
La Resistenza a lungo è stata considerata solo una "cosa di sinistra": fazzoletto rosso e Bella ciao. Poi, negli ultimi anni, i partigiani sono stati presentati come carnefici sanguinari, che si accanirono su vittime innocenti, i "ragazzi di Salò". Entrambe queste versioni sono parziali e false. La Resistenza non è il patrimonio di una fazione; è un patrimonio della nazione. Aldo Cazzullo lo dimostra raccontando la Resistenza che non si trova nei libri. Storie di case che si aprono nella notte, di feriti curati nei pagliai, di ricercati nascosti in cantina, di madri che fanno scudo con il proprio corpo ai figli. Le storie delle suore di Firenze, Giuste tra le Nazioni per aver salvato centinaia di ebrei; dei sacerdoti come don Ferrante Bagiardi, che sceglie di morire con i suoi parrocchiani dicendo "vi accompagno io davanti al Signore"; degli alpini della Val Chisone che rifiutano di arrendersi ai nazisti perché "le nostre montagne sono nostre"; dei tre carabinieri di Fiesole che si fanno uccidere per salvare gli ostaggi; dei 600 mila internati in Germania che come Giovanni Guareschi restano nei lager a patire la fame e le botte, pur di non andare a Salò a combattere altri italiani. La Resistenza fu fatta dai partigiani comunisti come Cino Moscatelli, ma anche da quelli cattolici come Paola Del Din, monarchici come Edgardo Sogno, autonomi come Beppe Fenoglio. E fu fatta dalle donne, dai fucilati di Cefalonia, dai bersaglieri che morirono combattendo al fianco degli Alleati...
Esiste una città più raccontata di Napoli? Esiste una città altrettanto presente nell'immaginario collettivo, con il suo bagaglio di luoghi comuni secolari - e non sempre lusinghieri? Probabilmente no. Napoli la conosciamo tutti, e allora perché andarci, si domanda Antonio Pascale. Ma se proprio non si può resisterle, il suo consiglio è limitarsi a guardarla dall'alto della terrazza di Castel Sant'Elmo: tanto "Sotto di voi c'è tutta Napoli. Vedete tutto, ogni cosa. Il mare di fronte a voi e la speculazione edilizia dietro di voi." Giù in basso invece c'è "una palude in agguato, particolari sabbie mobili non segnalate e tutti, anche i più attenti, possono caderci." Ma Pascale sa che il visitatore si lascerà fatalmente vincere dalla tentazione di andare a guardare da vicino. Ecco che allora "Non scendete a Napoli" si offre, un po' controvoglia, di accompagnarlo in luoghi inusuali (un modernissimo garage scavato nel cuore di una grotta, il mercato ittico, la stazione marittima...), ma parla anche ai napoletani: attenti, perché chiediamo legalità e poi finiamo a comprare prodotti contraffatti che ingrassano la Camorra; attenti, perché a forza di sentirci eccezionali siamo rimasti ultimi e soli. In questo libro, mai indulgente ma sempre giocato sul filo del paradosso, dell'ironia, del rovesciamento, Antonio Pascale rivolge il suo odi et amo alla città in cui è nato. E nel momento in cui cerca di tenercene a distanza ci spinge a comprenderla a fondo e a guardarla in faccia.
È sempre intorno a loro, le fimmine, che si agita il mare delle passioni. E il mare, quando tira malo tempo, in un niente può volgere a tempesta. Ma vale lo stesso se la donna in questione è una statua di marmo, un opulento nudo di Botero il cui sedere da tre tonnellate guarda malauguratamente in direzione di una chiesa? È quel che succede a Bauci, piccolo borgo a strapiombo sulla costiera amalfitana, diventato località alla moda grazie a un festival artistico che quest'anno celebra appunto il maestro colombiano. Quando don Enzo, il parroco, vede l'opera al centro della piazza va su tutte le furie: come si può concepire tale oscenità, peraltro a pochi giorni dalla visita del vescovo? Ma toglierla non si può. Spostarla neppure. Cosa fare, dunque? Se lo chiede Rocco Casillo, il sindaco, al quale la statua serve per coronare i suoi sogni politici, e se lo chiede l'intera, colorata comunità di Bauci. Strane dicerie e fatti inspiegabili si susseguono fin quando, ai piedi dell'imponente chiattona, compare un fagotto con dentro una neonata. La pietra dello scandalo è servita... In un romanzo che sembra già un classico, Franco Di Mare dirige un coro formidabile di furbizie e rivalità, di voltafaccia e colpi di genio. E tocca il nostro cuore da vicino, strappandoci sorrisi e lacrime. Bauci non esiste eppure è verissima, è al Sud ma potrebbe trovarsi in qualunque parte d'Italia; i suoi abitanti siamo noi, così ingegnosi nel complicarci la vita ma così tenaci nel tirarci fuori dai guai.
"In quella direzione" disse il Gatto "abita un Cappellaio; e in quella abita una Lepre Marzolina. Puoi andare a trovare l'una o l'altra, tanto sono matti tutti e due." "Ma io non voglio andare fra i matti" osservò Alice. Be', non hai altra scelta" disse il Gatto. "Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta." Uno dei classici più affascinanti ed enigmatici rivive in una nuova edizione illustrata dalle raffinate tavole di Rébecca Dautremer. Per leggere e rileggere l'incredibile mondo di Alice in tutta la sua originalità e fantasia. Età di lettura: da 8 anni.
Corri, Samba, corri! Gli diceva così, suo zio, quando giocavano insieme a far volare l'aquilone e vivevano ancora sotto il cielo rovente dell'Africa. Ma ormai Samba non vive più in Mali. Da più di dieci anni la sua casa è Parigi. Per arrivare in Francia, in cerca di un riscatto e di un sogno, ha visto morire altri disgraziati come lui, ha avuto in bocca la sabbia ruvida del deserto, si è lacerato le mani sui confini spinati dell'Europa. Per poterci rimanere ha stretto i denti, lavorato duro, lottato ogni minuto contro la sensazione strisciante e ostinata di inadeguatezza che gli faceva abbassare gli occhi. Manca poco al traguardo, e un mattino decide di andare in questura a chiedere notizie della sua carta di soggiorno. Quello stesso mattino la Francia decide che di lui non vuole più saperne: lo arrestano su due piedi, lo rinchiudono nel Centro di detenzione di Vincennes, e d'improvviso Samba Cissé diventa un irregolare, un clandestino. E deve ritornare a correre. Per sfuggire la polizia, la povertà, le parole insensate della burocrazia, l'amarezza che gli si pianta in gola. Per riconquistare un posto nel mondo, un'identità, un nome, e sopravvivere all'ingiustizia. Tra lungosenna inondati di luce, scantinati freddi, vetrate da pulire sfiorando il cielo, sogni infranti, amicizie speciali, e un amore proibito, Delphine Coulin ci regala una commedia sociale agrodolce, poetica e implacabile, che potrebbe essere una storia vera e senza dubbio è un canto al coraggio di rimanere liberi.
Quando hai toccato l'Olimpo degli organigrammi aziendali - business class, jet lag e cene nei top ristoranti del mondo - precipitare in fondo alle gerarchie, con chi arriva puntuale alle riunioni perché ha l'agenda vuota, è un incubo a occhi aperti. Soprattutto se ti chiami Andrea Gamma e di lavoro fai il direttore del personale. Taglia teste e costi in una grande multinazionale, l'ing. Gamma, regista assoluto della vita di centinaia di risorse. Cinismo e una buona dose di ferocia danno un senso alle sue giornate, che finiscono sempre con un mucchio di lettere di licenziamento da firmare. Poi, all'improvviso, Gamma si trova dal lato sbagliato della scrivania, per la prima volta vittima e non carnefice, e per mesi che gli sembrano infiniti è costretto a vestire i panni del disoccupato. Finché non arriva la sua opportunità di rimettersi in gioco: un incarico a termine come consulente per una piccola impresa di frigoriferi. Ha ancora voglia di fare, Gamma, anche se adesso lo scenario non è certo quello in cui ha mosso i primi passi: la tenaglia della crisi non accenna ad allentare la morsa sul mercato del lavoro e si perdono ore in conference call, debriefing e feedback prima delle ferie. Ora, nel suo ufficio spoglio illuminato da una lampada Ikea, senza piante grasse da innaffiare e assistenti da vessare, Andrea è un temporary manager di cinquant'anni con la data di scadenza stampata in fronte.
La cucina è passione, curiosità, intuizione. È la traduzione in un codice universale di tutte le esperienze; è una lingua che parla tutte le lingue, che unisce ed emoziona. La cucina è il mondo che ci sta intorno, perché quello che viviamo e sentiamo torna nei nostri piatti, parla di noi e ha qualcosa di unico, irripetibile. E naturalmente la cucina è anche un viaggio straordinario, che vi voglio raccontare tappa per tappa, paesaggio dopo paesaggio." (Stefano Callegaro) Attraverso più di 60 ricette genuine ma raffinate, semplici da realizzare ma sorprendenti da assaggiare, il vincitore della quarta edizione di MasterChef Italia ci accompagna in un percorso intimo e avvincente, dove la vita e la cucina si intrecciano in una storia d'amore e di passione. E grazie alla quale anche noi, seduti a tavola con parenti e amici, possiamo gustarci uno splendido lieto fine.
Il regalo più bello è stato quello di un nome navajo tutto suo: Chaànaàgahiì, che vuol dire "Uomo che ha ancora tanta strada da fare". Perché per Sammy il viaggio è proprio una dimensione di vita. Il primo aereo l'ha preso che era piccolissimo ma il suo sogno è sempre stato quello di attraversare gli Stati Uniti lungo la mitica Route 66. Questo sogno si è realizzato l'estate dopo la sua maturità in un viaggio coast to coast lungo il quale ha conosciuto le tante facce dell'America, dalle distese deserte dei bikers alle brulicanti metropoli dei grattacieli, dall'antica quiete degli amish alle luci sfavillanti di Las Vegas, dagli alieni sbarcati a Roswell a quelli (molto più plausibili) creati a Hollywood. Sammy è riuscito a incontrare i suoi miti: James Cameron, il regista di Avatar, e Matt Groening, l'inventore dei Simpson. Ha avuto l'onore del lancio d'inizio nella partita di baseball dei Saint Louis Cardinals contro i Milwaukee Brewers, ha cantato in una messa gospel e ha scoperto la bellezza dei cieli sconfinati e delle innumerevoli sfumature delle rocce della foresta pietrificata. In una sola estate, Sammy ha vissuto quello che molti ragazzi non riescono a immaginare neanche in una vita intera e in queste pagine ripercorre i ricordi più significativi della sua straordinaria esperienza. "Ogni occasione per essere felici dovrebbe essere accolta con tutto l'entusiasmo che abbiamo in corpo", perché noi tutti, come Sammy, non abbiamo tempo da perdere.
Si apre la caccia alla borsa di Mussolini, ricolma di documenti selezionati e custoditi gelosamente dal Duce, che da quel materiale si ripropone grandi vantaggi politici. Nel dopoguerra si favoleggia di importantissime lettere di Vittorio Emanuele III, Adolf Hitler, Dino Grandi, Pietro Badoglio, De Gasperi e soprattutto di Winston Churchill. "Per l'Italia valgono più di una guerra vinta" aveva confidato il Duce al gerarca Alessandro Pavolini. Dopo il crollo del fascismo, i documenti autentici si mescolano alle contraffazioni, dando vita a campagne scandalistiche che appassionano gli italiani. Le misteriose lettere riguarderebbero l'entrata in guerra dell'Italia nel 1940 e l'accordo segreto secondo cui, in caso di sconfitta della Gran Bretagna, Mussolini avrebbe mitigato le pretese di Hitler al tavolo della pace in cambio di concessioni territoriali. Ma cosa conteneva veramente quel carteggio? E cosa nasconde il lucroso mercato di apocrifi maturato nel dopoguerra? Che credito meritano i clamorosi documenti apparsi sulla stampa negli anni Cinquanta e che divennero oggetto di negoziazioni, ricatti, speculazioni tra Italia e Svizzera, Germania e Regno Unito? Luogo di stampa: Milano.
La giornata del Papa comincia prima delle cinque del mattino e le Letture della Messa del giorno la nutrono: è questo tempo di preghiera che il Santo Padre desidera condividere quotidianamente con i fedeli. Non attraverso una solenne celebrazione in San Pietro, ma con una Messa di fronte a poche persone nella cappella della Residenza di Santa Marta. Le omelie di Papa Francesco, diventate uno degli aspetti più caratteristici del suo pontificato, nascono qui, spontaneamente, e sono il cuore pulsante della sua pastorale, messaggi densissimi che fanno appello al cuore del Vangelo. Non bisogna però leggerle solo come un panorama di dolcezza: contengono parole forti, spesso accuse e anche precise "messe in guardia". Soprattutto, ci guidano nelle lotte di ogni giorno: contro il "principe di questo mondo", nello scontro dell'anima con Dio e nel difficile rapporto con il potere. Il loro valore simbolico è tanto maggiore quanto più ci dicono il senso dell'annuncio evangelico in una forma peculiare, inedita: attraverso immagini pregnanti e un linguaggio semplice, immediato, che vanta una chiarezza e una freschezza maturate in una vita a costante contatto con la gente. Papa Francesco parla di tenerezza, di fede e di ideologia, di spirito e di organizzazione, e di molto altro. Per un anno ha aperto la mappa della sua vita spirituale e del suo impegno sacerdotale in uno sforzo che trascende la semplice "comunicazione di una verità": queste pagine sono molto di più. Prefazione di Federico Lombardi.