Anche oggi la filosofia è chiamata a pensare l'Assoluto. La metafisica del principio e l'ermeneutica della verità lo pensano attraverso le differenti modalità dell'analogia, del simbolo e del paradosso, comprese non solo in senso logico-formale ma soprattutto in senso filosofico-teologico. Il volume indaga i rapporti che si possono instaurare tra queste tre figure teoretiche, intorno alle quali il dibattito attuale è particolarmente vivo anche grazie al contributo dei qualificati autori dei testi presentati, e intende mostrare, in particolare, i nessi di identità e di differenza esistenti tra l'analogia e il paradosso nel loro rimando al simbolo e all'abissale inesauribilità dell'Assoluto. In questa luce il libro presente si offre anche come un utile strumento per indagare la relazione tra due essenziali tradizioni di pensiero, quella metafisica e quella ermeneutica, che sono ampiamente presenti nella filosofia del Novecento e che trovano nel comune riferimento al Cristianesimo una dimensione fondamentale del loro statuto teorico.
I testi raccolti in questo volume offrono una sintesi dei valori, delle intuizioni e delle considerazioni più significative della vasta produzione scritta di Alfredo Carlo Moro. Essi segnano l'itinerario di maturazione della sua cultura, spaziando dal tema dei minori a quello della famiglia, dalla giustizia alla laicità, in un intreccio fecondo e consapevole della sua biografia con la storia del Novecento. Ne emerge la testimonianza viva ed attuale dell'impegno di un protagonista della giurisprudenza, della società e della Chiesa italiana, che ha vissuto nella storia accogliendo la modernità come occasione di crescita e restando sempre coerente ai principi della Costituzione e all'insegnamento del Concilio.
Nel 2014 ricorre il XXV anniversario dalla scomparsa di Benigno Zaccagnini e per ricordarlo si è ripercorsa la sua vita, che è un pezzo di storia del nostro paese, attraverso la pubblicazione di un volume fotografico, in cui le immagini sono accompagnate da brevissime riflessioni di chi lo ha conosciuto. Dai cassetti della famiglia Zaccagnini, da quelli della camera dei deputati, da quelli degli amici e delle organizzazioni cattoliche sono uscite tante foto; poi le riflessioni, che risentono del disagio politico dell'oggi: il figlio Carlo, gli amici di casa, Cristina Mazzavillani Muti (Presidente di Ravenna Festival), Franco Gabici (giornalista e scrittore), gli amici politici dell'area Zac Guido Bodrato, Pierluigi Castagnetti, Natalino Guerra, poi Domenico Rosati e Pierre Carniti, che hanno guidato ACLI e CISL ai tempi delle speranze di Zac, Massimo D'Alema, la cui storia familiare si è intrecciata con quella della famiglia Zaccagnini, Ernesto Olivero, Presidente dell'Arsenale di Torino, Matteo Casadio, Presidente della Società per il Porto di Ravenna, frutto della legge Zaccagnini per lo sviluppo della sua città, il cardinale Tettamanzi che mette in evidenza la grande fede che ha ispirato Zac nei momenti felici ed in quelli difficili della sua vita, Romano Prodi, la cui originale esperienza politica nasce nel novembre 1978 proprio su sollecitazione di Zac.
Dedicare un volume all'analisi del bene comune potrebbe oggi sembrare un'operazione ridondante e, per certi versi, persino inutile, vi- sto il continuo rimbalzare di articoli, interventi e riferimenti a questo tema pressoché in ogni ambito. Ma forse questa è la migliore ragione per fermarsi un attimo e provare a mettere ordine nella ridda incessante di voci e opinioni in materia. Che cos'è veramente il bene comune? È qualcosa di più di uno slogan, di un concetto preconfezionato buono per qualsiasi discorso dal sapore vagamente etico o socio-politico? Il volume intende rispondere a questi interrogativi, prendendo le mosse da quella tradizione filosofica che ha saputo cogliere il legame stretto tra bene comune e dignità della persona umana.
Gli anni del pontificato di Benedetto XVI (2005-2013) coincidono con la crisi mondiale del modello che segue al post-'89, la caduta del Muro di Berlino. Crisi della globalizzazione e dei suoi miti, a partire dal crack finanziario del 2008; crisi dell'occidentalismo teocon, naufragato nel bagno di sangue dell'Iraq; crisi della politica mediatica, senza partiti; crisi della Chiesa, travolta dagli scandali e dai giochi di potere. Un mondo senza legami è il risultato dei processi etico-politico-religiosi degli ultimi decenni. È il trionfo della "società del vuoto" (Lipovetsky), in cui virtuale e reale si confondono e l'individualismo trionfa. Ad esso il pontificato di Benedetto ha indicato un nuovo inizio, oltre il nichilismo e il manicheismo, a partire da un rinnovato incontro tra cristianesimo e modernità.
Quali che siano le opinioni circa il modo in cui sacro e potere si sono incontrati nel corso della storia, rimane fermo un punto: risulta davvero difficile tagliare fuori la teologia da qualunque riflessione, realmente profonda, intorno allo statuto del potere politico. Nell'antropologia proposta da Romano Guardini, le domande "cos'è il potere?" e "cos'è l'uomo?" sembrano in ultimo coincidere, in un sistema filosofico nel quale la pressante risposta intorno all'intima natura dell'essere umano implica inevitabilmente il quesito sul potere. Da dove proviene dunque l'autorità dello Stato? Quali processi hanno contribuiscono alla nascita delle così dette religioni della politica? In cosa consiste il nuovo compito di responsabilità al quale siamo chiamati nell'epoca post-moderna? Sono questi i nodi che Guardini cerca di sciogliere in relazione allo Zeitgeist attuale.
Niccolò Cusano scrive questo breve trattato nel 1453 per accompagnare il dono ai monaci benedettini del monastero tedesco del Tegernsee di un dipinto, raffigurante il volto di Cristo, che dava l'impressione di seguire con lo sguardo l'osservatore. A partire da questa immagine egli tratta del tema della visione di Dio in una duplice direzione: quella dello sguardo con cui Dio guarda all'uomo e quella dello sguardo con cui l'uomo guarda a Dio. Ben presto la riflessione filosofico-teologica cede il passo a una preghiera di singolare bellezza e profondità, intonata sul tema del rapporto filiale cui Dio chiama l'uomo. È il mistero della filiazione divina, la quale ha in Cristo, vero uomo e vero Dio, la propria forma e il fondamento della propria possibilità. La singolarità dell'approccio di Cusano a questo tema fa di quest'opera un episodio particolarmente interessante della letteratura teologica della prima età moderna, oltre che uno dei frutti maturi della tradizione mistica tedesca. Dal punto di vista letterario, inoltre, essa costituisce uno dei testi più affascinanti e ricchi della produzione latina del suo tempo.
Il 4 dicembre del 1968 usciva nelle edicole italiane il primo nume- ro del nuovo quotidiano cattolico nazionale "Avvenire", nato dalla fusione tra due importanti testate preesistenti, "L'Italia", edito a Milano, e "L'Avvenire d'Italia", pubblicato a Bologna. La fondazione del quotidiano dei cattolici italiani non fu solo un evento di rilievo nel panorama della stampa nazionale, ma rappresentò una pagina, ancora quasi sconosciuta, nella storia della Chiesa italiana. La ferma volontà di Paolo VI, autentico fondatore del giornale, si scontrò in quella circostanza con le reazioni perplesse e diffidenti di quasi tutto l'episcopato nazionale. Contrarietà ed ostacoli giunsero soprattutto dalle principali diocesi interessate dalla fusione dei due quotidiani che diedero vita ad "Avvenire": Milano, che editava "L'Italia", e Bologna, ove aveva sede "L'Avvenire d'Italia". Alla luce della documentazione esaminata, in maggior parte inedita, è ora possibile ricostruire la complessa e per molti versi sorprendente vicenda che ha condotto alla nascita di "Avvenire" e all'affermazione del giornale cattolico durante gli anni del pontificato di Paolo VI, il quale non fece mai mancare la sua fiducia e il suo sostegno al quotidiano, ritenendolo un indispensabile strumento di evangelizzazione.
A 50 anni dall'apertura del Concilio, è diffusa la convinzione che l'apporto dei cattolici italiani al superamento della grave crisi che ha investito il nostro Paese sia inadeguato; si avverte sempre più la necessità di favorire la crescita di una matura spiritualità laicale, che dal Concilio sappia trarre stimoli e ispirazione. In questo contesto, la testimonianza di un intellettuale cristiano come Mario Cortellese (1913-2010), che ha speso la sua vita al servizio della Chiesa e della società, può aiutare a ritrovare le ragioni profonde di un rinnovato impegno nella storia alla luce degli insegnamenti del Concilio, che egli ha accolto, amato e divulgato instancabilmente. Il presente volume, curato da Giuseppe Rossi e Salvatore Leonardi, attinge ai lavori del convegno svoltosi ad Acireale nell'ottobre 2012 per ripercorrere l'itinerario di vita e di pensiero di Cortellese, che, formatosi nella FUCI degli anni del fascismo e poi nel Movimento Laureati di A.C., temprato dalla sofferenza della pri- gionia in Germania e Polonia, ci ha lasciato una esemplare testimo- nianza di cristiano laico impegnato nell'opera di evangelizzazione e di promozione umana, principalmente a servizio della scuola (come docente nei licei ed esperto del Ministero della Pubblica Istruzione) e dell'informazione (come direttore di periodici cattolici). Il contesto ecclesiale e socio-culturale in cui va iscritto l'impegno di Mario Cortellese è delineato da Giorgio Campanini e Massimo Naro. I molteplici aspetti di questo impegno sono messi a fuoco da Carmelina Chiara Canta, Manuela Cortellese, Salvatore Leonardi, Alfio Mazzaglia, Rosario Musumeci, Sebastiano Raciti, Giuseppe Rossi, Tiziano Torresi, Giovanni Vecchio. Le prefazioni sono di Antonino Raspanti, vescovo di Acireale, e di Carlo Cirotto, presidente nazionale del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale. Sandro, Paolo, Aldo e Claudio Cortellese, figli di Mario, firmano la postfazione.