“La mamma mi ha coperto gli occhi con lo scialle nero, ma io ho visto. Ho visto il tedesco con la mitragliatrice in mano che ci guardava senza espressione. Stava per uccidere, non rideva e non piangeva”.
I ricordi sono vividi, dettagliati, crudi. Come questo, dell'unica sopravvissuta della strage di Pietransieri, in Abruzzo. Sono i ricordi di chi ha assistito in prima persona, salvandosi miracolosamente, agli eccidi dei nazifascisti durante l'occupazione tedesca dell'Italia tra il 1943 e il 1945. Migliaia di civili inermi, per lo più donne, bambini e anziani, in centinaia di località diverse. I processi ai responsabili prima bloccati in nome della ragion di Stato, poi celebrati dopo decenni e terminati con condanne all'ergastolo che nessuno vuole o può eseguire.
Io ho visto nasce per non disperdere la memoria di quegli orrori, per consegnare alla storia e alle future generazioni i racconti di chi ci riporta con i propri occhi a quei momenti, agli attimi in cui per lui tutto cambiò. Racconti brevi, essenziali, accompagnati da una fotografia del protagonista scattata dallo stesso autore. Storie personali, intime, di chi è stato a un passo dalla morte. Con particolari che coinvolgono. E con la descrizione della complessa convivenza di ciascuno con la propria memoria, il proprio futuro, il perdono.
Cento anni fa, il 13 febbraio 1913, nasceva Giuseppe Dossetti, uno dei personaggi più significativi e influenti della storia della Repubblica. Comandante partigiano senz'armi, costituente, tra i fondatori della Democrazia cristiana, unico a sfidare politicamente De Gasperi, unico a dimettersi dal partito e dal Parlamento. Richiamato in politica dal cardinal Lercaro, affronta Giuseppe Dozza, storico sindaco comunista di Bologna, nelle elezioni comunali del 1956. Negli anni Sessanta è tra i principali ispiratori del Concilio Vaticano II, poi si ritira di nuovo dalla vita pubblica, prima come 'esule' in Terrasanta, infine nella comunità monastica da lui fondata a Monte Sole, epicentro delle stragi naziste in Appennino. Torna nel 1994, dopo la vittoria elettorale delle destre, per guidare i comitati in difesa della Costituzione fino alla sua morte, nel dicembre 1996.
Una vita come un fiume carsico, sospesa tra scomparse e riapparizioni. Un cammino istituzionale e intimo caratterizzato dalla passione e dall'integrità, che ha segnato l'impostazione di molti degli attuali cattolici democratici italiani, compresi alcuni leader del paese come Romano Prodi. Dossetti, il dovere della politica mette insieme la sua storia, la sua testimonianza e le scelte che sono di fronte ai cattolici democratici di oggi e, più in generale, a una classe politica che sembra aver smarrito il senso di responsabilità etica e civile del proprio ruolo.
Roberto Di Giovan Paolo
Roberto Di Giovan Paolo è stato giornalista, consulente di comunicazione per aziende di innovazione (Megabeam, Linkem, Pan tv), dirigente dell'Aiccre, l'associazione dei poteri locali italiani in Europa, docente a contratto di sociologia della comunicazione e di comunicazione politica, prima di essere eletto, nel 2008, senatore della Repubblica nelle file del Partito democratico. Tra le sue pubblicazioni più recenti, I papi, la Chiesa e la pace (2009) e Piccoli padri (2010).
"Malacrianza" è tutto quello che il mondo adulto respinge, condanna o sfrutta del mondo dell'infanzia. È come la memoria tradita della propria infanzia, come una favola nera che tutto avvolge e riscrive. È il bambino che si mette le dita nel naso, la bambina che allegramente ruba o quella che tristemente si prostituisce, ragazzini violenti che in Sud America si difendono dal potere violento che li usa, i bambini che esercitano l'arte di arrangiarsi in qualche paese dell'Est o nel mondo arabo, è una leggenda indiana e una nuova vita che verrà. "Malacrianza" mette in fila vicende 'esemplari' di sopraffazioni e di piccole solidarietà, di soprusi e di sogni disposti a tutto per potersi avverare. Un viaggio nell'infanzia in varie parti del mondo con i bambini che vivono nelle fogne, quelli di strada, delle favelas, il commercio e la prostituzione infantile... Un viaggio circolare, un racconto senza falsi pudori, senza retorica e ipocrisie, capace di addentrarsi fin nei recessi profondi dell'offesa più intollerabile, quella verso i più deboli e indifesi. Un caleidoscopio di storie che, intrecciandosi una nell'altra, danno vita a un'unica storia dell'infanzia tradita. A un affresco in cui non mancano mai l'umanità e perfino l'ironia e dove c'è sempre la freschezza di uno sguardo innocente. Una spericolata, emozionante avventura linguistica in cui l'autore passando dalla terza alla prima persona, riesce a dar voce credibile a bambini perennemente costretti a difendere il proprio futuro.
L'assassinio di John Fitzgerald Kennedy ha avuto fin dagli anni Sessanta una troppo facile verità ufficiale, quella stabilita dalla commissione Warren, che identificò in Lee Harvey Oswald l'unico responsabile. Ma la dinamica della sparatoria, le lacune nelle indagini, i poteri coinvolti, spinsero i Kennedy a cercare un'altra verità. Per questo vollero una loro controinchiesta che, incredibilmente, fu sostenuta dal generale De Gaulle e dai servizi segreti sovietici: ne nacque un dossier in forma di libro, intitolato "The Plot", da cui emergeva, con nomi e cognomi, il quadro di una cospirazione ai danni del presidente americano. Pubblicato nel 1968 da una casa editrice presto scomparsa con sede in Liechtenstein, il libro uscì nello stesso anno anche in Italia su richiesta di un misterioso committente. Poche copie che sfuggirono ai più ma non al giornalista Saverio Tutino, il quale arrivò a ipotizzare che la pubblicazione fosse avvenuta per scelta di Gianni Agnelli. Questa edizione, a cura di Stefania Limiti, ripropone l'inchiesta segreta dei Kennedy con una dettagliata introduzione e un'intervista inedita a uno dei protagonisti della vicenda, William Turner, l'investigatore che lavorò con Jim Garrison, il giudice immortalato da Oliver Stone in JFK. Nella postfazione Paolo Cucchiarelli mette a confronto la vicenda Kennedy con una tragedia italiana: la strage di piazza Fontana.
Dopo il divorzio dei genitori, Andre Dubus III e i suoi tre fratelli crescono in un'ex cittadina industriale del Massachusetts piena di droga e violenza con la madre costretta a lavori precari e malpagati per mantenere la famiglia. Per proteggere sé stesso e quelli che ama, Andre deve imparare a difendersi e a usare i pugni e, dopo un lungo e faticoso allenamento costruito tutto sulla propria volontà, diventa così bravo che alla fine è uno di quelli che ti può stendere con un cazzotto e mandare diritto in ospedale. Irresistibilmente attratto da questo nuovo linguaggio, Andre rischia di venire ucciso o uccidere lui stesso. Intanto il padre, autore noto, insegna al college, frequenta giovani studentesse e porta fuori la domenica i figli per il pranzo. Il conflitto tra il mondo proletario delle periferie fatto di droga, alcol e pestaggi, e le ambizioni di studenti ben nutriti e coltivati sono rappresentate nel difficile rapporto tra padre e figlio che fa da sfondo e motore della narrazione. Solo quando Andre riuscirà a mettere su carta il proprio disagio e la propria sofferenza scoprendo il piacere di raccontare storie, quel dialogo interrotto con il padre troverà una nuova strada. "I pugni nella testa" è un romanzo autobiografico, toccante e potente, una muscolosa macchina della memoria che indaga sulle radici più profonde della violenza e sulla possibilità di trovare sé stessi attraverso il linguaggio dell'amore.
Un uomo esce di casa per non ritornare più. Un'altra donna lo aspetta. Quell'uomo muore per un incidente in quella stessa mattina e la sua giovane moglie scopre di aspettare un figlio. Che cosa succede nella testa di Gioia, che di professione è medico anestesista, stretta tra un doloroso doppio addio e una sorpresa che non sa bene come maneggiare? In modo confuso, passo dopo passo, non le resta che riprendersi a piccoli bocconi una vita andata in pezzi. Risillabarla dall'inizio anche se i sentimenti si sono raggelati e quello che è possibile fare è solo una lunga e lenta sequenza di gesti e di parole che conducono avanti ma che non scaldano il cuore. Ci vorrà la paziente vicinanza di una donna straniera, che si farà carico di ricostruire in silenzio un'affettività cancellata. Perché neppure la maternità per Gioia rappresenterà un possibile riscatto, per il figlio proverà solo un amore imperfetto incapace di tutti i gesti necessari. Non si diventa madre, in fondo, solo perché si mette al mondo un figlio. Sarà allora l'amicizia e la solidarietà con quella donna straniera fatta di cose di sguardi di tante frasi non dette, sarà il farsi madre di quella donna che viene da un altro paese per il tempo necessario a riportare in vita il battito vitale, a rendere possibile ricominciare con una nuova grammatica delle emozioni.
È stato il più potente e misterioso servizio segreto italiano. Campagne di disinformazione, depistaggi, doppiogiochismi, provocazioni: nulla è mancato nella storia dell'Ufficio Affari riservati. Eppure, una ricostruzione dell'attività di questo organismo non è mai stata scritta, tanto che ancora oggi gran parte dell'opinione pubblica ignora perfino che sia esistito. Questo libro colma finalmente il vuoto e, attraverso una corposa mole di documenti inediti, frutto di approfondite ricerche d'archivio, ripercorre la storia dei servizi segreti del Ministero dell'Interno, concentrandosi soprattutto sull'influenza che ebbero nelle vicende nazionali tra l'immediato dopoguerra e gli anni di piombo, e fornendo nuove e significative rivelazioni su alcuni dei principali misteri italiani, dalla strage di piazza Fontana al golpe Borghese. Dalla ricostruzione emerge per la prima volta con completezza d'informazioni la figura di Federico Umberto D'Amato, sotto la cui direzione i servizi segreti del Viminale raggiunsero a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta l'apice del loro potere. Anima nera della Repubblica per i suoi detrattori, il più geniale uomo d'intelligence che il paese abbia mai avuto, per i suoi sostenitori, D'Amato trasformò l'Ufficio Affari riservati in un moderno organo di spionaggio, dotato di una rete di infiltrati senza precedenti, sempre in bilico tra legalità e illegalità.
Per la prima volta i testimoni dell'agguato di via Fani parlano tutti insieme: passanti occasionali, residenti della zona, inconsapevoli protagonisti che hanno potuto osservare il rapimento di Moro, l'uccisione della sua scorta, la fuga del commando brigatista. Testimonianze a ridottissimo rischio di manipolazione, rese nelle ore immediatamente successive ai fatti, prive delle distorsioni e delle ritrattazioni frutto del lungo percorso giudiziario. Parole passate al setaccio, che permettono la messa a fuoco di molti particolari, spesso inediti, raccolti in "presa diretta". L'intera scena del più grave attentato della storia dell'Italia repubblicana è così ricostruita attraverso lo sguardo di chi vi ha assistito. E le sorprese non mancano. La voce narrante e le voci dei testimoni si integrano in un'inchiesta tra saggio e noir. Romano Bianco, giornalista, si interessa al caso Moro da quando, bambino, un suo compaesano venne trucidato in via Fani. Dall'adolescenza legge tutto quello che viene pubblicato sull'argomento.
Il potere di giudicare e condannare a una pena è ancora più assoluto di quello di uccidere, perché pretende di essere conforme al vero e al giusto. Per questo quasi mai le dittature più feroci rinunciano al dibattimento in aula, anche quando esso viene ridotto a messinscena o a caricatura. Una ragione di più per rammentare che il processo, simbolo estremo della tensione tra la libertà degli individui e i loro vincoli verso la comunità, si rivela puntualmente uno strumento capace di illuminare un’intera epoca. Dei grandi eventi nei tribunali rimangono spesso nella memoria collettiva solo i verdetti e una radicale semplificazione delle ragioni che li determinarono. Partendo dal racconto sintetico, rigoroso ed essenziale di dieci processi, riguardanti personaggi molto diversi tra loro, questo libro cerca di ricostruire cosa di volta in volta fosse veramente in gioco. E aiuta a capire, per esempio, come Socrate abbia costruito la coscienza occidentale, quale mistero potesse celarsi dietro l’identità di Gesù, perché gli Stati Uniti abbiano smentito spesso la loro vocazione di culla delle libertà, quali torti ebbe Galileo nel rivaleggiare teologicamente con la Chiesa, quanta carica rivoluzionaria possedesse Giovanna d’Arco, in che senso Norimberga abbia salvato il popolo tedesco. E perché Berlusconi meriti la definizione di ‘Antisocrate’.
Remo Bassetti è nato a Napoli nel 1961. Notaio e giornalista, è ideatore e direttore della rivista Giudizio Universale. È autore dei saggi Storia e storie dello sport in Italia (Marsilio), Derelitti e delle pene. Carcere e giustizia da Kant all’indultino (Editori Riuniti), Contro il target (Bollati Boringhieri), e del romanzo Stanno uccidendo i notai (Cairo Editore).
Provincia di Caserta, giorni nostri. Il pit bull di Slator, clandestino albanese che si fa chiamare Salvatore, attacca il figlio del macellaio del paese. La vendetta seguirà i complessi codici del territorio, andando a sfiorare la vita di Carmine, che gestisce quattro campi da calcetto lungo la tangenziale Aversa-Napoli e che anni prima, per colpa di un pit bull, ha perso il figlio. Romanzo d'esordio di Paolo Piccirillo, finalista al premio Flaiano e al premio John Fante.