Il cristianesimo, diceva Dietrich Bonhoeffer, è fondamentalmente amorale; l'etica cristiana non può in alcun modo essere intesa come la determinazione (teorica) dei principi cui bisogna attenersi per potersi considerare cristiani. L'insegnamento pratico del Vangelo non parte dall'esigenza di «insegnare a fare il bene», ma dalla necessità di tradurre in azione la realtà della redenzione operante nell'uomo. La domanda etica fondamentale per il cristiano è: «Quale realtà Dio vuole che plasmi con le mie azioni?». L'agire cristiano si configura così come un agire autenticamente e biblicamente creativo. Ripercorrendo alcune pericopi evangeliche, il presente lavoro intende mostrare che il nucleo più originario e originale dell'esperienza cristiana è la libertà. Nelle parole e nelle azioni di Gesù prende forma un mondo libero (dalle malattie, dalle differenze sessuali, etniche, sociali, dalle ingiustizie), a partire da una riconfigurazione profonda dell'essere uomo nella relazione con Dio. L'uomo non ha alcun debito da saldare, alcuna colpa da espiare, egli è, agli occhi di Dio, radicalmente e autenticamente libero o, in termini teologici, redento. Questa diversa prospettiva getta una luce radicalmente nuova su alcuni «luoghi abituali» dell'etica cristiana: la colpa, il sacrificio, l'espiazione, la sofferenza, l'obbedienza; e apre alla possibilità di recuperare altre figure dell'etica evangelica, che la prassi cristiana ha «disatteso».
Quella qui presentata per la prima volta in traduzione italiana è l'edizione commentata della straordinaria corrispondenza (1920-1936) intrattenuta da Étienne Gilson (1884-1978) col suo discepolo Henri Gouhier (1898-1994), con un saggio (1904-1907) del giovane Gilson, studente alla Sorbona, su Malebranche e la Scolastica, corredato dalle osservazioni di Victor Delbos (1862-1916), suo professore. Malebranche è il filo conduttore di quest'opera, che documenta la genesi di due avvenimenti cruciali della storiografia filosofica novecentesca: il riconoscimento di una vera cittadinanza accademica a Malebranche in storia della filosofia, che si deve alla tesi dottorale sull'oratoriano che Gilson suggerì al suo discepolo; le ricerche sui rapporti fra Scolastica e filosofia moderna, cui un impulso decisivo fu dato, come noto, dall'Index scolastico-cartésien, pubblicato da Gilson nel 1913, ma la cui intuizione di fondo Il Momento Malebranche ravvisa già nel saggio giovanile su Malebranche. Questa edizione italiana vede la luce in un frangente di rinnovato interesse, in ambito internazionale, nei confronti dell'opera di Gilson: nel 2019, è apparso presso Vrin il primo volume delle OEuvres complètes, cui fa seguito il Nouvel Index scolastico-cartésien di Igor Agostini.
Con il titolo Pensiero filosofico e teologico, Raimon Panikkar non intende avallare la dicotomia moderna fra filosofia e teologia , ma trascenderla. La teologia contemporanea non può sottrarsi alle congetture della critica moderna e, nel momento in cui diventa critica, deve essa stessa necessariamente avvicinarsi alla riflessione teologica. Per quanto la "fede" sia sovrarazionale, è l'intelletto umano che la accoglie, la manipola e l'interpreta. In altre parole, la critica della ragione teologica è ineludibile e imperativa. E questa critica non può che essere filosofica. La filosofia odierna, dopo i traumi delle due guerre mondiali, non può accontentarsi di operare solo analisi linguistiche e si trova ad affrontare problemi esistenziali che appartengono interamente all'ambito degli interessi teologici. I problemi ultimi dell'umanità, sia nell'ambito individuale che in quello politico ed ecologico, esigono soluzioni urgenti e non è corretto escludere risposte o problematiche perché non appartengono alla nostra sfera di specializzazione. Come Panikkar stesso afferma nell'Introduzione, "La filosofia è tanto la saggezza dell'amore quanto l'amore della saggezza. E un vero amore è non solo spontaneo, ma anche estatico, vale a dire non-riflessivo. Si è filosofi come si è innamorati: semplicemente capita". Il volume testimonia la ricerca amorosa dell'intera vita dell'autore, come mostrano i numerosi scritti qui riportati che coprono più di mezzo secolo.
Pubblicato per la prima volta in francese nel Dialogue de l’histoire et de l’ame charnelle, la meditazione qui offerta da Péguy sulla Passione di Cristo rappresenta un momento apicale della letteratura spirituale. Nonostante l’affezione alla vicenda, l’autore non risparmia decise bordate agli stereotipi e agli schemi teologici del suo tempo. Senza mai cedere al pietismo o a un certo “dolorismo” tipico di inizio secolo, la meditazione di Péguy sugli ultimi momenti della vita terrena di Gesù prende le mosse da alcune considerazioni sulla depressione e la nevrastenia che risultano di particolare attualità. Con grande naturalezza, si stabilisce un sottile legame tra la sofferenza del vivere contemporaneo e l’angoscia di Gesù nel Getsemani nel momento in cui fu colto dai tormenti di una morte annunciata. Il mistero dell’Incarnazione assume così tutto il suo spessore e la sua densità: lo stesso figlio di Dio ha conosciuto la paura dinanzi alla propria finitezza. A testimonianza di come Dio si sia fatto uomo sino alla più tragica conseguenza.
La tragedia provocata dal neo paganesimo nazista, influenzato da Nietzsche e, dopo la seconda guerra mondiale, l'egemonia del marxismo sovietico su metà dell'Europa, inducono il pensiero cattolico a confrontarsi con il problema dell'ateismo. On Francia e in Italia filosofi e teologi di prima grandezza ne fanno oggetto della propria riflessione: da Il dramma dell'umanesimo ateo (1944) di Henri de Luca a Il significato dell'ateismo moderno (1949) di Jacques Maritain, da Le metamorfosi della città di Dio (1952) di Etienne Gilson alla Introduzione all'ateismo moderno (1964)di Cornelio Fabro, a Il problema dell'ateismo (1964) di Augusto Del Noce. Il volume mette idealmente a confronto queste voci mostrando le diverse letture e, in taluni casi, il conflitto delle interpretazioni. Ne emerge un quadro che, con le sue implicazioni - il valore o il disvalore della modernità -, non ha perso nulla della sua attualità. La lunga introduzione offre una ricostruzione inedita del moderno situando la genesi dell'ateismo a partire dalle guerre di religione che hanno diviso, tragicamente l'Europa dopo la Riforma.
Massimo Borghesi è ordinario di Filosofia morale presso il Dipartimento di Filosofia, scienze sociali, umane e della formazione dell'Università di Perugia.
La storia religiosa dei secoli XVI e XVII ha trovato nell'opera di Michel de Certeau un insuperato punto di riferimento. In quest'epoca attraversata da inquietudini e dibattiti, il suo sguardo individua voci e testimonianze come quelle di Carlo Borromeo (riformatore tridentino a Milano e Roma) e di René d'Argenson (segretario di stato per gli Affari esteri di Luigi XV) o, ancora, Lafitau (che cercò di inscrivere i costumi e le tradizioni amerindie nella storia dell'umanità) e Michel de Montaigne, acuto indagatore dei cannibali brasiliani, che contribuirà alla nascita dell'antropologia. Le analisi di Certeau, a cui vanno aggiunte pagine fondamentali su Henri Bremond, Robert Mandrou o gli "Esercizi spirituali" di sant'Ignazio, recuperano l'alterità del passato (soprattutto, ma non esclusivamente, religioso) e ne mostrano i resti inassimilabili, i residui che sfuggono al trattamento ideologico o alla presa totalizzante, fosse pure quella del senso che non appartiene a nessuno e che, proprio per questo, non si deve smettere di cercare. "Il luogo dell'altro" rappresenta dunque una mirabile sintesi dell'opera di Certeau: un'opera mai compiuta e sempre proiettata al di là dei suoi guadagni.
Testimone di numerosi conflitti che lacerano la Chiesa, l'Europa e il mondo nel corso del XV secolo, Nicola Cusano è alla ricerca della concordia. Crede che per realizzarla nella pratica, sul campo diremmo noi oggi, occorra coglierne i fondamenti filosofici, teologici, eterni. Nel "De pace fidei" egli mette in scena, in un dialogo lungo diciannove capitoli, i delegati della maggior parte delle nazioni allora conosciute. Essi si esprimono sulle loro religioni e i loro riti e grazie a ciò le loro controversie verranno risolte e non si dovrà ricorrere al conflitto. «Cesserà la guerra, il livore dell'odio e ogni male e tutti conosceranno che non vi è se non una sola religione, pur nella diversità dei riti». Il metodo utilizzato da Cusano nello svolgimento di questo testo delinea già le strutture della concezione moderna dell'homo religiosus.
“L’uomo è disposto a fare a meno della libertà. Ma è Dio, Dio non l’uomo, che non può e non è disposto a fare a meno della libertà dell’uomo. Dio ha bisogno della libertà dell’uomo e della libertà del mondo”. In questa frase si concentra Il senso della creazione, insieme a origine, scopo e motivi della filosofia di Nikolaj Berdjaev. Terminato nel febbraio del 1914, pochi mesi prima della guerra e tre anni prima della rivoluzione, quest’opera nasce proprio dall’esigenza di esprimere una via diversa da quelle indicate dal prometeismo rivoluzionario del marxismo e dal trionfo di un individualismo che separava spiritualità e giustizia sociale.
A cinquant'anni dalla morte, la riflessione dell'italo-tedesco Romano Guardini, figura chiave per il pensiero di Jorge Mario Bergoglio, ritorna a nuova attualità. Il volume rilegge il cuore della filosofia guardiniana, la sua dottrina dell'opposizione polare, alla luce degli scritti inediti pubblicati negli ultimi anni. La teoria della polarità appare, così, come una pagina radicata nella biografia del filosofo e, al contempo, come un tentativo di risposta alle dilacerazioni storico-esistenziali provocate dalla Grande Guerra. Il risultato è un pensiero antinomico, teso tra unità e distinzione, il cui scopo è riconciliare soggetto e oggetto, libertà e verità, modernità e religione. Fedele alla lezione di Max Scheler, Guardini persegue, attraverso l'incontro con Agostino e Bonaventura, un conoscere affettivo capace di unire cuore e ragione, intuizione e concetto. Un contributo ancora oggi di grande rilievo in un contesto internazionale fortemente polarizzato. Come scriveva Guardini nel 1964: «La teoria degli opposti è la teoria del confronto, che non avviene come lotta contro un nemico, ma come sintesi di una tensione feconda, cioè come costruzione dell'unità concreta».
"La vita, il sapere della vita e, tra vita e conoscenza, il discorso quotidiano. Cioè il fluire continuo di quella lingua che ci fa al tempo stesso contemporanei e antichi, figli del nostro tempo ed eredi di tradizioni e di epoche passate che in noi e attraverso di noi coesistono simultaneamente. Questo il quadro teorico, che ha a fondamento Inizio (Jaca Book, 2016) e che qui si snoda in tre scritti esemplificativi ed esemplari. Nel primo e nell’ultimo il riferimento è a Giovanni Gentile: in occasione del celebre incontro con Mussolini sul Lago di Garda nel 1943, che causò in seguito la morte violenta del filosofo; e poi nel controverso rapporto personale di Gentile con Croce, sino alla sua drammatica fine. Il testo centrale vede agire in contemporanea vari personaggi, con riferimento all’anno 1857 sia a Ginevra, sia, più in generale, all’Europa: Wagner e sua moglie Minna; Mathilde Wesendonck, modello di Isotta; Alfred Escher, il padre della ferrovia del Gottardo; Francesco De Sanctis in esilio; Marx ed Engels di fronte alla crisi economica; la prima rivoluzione indiana contro gli inglesi; il terremoto della Basilicata. In questo mondo in rapida rivoluzione industriale si snodano i discorsi della borghesia colta, della conoscenza, del pensiero e dell’arte, e il loro sottile, invisibile tratto comune."
«La Sezione prima degli Opera Omnia di Henri de Lubac si sostanzia di quattro scritti che, sotto il titolo Luomo davanti a Dio, sono ricondotti dallo stesso Autore a questo ordine: 1. Sulle vie di Dio; 2. Il dramma dell'umanesimo ateo; 3. Vroudhon e il Cristianesimo; 4. Paradossi e Nuovi Paradossi. L'intento non è stato quello di una proposizione cronologica, ma dell'articolazione dei nuclei tematici del lavoro e della riflessione teologici e storico-teologici dell'Autore. [...] Dovessimo trovare, per quanto ci è dato osservare, un centro, non sistematico ma genetico, a questo plesso di opere, attorno a cui far gravitare l'impegno circoscritto di questa produzione letteraria, lo vedremmo in quel dialogo "disarmato" tra due ventenni, un gesuita o meglio aspirante gesuita e un neo-insegnante non credente, nelle trincee della Grande Guerra. Ci pare che il fatto, insistentemente ricordato dal teologo, conferisca l'intensità al titolo stesso scelto per la sezione e alla sua problematicità. E ci pare che esso sia ciò che concretamente segna il fuoco o l'anima dell'impegno intellettuale di de Lubac, almeno per questa sezione. [...] "La critica dell'idea di Dio in Proudhon - sottolinea de Lubac -, non porta come in Comte o in Feuerbach, a mettere l'uomo al posto di Dio [...] la religione di Proudhon non è incentrata sull'Umanità, ma sulla Giustizia. Se il problema di Dio, per certi riguardi, rimane in sospeso, la giustizia si impone assolutamente alla coscienza." La Giustizia per Proudhon è definita in tanti modi, ma è così definibile perché gode di una "pienezza che non si può definire che religiosa"» (Dall'Introduzione di Costante Marabelli alla Sezione prima dell'Opera Omnia)