbe di lasciare ad ognuno la sua salvezza: ma di fronte a questa libertà che ne è della verità cristiana? Per offrire delle risposte non si ci può ancorare alla sua unicità, ma riconoscere quel fenomeno e coglierne limiti e il significato.
In questo volume lo si fa a partire da una sua analisi descrittiva, cercando di individuare il luogo e la nascita di "Dio" o del religioso nell'esperienza umana e di comprendere la tendenza a privilegiare la molteplicità, rispetto al divino e alla salvezza.
"Rabbi Uri diceva: Le miriadi di lettere della Torà corrispondono alle miriadi di anime di Israele; se nel rotolo della Torà manca una lettera, esso non è valido; se manca un'anima nella lega di Israele, la Shekhinà non posa su di essa. Come le lettere, anche le anime devono collegarsi e diventare una lega. Ma perché è proibito che una lettera nella Torà tocchi la sua vicina? Ogni anima d'Israele deve avere ore in cui è sola con il suo Creatore.
La filosofia di Emanuele Severino è destinata a interpellare filosofi, teologi e scienziati non perché ha per oggetto ciò che sta a fondamento della stessa cultura occidentale. Ripercorrendo le opere fondamentali - da La struttura originaria a Oltrepassare - Nicoletta Cusano compie una sintesi e insieme un'indagine teoretica su quell'oggetto obliato dalla tradizione e sul linguaggio che ne parla: l'oggetto è "la necessità dell'essere nel suo opporsi al non essere", il linguaggio "testimonia" questa verità. l'oblio è il nichilismo, la "grande follia dell'Occidente", consistente nel credere che le cose oscillino tra essere e nulla; da questa fede dipendono molte altre credenze infondate.
Severino dimostra la non evidenza del divenire sulla base del destino dell'essere, del suo stare necessariamente in opposizione al non essere: è impossibile stabilire il momento in cui una cosa smetta di essere o incominci ad essere, pena il cadere della contraddizione di far coincidere l'uno con l'altro. Il Nichilismo è la precompressione che abbiamo del mondo, perciò lo stesso Severino nell'assumere il linguaggio che testimonia la verità prende le distanze dal pensiero occidentale e al contento indugia in quel linguaggio che intende oltrepassare. La sua posizione teoretica non è inficiata, ma su questo residuo nichilistico- visibile nelle prime opere - si innesta un'altra riflessione: è possibile emendare del tutto l'errore?
Per Severino noi siamo errore, e proprio in quanto errore siamo testimoni dell'eterno che è in noi.
Forse nessuno dei filosofi del'900 è stato oggetto di attenzione da parte dei teologi come Martin Heidegger (1889-1976). Non sempre però vi è stata la preoccupazione di comprendere la ragione più profonda dell'interesse teologico: ci si è limitati a cogliere affinità di prospettive oppure a usare alcune tematiche in lui presenti. Ricercare tale ragione sembra l'impresa più produttiva per il pensare teologico, e a questo si dedica il volume. In questione non è anzitutto questo o quel contenuto, bensì lo statuto epistemologico della teologia con il quale Heidegger si misura fin dai primi anni della sua formazione e che poi riformulerà radicalmente oltre lo stesso cristianesimo, mettendo in evidenza l'incapacità del pensare teologico cristiano a mantenere unite due istanze imprescindibili, benché divergenti: l'indeducibilità e alterità del fondamento, da una parte, e il ruolo irrinunciabile del soggetto umano, dall'altra.
Si tratta di una provocazione alla quale i teologi non possono sottrarsi, pena non riuscire a mostrare che la loro "scienza" è un'impresa culturalmente seria.
Giacomo Canobbio
Studi su giudaismo e cristianesimo dal Secondo Tempio alla Tarda antichità.