Il pensiero di Vico si mostra come impresa eroica. Che cosa significa scrivere la storia? Quale rapporto si instaura tra la cosa accaduta e la cosa narrata? Dal nesso tra "il logos che racconta" e "i fatti della storia" dipende anche la questione di una logica della storia. Vico riconosce il limite intrinseco del sapere concettuale: l'età della ragione parla un linguaggio troppo preciso per scendere nelle menti balorde e decifrare le robustissime fantasie dei bestioni. L'agire poetico diviene così il gesto originario mediante cui gli universali fantastici raccolgono i rottami del genere umano e li vincolano nel nodo erculeo della civiltà. L'impresa eroica della Scienza nuova risiede nello sforzo di rintracciare un certo senso degli eventi: la storia è quasi un'eccezione rispetto alla selva, che sempre incombe sulle nazioni.
"La ricerca intorno alla storia dell'Ordine francescano, che qui presentiamo, non è da intendersi quale 'Storia dell'Ordine dei Frati Minori', così com'è valutata nell'accezione comune. Siamo del parere infatti che la stesura di un'opera in linea con questa definizione possa attuarsi solo dopo aver tentato di esaminarne i presupposti. Il nostro saggio mira perciò ad offrire un contributo, che induca ad una riflessione e di conseguenza possa accompagnare una discussione intorno a natura, finalità e limiti di una auspicabile 'Storia dell'Ordine Francescano'. In coerenza con tale ragionamento, il nostro impegno è stato condotto dal desiderio di sciogliere un preciso interrogativo 'Come fare storia di un Ordine religioso?'. È su tale quesito che si snoda lo sviluppo della nostra indagine e del nostro studio." (dalla Introduzione dell'autore)
Lo studio prende in esame l'opera che Burke dedica all'India lungo tutto l'arco della sua vita parlamentare, passando dall'esaltazione della libertà del mercato indiano e la possibilità di carriera offerta dalle colonie a giovani di talento alla disillusione all'indomani del crack del 1769, quando dilaga la corruzione e il malaffare dei funzionari della Compagnia, indifferenti ai guasti che provocano al tessuto sociale indigeno. Attraverso la lente dell'India l'immagine di Burke riesce finalmente a liberarsi dell'armatura ideologica di pensatore reazionario e antilluminista che certa storiografia italiana gli ha cucito addosso a espiazione dei suoi scritti sulla rivoluzione francese.
Sono qui raccolti gli epistolari intercorsi fra tre importanti rappresentati della cultura italiana Giovanni Papini, Giovanni Gentile ed Eugenio Garin. I primi due hanno imparato a conoscersi fin dall'inizio del secolo; più tardi, si aprirà per loro una nuova stagione di confronti che vede coinvolto anche il giovane studioso Garin. Nelle loro interpretazioni, è l'azione umana a risultare un elemento caratteristico dell'età rinascimentale, anche se diversamente modulato. La prassi e la cornice in cui essa è inserita è il problema che sottende le letture dei tre autori: Papini innesta gli esiti migliori del pragmatismo su una forte esigenza religiosa personale per leggere il Rinascimento come età caratterizzata da un determinato tipo di artista che opera attraverso l'imitazione dell'attività creatrice del Padre; Garin vede garantita, nell'intreccio di ermetismo, neoplatonismo e dottrine dei padri, la possibilità di una dimensione attiva dell'uomo caratterizzata dalla libertà e dalla proiezione morale e civile; Gentile invece risolve la prospettiva dell'azione umana all'interno dell'attività creatrice del pensiero come processo di autoformazione e di autoconoscenza.
"La questione affrontata - il rapporto fra religione e politica - riguarda un aspetto fondamentale della dimensione religiosa: la richiesta non soltanto legittima ma doverosa della religione di veder riconosciuta la sua dimensione pubblica e l'altrettanto legittima e doverosa pretesa della politica, intendendo con questo termine l'organizzazione complessiva della vita sociale, di veder rispettate le sue specifiche, molteplici prerogative. Con questo obiettivo il volume intende delineare un percorso attraverso momenti storici particolarmente significativi, che propongono all'attenzione figure emblematiche utili alla riflessione sul tema e ad affrontare direttamente le questioni più controverse che esso presenta."
Il "Geistbuch" è un trattato teologico anonimo in volgare composto nella prima metà del XIV secolo, che circolò sia in altotedesco medio che in medio nederlandese. Prendendo spunto dall'ingiunzione di Gesù a Pietro, "Sequere me", "Seguimi" (Gv. 21,19), il testo descrive la via del cristiano verso la perfezione. Questo volume offre l'edizione di due importanti manoscritti (Bruxelles, Koninklijke Bibliotheek, 19.565 e Parigi, Bibliothèque de l'Arsenal, 8205) che tramandano la versione nederlandese dell'opera. Un saggio prefatorio di Maarten J. F. M. Hoenen e di Loris Sturlese, insieme alla introduzione dell'editore Wybren Scheepsma, collocano i due testi nel loro orizzonte culturale, storico e filologico, che è quello delle discussioni teologiche intorno ad un tema caro alla pietà in volgare al tempo di Meister Eckhart e della sua condanna: il tema della perfezione della vita spirituale.