
La figura di don Primo Mazzolari (1890-1959) sta sempre più emergendo come una delle voci più significative del cattolicesimo italiano della prima metà del Novecento: i suoi scritti e le annate di "Adesso" (la rivista da lui fondata e in gran parte redatta) rappresentano ancora oggi un essenziale punto di riferimento per un'adeguata conoscenza del cammino della Chiesa italiana attraverso il nazionalismo, il fascismo, la Resistenza, la ricostruzione. Le pagine qui raccolte fanno il punto sull'insieme dell'opera mazzolariana, dalle passioni nazionalistiche degli anni giovanili alle intense e sofferte pagine di Tu non uccidere (1955), quasi suo testamento spirituale. Un'ampia ricognizione sull'ormai cospicua mole di studi mazzolariani consente di fare il punto sulla sua personalità e sull'eco che ha avuto in Italia l'opera, e soprattutto la testimonianza di vita, del parroco di Bozzolo.
Il sacro, pubblicato per la prima volta nel 1917 e qui presentato in una nuova edizione a cura di Aldo Natale Terrin, è uno dei libri più letti e discussi del XX secolo. Vissuto nella stessa "armonia dei contrasti" con cui è descritta l'esperienza religiosa, nacque in un contesto "teologico" di apertura alla scienza delle religioni ma fu per lo più disconosciuto dalla teologia; mostrò un impianto filosofico divenuto paradigmatico ma fu in molti casi discriminato dai filosofi della religione...
L'Ethica, l'opera di Spinoza che così profondamente ha segnato il pensiero contemporaneo, fu pubblicata postuma dai "suoi amici" proprio così come era stata lasciata per la stampa dallo stesso autore. Non è lecito chiedersi, una volta constatata la presenza di alcuni passaggi "anomali" nell'opera spinoziana, se gli stessi amici, dopo la scomparsa di Spinoza, siano intervenuti sul testo che il filosofo aveva apprestato. In altre parole, l'Ethica di Spinoza è a tutti gli effetti l'Ethica di Spinosa. Questi gli interrogativi sui quali si concentra il volume di Di Vona, scrutando l'uso delle categorie di Spinoza e sciogliendo le ambiguità mediante un'acuta analisi concettuale dei testi e un'indagine storico-filologica del pensiero spinoziano.
"Giovanna Francesca Frémyot di Chantal è nota per lo più come la fondatrice, insieme a S. Francesco di Sales, dell'Ordine della Visitazione. Viene perciò spontaneo collegare la santità, riconosciutale dalla Chiesa, alla figura della religiosa. Giovanna Francesca è, però, una figura a tutto tondo e nella stessa Bolla di Canonizzazione è proposta alle donne come modello in tutti gli stati di vita. Tutta la sua esistenza è attraversata dal filo rosso della docilità eroica alla volontà di Dio, perfino quando questa le chiese il cambiamento di stato di vita. Proprio l'adesione piena, anche quando tormentata, al proprio ruolo nei diversi stati le consentì quello straordinario cammino interiore che la portò a un elevato grado di santità, unita a una profonda maturità umana e a una fecondità che supera i limiti della natura, rendendola splendidamente donna. Elisabeth Stopp ne ha ricostruito le vicende biografiche con "la sensibilità dello storico e la leggerezza del narratore. Giovanna di Chantal è sempre stata vista entro il fascio di luce di Francesco di Sales. In tal modo le si è tolto respiro e ci si è preclusi la possibilità di conoscerla appieno. Il libro della Stopp ha il grande merito di restituirci i caratteri peculiari di una personalità che risulta essere tra le più significative nel panorama spirituale della Francia secentesca." (dalla Premessa di Massimo Marcocchi)
Nel genere dell’intervista l’andamento autobiografico può essere l’occasione per rievocare un mondo e ripensare questioni aperte. È il caso di questo colloquio con Givone, il quale da un lato ripercorre gli anni in cui Torino era al centro del dibattito filosofico – bastino i nomi di Nicola Abbagnano, Luigi Pareyson, Pietro Chiodi, Augusto Guzzo, e dei più giovani Umberto Eco e Gianni Vattimo –, dall’altro riflette sull’eredità teoretica mutuata da Pareyson (il misterioso intrecciarsi di Dio con il male e la libertà) e sul suo stesso itinerario. Un percorso che, avendo al centro il problema del nulla – insieme possibilità di grazia, ma anche di annientamento –, ha condotto Givone a delineare un pensiero tragico che è, nel medesimo tempo, una filosofia del bene di vivere. Tragico perché sfida e sopporta le contraddizioni dell’esistenza, e teso verso il bene come modo di stare al mondo: custodendo le parole in cui si svela l’umano. Quelle parole che Givone ha cercato di catturare nelle sue prove narrative.
Il Vangelo di Giovanni è un testo complesso, e si presta a più letture: una, più immediata, riguarda direttamente la vita di Gesù, l'altra da voce a un simbolismo che rinvia alla riflessione teologica del redattore stesso. Ma questa molteplicità di significati permea il Vangelo con metodo, diventa il veicolo delle diverse visioni del mondo in esso contenute - di Gesù, dei discepoli, della comunità e dei "giudici" in primo luogo...