Pur essendo numerosa la presenza di cristiane e cristiani laici nella vita ecclesiale, essa è ancora insufficiente, soprattutto se si considerano le possibilità aperte dal concilio Vaticano II. Da quel momento la Chiesa non è solo gerarchia, ma è innanzitutto "popolo di Dio", communio fidelium, stabilendo un'uguaglianza fondamentale tra le figlie e i figli di Dio. Tutti sono chiamati da Dio a svolgere la propria missione nel mondo. L'autore rileva il rapporto tra il sacerdozio comune di tutti i battezzati e il sacerdozio ministeriale. L'azione laicale non si riduce a una semplice supplenza o collaborazione, è piuttosto una corresponsabilità, un esercizio attivo dei ministeri propri nella pastorale della parrocchia, della diocesi e della Chiesa universale nei confronti della realtà socio-culturale, familiare e matrimoniale.
L'opera propone un confronto tra la prospettiva etica tracciata da Gesù nel celebre esordio del Discorso della montagna (Mt 5,1-12) e il paradigma della vulnerabilità elaborato dalla psichiatria e dalla filosofia a indirizzo fenomenologico. L'obiettivo è quello di delineare un itinerario etico e antropologico condivisibile, partendo da metafore della persona che la restituiscano alla sua verità e integrità.
L'opera, dedicata ad Agnese Cini per i suoi ottanta anni, raccoglie alcuni scritti intorno a tre idee di fondo: che, come canta il Salmo 119, la Torà è una delizia per chi la conosce, la studia e la ama; che, come attestato in molti modi, alla forza della Bibbia nessuna roccia può resistere; che in tanti all'opera delle "mani" di Agnese devono riconoscenza.
Il libro non vuole essere semplicemente una traduzione, ma un'operazione culturale. Qualcuno dirà che è una riprova della sudditanza di alcune teologhe italiane a quelle d'Oltreoceano. Basta aprirlo per capire che non è vero. Consente infatti a teologhe e teologi di mestiere, ma anche a tutti coloro che semplicemente riflettono sulle grandi questioni della fede, di sbirciare in quell'immenso cantiere a cielo aperto che è oggi la teologia femminista nei diversi continenti.
Il dibattito sul tema della conciliazione tra fede e ragione è sempre stato particolarmente vivo, soprattutto nel periodo medievale, quando l'intelligibilità della fede rappresentava una vera e propria sfida per l'epistemologia teologica e filosofica. Una voce autorevole è stata quella di Bonaventura da Bagnoregio, che si espresse sulla questione dell'intellectus fidei offrendo riflessioni di estremo interesse, capaci di interrogare e di confrontarsi anche con gli autori più moderni. Marco Arosio esamina e discute le interpretazioni che la storiografia filosofica del XX secolo ha dedicato al pensiero e all'opera di san Bonaventura. Il volume fornisce una panoramica ampia e dettagliata del dibattito novecentesco e offre una rilettura originale del pensiero bonaventuriano.
Raccogliendo una feconda intuizione di Basilio di Cesarea, questo studio elabora e propone il "paradigma della sintassi" come concetto chiave d'interpretazione della dottrina trinitaria. Alla luce di questa proposta, si apre un'originale possibilità di dar ragione del mistero dell'unità e della pluralità trinitaria, garantendo simultaneamente la consustanzialità delle tre persone divine e la taxis delle loro relazioni. A partire da questa syntaxis trinitaria, l'autore riesce anche a reinterpretare alcune delle polarità paradossali che attraversano la fede, secondo una logica delle "relazioni asimmetriche" ispirata a quelle intratrinitarie. Si addita così, per la riflessione teologica nel suo insieme, una via feconda che colloca la dottrina trinitaria al cuore della grammatica della fede.
Oggetto dell'opera è il rapporto tra il cristianesimo e le altre religioni. Il tema, studiato già dalla metà del XX secolo, ha trovato ampia ricezione nel concilio Vaticano II, che su di esso ha suscitato un vasto dibattito teologico. È importante che ogni religione mantenga ben distinti il proprio valore e la propria identità, ma è anche indispensabile riaffermare la dimensione cristologica, soteriologica ed ecclesiologica di ogni tentativo di proporre una teologia delle religioni. Essa, a sua volta, richiede ancora precisazioni circa un proprio status metodologico. La questione principale riguarda la possibilità della salvezza escatologica e ultraterrena non come privilegio dei soli cristiani, ma come salvezza che abbraccia tutti gli uomini del mondo; una salvezza offerta a tutti attraverso l'unico mediatore e salvatore, Gesù Cristo: un evento storico-escatologico da intendersi in un orizzonte trinitario.
Il credente si appella alla Parola di Dio affinché, come afferma Efrem il Siro, "contemplando" la Parola, ma anche la realtà, la vita e tutta l'esistenza, ne trovi "ricchezza" e senso. Attraverso un excursus di testi biblici verranno offerti spunti per approfondire i diversi aspetti della bellezza e della ricchezza espresse nella Bibbia. Ne emergerà quanto è importante ogni uomo per Dio, ma anche quanto sia imponente la fatica della ricerca, del cammino segnato da debolezza e fragilità, dalla lotta tra il bene e il male. Dio, da parte sua, offre una risposta ai grandi "perché" dell'uomo attraverso la sua Parola vivente: Gesù, il Dio fatto uomo.
In questi ultimi anni si è manifestato un progressivo interesse teologico e pastorale verso la realtà della ministerialità della Chiesa ed è maturata una sensibilità particolare per il ministero ordinato del diacono. Tale interesse ha avuto nella riflessione conciliare e postconciliare la fase più qualificata di approfondimento, sviluppando una rinnovata attenzione verso il ruolo che il diacono ha nella Chiesa. Scopo del presente volume è quello di offrire una panoramica sullo sviluppo del ministero diaconale secondo la Sacra Scrittura, la Tradizione e il Magistero della Chiesa, cercando di evidenziarne le radici per comprenderne la specificità ministeriale e le potenzialità di sviluppo nella vita pastorale ecclesiale e nella società odierna. Prefazione di Sergio Ubbiali.
Nella storia del Giappone il numero dei cristiani non ha mai superato l'1% della popolazione. Eppure, quella del Cristianesimo in Giappone è certamente una storia affascinante. Dal 1868, con la caduta dell'ultimo shogun e con la modernizzazione del Paese, la fede cristiana fu libera di tornare nell'Arcipelago. Dopo secoli di persecuzioni, se non divenne mai una religione largamente diffusa fra la popolazione, fu in grado tuttavia di conquistare i più alti scranni della società. Con la graduale formazione di uno Stato autoritario e con la proclamazione di un "nuovo ordine" in Asia, il Paese si avviava verso la sua tragica avventura bellica. Nonostante ciò il Cristianesimo non scomparve mai dalla scena pubblica e contribuì in maniera sostanziale allo sviluppo sociale e politico, e, in ultima analisi, alla ricerca della pace. Il testo analizza circa due decenni di storia giapponese quelli del periodo autoritario - attraverso gli occhi dei suoi cristiani.
Il presente saggio intende rivisitare un testo latino della fine del IV secolo. Viene confermata la non paternità eusebiana. "Amicus Eusebius, sed magis amica veritas" commentò, a suo tempo, Michele Pellegrino! Si tratta di una sorta di "manuale" destinato ai catechisti che avevano il compito di istruire i catecumeni presentando loro i contenuti essenziali della fides nicena.