Il 2024 si colloca al centro di celebrazioni francescane in ricorrenze di ottavi centenari: il 2019 l'incontro di Francesco con il Sultano Melek-el-Kamil, il 2021 la redazione della Regola non bollata, il 2023 l'iniziativa del Presepio a Greccio, il 2025 verrà ricordato il Cantico delle Creature, il 2026 la morte di San Francesco, il 2028 la canonizzazione del Poverello. Dunque l'anno 2024, VIII Centenario della Stimmatizzazione di San Francesco a La Verna sembra il fulcro interpretativo della sua vicenda umana e cristiana. L'evento fu fedelmente annotato dai biografi contemporanei, qualcuno pure testimone delle ferite sul corpo del santo dopo la morte, e variamente interpretato da teologi come San Bonaventura o autori francescani. In tutti si riscontra un accordo: esso ebbe caratteristiche uniche (le mantiene fin ad oggi), fu il primo tramandato nella storia della Chiesa ed è mistero. Il presente studio ha voluto rispondere ad alcune domande rimaste sospese, cercare di capire il contenuto e il messaggio del "mistero di La Verna".
I vangeli non sono narrazioni storiche della vita e dell'insegnamento di Gesù o cronaca di quanto avvenuto in Palestina duemila anni fa. Diversamente dalla letteratura biografica greco-romana, essi non delineano alcun tratto esteriore della persona del protagonista; narrano, invece, formulata in modi diversi, la costante riflessione teologica delle comunità che hanno accolto e praticato il suo insegnamento. Nel vangelo di Giovanni siamo di fronte ad una sfida che rivela quanto sia importante non fermarsi ad una lettura "tradizionale" della vicenda di Gesù. In questo testo, infatti, è forte la consapevolezza di un nuovo mondo, oltre il giudaismo tradizionale, il mondo ellenistico, in cui la storia di Gesù deve essere annunciata. L'evangelista, con la sua comunità, ne rilegge, così, l'esperienza, delineandone tratti fortemente innovativi rispetto agli altri vangeli.
"Voi chi siete?": titolo insolito e ambiguo, voluto perché ogni anziano è la prima domanda che fa. Voluto perché non basta dire un nome, ma bensì per identificarsi in questo tempo fragile, per soppesare le misure di due umanità cambiate radicalmente, e con loro i valori, l'etica, la dignità delle persone. Il peso di una storia che ha costruito e di una che si sgretola fra le mani."Voi chi siete?" è un viaggio dentro la terza età, quasi una confessione con la paura e la poesia della fine. Un toccare da vicino i compromessi, la lotta con la solitudine e la morte fino a lasciarsi andare. Fino a capire la perfezione del disegno, quello di ogni singola persona che merita comunque e sempre verità e rispetto.
Prendendo spunto dall'indirizzo degli esegeti che negli ultimi tempi si mostrano sempre più interessati agli aspetti normativi della Bibbia e del più esteso antico Vicino Oriente, l'autore riflette sulla legge del taglione nella sua formulazione tipica di "occhio per occhio, dente per dente". E offre una lettura aderente al significato letterale dei testi in cui ricorre tale lemma. Non si tratta di un principio di vendetta, ma di riparazione del danno procurato. Le pagine sfatano gli innumerevoli equivoci e pseudo-interpretazioni dell'antigiudaismo cristiano e della stessa cultura laica sedimentatisi nel corso dei secoli.
Prendendo spunto dall'indirizzo degli esegeti che negli ultimi tempi si mostrano sempre più interessati agli aspetti normativi della Bibbia e del più esteso antico Vicino Oriente, l'autore riflette sulla legge del taglione nella sua formulazione tipica di "occhio per occhio, dente per dente". E offre una lettura aderente al significato letterale dei testi in cui ricorre tale lemma. Non si tratta di un principio di vendetta, ma di riparazione del danno procurato. Le pagine sfatano gli innumerevoli equivoci e pseudo-interpretazioni dell'antigiudaismo cristiano e della stessa cultura laica sedimentatisi nel corso dei secoli.
La teologia, e ancora di più quella ecumenica, è chiamata a far proprio l'invito pubblico a ripensare la pace in tempo di guerra. Domande rilevanti ed urgenti arrivano infatti dai conflitti, dalle ferite, dalle relazioni imprigionate dentro la violenza. C'è bisogno di una riflessione e una pratica ecumenica che sappia indicare nuove strade, nuovi paradigmi, perché la pace rimanga un orizzonte a cui tendere e un'esperienza da vivere. Il testo in una prima parte muove da domande all'ecumenismo come scuola di pace, si concentra sul carattere pubblico della pace e non ha timore nel denunciare le responsabilità delle religioni e delle chiese nella crisi della globalizzazione. In una seconda parte, raccogliendo i contributi del progetto promosso dalla PUA (Pontificia Università Antonianum) propone degli excursus a partire dai differenti contesti di guerra e conflitto dove la pace è cercata, magari sognata e a volte trovata anche con il concorso delle chiese. Voci ecumeniche e del mondo del dialogo ci aiutano a guardare al futuro dando ragione della speranza che canta: "misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno" (salmo 84).
Dieci anni dopo è un testo breve e intenso che Dietrich Bonhoeffer mandò agli amici più intimi poco prima d'essere arrestato dalla Gestapo e portato nella prigione militare di Tegel, una tappa sulla via del martirio finale. Scritto attorno al Natale del 1942, questo testo si configura come un bilancio lucido e realistico del tragico decennio hitleriano e potrebbe essere intitolato "una teologia della Resistenza". Si tratta di una mirabile sintesi teologico-politica di alcuni dei suoi temi di fondo che ruotano attorno alla dottrina della responsabilità, elaborati poi compiutamente nella più celebre opera Etica. La manipolazione della mente, fino alla Dummheit (stupidità), è un problema di carattere sociologico permanente. Essa è il frutto amaro di «ogni grande dispiegamento di forze dall'esterno, sia politico sia religioso, che riduce a stupidità gran parte dell'umanità». Si può sfuggire a questa situazione di dipendenza solo resistendo con un'azione personale e responsabile. Il saggio di Bonhoeffer è preceduto da un'ampia Introduzione di Piergiorgio Grassi, già ordinario di Filosofia della religione all'Università di Urbino "Carlo Bo".
Un filosofo-teologo dell'Ottocento negli anni dell'adolescenza aveva forte la domanda su quale fosse il principio unitario su cui tutto si fonda, e lo trovò nel Verbo che si è fatto carne, centro e respiro di tutta la storia. Il suo capolavoro finisce nelle mani di un sacerdote ambrosiano che lo apprezza molto perché vi trova conferma della lezione appresa "un bel giorno" dal suo professore di religione negli anni del liceo: "Il Verbo di Dio [ovvero il termine delle esigenze del cuore umano, cioè l'oggetto ultimo dei desideri del cuore umano, la felicità] si è fatto carne". Di quel libro, La Vita di Gesù Cristo di Vito Fornari, Luigi Giussani dirà che è stato per lui fondamentale «come genesi poetica per l'idea di Cristo». Cosa intendeva don Luigi Giussani con questa affermazione? Per la prima volta in questo libro si indaga su questo decisivo debito culturale del fondatore di Comunione e Liberazione. Prefazione di Massimo Borghesi.
«In Pietro Favre – canonizzato da Papa Francesco il 17 dicembre 2013 –, ho colto una
realizzazione originale della trasformazione integrale della persona nella comunione con Dio e in apertura di servizio al mondo – di cui […] alla Contemplatio ad amorem. Tale realizzazione termina in una condizione di infanzia spirituale: l’abbandono totale in Dio, nello svuotamento di sé e nella fiducia incondizionata dei piccoli del Regno dei Cieli».
"Beati gli idioti" è la rilettura del romanzo "L'idiota" di Dostoevskij attraverso una lente teologica: il cosiddetto Discorso della montagna riportato nei Vangeli. Il libro si compone di tre parti: un serrato confronto con i principali interpreti di Dostoevskij sull'identità profonda del principe Myskin, protagonista del romanzo; una lettura "teatrale" del testo proiettato in una dimensione scenica, passato al setaccio delle otto beatitudini evangeliche; una conclusione sul valore estetico ed etico dell'idiozia. Si parte dall'antica tradizione ascetica e spirituale dei "folli in Cristo", che si ritrova ovunque nella letteratura russa e nella tradizione ortodossa, viandanti e pellegrini alla sequela del Cristo oltraggiato e vilipeso, posti in relazione sistematica con le beatitudini evangeliche, quindi con le singole figure dei "Beati" prese in esame nel celebre Discorso della montagna. Assumendo questa prospettiva, il principe Myskin diviene il prototipo del cristiano in cammino, né Cristo né il diavolo, ma colui che, pur nella fragilità umoristica delle sue esperienze, "ci sta provando": l'avventura di un povero cristiano.