Il 10 giugno 1940 l'Italia entrava nella Seconda guerra mondiale, il più rovinoso conflitto della storia umana. Dopo aver subìto il martirio di durissimi bombardamenti, il suo territorio venne invaso dagli Alleati il 10 luglio 1943: da quel momento l'intera Penisola, da Capo Pachino a Domodossola, diventò una sconfinata arena di battaglia, in cui si affrontarono centinaia di migliaia di combattenti provenienti da ogni angolo del globo. Per la prima volta uno storico italiano ricostruisce ogni singolo tassello di quella interminabile campagna, non confinando la prospettiva al campo della politica o della guerra civile, ma approfondendo l'analisi dei protagonisti militari di quel conflitto, ossia delle macchine da guerra alleate e naziste. È una narrazione del volto sporco della guerra fatta dalla prospettiva dei soldati, che furono prima di tutto uomini, dei loro slanci come delle loro paure. In ogni pagina di questa "storia di storie", Leoni riscopre la Resistenza come valore unificante della Nazione e come risposta morale nello sfacelo dell'8 settembre 1943, ma ha saputo anche andare controcorrente ricordando, per esempio, il coraggio e l'abnegazione dei tanti combattenti che scelsero l'"altra" guerra militando nelle truppe della Repubblica Sociale italiana.
Leone Caetani (1869-1935) fu esponente di una delle più nobili famiglie d'Europa, uomo di studi e di moderni interessi etico-politici. Considerato uno dei più autorevoli orientalisti italiani tra Otto e Novecento, fu autore di volumi di grande rilevanza, come gli "Annali dell'Islam" (voll. 10). A questa imponente opera, il Caetani affiancò due volumi di "Studi di storia orientale", un racconto erudito di alta divulgazione su Maometto, le prime vittorie militari del Califfato arabo, e sulle origini della poderosa espansione araba. Antifascista dichiarato, agli inizi degli anni venti, abbandonò l'Italia e si ritirò in Canada, dove morì. Prima di lasciare l'Italia, costituì, presso l'Accademia dei Lincei, una importante Fondazione per gli studi musulmani, alla quale donò la sua preziosa biblioteca, che è, ancora oggi, uno dei fondi più importanti al mondo per la storia islamica. Gli 'Studi di storia orientale' (1911-1913), sono universalmente riconosciuti come una delle opere più significative dell'islamistica italiana ed europea dei primi decenni del Novecento. La ristampa è arricchita dalla pubblicazione dei capitoli lasciati inediti dal Caetani.
Leone Caetani (1869-1935) fu esponente di una delle più nobili famiglie d'Europa, uomo di studi e di moderni interessi etico-politici. Considerato uno dei più autorevoli orientalisti italiani tra Otto e Novecento, fu autore di volumi di grande rilevanza, come gli "Annali dell'Islam" (voll. 10). A questa imponente opera, il Caetani affiancò due volumi di "Studi di storia orientale", un racconto erudito di alta divulgazione su Maometto, le prime vittorie militari del Califfato arabo, e sulle origini della poderosa espansione araba. Antifascista dichiarato, agli inizi degli anni venti, abbandonò l'Italia e si ritirò in Canada, dove morì. Prima di lasciare l'Italia, costituì, presso l'Accademia dei Lincei, una importante Fondazione per gli studi musulmani, alla quale donò la sua preziosa biblioteca, che è, ancora oggi, uno dei fondi più importanti al mondo per la storia islamica. Gli 'Studi di storia orientale' (1911-1913), sono universalmente riconosciuti come una delle opere più significative dell'islamistica italiana ed europea dei primi decenni del Novecento. La ristampa è arricchita dalla pubblicazione dei capitoli lasciati inediti dal Caetani.
Le tematiche inerenti l'etica sessuale sono sempre di grande attualità e costituiscono uno dei nodi problematici della Chiesa contemporanea, costantemente interpellata dal desiderio di una loro profonda rielaborazione teologico-morale. Se il Vaticano II ha indubbiamente aperto una nuova stagione, le spinte di rinnovamento coraggiose, nello slancio iniziale, sono state poi modeste nei successivi sviluppi e, in qualche caso, persino regressive. Ne è risultato mortificato quel rapporto tra sessualità e persona che era stata la grande intuizione conciliare. Tale personalismo deve costituire il nuovo paradigma ermeneutico, l'unico che possa ridare smalto a un insegnamento morale oggi appannato e, in gran parte, non più seguito dalla maggior parte dei credenti. Non si tratta di "adeguarsi" ai tempi o di vivere un certo relativismo morale ma di comprendere come il tempo che si vive, che è in sé dono di Dio, si fa anche chiave ermeneutica del suo agire nella storia e della diversa sensibilità morale con cui questo viene percepito. Il testo si presenta come una riflessione sistematica in tema di morale sessuale e matrimoniale, costituendo un vero e proprio manuale. Fa sintesi delle numerose problematiche morali che oggi ruotano attorno ai temi trattati e si rivolge non soltanto agli addetti ai lavori, ma al più ampio pubblico.
Pochi anni prima di Lourdes, un'altra apparizione aveva suscitato discussioni e attese: nel settembre del 1846, a La Salette, nelle Alpi in alta Savoia, due poveri pastorelli, Mélanie di 14 anni e Maximin di 11, affermano di aver visto la Vergine. Sono anni di miseria e di carestie, per la Francia come per gran parte dell'Europa. La "bella Signora" di La Salette appare immersa in un globo di luce e in lacrime: dice che suo Figlio è adirato verso il popolo francese a cui promette carestie e malattie se non torna alla fede. La personalità dei due ragazzi lascia perplesse le autorità religiose che, sulla spinta dell'entusiasmo popolare, finiscono per dichiarare miracolosa l'apparizione. Leon Bloy avvertì una sorta di segno divino nella prossimità fra la sua nascita nel 1846 e la data dell'apparizione di La Salette, dove giunse pellegrino per la prima volta nel '79, per tornarvi ancora in seguito. La sua meditazione sulle rivelazioni della Vergine è affidata a tre scritti qui per la prima volta tradotti. Ben diversa dalla Vergine sorridente di Lourdes che non profetizza catastrofi, essa non può attrarre l'uomo comune che fugge la tristezza. Ma proprio questo invece attrae Bloy: la sua ansia di assoluto, la sua scelta di un'esistenza di miseria, da "disperato", il suo spirito polemico verso un mondo che la ricchezza conduce alla rovina e all'indifferenza verso il Cristo sanguinante, lo rendono prossimo alla Vergine di La Salette e al suo messaggio di espiazione attraverso la sofferenza.
Primavera 1943: nella Polonia invasa dai nazisti si incrociano le storie di Andrei Androvski, unico ufficiale ebreo dell'esercito polacco, degli adolescenti Rachael Bronski e Wolf Brandel, alle prese con le prime passioni giovanili, e di Christopher de Monti, giornalista italoamericano innamorato della sorella di Andrei. Tutti presenti nel bunker di via Mila 18, quartier generale della resistenza ebraica del ghetto di Varsavia. Una rivolta senza speranze, che però rappresenta l'unica scelta possibile per i protagonisti: compiere un atto di eroismo collettivo, con la tenace volontà di non essere dimenticati. Perché gli ebrei non siano più disposti a subire.
Più di cinquantamila civili e militari sottoposti per mesi (alcuni per due interi anni) a una brutale limitazione della libertà, concentrati in campi di internamento insufficienti nelle strutture sanitarie, nell'alimentazione, nella tutela della dignità umana. Questa la realtà dei "campi dei vinti", quei campi di concentramento realizzati in Italia fra l'estate del 1943 e la primavera del 1946 nei quali furono rinchiusi dagli Alleati e senza processo decine di migliaia di fascisti o presunti tali. Per la prima volta di questo tema si parla a livello scientifico, sulla base di documentazione archivistica italiana e britannica. Da Padula, in provincia di Salerno, a Collescipoli (Terni), da Coltano (Pisa) a Laterina (Arezzo), da Miramare (Rimini) a Taranto, Paolo Leone ha tracciato una sorta di geografia del reticolato, senza dimenticare le decine di campi di transito dove venivano ammassati centinaia di prigionieri destinati, nel migliore dei casi, ad altri campi definitivi, ovvero agli improvvisati tribunali del popolo, che provvedevano a esecuzioni sommarie. Un saggio ampio e originale che fa luce sulle normative giuridiche e sulla vita quotidiana nei campi di internamento, sulle violenze cui furono sottoposti tanti italiani rei di avere combattuto dalla parte dei "vinti", che divennero così la base di consenso del neofascismo italiano.
La sobrevivencia de los seres humanos, individual y colectivamente, depende en gran medida del conocimiento que tengan de su entorno y de ellos mismos. Una de las condiciones que hacen posible ese conocimiento es la capacidad que se denomina 'razón'.
La comunicación y las acciones coordinadas entre las personas, así como sus interacciones con el medio ambiente, son posibles en virtud del ejercicio de esa capacidad: la racionalidad. Gracias a ella, los seres humanos aprenden y manejan los lenguajes, conectan unas ideas con otras, hacen inferencias y toman decisiones, por ejemplo, acerca de qué creer y qué no creer, qué fines perseguir o qué cursos de acción tomar.
En este volumen, un grupo de destacados filósofos iberoamericanos estudia diferentes aspectos de la racionalidad. En el primer trabajo se expone lúcidamente la evolución de la idea de racionalidad epistémica en el siglo XX. En el segundo, se analiza una idea acariciada a lo largo de toda la historia de la filosofía occidental: la posibilidad de fundamentar el conocimiento sobre bases incontrovertibles. Pero este proyecto con frecuencia ha suscitado la respuesta de los escépticos, quienes dudan que sea posible tener conocimiento genuino de la realidad. Éste es el tema del tercer artículo. En el siguiente se analiza una problemática central de la racionalidad: la argumentación. En el quinto trabajo se discuten las nociones de objetividad y de verdad. Los tres artículos que siguen se concentran sobre las ciencias, a menudo consideradas como ejemplos paradigmáticos de racionalidad. ¿Es merecida esa reputación? Esto se discute mediante el análisis de los problemas de la inteligibilidad racional de la realidad natural y social, de los métodos de las ciencias y del desarrollo científico. En el siguiente trabajo se aborda otro problema discutido ampliamente desde la antigüedad: la racionalidad, ¿es universal o no lo es? Finalmente, en los dos últimos trabajos se discuten los enfoques más recientes que han propuesto la llamada naturalización de la razón, prestando especial atención crítica a los intentos por disolver a la racionalidad.
Vanja è bellissima. Alta come una modella, lo sguardo di ghiaccio e i lunghi capelli completamente bianchi... il suo fascino enigmatico spicca nella sala semivuota dove è in corso una conferenza sulla leggendaria isola di Atlantide. Ovvio che la noti uno scrittore di romanzi gialli, tanto sembra fuori posto in quel luogo. Come è insolito il mestiere che si è scelta in Italia: la dama di compagnia. E le sorprese sono appena cominciate: poche ore dopo l'incontro alla conferenza, muore in circostanze sospette l'anziana signora che Vanja assisteva, una donna che è stata un tempo una famosa veggente, e che porta con sé il segreto delle sue visioni. Tra cui forse proprio la chiave che apre la porta dell'isola perduta. Affascinato dalla giovane slava, il protagonista inizia una personale indagine. Ma presto viene travolto da un turbine di indizi e prove che assumono una luce ancor più sinistra in presenza di nuovi omicidi. Una trama in cui nulla sembra avere senso, e in cui compaiono via via fatti e personaggi sempre più strani. Nulla, se non appunto le tracce appena visibili di quella antica terra, Atlantide, e del mistero della sua scomparsa. Perché è da quella remota tragedia che tutto ha avuto origine. Lo crede disperatamente Vanja, custode di un segreto inconfessabile che si è portata dentro dalla nascita. E comincerà a crederlo anche il protagonista, sempre più sconcertato da quello che va scoprendo: Atlantide è davvero esistita, le sue rovine attendono qualcuno che le riporti alla luce con il loro segreto.
20 città italiane - da Trieste a Palermo - da scoprire con lo sguardo del turista responsabile, 20 mappe e itinerari "alternativi" per coglierne l'anima sostenibile. Per ogni città un'ampia offerta di ostelli, bed&breakfast e accoglienze sociali, gestiti da cooperative sociali di inserimento al lavoro. Ristoranti e locali che servono prodotti bio, equosolidali, di filiera corta e a chilometro zero. Negozi e botteghe per uno shopping attento alla sostenibilità e alla legalità. Tutta la cultura indipendente: cinema, teatro, musica, libri, eventi. E le altre eccellenze "etiche", città per città.
Le cellule staminali: cosa sono? Dove si trovano? A cosa servono? Perchè suscitano tanto interesse medico?
Torna in tutte le librerie d’Italia l’Esegesi dei luoghi comuni del “terribile” Léon Bloy, mistico, infaticabile “giustiziere” dei contemporanei, caustico e livoroso critico della modernità. L’Esegesi dei luoghi comuni è una tra le opere più impressionanti e dure di tutta la letteratura europea del Novecento. Un libro senza mezze misure né peli sulla lingua, dove le frasi fatte, i luoghi comuni, la sciocca banalità dei contemporanei è svuotata di ogni pretesa assennatezza o presunto buonsenso: Niente e' assoluto, tutto e' relativo; Gli affari sono affari; Nessuno al mondo e' perfetto; Sono come San Tommaso; Solo la verita' offende; Il denaro non fa la felicità, ma...; sono solo alcuni dei modi di dire attraverso cui Bloy demolisce il mondo e il tempo del borghese.
Essere in Affari significa essere nell’Assoluto. Un vero uomo d’affari è uno stilita che non scende mai dalla colonna. Non deve aver pensieri, sentimenti, occhi, orecchi, naso, gusto, tatto e stomaco se non per gli Affari. L’uomo d’affari non conosce padre, né madre, né zio, né zia, né moglie, né figli, né bello, né brutto, né pulito, né sporco, né caldo, né freddo, né Dio, né diavolo. Ignora perdutamente le lettere, le arti, le scienze, la storia, le leggi. Non deve conoscere e sapere altro che gli Affari.
Luogo comune xii, Gli affari sono affari
Attraverso l’interpretazione di centottantatré luoghi comuni, Bloy da vita a qualcosa più di un “semplice” sciocchezzaio o di un “moderno” bestiario sulla banalità del mondo contemporaneo: l’Esegesi vuole essere un’opera di radicale smascheramento delle falsità e delle ipocrisie su cui si fonda la società moderna. È infatti contro il borghese, suo nemico designato, che Bloy e la sua Esegesi si scatena: egli è per Bloy la mortificazione stessa della parola e del pensiero, schiacciato dalle sue merci, dalla sua meschinità, dalle sue formulette di presunta saggezza quotidiana. E la ferocia con cui aggredisce i loro affetti più cari – il denaro, gli affari, la ricchezza – le loro inespresse, malcelate fedi – la tecnica, la salute, l’intrattenimento – fa crollare tutto il mondo del borghese sotto i colpi dell’invettiva viscerale e oltraggiosa di quest’opera insolitamente affascinante – ostile.
Amar ben altro che ciò che è ignobile, puzzolente e stupido; bramare la Bellezza, lo Splendore, la Beatitudine; preferire un’opera d’arte a una porcheria e il Giudizio Universale di Michelangiolo a un inventario di fine anno; aver più bisogno di saziarsi l’anima che di riempirsi l’intestino; credere infine alla Poesia, all’Eroismo, alla Santità, ecco quel che il Borghese chiama “esser fra le nuvole”
Luogo comune xxiv, Esser fra le nuvole
Il misticismo ispirato, che a tratti diviene addirittura violento, esasperato, il richiamo costante all’Assoluto come irriducibile termine di confronto attraverso cui intendere il mondo e il tempo del borghese è infatti elemento ineliminabile in tutta l’opera e la biografia di Bloy. E l’Esegesi del “terribile” reazionario Bloy, rappresenta ancora oggi, nonostante l’“inattualità” – e la diffidenza – che ha da sempre accompagnato l’autore e l’opera in questione, la difesa di un modo e un tempo del pensiero irriducibile a ogni etichettatura; e a una lettura odierna rimane intatta e non di rado ancor più pregnante la portata disperatamente morale e filosofica – mai moralistica – della sua critica radicale alla società, all’umanità stessa e al suo orizzonte di progresso.