
Chi è san Francesco, il "Poverello" con il saio logoro, il viso magro e gli occhi limpidi da eterno fanciullo? Come mai il Signore lo chiama a diventare suo cavaliere? Perché lui, un giovane allegro e pieno di amici, a un certo punto sceglie di vivere povero tra i poveri? Questa è la semplice storia di un grandissimo uomo, ripercorsa attraverso i ricordi degli scritti biografici e delle fonti francescane.
Questo volumetto - il primo di una serie dedicata alla misericordia raccoglie riflessioni, storie e preghiere legate alle prime due "Opere di misericordia corporale". Attraverso la lettura di due brani della Bibbia e la narrazione di un tratto della vita di san Vincenzo de' Paoli, questo volume cerca di penetrare il ricco e profondo significato del richiamo evangelico delle due "Opere di misericordia", richiamo che pone il credente di fronte a un vero e proprio aut aut della carità: o si nutre e si disseta il fratello/volto di Cristo o si viene maledetti e cacciati lontano da Cristo stesso.
Visitare gli infermi e consolare gli afflitti. Questo volumetto unisce una delle Opere di Misericordia corporali con una di Misericordia spirituale; l’afflizione del cuore e l’infermità del corpo sono infatti due condizioni spesso prossime l’una all’altra; ma sono anche due situazioni quasi intercambiabili: vi sono, infatti, infermità del corpo e dello spirito, dell’animo, della mente.
Quando si pensa alla visita agli infermi, ci si sofferma soprattutto sulle condizioni di malattia del corpo, e meno su quelle delle malattie interiori, che il tema dell’afflizione invece esprime compiutamente. Oggi, soprattutto, la malattia “spirituale”, interiore, la depressione, le forme di bipolarismo, di infermità mentale, sono estremamente presenti, particolarmente significative, anche perché colpiscono sia i singoli che i loro nuclei familiari. E, se ci è difficile già far visita agli infermi nel corpo, ci sembra ancora più complesso stare accanto a chi ha ferite interiori, meno quantificabili, più sfuggenti. Riflettere sulle due Opere di Misericordia cui è dedicato questo volumetto, unendole in una sola meditazione e preghiera, diventa, dunque davvero importante.
Questo volume è dedicato a due Opere di Misericordia corporali: Vestire gli ignudi e Alloggiare i forestieri. La tradizione cristiana è ricca di episodi in cui un ospite misterioso, accolto per pura carità, si rivela essere un angelo in cammino sulle strade del mondo. E se pane e acqua, argomenti centrali delle prime due opere di misericordia corporale, toccano immediatamente il tema della sopravvivenza dell'uomo e dell'umano, il vestire e l'ospitare riguardano un passaggio ulteriore, che è quello, potremmo dire, della stabilità della relazione con chi è nel bisogno. Dar da mangiare e da bere si può fare anche senza "farsi carico" del corpo altrui: vestire e ospitare, invece, presuppone un'accoglienza più intima e, quindi, più impegnativa. Nel nutrire il povero si può anche mantenere una distanza da lui; si può dar da bere senza "toccare" la carne. Vestire e ospitare presuppongono un venire a contatto che ci impegna ulteriormente e ci rivela qualcosa in più di noi stessi, della nostra società, della nostra cultura. E anche delle nostre paure, di fronte alle esigenze della carità e della misericordia.
Il tema della "carcerazione" è, per il cristiano, legato a quello del "peccato". E le opere di misericordia che danno il titolo a questo volumetto aiutano a comprendere una dialettica che resta centrale nel messaggio di Gesù e della Chiesa: se la giustizia umana impone infatti una punizione per la colpa personale, il giudizio evangelico - pur non negandola - la affronta manifestando un orientamento misericordioso per il quale ci chiede di venire in soccorso del colpevole non "punendolo", ma "educandolo" e "visitandolo". Così, per il cristiano, l'ammonizione del peccatore non è separabile dallo stare presso di lui; il rimprovero - indicatore della colpevolezza - non è distinguibile dalla "visita" e dall'accompagnamento - che segnala, piuttosto, la vicinanza: noi non possiamo occuparci del male senza stare accanto a colui che lo compie, o che lo ha compiuto. Il motivo? Semplice: anche noi, ciascuno di noi, "non siamo senza peccato"; perciò non ci è dato di "scagliare la prima pietra". La novità della presenza di Gesù nel mondo è esattamente questa: il Figlio di Dio è venuto "per i peccatori", non per i giusti; è venuto alla ricerca della pecora perduta, non per starsene tranquillo con le 99 al riparo nell'ovile.
Piacere, Ricchezza e Immagine: ecco la trinità di questo nuovo millennio venerata dall'uomo occidentale che, chiuso in un ego ipertrofico e disperato, incapace di trasmettere nulla se non la cultura dell'eccesso, è caduto in uno stato di profonda catatonia. Claudio Risé, psicoterapeuta e psicoanalista tra i più noti in Italia, presenta una lettura critica e puntuale della crisi di valori in cui si trova l'intero Occidente, un vicolo cieco da cui sarà difficile uscire se non si interverrà in tempo. Troppi soldi, troppo cibo, troppi zuccheri, troppi grassi, troppe droghe. Un bisogno di essere riempiti di materie adulterate e avvelenanti, di evitare la fatica fisica consegnandosi così alla sedentarietà. Poggiati su macchine: in automobile, in aereo, sul tapis roulant in palestra, ma mai camminando, coi piedi sulla terra. Guardando alla vita come divertimento, gratificazione, rassicurazione permanente, l'uomo occidentale muore di una morte lenta. Per salvarsi l'unica possibilità è riscoprire il valore del limite, l'oscenità dell'eccesso, la profondità educativa delle necessità, del riconoscere la realtà, nella sua verità e meraviglia, a partire dalle piccole cose di ogni giorno.
Teresa di Gesù, della quale si è celebrato nel 2015 il V centenario della nascita, fu una pioniera della Chiesa; una donna straordinaria che ruppe gli schemi del suo tempo per diventare un archetipo di mistica e scrittrice. Pioniera in tante cose, lo fu anche nell'essere la prima donna dichiarata Dottore della Chiesa. Donna gioiosa, che chiedeva a Dio di liberarla dai santi "incappottati", piena di tenerezza, discrezione, madre e santa in un corpo tormentato da infermità per tutta la vita, prima di morire esclamò con gioia: "Finalmente, Signore, muoio figlia della Chiesa". Questa biografia, rivolta al grande pubblico, ne ricostruisce la vita e si sofferma in particolare sulla riforma carmelitana avviata da Teresa e promossa da personaggi del calibro di Giovanni della Croce e di Jerónimo Gracián, quest'ultimo il carmelitano che le fu più vicino in vita.
Tutta la vita di santa Gianna Beretta Molla esprime una tensione verso l'amore per Dio e per il prossimo. La "Dottoressa", così la chiamavano i suoi pazienti, aveva quel coraggio che non calcola il tempo da donare, le energie da spendere, le risorse da mettere in campo. La conosciamo per il suo gesto finale, l'aver dato la propria vita per la vita che portava in grembo. Ma quel sacrificio è inquadrato in uno stile quotidiano che ha radici assai profonde. A rivelarle, in questo libro, sono le testimonianze di chi l'ha conosciuta vivendole accanto. La figura di Gianna - medico, moglie e mamma - diventa così attuale per ogni credente che si interroga non su quale gesto eroico potrà capitargli di compiere per giungere alla santità, ma su quale quotidianità può fondare la propria fedeltà al Signore.
Le parabole di Luca 15 sono tradizionalmente note come "le parabole della misericordia"; l'appellativo se lo sono guadagnato specialmente grazie al padre, che si commuove quando vede da lontano il figlio minore; non sa fare calcoli, quell'uomo, ma solo accogliere con gioia. La misericordia non è forse questo? Certamente; ma non solo. Gesù infatti non si ferma alla parabola del padre che non fa calcoli; aggiunge quella dell'amministratore scaltro e quella del ricco finito nell'Ade, raccontate nel capitolo 16; e così continua il suo annuncio dicendo che bisogna darsi da fare per entrare nelle dimore eterne, occorre sporcarsi le mani; e non aspettare troppo, perché prima o poi sarà tardi. Anche questa è misericordia! L'ha recepito molto bene la tradizione cristiana, che tra le opere di misericordia spirituale colloca anche "ammonire i peccatori", insieme con "consolare gli afflitti". La misericordia è il volto di Dio e della comunità credente; ma occorre la fatica di capire che cosa significa essere misericordiosi in quello che stiamo vivendo ora, in questo determinato contesto storico, personale, ecclesiale.
Dobbiamo confessarlo: ciò che di Gesù ancora oggi scandalizza non sono le sue parole di giudizio; ciò che scandalizza è la misericordia, interpretata da Gesù in un modo che è all'opposto di quello pensato dagli uomini religiosi, da noi! In tutta la storia della chiesa la misericordia ha scandalizzato, e per questo è stata poco esercitata. Quasi sempre è apparso più attestato il ministero di condanna piuttosto che quello della misericordia e della riconciliazione. Di tutto il messaggio di Gesù, la misericordia è forse la parte meno capita, più rifiutata. Scandalizza chi si crede giusto ma è compresa da chi sente di aver bisogno di un cambiamento nella propria vita. Scandalizza spesso anche i credenti, li spiazza. Basta guardare alla nostra storia personale: quanto è difficile perdonare! E ancor più a livello sociale: misericordia diventa quasi una parola rivoluzionaria e scomoda. Tutto questo, dice Enzo Bianchi, è tradire il Vangelo, che annuncia invece l'amore scandaloso di Dio. Il priore di Bose commenta i brani del Vangelo in cui emerge con più forza la misericordia di Dio, in particolare un testo spesso ritenuto "pericoloso" dai cristiani stessi, quello della donna adultera (Gv 8) con la celebre frase di Gesù: "chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra".