Nel pensiero di Arthur Schopenhauer la parte relativa alla lettura affronta direttamente non solo l'elemento nodale della pratica del leggere quale attività elettiva del soggetto, nel distogliersi dal meccanico perpetuare del ritmo imposto dalla volontà di vivere, ma anche il suo opposto. Che cosa accade infatti effettivamente nel momento del leggere, se non una imitazione o una riproduzione di un movimento di pensiero non proprio? Questo aspetto fenomenico affascina fortemente il pensatore, perché presenta sotto una luce non ovvia, né tantomeno usuale anche per il linguaggio fìlosofìco, il movimento della lettura e la sua funzione oppiacea, la sua natura mimetica di "falso movimento" cognitivo, poiché "Quando leggiamo, un altro pensa al posto nostro: noi ripetiamo semplicemente il suo processo mentale".
"La Preghiera per chiedere a Dio il buon uso delle malattie (1648) dovrebbe toccare il cuore della gente di questo secolo, nel quale non c'è casa che non sia stata visitata dal dolore, di questi nostri tempi, nei quali, in mezzo alla cupidigia, e in modo che, a memoria d'uomo, per numero di moltitudini compromesse e accavallarsi di rivolgimenti, non ha riscontro, si son fatti largo l'eroismo e la rassegnazione, di questi anni, nei quali son così visibili, la fralezza e la maestà dell'uomo. La malattia di Pascal era atroce. Più di dieci anni, non gli lasciò requie. Non fu mai udito lamentarsi. [...] Quale umiltà sarà pari a quella di Pascal? Quando, l'esempio del supplizio del Golgota, ha tratto da abissi d'anima umana più prona adorazione e più consapevole?" Giuseppe Ungaretti.
La poesia di Basho, frutto di una serrata ricerca letteraria e linguistica, condotta con gli strumenti colti propri della cultura classica cinese e giapponese e della filosofia Zen, è caratterizzata da un linguaggio chiaro e conciso, quasi rarefatto nella sua liricità. La compresenza di elementi del vivere quotidiano, spesso umili, e dei segni delle emozioni del poeta, immerso nella natura e in colloquio con gli antichi, in una mescolanza di bellezze universali e di oggetti comuni, di banale e caduco e di sublime ed eterno, è forse la massima espressione dell'opera di Basho.