L’imminenza del convegno ecclesiale di Verona («Testimoni di Gesù risorto, speranza nel mondo», 16-20.10.2006) invita a soffermare l’attenzione attorno ai temi e alle sfide di un appuntamento che, con cadenza decennale, ha sempre posto in evidenza il ruolo specifico dei laici cristiani e l’impatto della Chiesa sulla società italiana.
In occasione del suo 50°, la rivista Il Regno offre, attraverso le voci di Antonio Acerbi e Giordano Frosini, una ricostruzione storica del confronto Chiesa - Paese negli ultimi decenni e una lettura interna dei convegni ecclesiali di Roma, Loreto e Palermo.
La narrazione di A. Acerbi incrocia quattro distinti livelli: le vicende politiche e istituzionali, inerenti alla fine della Democrazia cristiana; il rapporto tra Giovanni Paolo II e la Chiesa italiana, identificando nel convegno nazionale di Loreto (1985) il punto di tensione e progressiva convergenza; la dialettica interna al corpo ecclesiale italiano che ha visto la compresenza e la prevalenza di una tendenza identitaria e disposta alla missione rispetto a quella della mediazione culturale e della testimonianza; infine un livello che attiene alle motivazioni profonde: il tratto del primo postconcilio era all’insegna dell’insufficienza della maturazione della fede, quello successivo denuncia piuttosto l’inadeguatezza della cultura cattolica rispetto all’evoluzione sociale.
Il contributo di G. Frosini è incentrato sulla serie dei tre precedenti convegni ecclesiali nazionali: Roma (1976), Loreto (1985), Palermo (1995), da considerarsi come «momenti emergenti della ricezione del concilio Vaticano II» nella Chiesa in Italia.
Sommario
Presentazione (p. L. Prezzi, direttore de Il Regno). 1. Dinamiche ecclesiali in Italia 1965-1978 (A. Acerbi). 2. La Chiesa italiana e Giovanni Paolo II (A. Acerbi). 3. I convegni ecclesiali della Chiesa italiana (G. Frosini). 4. Verso Verona (G. Frosini).
Note sugli autori
Mons. Antonio Acerbi (1936-2004) era docente di storia del cristianesimo all’Università Cattolica ed è stato uno dei più autorevoli studiosi della storia della Chiesa in Italia nel Novecento.
Mons. Giordano Frosini affianca l’attività pastorale (vicario generale di Pistoia) all’insegnamento della teologia (Facoltà teologica dell’Italia centrale): una teologia non fine a se stessa, ma come luogo dal quale si interpreta il presente della Chiesa. Presso le EDB ha pubblicato numerosi saggi teologici e pastorali.
Raccolta di studi su Cornelio Fabro e la Filosofia. "Quanto alla filosofia del passato, se si può ammettere che la filosofia è sempre stata in crisi, perchè è suo compito il 'ritornare al fondamento', essa tuttavia finora si riconosceva arbitra della verità dell'essere: fosse pure mediante la decisione di una sospensione o epoché universale. Ora invece la filosofia è arrivata alla crisi che deciderà del suo stesso sopravvivere..."
Un testo di neuroscienze. In lingua inglese.
Il volume chiarisce ed approfondisce il concetto di libertà nel pensiero di Cornelio Fabro (1911-1995), importante filosofo cristiano, docente presso la Lateranense e l'Urbaniana (Roma), la Cattolica di Milano e l'Universita di Perugia. Cornelio Fabro, largamente noto per i suoi studi su San Tommaso e il tomismo, sull'ateismo moderno e su Kierkegaard, non è altrettanto noto per l'intensa riflessione sulla libertà maturata nell'ultimo periodo del suo insegnamento a Perugia. La dispersione del materiale, in gran parte inedito, ne ha certo sfavorito la diffusione rispetto all'ampia risonanza della sua opera. Del resto sono ancora relativamente pochi gli studi su questa parte del pensiero del filosofo friulano. Tali motivi giustificano un lavoro che, come il presente, si proponga di rendere noto il contributo di Fabro in tutte le sue fonti e d'indicarne i principali nuclei teorici.
È la Chiesa che ha fatto l’Italia, o è l’Italia che ha fatto la Chiesa? O, in altri termini, in che modi e in che misura la fisionomia della Chiesa e l’identità nazionale sono il frutto di un rapporto biunivoco? Quali tratti si sono impressi sul volto della Chiesa per il fatto di partecipare alla storia, alla cultura, alla vita politica della nazione italiana? E nell’altro senso, non separabile dal primo, quali contributi essa ha dato (o non ha dato) alla coscienza nazionale?
Gli studi raccolti in questo volume, frutto di un convegno tenuto a Milano nell’ottobre del 2001, cercano una risposta a tali quesiti, interrogandosi sull’identità del cattolicesimo italiano e sul suo ruolo nella formazione dell’identità nazionale.
La costituzione dell’identità italiana è un problema che ha avuto di recente un ‘ritorno di fiamma’, riproponendo la discussione sul rapporto fra cattolicesimo e coscienza nazionale. Tale dibattito ha avuto per lo più sullo sfondo l’eterna domanda se la presenza della Chiesa sia stata utile o dannosa alla nazione. In questo volume si è voluto, invece, spostare l’attenzione sul come. Il rapporto fra le due identità costituisce, infatti, una realtà complessa e variabile. Ecco perché si è inteso verificarne analiticamente le caratteristiche e le trasformazioni, mostrando come in alcuni momenti storici il volto della società religiosa si sia costituito e modificato nell’incontro con i dinamismi della società generale, e come, per converso, i dinamismi interni alla Chiesa abbiano influito sull’immagine (reale o pensata) dell’Italia.
Hanno collaborato a questo volume: Antonio Acerbi, Pietro Cafaro, Alfredo Canavero, Fulvio De Giorgi, Guido Formigoni, Agostino Giovagnoli, Giuseppe Goisis, Maurilio Guasco, Clemente Lanzetti, Filippo Mazzonis, Renato Moro, Luciano Pazzaglia, Gianpaolo Romanato, Giorgio Rumi, Pietro Scoppola, Francesco Traniello, Giorgio Vecchio, Guido Verucci, Roberto P. Violi.
Il papa Giovanni Paolo II nell'enciclica Ut unum sint ha posto a tema della riflessione ecumenica la questione del ministero papale nella Chiesa. Si tratta, scrive il papa, di "curare, evidentemente insieme, le forme nelle quali questo ministero possa realizzare un servizio d'amore riconosciuto dagli uni e dagli altri" (Ut unum sint, n. 95). Per questo il papa propone che si indaghi circa "una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra a una situazione nuova" (ibi). Il papa invita, cioè, a progettare un'immagine storica del primato, che consenta la formazione di un consenso universale. Per le chiese che accettano l'invito, significa entrare in una fase di ripensamento della propria tradizione teologico-canonica, in vista di un cambiamento della propria prassi, che sia rispettoso delle loro convinzioni di fede, ma tenda anche ad annullare o, perlomeno, a diminuire la distanza che oggi le separa. È un impegno che naturalmente vale per tutti i cristiani, ma forse spetta in primo luogo ai cattolici. Questo libro intende, perciò, offrire un contributo di risposta alla domanda: quali sono, nell'ambito della tradizione cattolica e in dialogo con le altre tradizioni cristiane, gli sviluppi auspicabili nella forma di esercizio del primato, perché esso possa meglio corrispondere alla sua funzione in seno ad una cristianità che tende all'unità?
Da tempo la società civile si sta interrogando sulla questione criminale, su quale sia la risposta "giusta" alla violazione delle leggi penali compiuta dai suoi membri. Ciò ha innescato un'ampia riflessione riguardo alla riforma del modello basato sulla "sanzione penale" e alla necessità di nuove strategie razionali e rispettose della persona umana. Questo non può lasciare indifferente la cultura teologica, dal momento che nel corso della storia si sono determinati complessi rapporti tra asserzioni teologiche e giustificazione delle modalità punitive statuali, specie con riferimento all'idea della pena come "retribuzione" della colpa. L'intento di questo libro è verificare quale sia l'apporto della teologia alla soluzione di tale problema. Esso non si propone di ricercare la migliore giustificazione teorica della pena, così come questa si è tradizionalmente configurata, né di fondare una teoria cristiana della pena, ma di chiarire quali esigenze il messaggio cristiano ponga in evidenza per la progettazione di un intervento giuridico-sociale che sia eticamente valido e socialmente efficace.
"Tutto sommato, quel che i cristiani hanno assimilato meno sono le pratiche della democrazia liberale; quello che hanno amato meno sono, perciò, i valori del liberalismo, I'accettazione del pluralismo, il riconoscimento della relatività delle scelte, l'idea di rimettersi alla regola della maggioranza. Forse il passaggio dalle posizioni conservatrici alla critica socialista della società democratica richiedeva una conversione meno radicale che l'adesione ai principi della democrazia politica" (R. Rémond). In questo libro sono ripercorsi alcuni momenti del tormentato e non ancora del tutto chiarito rapporto fra la Chiesa e la democrazia liberale. Leone XIII, Sturzo, Maritain, Pio XII, il concilio Vaticano II sono assunti come i rappresentanti maggiori di un processo ideale, fatto di consensi e di dissensi, in cui gli eventi storici e la volontà degli uomini rimettono continuamente in discussione un rapporto, che non è mai riducibile ad una formula.