
Il libro, dopo il primo capitolo dedicato ad un ampio resoconto sulla ricezione del pensiero di Teilhard, si occupa della trasformazione del cristianesimo e della struttura stessa ell'esperienza religiosa che, secondo il gesuita, è richiesta dal nuovo orizzonte di comprensione della realtà definito dalla visione evolutiva del mondo e della vita umana. La sua iflessione sul fenomeno religioso si articola poi in due fasi. Nella prima, che inizia con gli scritti redatti al fronte nel corso della Prima Guerra Mondiale, lavora soprattutto alla necessaria rifondazione» della teologia e della spiritualità cattolica, operazione effettuata attraverso la loro dislocazione dal fissismo e dall'essenzialismo tipici del pensiero neoscolastico egemone nella cultura cattolica coeva. Nella seconda fase, che va dal 1929 al 1955, anno della morte, Teilhard contestualizza il problema della «rifondazione» della teologia e della spiritualità cattolica nello spazio più ampio della «reinvenzione» dell'esperienza religiosa, un'operazione che, a suo avviso, non riguarda soltanto il Cristianesimo, ma tutte le religioni. Sostiene infatti che la necessità di misurarsi con tale problematica è imposta dal transito in atto in una umanità sempre più unificata e potenziata dalle pratiche della tecnoscienza verso l'«Ultraumano». Con tale espressione viene indicata una neoformazione della «vita pensante» nella quale l'esperienza religiosa, per poter giocare un ruolo significativo, deve misurarsi con le complesse problematiche imposte dall'avvento di una collettività umana che è giunta a disporre di risorse cognitive e operative che le consentono di aprire una nuova fase dell'evoluzione. Prefazione Riccardo Campa.
È possibile considerare Martin Buber (Vienna, 1878 - Gerusalemme, 1875) uno dei pensatori più originali del XX secolo. La sua riflessione, in parte dimenticata, restituisce l'immagine di un'umanità che trova nell'incontro la soluzione alla crisi del moderno. Tre le grandi direttrici di senso che permettono di giungere a tale conclusione: la dimensione filosofica, quella politica e quella religiosa, che vengono poste in fertile dialogo dall'autore sin dalla gioventù. Esse nascono legate alla riflessione diltheyana, quella prospettiva che per prima Buber conosce, permeate da una profonda fascinazione per il misticismo e per l'immanenza. Successivamente, attorno agli anni '20, muta il punto di vista: l'autore rifugge la dimensione teosofica per aprirsi ad uno strenuo realismo, capace di ammettere l'alterità. Questo è il nodo centrale che caratterizza Io e Tu (1923), pietra miliare della produzione buberiana, nonché tutte le opere della maturità. È la relazione che diventa categoria centrale con cui rispondere alla domanda ontologica; è sempre la relazione a fuoriuscire dai confini della domanda sull'essere, per lenire ogni ferita della modernità. L'incontro è il testamento spirituale di Buber, lascito ad ogni suo lettore, chiamato a riscoprire tramite le sue parole il vero profumo dell'umanità. Una lezione che scalfisce la monolitica lettura del moderno come tempo dell'individualismo e che apre ad una lezione valevole per l'uomo di ogni tempo.
La pace è un tema di rilievo nell'azione pastorale e nel magistero di Paolo VI, confermato dalla decisione di dedicare alla pace la giornata del 1° gennaio, con il coinvolgimento non solo dei cattolici, ma di tutti i sinceri amici della pace. Il XIV Colloquio Internazionale di Studio dell'Istituto Paolo VI ha inteso mettere in luce i diversi aspetti dell'insegnamento e dell'azione volta a promuovere la pace fra i popoli durante il pontificato di Paolo VI: la visione teologica che la ispira, il legame tra la pace e lo sviluppo dei popoli, le relazioni con i paesi comunisti dell'Europa dell'Est, la mediazione della Santa Sede nei conflitti degli anni '60 e '70, il rilievo assegnato alla difesa della vita umana e l'atteggiamento di fronte al terrorismo. Non meno importante, in questo quadro, è l'approfondimento delle radici storiche dell'attitudine di Paolo VI e dell'insegnamento sulla pace proposto nel corso del suo pontificato.
Viviamo in un tempo di continue emergenze (sanitarie, economiche e sociali) che si riflettono in vario modo sui contesti educativi e chiamano in causa la responsabilità di educatori, formatori, insegnanti e pedagogisti. Più ancora sono chiamati all'azione responsabile i soggetti e le istituzioni che hanno compiti di tipo educativo, a cui compete dare linee di indirizzo e progettare piani d'intervento che sappiano leggere le emergenze del tempo presente e dare risposte significative. La Pedagogia sociale (PS) si colloca precisamente su questo livello, quello della lettura delle responsabilità educative dei soggetti a cui competono tali compiti, e cerca di offrire loro chiavi di lettura, orizzonti di significato, linee d'azione : una sorta di "bussola" per orientarsi nei territori delle grandi sfide educative. La prima parte del volume esplora l'identità della PS, come scienza e come disciplina, da un punto di vista storico, epistemologico, teoretico e metodologico, tenendo conto del dibattito nazionale e internazionale. La seconda parte propone un percorso che si configura come una sorta di "visita guidata" ad alcuni grandi temi, come la pedagogia della scuola e la pedagogia della famiglia, ma con un'attenzione particolare a quella che è possibile identificare come Pedagogia dei servizi alla persona, riletta in ottica di sussidiarietà.
Nata e sviluppatasi all'inizio del Novecento, l'attività pubblicistica di Studium procede attraverso tre periodi, a cui corrispondono altrettante fasi di vita e di azione culturale. 1. Dall'atto della fondazione, nel 1906, a Firenze, come rivista della Federazione degli universitari cattolici (FUCI), all'avvento del fascismo. La riflessione della rivista verte in questo periodo sui rapporti tra fede e cultura moderna, fede e scienza, cristianesimo e democrazia, e sui problemi dell'istruzione universitaria, sui rapporti tra Università e società, sul tema della libertà dell'insegnamento. Studium diventa la prima rivista di ispirazione cattolica presente in campo culturale. Rivista universitaria, anzi organo di fatto della FUCI, che tuttavia, già nella sua presentazione, non intende "restringersi in un ambito di partito come semplice organo di istituzioni cattoliche". 2. Il periodo del Ventennio. Studium, diretta da Guido Lami (1923-1925), si stampa a Bologna, fino a quando, con la nomina dall'alto della nuova presidenza della FUCI, viene definitivamente trasferita a Roma (1925). Il periodo del Ventennio è vissuto da Studium all'insegna della differenziazione, del volontario "far parte a sé" e della coraggiosa resistenza al regime e alla sua "etica"; atteggiamento che si concreta nell'opera tenace di formazione delle coscienze giovanili e nell'ispirazione cristiana della cultura e della professione. Nel 1933 Studium diventa organo del nascente Movimento Laureati di Azione Cattolica. 3. La ripresa democratica, che vede proseguire e ampliarsi i discorsi culturali e scientifici riguardanti le esigenze spirituali della persona e il concetto cristiano della professione. Nel 1945 assume la direzione di Studium Aldo Moro e la rivista affronta con particolare rigore la responsabilità della cultura cristiana nella ricostruzione politica ed economica del Paese. Studium, con fascicoli monografici, saggi, interventi critici, prosegue il suo itinerario di riflessione su grandi nuclei concettuali del pensiero contemporaneo, mentre pone attenzione costante ai temi della bioetica, dei diritti umani, della convivenza civile, così come ai problemi della scuola e dell'Università, che mettono in gioco il destino delle nuove generazioni. In un'epoca che soffre di eccesso di informazione, in larga misura omologata, la rivista segue in profondità filoni essenziali del pensiero, lo stretto rapporto tra scienza e filosofia, l'evoluzione della società, con sensibilità storica e aderenza a valori ideali perenni. Dà voce inoltre a momenti alti della letteratura e della spiritualità, ponendo in luce le ragioni della speranza nella complessità del nostro tempo.
Come la testimonianza del singolo credente diviene comunitaria nel popolo di Dio e, attraverso di esso, giunge a "contagiare" l'intera umanità? Questa è la domanda che sottende tutta la riflessione contenuta in questo libro. I tre "pilastri" della teologia fondamentale quali la rivelazione, la tradizione e la fede vengono rivisitati dalla testimonianza, che il popolo di Dio ha vissuto nella storia. La rivelazione e la tradizione, tematizzati nei primi due capitoli, si sviluppano in quattro ambiti testimoniali del popolo credente: la riscoperta delle sue radici bibliche, l'accostamento di due importanti testi patristici quali la Lettera a Diogneto e l'Adversus Haereses di Ireneo di Lione, l'apporto dogmatico-magisteriale del Concilio Vaticano II e il prezioso contributo della riflessione teologica, nel proficuo dialogo e confronto con la sapienza filosofica. Nel terzo capitolo, che funge da conclusione, la teologia fondamentale si apre alle frontiere della missione nel dialogo con il mondo di oggi. La fede testimoniale del popolo di Dio viene messa a tema attraverso il prezioso apporto della teologia pratica, in quella "via empirica" della testimonianza che ne evidenzia i motivi di credibilità. Prefazione Giuseppe Lorizio.
Uscito nel 1990 e, in seconda edizione, nel 2004, il volume Romano Guardini. Dialettica e antropologia costituisce una delle prime presentazioni in Italia dell'antropologia filosofica del pensatore italo-tedesco. Si tratta di una visione dinamica dell'uomo, caratterizzata da una profonda tensione tra coppie polari, che trova eco nella concezione cattolica della Chiesa intesa come complexio oppositorum. Una prospettiva che torna oggi profondamente attuale in relazione alla crisi della globalizzazione e all'erompere di versioni manichee in sede religiosa così come in quella politica. La dialettica polare guardiniana consente l'unità nella differenza, il dialogo e l'impegno per la pace nella consapevolezza di un mondo pluriforme. Come afferma uno dei suoi più grandi estimatori, papa Francesco: «Romano Guardini mi ha aiutato con un suo libro per me importante, L'opposizione polare. Lui parlava di un'opposizione polare in cui i due opposti non si annullano. Non avviene neanche che un polo distrugga l'altro. Non c'è contraddizione né identità. Per lui l'opposizione si risolve in un piano superiore. In quella soluzione però rimane la tensione polare. La tensione rimane, non si annulla. I limiti vanno superati non negandoli». Il volume analizza l'antropologia polare guardiniana e ne mostra le feconde applicazioni in sede morale-religiosa e nella comprensione della dialettica tra infinito e finito che caratterizza l'era moderna.
L'indagine qui svolta mette in luce quale tipo di partecipazione al Concilio Vaticano II abbia espresso l'Azione Cattolica Italiana. Il quadro storico di riferimento è il decennio 1959-69; da esso emergono alcuni snodi decisivi della storia dell'Italia repubblicana, così come sono stati colti da vari esponenti del cattolicesimo sociale più avanzato. L'autore della ricerca esamina sia fenomeni e scritti che riguardano la compagine ecclesiale, sia sviluppi di comunicazione pubblica che riguardano l'Associazione italiana e il movimento laicale internazionale. Il lavoro è stato condotto tenendo conto di due versanti tematici: enucleare le vicende storiche dell'Associazione e rilevare le prospettive teologiche determinate dal rapporto fecondo e dinamico tra concilio e movimento laicale, tra associazioni cattoliche e organizzazioni militanti. Emerge così un'interessante pagina di storia sociale della teologia, di cui la documentazione riportata, in gran parte inedita, fornirà ulteriori stimoli agli studiosi del settore.
Il volume si apre con un'agile indagine sulla vita di Thomas More e di altri umanisti come Erasmo da Rotterdam, Lutero e Pico della Mirandola. Lo studio sull'Utopia evidenzia poi gli aspetti sociali, politici e religiosi del tempo tra l'Umanesimo e il Rinascimento. In particolare il diritto penale, che echeggia, tre secoli prima, le conquiste sociali di Beccaria e Verri; poi la monarchia parlamentare contro l'assolutismo regio, le guerre (soltanto di difesa), la colonizzazione, i beni in comune, il lavoro per tutti comprese le donne, la solidarietà con le altre nazioni, il matrimonio, il divorzio, l'eugenetica, l'eutanasia, l'educazione continua e controllata dallo Stato, la sicurezza senile, gli ospedali, il pluralismo religioso, l'ecologia, tutte cose attuali per la nostra civiltà.
Abstracts Editoriale Saggi Irene Fafalios The child, the invisible worker Luigini Bruni e Beatrice Cerrino Le idee pedagogiche di Antonio Genovesi Giovanni Ferri e Plinio Limata Educazione liquida per lavorare tutti Elena Zizioli Un'"Officina Creativa"nella reclusione: lavoro, identità, bellezza e comunità Raniero Regni Il lavoro della vocazione oggi Paolo Bertuletti L'amore pedagogico del maestro e la personalizzazione nella teoria educativa di Georg Kerschensteiner