
«Devi "stare dove bisogna stare". Così mi ha detto un'amica poche ore dopo aver perso suo padre mentre lei era in mezzo al mare a salvare le vite delle persone migranti. "Dove bisogna stare", perché c'è sempre un luogo dove una crisi umanitaria si sta consumando, dove le violazioni dei diritti umani sono costanti. La mia amica si chiama Cecilia Strada, suo padre si chiamava Gino e ci ha mostrato l'importanza di "stare dove bisogna stare".» Valerio Nicolosi, giornalista, regista e reporter, dove stare, l'ha deciso da tempo. Non a caso è stato il primo ad arrivare in Ucraina per descriverne la tragedia, atterrando a Kiev un giorno prima dell'attacco russo che ha aperto la guerra. Da lì ha dato voce alla resistenza ucraina e ha raccontato l'esodo di donne e bambini verso la Polonia e l'Europa. Una rotta migratoria organizzata dalle autorità e sostenuta con generosità da cittadini e associazioni, ma che nasconde la stessa minaccia implicita delle rotte nei Balcani e nel Mediterraneo: è il «gioco sporco» che l'autore di questo libro ha visto fin troppe volte, in troppe parti del mondo, messo in piedi da alcuni governi sulla vita di migranti in fuga da conflitti armati, persecuzioni, carestia e povertà. Dalle coste dell'isola di Lesbo a Trieste, da Mariupol a Cracovia, dalla Turchia alla Libia, dai Balcani alla Sicilia, le vite di persone disperate - pronte a rischiare tutto pur di avere anche solo l'occasione di un futuro decente - vengono usate ogni giorno come mezzo di pressione geopolitica o di vero e proprio attacco non convenzionale. Così, chi scappa dall'inferno finisce per ritrovarsi in Paesi con situazioni politiche e sociali delicate, dove l'odio xenofobo esplode in vere e proprie battute di «caccia al migrante». Attraverso le sue foto e il suo racconto sul campo, Nicolosi denuncia le violenze dei regimi autoritari e le ipocrisie di governi conniventi, e soprattutto apre uno squarcio sui limiti dell'Occidente e sull'uso dei migranti come arma impropria delle guerre. Un'inchiesta sui veri interessi che controllano le aperture e le chiusure delle frontiere.
Per la prima volta vengono raccolti i 10 grandi discorsi del pontificato di Benedetto XVI. Dalla prima omelia pronunciata appena divenne papa fino all'ultima udienza pubblica, questi discorsi svelano la profondità della sua riflessione teologica in un linguaggio semplice che ha alimentato la fede di milioni di persone. La trattazione dei diversi temi, sempre attuali, - il rapporto tra ragione e fede, il ruolo dell'etica in politica, il grido di dolore echeggiato ad Auschwitz, il riconoscimento penitenziale dei peccati da parte di membri della Chiesa... - sorprende per lucidità e sapienza. Con una introduzione di Padre Federico Lombardi. Benedetto XVI, nato a Marktl am Inn il 16 aprile 1927 e deceduto a Città del Vaticano il 31 dicembre 2022, uno dei massimi teologi del nostro tempo, è assurto al soglio papale il 19 aprile 2005. L'11 febbraio 2013 ha rinunciato all'esercizio del ministero petrino.
"Non sono mai esploso di gioia, ma ho visto i miei tifosi pazzi di felicità. Non sono mai rimasto a bocca aperta, ma li ho visti emozionarsi. Non mi sono mai messo le mani nei capelli, ma li ho visti disperarsi. Non ho mai avuto un sorriso stampato sul volto, ma li ho visti divertirsi tanto. Eppure dentro, in silenzio, a modo mio, quello che hanno vissuto apertamente loro l'ho vissuto anch'io." Autentico filosofo del calcio, uomo di Sport senza compromessi e senza mezze misure, allenatore amato ovunque abbia importato le sue idee, fondatore di Zemanlandia, la terra promessa del gol, Zdenek Zeman è un'autentica figura di culto. In cinquant'anni di carriera ha diviso ma soprattutto unito, fatto discutere tifosi e addetti ai lavori, versare i proverbiali fiumi d'inchiostro però mai, prima d'oggi, si era raccontato con la sua viva voce. Mai aveva spiegato il suo calcio e illustrato i suoi metodi di allenamento così in dettaglio, mai aveva parlato in modo così intimo della sua vita fuori dal campo. Lo fa in queste pagine che sono esattamente come lui: profonde, piene di intuizioni folgoranti, divertenti e sincere nel raccontare se stesso e tutto ciò che ha visto e costruito nel mondo del pallone. Dai primi gradoni nel Foggia dei miracoli alla Lazio di Signori, Nesta e di un Nedved scoperto prima di tutti; dalla Roma di un giovanissimo Totti (il "ragazzino", come lo chiamava il presidente Sensi) al quale Zeman affida le chiavi della squadra e la fascia da capitano, alle battaglie per un calcio lontano dalle farmacie e dagli uffici finanziari, dal doping reale e amministrativo; dal Pescara dei tre gioielli Immobile, Insigne e Verratti ("Ciruzzo", "Lorenzolo" e "Marcolino", futuri campioni d'Europa) a oggi. Fra autobiografia e manifesto, "La bellezza non ha prezzo" regala pagine traboccanti di un amore straordinario per il gioco del calcio e per tutto ciò che di più bello può caratterizzarlo: la passione dei tifosi, lo spirito di squadra, la cura dei talenti. È la storia di un uomo - e di un allenatore visionario - che ha sempre anteposto i suoi ideali all'imperativo di vincere.
L'invasione russa dell'Ucraina è il momento di frattura dell'ordine internazionale scaturito dalla fine della Guerra fredda. Il conflitto innescato da Vladimir Putin nel cuore dell'Europa accelera un mutamento che sconvolge il mondo in cui viviamo, fa emergere in maniera brutale come sul pianeta vi siano quattro grandi attori, le cui caratteristiche e capacità sono a tal punto superiori rispetto al resto della comunità internazionale da poter rispolverare, come propone Maurizio Molinari, la definizione di imperi, reali o potenziali. Russia, Unione europea, Stati Uniti e Cina popolare: una partita fra vecchie e nuove grandi potenze, ognuna con un'identità, una genesi storica, degli interessi e un orizzonte assai peculiare, ingaggiate in una sfida per la leadership globale che non ha più connotati solo economici e diplomatici, ma anche militari. Maurizio Molinari, da sempre attento osservatore della politica internazionale e profondo conoscitore delle dinamiche in atto, ci aiuta a capire quali esiti può avere questo confronto, spiegandoci, anche con lo strumento delle mappe, la portata dei mutamenti a cui stiamo assistendo e la minaccia che incombe sulla sicurezza di tutti noi, europei in primis. Con un focus sul ruolo dell'Italia sul nuovo scacchiere del Mediterraneo allargato che va delineandosi. Perché il conflitto in Ucraina non costituisce solo il ritorno della guerra nel Vecchio Continente, ma offre una rappresentazione drammatica della sfida tra democrazie e autocrazie, che solo una attenta analisi come quella offerta in queste pagine può permetterci di comprendere a pieno. Nella consapevolezza che quelli a venire saranno anni difficili e di tensione crescente, per far fronte a una minaccia che tutti, leader e opinioni pubbliche, hanno il dovere di comprendere per poter poi disinnescare. Con le mappe che spiegano il mondo che verrà.
Le idee non stanno ferme. Le grandi idee, i grandi principi, le visioni del mondo hanno sempre delle radici, come le piante. Ma, diversamente dalle piante, raramente restano dove sono nate. Le idee si muovono, cambiano habitat, come uccelli di passo. È quel che è successo a tre grandi ideali della sinistra: difesa dei deboli, libertà di pensiero, cultura come via privilegiata verso l'eguaglianza. Oggi queste idee, che hanno fatto la storia della sinistra, non abitano più lì. Alcune vagano senza meta, altre si sono posate sulla destra. A vagare senza meta è soprattutto l'idea gramsciana della cultura alta come strumento di emancipazione dei ceti popolari, un'idea ancora viva ai tempi di Togliatti, ma completamente sopraffatta da mezzo secolo di riforme dell'istruzione, che - abbassando la qualità degli studi - hanno finito per bloccare l'ascensore sociale. A posarsi sulla destra, invece, sono state la difesa della libertà di pensiero, contro l'adesione acritica della sinistra al politicamente corretto, e la difesa dei deboli, contro l'incapacità di ascoltare la domanda di protezione dei ceti popolari. Attraverso un nuovo modello interpretativo, la dottrina delle tre società, Ricolfi individua con precisione chi sono i deboli oggi, e ricostruisce il lungo processo che ha portato la destra e la sinistra a scambiarsi le rispettive basi sociali, determinando una vera e propria mutazione del sistema politico. E azzarda l'ipotesi che sia un'eccessiva celebrazione del progresso ad accecare i progressisti, incapaci di vederne anche i lati oscuri, le falle che alimentano una nuova disperazione sociale, di cui sarebbe bene invece intercettare il grido.
"Cos'è, per te, la famiglia?" È da una domanda che Nicolò Govoni è partito per scrivere queste cinque storie ambientate nelle fumanti megalopoli del Kenya, tra le macerie della Siria, nelle profondità delle miniere in Congo, in un campo profughi in Grecia e anche là dove non ci saremmo aspettati di vedere arrivare scontri e violenza, così vicini alle porte di casa. Racconti con protagonisti quei bambini e quelle bambine a cui Nicolò sta dedicando la vita, e che ci portano in mondi dove la protezione e la normalità sono ancora privilegio di pochi. Così, entriamo nella vita di Njoki, che aspetta il ritorno di sua sorella in fuga per un amore osteggiato dalla comunità; leggiamo la lunga lettera che Wasim, nella sua prima notte da clandestino per evitare l'arruolamento, scrive alla sorellina Isra con i suoi sogni di piccola calciatrice; vediamo Musa, l'unico albino del suo villaggio, schivare le angherie dei coetanei che lo additano come il figlio di una strega; seguiamo Nur mentre cerca il suo cane scomparso nel campo profughi che divide con altri fuggitivi anche loro senza più una casa; e ascoltiamo come Khal e i suoi compagni hanno in mente di cambiare il loro mondo un pezzo alla volta, iniziando dalle tende che ora li ospitano. Nicolò Govoni torna con un libro potente e delicato, che ci ricorda come la distanza non è importante quando si tratta di crescere e diventare adulti insieme, e di come, in un mondo dove a volte sembra impossibile sognare, lo sguardo e la voce di un innocente possono avere tutta la forza necessaria per costruire il domani.
La realtà in cui siamo immersi è complessa, incerta e imprevedibile, forse a un livello mai visto in passato. Di fronte a questa complessità, però, il nostro pensiero non può arretrare: come potremmo vivere in un mondo che sappiamo decifrare solo in piccolissima parte? Il caos della pandemia, le reazioni scomposte di una certa politica e la circolazione di fake news sempre più virali hanno mostrato con chiarezza che solo ragionare in termini scientifici ci consente di capire e spiegare i molti aspetti di un fenomeno complesso. Proprio per questa ragione la scienza, con i suoi limiti, le sue incertezze, ma anche con la sua efficacia interpretativa dovrebbe essere pienamente accolta nella discussione pubblica. La conservazione dei valori democratici e il rafforzamento della fiducia nelle istituzioni sono possibili solo con il contributo di cittadini ben informati. Come ha scritto Stephen Hawking: "In una democrazia, è molto importante che i cittadini abbiano una conoscenza di base della scienza in modo da poter controllare quanto la scienza e la tecnologia influenzano sempre più le nostre vite". Quali sono le domande giuste davanti a una cosa che non capiamo? Come si smaschera una fallacia in un ragionamento? Quali sono gli errori cognitivi che condizionano le nostre decisioni? Abbiamo davanti a noi una sfida enorme, scrive Roberto Battiston, in cui mettere a frutto la lezione che abbiamo imparato con la pandemia: la questione ambientale. Un tema elusivo, lento, contraddittorio, eppure decisivo per il nostro futuro; un tema che dobbiamo affrontare ora, evitando di farci ingannare da suggestioni poco fondate. Grazie alla scienza abbiamo gli strumenti per capire i problemi e risolverli: dobbiamo solo imparare a usarli nel modo più opportuno.
L'Evangelo ha "parole d'una violenza inaudita: il loro attrito è febbrile, la loro sintesi più breve è pur sempre un invito perpetuo alla rivoluzione. Rivoluzionare me stesso: 'Puoi sempre ricominciare!' mi viene ripetuto una riga sì, l'altra anche". È sconcertante uno sguardo così: "pare che non sia più il figliolo prodigo a chieder perdono al Padre suo; sembra (quasi) che sia il Padre a chieder scusa al figliolo scostumato. Fingendosi dalla parte del torto pur di riciclare la mia vergogna". Il nuovo libro di don Marco Pozza è un'avventura lunga un anno in compagnia della "parola di Dio" che, dalla prima domenica d'Avvento, si ascolta nelle messe festive durante l'anno liturgico A, quello del Vangelo di Matteo (con qualche inserto dal Vangelo di Giovanni). È un libro scritto pensando al dramma di chi ha perso Dio, di chi non lo trova più, di chi non lo ha ancora trovato. Senza fame e sete nessuna pesca inizierà: chi ha il cuore freddo, chi dorme - chi ha il sonno della pancia piena - "non piglia Cristo". È un libro di divagazioni orizzontali, scavi in profondità, ospitalità accoglienti nei Vangeli domenicali. "Condivido le domeniche fuoriporta dell'anima mia" scrive don Marco. "Sono gite, vacanze, escursioni sul sentiero che conduce a Cristo e ai suoi segreti misteri. Quando esco di casa, la mia vita mi appare confusa, intricata, un po' inespressa. Quando rientro dopo averli incontrati, mi pare di vederla in HD, un po' più in alta definizione. Mi conosco un po' meglio, mi accetto un pizzico in più."
Una biografia unica dedicata alla vita e alla straordinaria attività di Rose Busingye, figura di ispirazione dentro e fuori dal mondo religioso, per raccontare l'eccezionale esperienza di solidarietà e aiuto portata avanti da molti anni in Uganda, nel cuore del continente africano. Davide Perillo - scrittore e giornalista a lungo direttore della rivista "Tracce" - racconta la storia di coraggio, di fede e di servizio che ha portato Rose Busingye a essere un punto di riferimento per tutto il mondo degli aiuti allo sviluppo: infermiera professionista, Rose si è dedicata alla cura di donne vittime di violenza e a pazienti affetti da HIV/AIDS aiutandoli a guardare oltre la malattia e la povertà. Con la sua attività è riuscita a restituire speranza e dignità a chi l'aveva perduta: grazie all'incontro con una figura chiave come don Luigi Giussani e all'aiuto di organizzazioni missionarie e realtà come AVSI, Rose ha dato vita al Meeting Point International di Kampala, creando non solo un luogo di cura per i malati, ma anche due scuole, un centro di formazione per gli insegnanti e soprattutto uno spazio di dialogo e accoglienza, aperto a chiunque voglia avvicinarsi. Un'ispirazione e una testimonianza resa ogni giorno con la propria vita, che in questo testo viene per la prima volta raccontata da chi ne è protagonista.
Luigi Giussani aveva una personalità dirompente, la sua testimonianza di fede è stata ed è tuttora straordinariamente contagiosa e ricca di frutti, ma non si renderebbe adeguatamente conto di essa e della sua peculiare fecondità di risultati se ci si dimenticasse che nella sua proposta generativa di affinità e di popolo si esprime una genialità di pensiero. Gli esiti di molte sue riflessioni in ambito teologico, filosofico e pedagogico hanno infatti un marcato carattere di originalità e hanno profondamente, seppure a volte sotterraneamente, influenzato la cultura contemporanea. Talune intuizioni e categorie, cui quelle riflessioni hanno dato luogo, sono state ampiamente riprese, fino al punto di entrare a far parte del patrimonio comune, come per esempio quella di avvenimento, assunta sotto il profilo teologico come definizione dell'essenza del cristianesimo. Il Centenario della nascita è un'occasione propizia per illuminare ulteriormente il carattere sorgivo e la consistenza del pensiero di Luigi Giussani, la sua originalità e le sue ancora largamente inesplorate virtualità. Il presente volume - il primo dei tre progettati in vista del Centenario, rispettivamente dedicati al suo pensiero teologico, filosofico e pedagogico-sociale -, curato da Carmine Di Martino, raccoglie contributi di teologi, studiosi ed esponenti di spicco del cristianesimo contemporaneo.