
DESCRIZIONE: È possibile un amore che non sia egoista? E se è possibile, quale rapporto si instaura tra il puro amore per l’altro e l’amore di sé, fondamento delle inclinazioni naturali? Il problema dell’amore, come quello della conoscenza, si focalizza sul reciproco rapporto tra "sé" e "altro da sé". Se dunque la conciliazione dell’amore di sé e dell’amore per l’altro è possibile, essa si trova nell’amore di Dio.
A partire da questa considerazione, nel Medioevo sono stati proposti due modelli interpretativi del problema dell’amore. La concezione fisica, di ispirazione greco-tomista e fatta propria da Ugo di San Vittore e da san Bernardo, che cerca di stabilire un’armonica continuità tra l’amore-bramosia e l’amore amicale. E la concezione estatica, maturata nella scuola di Abelardo e penetrata nella scolastica francescana, che al contrario considera l’amore tanto più perfetto quanto più pone il soggetto "fuori da sé" e pienamente realizzato nell’assorbimento di chi ama nell’oggetto d’amore.
Grazie a testi particolarmente significativi, questo saggio analizza i lineamenti di queste due teorie medievali dell’amore e le speculazioni sistematiche che ne sono derivate in ambito filosofico e teologico.
COMMENTO: Un classico della storiografia filosofica, che illumina sui molti volti dell'amore (spirituale, terreno, umano).
PIERRE ROUSSELOT (1878-1915), teologo gesuita, ha insegnato all’Institut Catholique di Parigi e ha consacrato le proprie ricerche all’intellettualismo tomista e alla filosofia d’amore. È considerato uno degli iniziatori della teologia fondamentale contemporanea. Dell’autore sono stati tradotti Gli occhi della fede (Jaca Book, Milano 1977) e L’intellettualismo di san Tommaso (Vita e Pensiero, Milano 2000).
DESCRIZIONE: Rudolf Schnackenburg, il Nestore dell’esegesi cattolica del Nuovo testamento, nella controindagine critica sulla figura storica di Gesù ha già elaborato risultati fondamentali. In questo libro ora dà la sua risposta molto personale alla questione dell’attualità del Figlio di Dio: Gesù, vale a dire un amico, un amico per me, per altri, per tutti gli uomini. Sviluppa questo motivo dell’amicizia proponendo alcune modalità attuali di visione della persona di Gesù, ed esaminandole criticamente. Gesù è solo rivoluzionario sociale e pertanto ispiratore della lotta politica oggi? È unicamente un moralista fondamentale e critico dei devoti esemplari e perciò avvocato dei lontani dalla Chiesa? È veramente un esseno di Qumran o, per l’essenziale, prodotto di un mito? Prendendo sul serio questi interrogativi, ma anche facendone risaltare l’inadeguatezza, l’esegeta nella seconda parte del libro può dispiegare la sua visione e la sua esperienza del tutto personale della figura e della significatività permanenti di Gesù.
Sulla base di riferimenti biblici, l’autore mostra Gesù, vale a dire la realizzazione assoluta dell’amicizia in una persona. In lui si avvera tutta la simpatia, l’affezione possibile. Cercare l’amicizia con Gesù è più che la semplice sequela. È l’essere attratti in modo mistico entro la comunione con Dio.
COMMENTO: Una introduzione spirituale alla figura di Gesù, nella sua attualità per noi uomini d'oggi.
RODOLF SCHNACKENBURG (1914-2002) ha insegnato Teologia ed Esegesi neotestamentaria all’Università di Würzburg. Oltre alle numerose pubblicazioni presso l’editrice Herder, è stato curatore delle collane «Quaestiones Disputatae» (tr. it. Morcelliana) e «Herders theologischer Kommentar zum Neuen Testament» (tr. it. Paideia).
I Detti e i Fatti raccontano la storia di un'amicizia tra un medico e un cappuccino, tra un uomo di scienza e un frate della cerca, tra un chiaro ingegno e un semplice che rivela le realtà nascoste. Tommaso Acerbis, noto come Tommaso da Olera, prima di essere ricevuto tra i frati della riforma (i Cappuccini) era un analfabeta, un pastore di pecore lungo i pendii del Canto Alto, la sua montagna. Quando una voce interiore lo trasse fuori dal borgo natio e lo portò sulle strade della Serenissima, della Valle dell'Adige e della Valle dell'Inn, fu per umili e potenti una benedizione quotidiana. Ippolito Guarinoni, nato a Trento e medico di Hall, discendeva da una famiglia di medici di Milano. Fu educato alla scuola dei Gesuiti in vari rami del sapere; infine a Padova si laureò in medicina. Uomo pieno di temperamento, fu benemerito per aver combattuto la peste nel Tirolo, curato i minatori nella miniera di Schwaz e, cattolico convinto, per aver diffuso e difeso la Riforma di Trento. Alla fine il volume documenta come, in nome della reciproca stima e di comuni ideali, sia nato e portato a termine un arduo progetto: la chiesa al Ponte di Volders (Tirolo), dedicata all'Immacolata.
DESCRIZIONE: Mosè Maimonide scrisse il Trattato sulla resurrezione dei morti nel 1191 per rispondere ad alcuni critici che avevano insinuato una sua non credenza nella resurrezione, tema sul quale Maimonide si era già soffermato nell’Introduzione al x capitolo di Sanhedrin (anch'esso qui tradotto).
Opponendosi all'opinione diffusa nella cultura rabbinica, che identificava la resurrezione con il ritorno del Messia, Maimonide opera, in primo luogo, una netta distinzione tra la vita del mondo a venire, che pertiene esclusivamente alle anime, e la vita del mondo della resurrezione, che riguarda i corpi. In secondo luogo, pone una differenza tra il mondo della resurrezione e l'era messianica, stabilendo che la resurrezione dei morti non è legata necessariamente alla venuta del Messia né ai prodigi che questi opererà. La resurrezione dei morti non dipenderà dal Messia, ma unicamente dalla volontà imperscrutabile di Dio, che in qualunque momento potrà suscitarla o impedire che si manifesti. Per Maimonide la resurrezione non rappresenta la mèta ultima: essa è, invece, il mondo a venire, dimensione spirituale ed eterna in cui confluiranno le anime dei beati, una volta spogliatesi per la seconda volta dei corpi.
Un classico del pensiero che invita ad andare al di là delle opinioni correnti su un principio cardine dell'ebraismo e delle altre religioni monoteistiche.
COMMENTO: Del grande pensatore ebraico medievale (1135-1204), la prima traduzione italiana dei saggi sulla natura e il fine dell'anima, a cura del suo massimo studioso, Giuseppe Laras, già rabbino capo a Milano.
La divaricazione sorta nell'epoca moderna tra scienze empiriche e riflessione teologica ha preso avvio dalla fisica. Grazie al suo sviluppo si è posta la questione fondamentale relativa al metodo per conoscere la realtà. Il rapporto tra le due forme di sapere, armonico nell'antichità, è diventato conflittuale negli ultimi secoli, per tornare a una implausibile conciliazione - che rasenta lo sconfinamento in alcuni autori - nei decenni recenti. Il desiderio di reciproco "anatema", dovuto alla pretesa di poter dire l'ultima parola sulla verità dei fenomeni, non nasceva tuttavia né dalla capacità effettiva della fisica di conoscere tutto della realtà né dalla presunzione della teologia di sapere tutto per il fatto di essere "partecipazione alla scienza divina", bensì dalla mancata precisazione di cosa si dovesse intendere per scienza. Il dialogo tra le due discipline, ancora faticoso - lo si deve ammettere, soprattutto là dove non ci si lasci condurre da frettolosi intenti concordistici -, sta portando al reciproco riconoscimento di metodiche diverse, che essendo tuttavia orientate al medesimo oggetto permettono integrazioni senza confusioni.(Giacomo Canobbio)
DESCRIZIONE: Il libro di Stoyanov è la presentazione più completa di un fenomeno religioso fondamentale: il dualismo e cioè quella concezione che vede l’uomo e il cosmo come il terreno di battaglia delle forze contrapposte del bene e del male. Attestato anche presso diverse popolazioni indigene, il mondo delle concezioni dualiste ha recitato una parte importante in molte tradizioni religiose sia politeiste sia monoteiste. Grazie a una non comune conoscenza delle fonti primarie e della letteratura secondaria, l’Autore ricostruisce in modo brillante la storia complessa di queste concezioni, dall’Egitto antico, con i miti di Seth e Osiride, alla centralità che il dualismo ha nella rivelazione del profeta Zarathustra in Iran, nell’Orfismo in Grecia o presso i settari di Qumran. Il cuore del libro è consacrato alla fioritura di miti dualistici presenti nei grandi sistemi dello gnosticismo e del manicheismo e alle reviviscenze medievali, testimoniate dai Bogomili in Oriente e dai Catari in Occidente. Si tratta di una storia tragica quanto appassionante. La lotta sistematica che le varie chiese cristiane hanno condotto contro gli "amici di Dio" bogomili e i "perfetti" catari, che pretendevano di porsi come i "veri cristiani", minacciandone l’esistenza, se si è risolta sul piano storico in una sconfitta tragica di queste eresie, non ne ha segnato comunque la scomparsa definitiva. Uno dei meriti maggiori del libro di Stoyanov, conoscitore profondo del mondo bulgaro e dell’est europeo, sta proprio nel ripensare la storia delle concezioni dualistiche anche alla luce delle emergenze contemporanee. Il suo libro costituisce un contributo prezioso per andare alle radici di un fenomeno che continua a gettare la sua ombra inquietante anche sul nostro mondo. (Giovanni Filoramo)
COMMENTO: La storia dei dualismi religiosi (Dio malvagio/Dio buono; mondo redento/mondo perduto...) scritta dal massimo specialista a livello internazionale, dall'antichità all'età medievale, tra ortodossia ed eresia cristiane.
Per elaborare una "teologia" che non abbia più al proprio centro soltanto l'uomo, ma, assieme a lui, l'animale, e ogni essere vivente, ci voleva un teologo come Paolo De Benedetti. Il cui pensiero si articola non intorno ad assiomi, evidenze, certezze. Ma intorno al "forse". Al dubbio. Alla logica dei "doppi pensieri". Solo chi, come lui, ha un senso così forte della precarietà dei giudizi umani e della imperscrutabilità di quelli divini, può arrivare a elaborare una teologia che metta continuamente in discussione se stessa: fino a spostare il centro della propria attenzione dalla creatura umana, che lo ha da sempre altezzosamente occupato, alle creature "minori", che sempre sono state ai margini. (Gabriella Caramore)
Al di là delle immagini più diverse applicate nella storia a Spinoza, dall'eretico maledetto al mistico benedetto e al santo laico, questo libro si propone di illustrarne la vita e il pensiero a partire dalla composita e difficile comunità giudaica di Amsterdam, dai gruppi innovatori degli arminiani e cartesiani d'Olanda, dal retroterra della cultura iberica e dell'umanesimo classico. Le opere del filosofo vengono ripercorse nella successione cronologica attraverso i punti salienti, le strutture argomentative, le strategie di comunicazione. La sintesi dei temi e problemi principali si apre a un'ampia panoramica dell'influenza di Spinoza, ben oltre la filosofia, fino alla psicanalisi e alla letteratura. In rapidi e sicuri tratti il lettore è messo a confronto con un pensiero che, nella sua tensione oltre il contingente, non si allontana dalla storia e continua a suscitare riflessioni critiche. L'autore, professore all'"École normale supérieure des Lettres et sciences humaines" di Lione, ha promosso con energia la ricerca e gli studi su Spinoza.
DESCRIZIONE: Che cosa avviene quando esprimiamo un giudizio di valore, quando diciamo: «questo è bene e questo è male»? È evidente che il giudizio implica una relazione, in quanto ogni singolo, ogni ente, è di per sé moralmente indifferente; è pertanto necessario interrogarsi su questa stessa connessione, sempre particolare: con un disvalore e con un valore, con una volontà. Il tema del male, che costituisce l’argomento centrale dei due dialoghi (del 1817), funge anche da pretesto per offrire un esempio di metodologia. Da qui il confronto con la presunta cogenza argomentativa di Spinoza, con la tesi del male radicale di Kant e con il modello idealistico di Fichte nel trovare una fonte prima e ultima del male. Al vuoto formalismo kantiano di una libertà trascendentale e di un imperativo categorico astratto, Herbart oppone il proposito di individuare principi morali che, pur validi universalmente, insieme salvaguardino il particolare.
A tal fine, con tono leggero, stile limpido e sprezzante, Herbart definisce per via di separazione e distinzione cinque «idee pratiche», tutte necessarie, che starebbero a fondamento della morale per far fronte all’incognita del male: libertà interiore, perfezione, benevolenza, diritto, equità.
COMMENTO: La riflessione sul male in forma di dialoghi, scritti da uno dei maggiori filosofi e pedagogisti dell'800 tedesco.
JOHANN FRIEDRICH HERBART (1776-1841), filosofo e pedagogista tedesco allievo di Fichte a Jena, rivendicò la necessità di un ritorno a Kant per confutare l’idealismo tedesco. Tra le sue opere tradotte: La rappresentazione estetica del mondo considerata come compito fondamentale dell’educazione (Armando 1996); Pedagogia generale derivata dal fine dell’educazione (La Nuova Italia 1997); Metafisica generale con elementi di una teoria filosofica della natura. Parte sistematica (Utet 2003); Il fondamento del sistema platonico (Le Lettere 2007).