
"Un uomo guida nella notte: ha quasi quarant'anni, è in fuga e si sente braccato. Non è dove dovrebbe essere, a qualche decina di chilometri di distanza, nella sala parto di una clinica. Una donna dà alla luce un bambino: è stata lasciata sola, ma sa di non potersi lamentare. Lei ha responsabilità ancora più gravi." Comincia come un thriller dei sentimenti "Chi ama non sa", il primo romanzo di Gianna Schelotto, brillante prova d'autore per una profonda conoscitrice delle relazioni umane. Un bambino non cercato né desiderato arriva a sconvolgere la vita di Luca e Alice, due single immaturi come li si sarebbe definiti un tempo, i quali però, anziché sposarsi e intraprendere un'esistenza (forse) infelice, decidono di sperimentare un'altra via, un modo diverso di interpretare la famiglia. La loro scelta, all'inizio, va a turbare tutti gli equilibri fra parenti, stanando un padre rimasto assente per qualche decina d'anni, suscitando dubbi e sospetti in una zia, evocando fantasmi dalla memoria di una madre. Ma l'amore non si distrugge, semplicemente muta forma. E infatti il giorno del battesimo... In questo romanzo Gianna Schelotto costruisce una trama corale e movimentata, cesella le emozioni e accompagna i personaggi in un percorso di crescita: ne nasce così una storia illuminante sull'evoluzione dei legami familiari nella nostra epoca. Una storia che racchiude in sé un messaggio prezioso: tutti possiamo imboccare nuove strade per la felicità.
Cosa faresti se la tua bambina avesse paura di andare a scuola? Cosa le diresti per convincerla a farsi coraggio? Per la sua nipotina Ada, Teresa inventa un gioco: ogni volta che una cosa bella sembra finire, bisogna aguzzare le orecchie e prestare attenzione ai rumori. Solo così si possono riconoscere quelli delle cose che iniziano. Alcuni sono semplici e hanno dentro una magia speciale: un'orchestra che accorda gli strumenti, il vento in primavera, il tintinnio delle tazze riempite di caffè ... Ma nella vita non sempre sappiamo riconoscere le cose belle. Quando perdiamo fiducia in noi stessi, quando qualcuno ci tradisce, o ci dice addio, sembra che nulla possa davvero iniziare. Ada ci pensa spesso, ora che nonna Teresa è ammalata. Nei corridoi dell'ospedale la paura di restare sola è così forte da toglierle il respiro, ma bastano due persone per ricordarle che si può ancora sorridere: Giulia, un'infermiera tutta d'un pezzo, e Matteo, che le regala margherite e la sorprende con una passione imprevista. Perché è proprio quando il mondo sembra voltarti le spalle che devi ascoltarne i rumori, e farti trovare pronta. Guardati intorno, allunga la strada, sbaglia a cuor leggero e ridi più spesso che puoi. Ogni volta che qualcosa finisce, da qualche parte ce n'è un'altra che inizia.
Fuggire la povertà, il silenzio e la violenza dei padri, l'assenza totale di una speranza: è questo ciò che cercano di fare Yashin, Hamid, Nabil, Fouad, Khalil e Azzi, sei ragazzini nati e cresciuti a Sidi Moumen, baraccopoli di Casablanca dimenticata da ogni Dio. Un giorno Hamid, il fratello maggiore di Yashin, cade vittima di Ahou Zoubeir, carismatico leader fondamentalista che "conosceva le parole giuste, parole ghiotte che si fissavano nella memoria e, dispiegandosi in essa, fagocitavano i detriti che la intasavano"; è così che la religione giunge a offrire ai sei amici una disciplina, un percorso finalmente tracciato, un'insperata occasione di riscatto sociale, nonostante chiami al martirio. Ispirato a fatti realmente accaduti - il 16 maggio 2003 la notte di Casablanca fu lacerata da quattordici attentati suicidi di matrice islamista -, "Il grande salto" è raccontato in prima persona da uno Yashin la cui voce aleggia sopra di noi: una voce arresa che ci parla dall'oltretomba o dal suo paradiso - e spiega cosa significhi dibattersi ogni giorno per succhiare alla vita un sorso di dignità. Binebine attraversa con semplicità, sgomento e compassione l'incomprensibilità di una scelta estrema, consegnandoci una storia dura e necessaria di indottrinamento ed emarginazione; una storia tragica e luminosa, intrisa di polvere e drammi muti che squarcia un cono d'ombra sulle nostre cronache internazionali.
La vita è divisa in due da una linea d'ombra. Succede a tutti di varcarla. Nasciamo dal calore di un amore, se siamo fortunati cresciamo sostenuti dai genitori e da altri affetti, se lo siamo ancora di più queste relazioni continuano a darci sicurezza anche nell'età adulta. Ma, prima o poi, arrivano i lutti, le certezze si polverizzano, i legami si sciolgono. E, da un giorno all'altro, passiamo dall'essere figli al non esserlo più, ci ritroviamo orfani al mondo, soli nell'universo. È successo anche ad Anna Cherubini che, in un periodo relativamente breve, ha perso un fratello, poi la madre e infine il padre. Si è familiarizzata con la parola "morte". E, messa spalle al muro da queste vicissitudini, ha avvertito fortissima l'esigenza di abbandonarsi ai ricordi. Ne è nato un memoir potente ed emozionante che racconta di un padre funzionario del Vaticano, testardo e ruvido ma innamorato dell'arte e della lirica, di una madre che aveva le sue fragilità eppure era capace di sacrifici che oggi le donne non sanno più fare, di un fratello che voleva volare e purtroppo si è perso nel cielo, di un altro fratello che si perse a piazza San Pietro ma ora canta e salta negli stadi, delle anziane e particolari zie, della Bellezza della musica e di quella di Roma.
Edo è arrabbiato. Detesta i suoi professori - Voldemort, la Frigida, il Cetaceo. Non ha veri amici. Odia Cordaro, la sua città. Perché è caotica e sporca, ma soprattutto perché è piena di stranieri. E lui gli stranieri non li può vedere, in particolare i cinesi. Finché non incontra Yong. Chiara è una brava ragazza, fa volontariato, ha voti altissimi a scuola. Tiene un diario intitolato Memorie di un bruco sognatore. Per gli adulti è una da additare come esempio, per i suoi compagni è troppo seria. Finché non scopre Facebook. Raccontata a due voci, una storia che impasta amore, amicizia, pregiudizio; che fa emozionare, ricordare, sognare; che scatta una fotografia nitidissima della vita tra i social network, la scuola, i genitori; che mette a nudo il razzismo dei finti forti e il coraggio dei fragili. Che fa diventare adolescente anche chi non lo è mai stato.
Spesso dopo la scuola una bambina va a casa della nonna, dove tutto è diverso, ma rimane sempre uguale. Appende il cappotto all'ingresso, si versa un bicchiere di latte in cucina e cerca di prendere la scatola dei biscotti sullo scaffale più alto della dispensa. Ma la nonna dov'è? Età di lettura: da 5 anni.
"Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze." Questa è la nuova comunità immaginata da papa Francesco: la Chiesa non è una "dogana" che giudica e discrimina, ma "una casa paterna dove c'è posto per ciascuno con la sua vita faticosa, soprattutto i poveri e gli infermi, coloro che spesso sono disprezzati e dimenticati, coloro che non hanno da ricambiarti". È così che la Chiesa torna in strada, a cercare le persone per incontrare Dio, soprattutto fra gli ultimi, e così che la parola dei Vangeli si fa carne e parla a ognuno di noi. Don Ciotti è presidente dell'associazione Libera, don Rigoldi è cappellano del carcere minorile di Milano, don Patriciello è parroco della Terra dei fuochi, don Albanesi è presidente della Comunità di Capodarco. Sono i sacerdoti di frontiera, che interpretano la loro missione come necessità di essere più vicini agli ultimi e ai loro bisogni. Fino a poco tempo fa erano etichettati come "preti di strada" e messi ai margini della Chiesa. Ora papa Francesco è dalla loro parte così hanno iniziato un viaggio, ripreso dalle telecamere della trasmissione A sua immagine, per leggere e commentare le pagine del Vangelo nelle periferie, quelle "nate col peccato originale", in cui si ammassano delinquenti e diseredati, "ma anche nelle periferie dell'anima, per dare una mano alle persone a ritrovare un senso e un significato".
Il pianto di un neonato, l'amico immaginario, togliere il ciuccio, dormire da soli, i capricci, le conquiste del diventare grandi: come possiamo aiutare i nostri figli a superare con serenità le prove della crescita e a costruire una solida fiducia in loro stessi e nel mondo? Le pedagogiste Elisabetta Rossini ed Elena Urso lo spiegano con semplicità ed efficacia in questo piccolo manuale ricco di esempi e suggerimenti pratici. Dai consigli per comprendere ascoltando davvero - le complesse emozioni dei neonati, alle modalità per stabilire regole ragionevoli e utili a tutti in famiglia, fino al modo migliore per rapportarsi al delicato immaginario magico dei nostri bambini, 25 chiavi di lettura per capire meglio il piccolo grande mondo dell'infanzia. Perché per fare bene la mamma e il papà non esistono formule infallibili, ma si può e si deve imparare sul campo: basta riuscire a guardare il mondo attraverso gli occhi dei nostri bambini.
Roma, anni Settanta: un quartiere residenziale, una scuola privata. Sembra che nulla di significativo possa accadere, eppure, per ragioni misteriose, in poco tempo quel rifugio di persone rispettabili viene attraversato da una ventata di follia senza precedenti; appena lasciato il liceo, alcuni ex alunni si scoprono autori di uno dei più clamorosi crimini dell'epoca, il Delitto del Circeo. Edoardo Albinati era un loro compagno di scuola e per quarant'anni ha custodito i segreti di quella "mala educacion". Ora li racconta guardandoli come si guarda in fondo a un pozzo dove oscilla, misteriosa e deforme, la propria immagine. Da questo spunto prende vita un romanzo, che sbalordisce per l'ampiezza dei temi e la varietà di avventure grandi o minuscole: dalle canzoncine goliardiche ai pensieri più vertiginosi, dalla ricostruzione puntuale di pezzi della storia e della società italiana, alle confessioni che ognuno di noi potrebbe fare qualora gli si chiedesse: "Cosa desideravi davvero, quando eri ragazzo?". Adolescenza, sesso, religione e violenza; il denaro, l'amicizia, la vendetta; professori mitici, preti, teppisti, piccoli geni e psicopatici, fanciulle enigmatiche e terroristi. Mescolando personaggi veri con figure romanzesche, Albinati costruisce una narrazione che ha il coraggio di affrontare a viso aperto i grandi quesiti della vita e del tempo, e di mostrare il rovescio delle cose.
Ben prima dell'invenzione del microreticolo metallico, Efesto nell'"Odissea" forgiava "catene impossibili da frangere, sottili come fili di ragnatela", catene che "nessuno avrebbe potuto notare, neppure un dio, tanto erano ingannevoli". Ben prima degli studi di Maxwell sul tempo di rilassamento dei liquidi, Lucrezio intuì che molecole di lunghezza differente scorrono con tempi differenti. Anche Gozzano, in una delle sue poesie più belle, descrive con precisione l'imprevedibilità di una crepa, oltre che la viltà di un giovane pattinatore di fronte a una donna innamorata. E questo molto prima che i matematici dimostrassero - anche attraverso il Gioco della vita l'impossibilità assoluta di predire l'evoluzione di alcuni sistemi. "Ahimè, non mai due volte configua il tempo in egual modo i grani!" scrive Montale: non è forse questa l'entropia? E Borges sa - forse meglio dei neuroscienziati - che "aver saputo e aver dimenticato il latino è un possesso, perché l'oblio è una delle forme della memoria." La poesia arriva prima? Forse. D'altra parte, però, il linguaggio degli scienziati è fatto spesso di analogie, esattamente come quello dei poeti. La poesia e la scienza, ci spiega l'autore vagabondando tra un secolo e l'altro, non sono opposte, non lo erano alle origini e non lo sono oggi, che si concepiscono entrambe come tensione alla conoscenza del mistero del reale.