L'analisi di bilancio è una materia che trova una costante affermazione e una generale diffusione nella prassi professionale ed è oggetto di ampio e approfondito dibattito nell'ambito della dottrina economico-aziendale. Ne derivano una rilevante e pregevole produzione scientifica da parte di studiosi e un interessante sviluppo applicativo da parte di professionisti e società di consulenza italiane ed estere. Il presente lavoro, giunto alla quinta edizione, notevolmente innovato e ampliato in tutte le sue parti ed integrato con esemplificazioni pratiche, è volto allo studio del ruolo assunto dalla ratio analysis e dall'analisi finanziaria, particolarmente efficaci per l'ottenimento di elementi di valutazione sul complessivo "stato di salute" dell'impresa, sul suo standing economico-patrimoniale-finanziario e sulla sua affidabilità nei rapporti con gli stakeholders. L'intento è quello di fornire, con rigore scientifico, basi teoriche e pratiche sull'analisi di bilancio condotta nell'ottica del professionista esterno e focalizzata sulla osservazione della tridimensionale realtà aziendale in termini di situazione reddituale, patrimoniale e finanziaria. Particolare rilievo viene assegnato alla logica e agli scopi dei diversi strumenti di analisi e alla capacità segnaletica dei risultati che ne derivano. Il nostro contributo recepisce e analizza le innovazioni e modifiche normative degli ultimi anni. Ci soffermiamo anche sul D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, che ha introdotto nel nostro Ordinamento il "Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza" e dedichiamo un nuovo capitolo al significato e agli aspetti tecnici dei c.d. "Indici di allerta", che il CNDCEC, in ossequio al mandato ricevuto dal Legislatore, ha provveduto ad elaborare e che devono essere in grado di rilevare fondati indizi di crisi aziendale nei termini e nelle modalità previsti dal testo del nuovo suddetto Codice. Il lavoro, frutto di esperienze didattiche, accademiche e professionali, è rivolto, in particolare, agli studenti universitari e a tutti coloro che operano nel settore della consulenza, nell'ambito dell'analisi di bilancio e finanziaria, con l'auspicio che possa rappresentare un efficace strumento per chiunque si trovi a trattare questa materia.
Il volume offre una riflessione interdisciplinare sulla storicità dello Statuto dei lavoratori, la costruzione normativa più alta del diritto del lavoro novecentesco, attraverso il dialogo tra giuristi del lavoro, storici del diritto e protagonisti della vita sindacale. Dai contributi emerge intanto il profilo storico alla base di una legge che segna l'entrata della Costituzione nei luoghi di lavoro. E più in particolare l'antropologia giuridica del cittadino-lavoratore e il sindacato come contro-potere, secondo due linee destinate ad incontrarsi nello Statuto, attraverso la fondamentale mediazione tecnica di Gino Giugni. Il discorso sulla dignità e la libertà del lavoro viene tematizzato anche con riferimento all'attualità dei nuovi lavori dell'era digitale. Affiora tutta la distanza storica che ci separa dallo Statuto, ma anche la sostanziale tenuta valoriale rispetto alla domanda di dignità del lavoro. Una domanda che attende risposte sulla tutela di un contraente sempre più indebolito dalla precarietà e dunque sulla libertà della persona nel suo complesso.
La famosa distinzione di Hannah Arendt fra homo faber e animal laborans era stata anticipata addirittura da Adam Smith, che aveva descritto il passaggio dal lavoro artigiano alla nuova manifattura industriale come il passaggio da un cittadino pensante a un essere "ignorante e stupido", incapace di decidere dei destini della propria patria; una "bestia", un animale da fatica, secondo Tocqueville. Sembrava allora inevitabile la fine del lavoro artigiano. Così non è stato: l'artigianato in parte è scomparso, in parte si è trasformato, in parte rinasce continuamente in nuove forme. Questa storia è stata tuttavia a lungo trascurata: solo relativamente tardi si sono sviluppati gli studi per comprendere quanto del patrimonio storico delle culture, dei saperi, dei modi di essere del lavoro artigiano siano giunti fino a noi, o direttamente, o trapassando attraverso le culture del lavoro industriale. Il volume presenta nella prima parte lo stato degli studi sulla storia del lavoro artigiano, per poi ripercorrerne l'evoluzione nei principali paesi europei (Inghilterra, Germania e Francia) e negli Stati Uniti, dalla metà del XIX alla metà del XX secolo; infine, si focalizza sul caso italiano dall'unità al fascismo.
Questo libro guida il lettore in un viaggio sia di analisi e riscoperta sia di preparazione a un imminente futuro. Dalla nascita ed evoluzione del web a una visione del presente con attenzione a fenomeni come l'identità digitale, gli algoritmi, l'intelligenza artificiale e i loro riflessi sulla nostra vita quotidiana. Per poi passare a un'analisi ravvicinata del concetto di click economy e le sue implicazioni, i potenziali rischi e le opportunità a esso associate. Fino ad arrivare ad alcune importanti riflessioni su come prepararci per il prossimo futuro che ci attende: anzi, è già qui.
Il libro, esito di una ricerca realizzata a Bologna grazie alla collaborazione tra la Scuola Achille Ardigò, l'Area Welfare e promozione del benessere del Comune di Bologna e il Dipartimento delle Arti dell'Università di Bologna, intende approfondire la dimensione culturale nei processi di Welfare di Comunità. In una cornice di ripensamento dei modelli di Welfare nazionali e locali, il Welfare Culturale appare, in quanto modello integrato di promozione di benessere e salute, una via possibile per forme innovative di risposte a bisogni individuali e collettivi. Nell'ottica della interdisciplinarietà e dei molteplici piani di riflessione, cui il Welfare Culturale per sua natura rinvia, il libro permette un dialogo a più voci per immaginare pratiche e politiche per le amministrazioni pubbliche e costruire piste di lavoro teoriche ed empiriche per gli studiosi della cultura e del sociale.
La mobilità sociale si afferma in connessione con lo sviluppo del capitalismo industriale e della democrazia politica, principalmente in Europa e nel Nord-America. Nel secondo dopoguerra, dopo "trent'anni gloriosi", essa assume un andamento più lento ed irregolare ma si espande comunque un benessere diffuso, soprattutto nei momenti di crescita dell'economia e della produttività. Resta però ai margini una parte della popolazione, i poveri, che esprimono una cospicua fragilità politica e sociale. Per affrontare questa situazione sono state attivate due prospettive (la prima molto meno attuale della seconda): quella antagonistica, che intendeva modificare il sistema, per una società basata sull'uguaglianza; quella riformistica, che propone miglioramenti graduali, applicando istituti e contenuti di equità. Sorge una domanda: la mobilità sociale svolge un ruolo a favore dell'equità? Non è facile dare una risposta netta perché la mobilità sociale, in concreto, appare come un fenomeno bivalente. Direttamente non svolge quel ruolo, in quanto: accetta la concentrazione della ricchezza (con il correttivo fiscale), aggiunge una nuova quota con uno status economico e sociale medio o elevato, favorisce coloro che hanno maggiori opportunità per la famiglia di origine, sono frequenti ingenti patrimoni ereditati. Diversamente e indirettamente, la mobilità ha effetti e implicazioni che si avvicinano all'equità: l'azione delle persone "mobili" fa spesso crescere la ricchezza complessiva e l'innovazione, il tenore di vita può aumentare anche senza passaggi di mobilità, fa accrescere le risorse per politiche sociali dello Stato e di altri enti pubblici (Welfare e sanità), asseconda l'aspirazione diffusa di vivere meglio (tempo libero), consente correttivi collettivi (sindacato). Inoltre, in merito all'elemento fondamentale delle opportunità, dopo e con la famiglia di origine, la mobilità si afferma con il titolo di studio più apprezzato e più impegnativo per i giovani e per le attività lavorative successive.
"Storie nascoste" testimonia la ricerca dei fili e delle tracce di storie che chiedono di essere studiate e raccontate. Non storie occultate, ma remote, cadute nell'oblio del tempo e che la paziente ricerca dello storico attende di riportare alla luce. "Storie nascoste" è l'omaggio che una piccola comunità di studiose e studiosi di generazioni, interessi, sensibilità diverse rende a Paolo Simoncelli. I diversi contributi che spaziano lungo tutta la modernità restituiscono in qualche misura la gamma degli interessi con cui lo storico romano ha esplorato il passato e di cui è testimonianza la sua ricca produzione. Ne vien fuori un mosaico complesso che spazia con la solida bussola del metodo storico dalla politica alla letteratura, dalla Firenze del Cinquecento alla Roma risorgimentale; dalla Francia in rivoluzione alla Normale di Pisa; popolato di nomi a cui è facile dare un volto, da Machiavelli a Cantimori, da Pontormo a Sironi, fino a quella folla indistinta, ognuno con una propria vita, dei fuoriusciti repubblicani fiorentini. "Storie nascoste" è la nostalgia di un percorso comune nel passato e la curiosità per un futuro da scoprire.
Le artiterapie sono discipline di matrice artistica impiegate in ambito educativo, riabilitativo, formativo e per la crescita personale. Non insegnano, quindi, tecniche artistiche ma le utilizzano per favorire lo sviluppo e l'espressione della persona. Il volume vuole fare chiarezza su queste attività oggi molto praticate ma ancora poco conosciute nel dettaglio delle basi scientifiche e delle molteplici applicazioni. Il testo - grazie ai contributi dagli autori, docenti e professionisti delle diverse artiterapie - si propone come una guida teorica e pratica per quanti vogliano utilizzare le artiterapie: gli studenti avranno una sistematizzazione dei diversi metodi e una descrizione degli ambiti applicativi della loro futura professione; gli artiterapeuti troveranno casi esemplificativi, strumenti, chiarimenti normativi sulla professione e una ricca e aggiornata bibliografia; i professionisti socio-sanitari (medici, psicologi, infermieri) scopriranno come realizzare in équipe multidisciplinari interventi nuovi e complementari per i pazienti; insegnanti ed educatori potranno coinvolgere gli studenti in percorsi creativi. Infine, chi si occupa di formazione e sviluppo delle risorse umane troverà esempi per potenziare le competenze trasversali oggi sempre più richieste. Prefazione di Emanuela Confalonieri.
Il volume raccoglie il carteggio, intercorso tra l'agosto del 1956 e il dicembre del 1975, tra Mariano Rumor (Vicenza, 1915-1990) e Giorgio La Pira (Pozzallo, 1904-Firenze, 1977), protagonisti di primo piano, per oltre un cinquantennio, della vita politica italiana: l'uno, deputato veneto all'Assemblea Costituente, ministro di Stato di vari dicasteri (Agricoltura, Interni, Esteri), parlamentare europeo, presidente dell'Unione europea dei democratici cristiani (Uedc) e poi dell'Unione mondiale dei democratici cristiani (Umdc), nonché presidente del Consiglio dei ministri in cinque governi della Repubblica; l'altro: giurista, docente di diritto romano, anch'egli deputato alla Costituente, per tre mandati sindaco di Firenze e presidente della Federazione mondiale delle città unite (Fmcu). La conoscenza di queste fonti, sino a oggi inedite, consente non soltanto di sondare il loro rapporto ma di gettare nuova luce su alcuni snodi cruciali della storia della Democrazia cristiana e, più in generale, dell'evoluzione della democrazia italiana. Introduzione della curatrice.
Libertà e giustizia vengono solitamente contrapposte. Qualche volta, considerate complementari. Quasi mai si compie il più difficile percorso di considerare l'una e l'altra attraverso una loro scomposizione in fattori primi, che costringano entrambe a rivelare la propria identità. Ancora più difficile è affrontare questo problema cimentandosi con le concrete esperienze storiche delle comunità, delle statualità e delle sovranità. Non va dimenticato, quando si parla di uomini concreti, che non si tratta di affrontare semplicemente il tema della "libertà" in generale, ma di misurarsi col problema delle libertà, intendendo con questo plurale non i tipi di libertà, ma le singole libertà, quelle dei singoli uomini concreti. In ogni caso, può rivelarsi decisivo, a questo punto, il dilemma: pensare le libertà a partire dalla giustizia o la giustizia a partire dalle libertà? Giustizia è, secondo una formula consolidata, "dare a ciascuno il suo". Una tale formula non è, come alcuni ritengono, vuota, perché implica almeno l'idea che non ci sia arbitrarietà nella distribuzione. Ma che cosa significa, all'altezza di una comunità organizzata, dare a ciascuno il "suo"? Non si tratta di dare soltanto cose, ma libertà e - ancor meglio - diritti individuali fondamentali. Attraverso quali forme strutturali? Bisogna riuscire a scavare un tale itinerario all'interno dell'idea di sovranità e del suo sviluppo storico. Ma, nel contesto del mondo contemporaneo, emerge con forza un altro cruciale problema: quello della fragilità.
Tra i lasciti maggiori della politica novecentesca vi è l'idea di sinistra e destra come orizzonti inequivocabilmente contrapposti. Oggi questa eredità è considerata da molti non più attuale, resa parziale e anacronistica dall'affermarsi di soggetti politici che rifiutano di definirsi rispetto alla coppia sinistra/destra. Anche nel Novecento la sinistra e la destra sono stati campi tutt'altro che blindati: ricorrenti in particolare i passaggi dal "rosso" del socialismo al nazionalismo e poi al "nero" del fascismo. Passaggi spesso banalizzati secondo l'etichetta del "voltagabbana" (uno su tutti: Mussolini), ma dettati da riflessioni e sensibilità ? la "scoperta" della nazione, la ricerca di una via intermedia tra socialismo e capitalismo, l'antisemitismo, l'anticomunismo ? che segnano linee di continuità tra il prima e il dopo di ogni passaggio. Questo libro ripercorre le ondate principali dei passaggi dal rosso al nero: dai socialisti francesi di fine Ottocento che aderirono al boulangismo, ai sindacalisti rivoluzionari di inizio Novecento che in Francia e in Italia si avvicinarono al nazionalismo e poi al fascismo, ai socialisti francesi che negli anni '30 teorizzarono il "socialismo nazionale" e dopo il 1940 nella Francia sotto controllo tedesco sconfinarono nel collaborazionismo e nel filonazismo, fino ai socialisti italiani che all'indomani del crollo della prima Repubblica confluirono nella destra di Berlusconi alleata dei "postfascisti". Epicentri dei passaggi dal rosso al nero sono state la Francia e l'Italia: perché qui si è affermata al passaggio tra Ottocento e Novecento una inedita destra rivoluzionaria che agiva sullo stesso terreno simbolico e sociale della sinistra muovendole una temibile concorrenza, e perché qui sono stati maggiori il peso e l'influenza di una figura sociale, l'intellettuale "engagé", che di tali passaggi sarà indiscusso protagonista. Ognuno dei casi raccontati è nelle sue dinamiche largamente individuale, tutti in varia misura appartengono a uno stesso tema generale per lungo tempo trascurato o rimosso: quello dei vasi comunicanti tra la sinistra e la destra del Novecento.
"The 7 Habits of Highly Effective People" di Stephen R. Covey è sicuramente uno dei classici più longevi della letteratura manageriale. Non un manuale, ma un approccio integrato che indica come gestire la propria vita in modo veramente efficace. Un "metodo" che, se correttamente applicato, permette di aumentare la capacità di raggiungere obiettivi personali e professionali, ma anche di sviluppare migliori relazioni private e di lavoro. Un percorso che richiede grande apertura mentale e totale coinvolgimento, affinché ognuno possa trovare la propria modalità di applicazione. Per ottenere successo, occorre innanzitutto riflettere sulle proprie abitudini, sui propri comportamenti quotidiani, affinché il cambiamento avvenga dall'interno e diventi pratica di vita e di lavoro. Riproposto in nuova edizione ampiamente rivista, il testo mantiene la sua forza e la sua saggezza che appaiono oggi, in un mondo incerto e in veloce trasformazione del volume, ancora più significative. Le integrazioni a quest'ultima edizione si concentrano proprio su come le abitudini possano essere utilizzate nella nostra era moderna, per una nuova generazione di leader.