Con "Ifigenia in Taurine" Euripide porta il caos sulla scena sostituendolo all'ordine cosmico: gli equilibri sono rivoluzionati, le gerarchie sovvertite fino al ricatto posto da un uomo a un dio, i grandi scopi, le forti tensioni morali perdono consistenza e si degradano, diventano obiettivi circoscritti, personali, intrisi di egoismo. Goethe giudicò "Baccanti" la più bella delle opere di Euripide: ambigua e ricca di molteplici interpretazioni, è la tragedia della debolezza umana di fronte agli spietati e imperscrutabili disegni della divinità, il dramma della ragione che tenta di opporsi all'estasi dionisiaca, alla sua promessa di far svanire le sofferenze della vita.
Il "Fedone" fa parte dei dialoghi cosiddetti socratici, quelli cioè che rispecchiano l'insegnamento del grande maestro, ma rivela già una forte autonomia nel pensiero di Platone. Il tema affrontato e discusso in questo dialogo con serrata dialettica e stupefacente psicologia è quello, indubbiamente complesso, della natura dell'anima, delle sue contrastanti tendenze, della sua essenza immortale.
Opera di primo piano della storiografia romana, gli Annali di Tacito, in 18 libri, era divisa in tre esadi dedicate la prima a Tiberio, la seconda a Claudio e Caligola e la terza a Nerone. Attraverso le pagine del grande scrittore prendono vita le vicende dei primi imperatori, i loro scandali, i delitti e le sanguinose congiure dinastiche della famiglia Giulio-Claudia.
I nove libri delle Storie trattano dei contrasti e delle lotte tra i Greci e i barbari prima e durante le guerre persiane, investigandone le cause. L'opera, che si basa sulla raccolta di materiali frutto di ricerche dirette, narra di paesi e popoli diversi, coprendo un arco di vari secoli. Attento alla dimensione religiosa, Erodoto la coniuga con un senso acuto della relatività dei fenomeni umani: pur accogliendo fatti mitici o leggendari, egli rifiuta l'interpretazione mitica della storia e fonda il suo racconto - che si avvale di uno stile semplice ed efficace - sull'analisi critica sorretta da una passione investigativa laica e razionale.
L'opera di Orazio si distende tra gli ultimi anni del torbido periodo delle guerre civili e l'età dell'assestamento del regime di Augusto. Se gli "Epodi" testimoniano delle tempeste contemporaneee trascrivono il disorientamento del poeta alla ricerca di un so ideale di misura che lo salvi dalle tensioni interne e non gli precluda il godimento della vita, le "Odi", la sua opera più complessa e alta, sono una profonda meditazione sulla precarietà della vita, sull'amore e la morte, sulla bellezza. Motivo centrale è il "carpe diem", un invito a superare la immanente precerietà delle cose per godere dell'attimo, di cui si può, per un momento balugiante, essere padroni.
Opera storica fra le più celebri dell'antichità, "La guerra gallica" racconta l'alternanza di vittorie e sconfitte, le astuzie tattiche, gli eroismi, i numeri vertiginosi delle perdite, le colossali imprese di fortificazione e di edificazione di ponti e strade, la capitolazione finale dei barbari che assicurò a Roma, dopo sette anni, il dominio della Gallia. Con acume e nitidezza di stile, Cesare descrive i fatti nella loro nuda verità ed essenzialità, senza tacere le ragioni del suo comportamento strategico e politico.
Rappresentata ad Atene nel 421, quando stava per concludersi la prima fase della guerra del Peloponneso, "La pace" è una delle più graffianti, poetiche e amare commedie di Aristofane. C'è il contadino attico Trigeo che ascende all'Olimpo in groppa a un gigantesco scarafaggio per trovare la pace ma lo trova vuoto, perché gli dei lo hanno abbandonato; c'è Polemos (la guerra) che tiene in schiavitù Irene (la pace) e medita di distruggere tutte le città greche. Trigeo, con l'aiuto del coro, formato di contadini, cercherà di porre fine al conflitto.
La natura di Lucrezio svolge, con vivido afflato, il pensiero in visione: spaziando tra l'infinito e l'infinitamente piccolo, canta la filosofia di Epicuro come verità liberatrice. La liberazione, da desideri, immaginazioni, timori (soprattutto degli dèi e della morte), culmina nella felicità. Per raggiungere questo fine, mezzo primario è la conoscenza della natura. Essa è il tutto infinito e consta solo di atomi e di vuoto; gli atomi si muovono incessantemente per due soli generi di movimento: costruttivo e distruttivo. Nel poema di Lucrezio la natura, non ha una finalità antropocentrica e la condizione umana è sentita come drammatica, non tragica, perché aperta a esiti diversi.
Delle quarantatre commedie che compongono la raccolta ufficiale delle "Maschere nude" ben trentadue sono tratte da un precedente plot narrativo e dei tredici atti unici, dieci sono quelli di derivazione novellistica. I sei atti unici raccolti in questo volume - "Lumie di Sicilia", "Il dovere del medico", "All'uscita", "La giara", "La patente", "L'uomo dal fiore in bocca" -, dimostrano come, qualunque fosse il risultato teatrale, per Pirandello i due generi non fossero sovrapponibili e come le sue trasposizioni drammaturgiche delle novelle fossero delle vere e proprie riscritture.