
Il fenomeno del duello a un esame ravvicinato offre molte indicazioni sulla storia della società europea. Di tempo in tempo fu prova della disponibilità a difendere la propria causa a rischio della vita, poi dimostrazione della volontà divina che si doveva manifestare sul campo e, da ultimo, tutela dell'onore che si pensava di poter conservare soltanto mediante la sfida armata. In cinque studi di carattere monografico i problemi vengono affrontati nelle diverse epoche e con differenti prospettive per illustrare la pratica del duello nei suoi complessi sviluppi.
Gli studi raccolti in questo volume avviano una riflessione di lungo periodo - dal Medioevo al Novecento - sulle radici storiche dell'antisemitismo e sui modi della costruzione e della trasmissione nel tempo degli stereotipi antiebraici. Tale approccio tenta di inserire le vicende dell'antisemitismo novecentesco, con la sua deriva razziale, in una visione più ampia che, pur tenendo sempre presenti le distinzioni temporali e i contesti specifici, induca a leggere la contemporaneità con una maggiore consapevolezza storica. Dalle ricerche qui presentate emerge quanto sia fuorviante continuare a considerare l'antigiudaismo religioso e l'antisemitismo razzista come fenomeni non comparabili perché appartenenti a epoche diverse e fondati su logiche differenti. Entrambi, invece, hanno avuto forti implicazioni politiche legate alla costruzione dell'identità di un gruppo di individui rispetto a un altro, percepito come diverso e quindi pericoloso. Condizionamenti e paure, questi, che si sono acuiti soprattutto in concomitanza di particolari momenti di crisi e di insicurezza pubblica e sociale. L'antigiudaismo cristiano, coltivato sul suolo europeo e italiano nel corso di secoli, si riversò senza ostacoli nell'antisemitismo moderno che, rivestito di distruttive suggestioni biologiche, antropologiche e razziali, avrebbe portato nel XX secolo alla tragedia della Shoah.
Il libro analizza il rapporto fra Michelangelo Buonarroti, il gruppo di riformatori capeggiati dal cardinale inglese Reginald Pole e Vittoria Colonna, sullo sfondo della Roma di Paolo III, attraverso l'analisi dei disegni di Pietà e Crocefissione realizzati per l'amica poetessa ma anche delle statue della tomba di Giulio II in San Pietro in Vincoli. Accanto ad essi vengono esaminati anche due piccoli dipinti che ebbero grande diffusione fra gli "spirituali", due prototipi di Pietà e di Crocefissione, che si ritengono, per la prima volta, eseguiti sotto la diretta supervisione di Michelangelo. Tale acquisizione finisce con incrinare però una consolidata tradizione critica, secondo la quale egli avrebbe preferito affidare al solo disegno e alle sue ultime sculture la grandezza del suo tormentato animo di uomo e di artista.

