Il libro di don Guido e suor Tosca vuole introdurre alla somma arte della preghiera partendo dalle basi e senza sofisticate complicazioni. Un testo per tutti, dunque, strutturato con gradualità e cadenzato sulla progressione dell’intimità col mistero della Trinità e della comunione dei santi. Per leggerlo con profitto basta farsi portare passo passo nel luogo ove quest’arte si apprende, sostando sui singoli capitoli e tappe almeno qualche giorno, senza la cupidigia che vuol fare consumare tutto d’un fiato. Gli Autori ci fanno entrare in punta di piedi – ospiti desiderati e non intrusi – nella “bottega” dell’orazione ove c’è un solo Maestro, lo Spirito Santo, e molti compagni più avanzati che ci aiutano a progredire. Tra questi si è scelto di far conoscere al lettore il Beato Giacomo Alberione, un credente del XX secolo che ha fatto dell’orazione quotidiana la priorità esistenziale e temporale della vita apostolica: le sue preghiere – che uniscono mirabilmente il contenuto della retta fede a un affetto profondo e senza pietismi – forniscono lo spartito di base per personalizzare il proprio intimo e personale colloquio con Dio. Insegnare a pregare equivale a insegnare a stare al mondo. Significa aiutare a comprendere e amare in profondità questa nostra vita terrena; è pertanto un atto di carità smisurato.
Un’indagine nata dalla sinergia tra gli studi del Cisf sulla società post-familiare e quelli del Toniolo sulla condizione giovanile in Italia. Uno sguardo in profondità tra il “prima” e il “dopo” pandemia, evento che ha potentemente impattato sulla vita quotidiana di tutti, in una prospettiva planetaria, e che nel nostro paese ha messo i giovani al centro di una più ampia riflessione sul “fare famiglia”, sposarsi, avere figli. L’evento traumatico della pandemia ha cambiato la visione dei giovani sul futuro? Ha modificato valori, scelte e progetti di vita, speranza e fiducia della generazione nata tra il 1985 e il 1995? Sono le domande rivolte ai giovani italiani, fermi al crocevia tra i vari ambiti esistenziali in cui poter sviluppare il proprio progetto di vita, immersi in una società sempre più privatizzata e destrutturata, chiamati, in ogni caso, a farsi carico del futuro proprio e dell’intero Paese.
Contributi di Luigi Ballerini, Francesco Belletti, Paola Bignardi, Silvia Maffi, Elena Marta, Sara Martinez Damia, Camillo Regalia
L'icona di Giuseppe, padre affidatario di Gesù, si presta ad accompagnare ognuno di noi in questo cammino, che vede uomini e donne a cavallo di due millenni, come Giuseppe. Giuseppe che trasforma una nobiltà di stirpe in nobiltà di spirito. Che feconda il proprio essere giusto con l'apertura all'amore. Che tace perché ascolta la Parola incarnata in un fragile bambino. Che si innamora ed è traumatizzato dalle sue umane aspettative, che è turbato e preso dal dubbio, che domanda, che dorme, sogna, ascolta e interpreta. Che prende con sé. Che contempla e medita. Che ama senza possedere. Che obbedisce, si alza, parte e va in terra straniera. Che ritorna e trova la giusta dimora. Che lavora, istruisce, attende in una trasfigurata quotidianità. Giuseppe siamo noi, il suo cammino è il nostro cammino, il suo sogno è il nostro sogno.
Il 9 maggio del 2018, all'età di 86 anni, è venuto a mancare Mario Agnes, figura apparentemente defilata, mai sotto i riflettori, ma che in realtà ha accompagnato da protagonista quarant'anni di storia della Chiesa. Già presidente dell'Azione Cattolica, di cui aveva raccolto la difficile successione di Vittorio Bachelet, dal 1973 al 1980 - gli anni della battaglia per il referendum sul divorzio e dello scontro sulla "scelta religiosa- dell'associazione - Agnes fu testimone e protagonista di tale stagione. Nel 1976 Paolo VI lo chiamò a presiedere la società editrice del quotidiano Avvenire. Ma furono anche gli anni del suo impegno in politica, nelle fi le della Dc come consigliere comunale a Roma. Infine, nel 1984, inizia la ultra ventennale avventura alla guida dell'Osservatore Romano (fino al 2007), chiamato da Giovanni Paolo II. Mario Agnes archiviava tutto, dalle minute delle lettere ai verbali delle riunioni, dalle bozze degli articoli agli auguri natalizi, e ha intrecciato rapporti significativi con molte fi gure del giornalismo, della politica e della Chiesa. Qui sono raccolte le loro voci e le loro testimonianze: da Walter Veltroni ad Andrea Riccardi, da Angelo Scelzo a padre Gianfranco Grieco, da Ciriaco De Mita a Fausto Bertinotti. Un mosaico di voci che arricchiscono la ricostruzione fatta attraverso i documenti, gli scritti e i discorsi di Mario Agnes, lungo quarant'anni di storia della Chiesa e dell'Italia.
Il signor Clergerie, «nato per una carriera e non per una vita», ha lasciato temporaneamente Parigi per trascorrere l'estate nella regione dell'Artois, da dove intende tessere la sua tela e guadagnare un seggio all'Accademia. Lo accompagna l'anziana madre, che sembra aver perso la ragione e si muove per la grande casa e i suoi giardini, mentre la figlia, Chantal, semplice, pura e allegra, ha raggiunto ormai l'età per scegliere cosa fare della sua vita. O almeno, sostiene il padre, così dovrebbe. Ma la ragazza, pur radiosa, è un'anima ben più complessa di quanto appaia; Georges Bernanos è un maestro nel delineare con profondità e potenza come in Chantal si mescolino e combattano con furore gioia e sofferenza, in un'anima inquieta aperta alle esperienze spirituali più profonde e inesplicabili.
Pubblicato a puntate nel 1887 e in volume nel 1888, "Il cappello del prete" è stato il romanzo più famoso di Emilio De Marchi, subito tradotto anche all'estero. Ambientato a Napoli, narra le vicende del nobile squattrinato Carlo Coriolano, barone di Santafusca che, ridotto alla rovina dai debiti di gioco e da una vita oziosa e dissipata, uccide il ricco prete usuraio don Cirillo per impossessarsi dei suoi soldi. Ma al suo "delitto perfetto" manca un dettaglio chiave: l'occultamento del cappello del prete. Diventato un indizio pericoloso, il tricorno tormenterà il barone come una sorta di allucinazione ricorrente, fino ad arrivare, dopo una serie di peripezie, davanti al banco del tribunale per inchiodarlo alla sua colpa. Romanzo originale, definibile un "giallo psicologico", "Il cappello del prete" resta ancora oggi un esempio di letteratura d'intrattenimento di alto livello, in cui De Marchi riprende la lezione della grande narrativa europea - da Dostoevskij a Poe, da Manzoni al verismo - alternando con maestria il tono leggero del bozzetto ottocentesco con il registro cupo del romanzo gotico.
Moltissimi cristiani, persino cattolici praticanti, osano credere appena alla realtà della vita dopo la morte. Affermano di credervi, ma non ne sono certi e glissano velocemente sulle ultime parole del Credo: Credo la resurrezione della carne, la vita eterna... Dopo il grande successo del suo primo libro, Quando la mia anima uscì dal corpo, in cui presentava una serie di casi che aveva conosciuto per esperienza personale, in quanto medico incaricato dell'Ufficio di Lourdes che segue le pratiche di guarigione e su di esse si pronuncia, il dottor Patrick Theillier prosegue le sue ricerche su questi strani e affascinanti fenomeni che aprono speranza nell'aldilà. In questo volume egli affronta la domanda fondamentale che la morte pone in una società, come la nostra, che ha perso il contatto con il soprannaturale e con l'eternità, rintracciandolo ultimamente in maniera drammatica con l'esperienza della pandemia e delle bare esposte in modo quasi impudico sui media. Theillier, come medico e come credente, affronta anche le controverse questioni sul paranormale: il ruolo dei medium, lo spiritismo, la comunicazione coi morti, la possibilità dell'inferno... Molte testimonianze arricchiscono anche questo volume, che ci porta motivi per credere che ognuno dei nostri gesti ha una portata eterna. La maggioranza delle persone che hanno vissuto queste esperienze riporta di un incontro al di là di tutto ciò che si può immaginare e che ha trasformato la loro visione del mondo e la loro esistenza nel quotidiano. Ascoltiamole!
Ecco i racconti di vita di presbiteri animati da spirito di servizio e di donazione al prossimo che suscitano una grande ammirazione. Essi hanno dimostrato di essere "pastori con l'odore delle pecore", vivendo il loro servizio in mezzo al popolo di Dio loro affidato. (Dalla prefazione del card. Angelo De Donatis) Il sacerdote, scriveva don Primo Mazzolari, «è il viator non soltanto per l'inquietudine dell'eterno, che possiede in comune con ogni uomo, ma per vocazione e offerta. Si deve tutto a tutti, e lui non si può mai abbandonare interamente a nessuna creatura. È un pane di comunione che tutti possono mangiare, ma di cui nessuno ha l'esclusiva». Sono parole che ho trovato incarnate nei 206 preti diocesani morti in Italia, dal 1° marzo al 30 novembre 2020, di cui questo libro racconta il vissuto umano e pastorale. (Dalla presentazione del card. Gualtiero Bassetti) 206 volte "Don Matteo"... I sacerdoti italiani nella pandemia, nei mille luoghi della vita reale.
La Chiesa e il mondo delle aziende: due realtà distanti, animate da diversi interessi o con la comune preoccupazione per il benessere dell'uomo? I cappellani del lavoro genovesi entrano in punta di piedi nelle aziende e portano la presenza e la parola di Dio a tutti, cattolici praticanti o meno, credenti e non credenti. Rappresentano un'esperienza unica in Italia: quella del sacerdote che svolge questa funzione in un'azienda senza ricevere da essa né offerte né tanto meno uno stipendio. Non sono mancate, in passato, fuori Genova, alcune eccezioni, con cappellani del lavoro non a libro paga delle imprese, ma sostenuti economicamente dalle loro diocesi. Si è trattato però di casi isolati, di preti non inseriti in un'organizzazione strutturata come l'ARMO, Assistenza Religiosa Morale Operai: una Fondazione creata nel 1951 dal card. Giuseppe Siri per garantire l'indipendenza economica del cappellano dalle aziende e la continuità della sua azione pastorale nel tempo. Questo libro-intervista raccoglie i racconti dei cappellani e le testimonianze di figure laiche che ne ricostruiscono l'azione al servizio dei lavoratori e della Chiesa genovese. Una Chiesa che negli anni ha fatto sentire in maniera concreta la sua vicinanza al mondo del lavoro, soprattutto durante le situazioni di crisi.
Come è organizzato il gruppo di counseling? Il lavoro segue naturalmente gli stessi principi base del counseling individuale. Se nei gruppi di terapia si persegue l'obiettivo di alleviare il malessere profondo dei singoli, affrontandone le criticità individuali, il gruppo di counseling ha invece come obiettivo quello di permettere alla persona di realizzare una rilettura di sé, utilizzando la relazione nel gruppo come elemento portante del proprio processo di conoscenza. Il volume fornisce indicazioni rispetto alla struttura e al metodo, e soprattutto i tre strumenti individuati per un'efficace attività di gruppo (il dialogo, interpersonale e gruppale, tra pensieri, sentimenti e comportamenti - le attivazioni, dei vari moduli - le domande, come facilitazione dialogica del gruppo) che rendono possibile a tutti i membri acquisire sempre più consapevolezza dei propri elementi copionali e individuare le risorse necessarie per nuove opzioni. In quest'ottica, la proposta metodologica di questo gruppo aperto e articolato in moduli facilita il processo di decontaminazione dell'Adulto dei partecipanti, che a questo punto risulta in grado di potenziare la propria capacità di insight e di iniziare un cammino di cambiamento insieme ai membri del gruppo.