Per secoli i contatti fra cristianesimo e buddhismo sono stati sporadici. Le distanze geografiche e culturali hanno infatti drasticamente limitato le occasioni di incontro. Soltanto in tempi recenti, grazie all'opera di diversi studiosi di ambo le parti, ha cominciato a diffondersi un certo interesse, non solo accademico, ad approfondire la relazione esistente fra questi due centri mondiali del pensiero teologico e filosofico. In questo libro, che fa dell'analisi breve ma puntuale la sua forza, Ermis Segatti mette a confronto il cristianesimo e il buddhismo, analizzandone in particolare due aspetti fondanti: i concetti di rivelazione e illuminazione. Ripercorrendo la vita del Buddha, in particolare gli episodi che ne segnano il percorso verso il «risveglio», e passando in rassegna le «quattro nobili verità», cardine della sua predicazione, Segatti dimostra come l'illuminazione sia un concetto estraneo alle religioni rivelate. Allo stesso modo, la concezione di un dio creatore, propria di cristianesimo ed ebraismo, non è concepibile nella visione del mondo e delle sue origini che caratterizza le varie scuole buddhiste. La tesi di questo libro è che la simbiosi non è la strada da percorrere per rendere più saldi e fruttuosi i reciproci rapporti: il punto da cui partire è piuttosto il riconoscimento delle rispettive peculiarità.
Jacques Brosse fa parte della prima generazione di europei che hanno cercato di presentare il messaggio zen originale ai loro contemporanei. Discepolo del maestro giapponese Taisen Deshimaru, prima, e poi maestro zen a sua volta, egli sottolnea con entusiasmo e spirito d'osservazione il carattere rivoluzionario che lo zen potrebbe avere all'interno della nostra civiltà: il "mentale" perde la sua centralità per lasciare il posto alla ricerca del vero sé attraverso l'esperienza tutta personale della meditazione. Il testo, utile alla comprensione del pensiero Zen, è ricco di riflessioni, approfondimenti e rimandi alle dottrine teologiche e filosofiche della nostra cultura occidentale.
Islam e cristianesimo - pubblicato per la prima volta nel 2004, a dieci anni dalla morte dell'autore - riunisce due testi inediti. Il primo, intitolato I tre pilastri del conformismo, si compone di tre capitoli: «Siamo tutti figli di Abramo», «Il monoteismo» e «Le religioni del Libro», nei quali l'autore analizza e smonta i tre concetti. Secondo Ellul, la comune discendenza abramitica sulla quale si fonderebbe la parentela tra ebrei, cristiani e musulmani è priva di fondamento. Inoltre l'Islam nega al cristianesimo lo statuto di religione monoteista: a Gesù Cristo, incarnazione di un Dio d'amore, i musulmani contrappongono Allah, sovrano unico e inaccessibile nonché giudice implacabile delle azioni umane. L'autore, infine, nell'analizzare i testi sacri alla base delle due religioni, evidenzia alcune differenze inconciliabili: se il Corano è il libro della costrizione, della sottomissione e non offre all'uomo alcuna speranza di salvezza, la Bibbia, al contrario, contiene una promessa di libertà, e la rivelazione di un Dio che parla al credente e soffre con lui. Il secondo testo è una prefazione scritta da Ellul per il libro di Bat Ye'or «The Dhimmi. Jews and Christians under Islam», in cui è affrontato il problema della dhimmitudine, cioè la condizione degli "infedeli" nelle società islamiche. L'Islam vi è presentato come una religione che non si evolve né dal punto di vista giuridico né da quello politico, che ha stabilito uno status di inferiorità per i popoli sottomessi.
Il 6 marzo 1982 Giovanni Paolo II esortò i delegati delle conferenze episcopali a presentare "gli ebrei e l'ebraismo non solo in maniera onesta e obiettiva, senza alcun pregiudizio e senza offendere nessuno, ma ancor più con una viva coscienza del patrimonio comune". Dopo secoli di odio, ebrei e cristiani tornavano a essere fratelli. Da allora la Chiesa ha percorso tanta strada, ma ancora di più resta da farne per un'autentica teshuvà, per un "ritorno a Dio" che sia sinonimo di pentimento, all'interno di una rinnovata e puntuale catechesi. Giuseppe Altamore ripercorre questa complessa vicenda storica e culturale soffermandosi innanzitutto sulla figura di Rabbi Yehoshua ben Joseph (Gesù), un "ebreo marginale" secondo la celebre definizione di J.P. Meier, per poi allargare il discorso al ruolo di san Paolo (Saulo) e a quello di Marcione - l'iniziatore nel II secolo della tragica contrapposizione dei due monoteismi, il cui pensiero è "una delle grandi tentazioni dell'età moderna", come ha detto Benedetto XVI - fino ai più recenti sviluppi del dialogo ebraico-cristiano di cui il cardinale Martini è stato uno strenuo fautore e che oggi è proseguito, tra gli altri, da intellettuali quali il rabbino Giuseppe Laras, Antonia Arslan, Vittorio Robiati Bendaud, Paolo De Benedetti e Amos Luzzatto, che dialogano qui con Altamore in una serie di illuminanti interviste.
Daniel Berrigan e Thich Nhat Hanh hanno entrambi consacrato la propria esistenza alla lotta contro ogni forma di violenza. Il primo - sacerdote gesuita, poeta e drammaturgo - finisce in carcere ben due volte per la sua protesta contro la guerra in Vietnam (1968) e per una dimostrazione antinucleare in un impianto missilistico della Pennsylvania (1980), oltre a subire la censura ecclesiastica. Il secondo - monaco buddhista vietnamita vive tuttora in esilio in Francia da quando nel 1966 si recò negli Stati Uniti per discutere una soluzione pacifica al conflitto del Vietnam e il governo gli impedì di tornare indietro. Per entrambi l'impegno per la pace è andato oltre i confini del proprio credo religioso, perché per entrambi è sempre stato fondamentale che nascessero e si sviluppassero "legami di una nuova solidarietà e di una nuova fraternità, al di sopra delle frontiere politiche, religiose, culturali, per congiungere i giovani di ogni Paese in qualcosa che è più concreto di un ideale e più vivace di un programma" (Thomas Merton, Thich Nhat Hanh è mio fratello). 'La zattera non è la riva' - raccolta delle conversazioni fra Berrigan e Thich Nhat Han registrate più di quarant'anni fa (1974) a Parigi - riesce ancora oggi a trasmetterci quello spirito di compassione, saggezza e comprensione reciproca che dovrebbe animare ogni dialogo sul presente e il futuro della pace del mondo.
"Grazie alla sua specifica formazione, padre Francois Jourdan è particolarmente idoneo a contribuire in modo fruttuoso al dialogo tra cristiani e musulmani. Il rapporto concreto con questi ultimi è per lui un dato quotidiano: è stato missionario in Africa, dov'è venuto a contatto con l'slam africano; è vissuto in Marocco e ha percorso in lungo e in largo la Tunisia, l'Egitto, il Libano, la Giordania, la Siria e la Turchia.
Egli si propone come uno strenuo difensore del confronto aperto e pacifico tra i credenti delle due religioni, e insiste affinché questo si svolga nella verità, ossia senza eludere i punti sui quali è opportuno e giusto discutere".
Remi Brague
IL LIBRO
Islam e cristianesimo – pubblicato per la prima volta nel 2004, a dieci anni dalla morte dell’autore – riunisce due testi inediti. Il primo, intitolato I tre pilastri del conformismo, si compone di tre capitoli: «Siamo tutti figli di Abramo», «Il monoteismo » e «Le religioni del Libro», nei quali l’autore analizza e smonta, in maniera chiara ed efficace, i tre concetti utilizzati in maniera sempre più frequente per avvicinare da un punto di vista teologico le tre religioni rivelate.
Secondo Ellul, la comune discendenza abramitica sulla quale si fonderebbe la parentela tra ebrei, cristiani e musulmani è del tutto priva di fondamento. Nel Vangelo, infatti, solo colui che «compie il bene» è proclamato da Gesù «Figlio di Abramo»: la filiazione dal patriarca risulta così appartenere più a un piano spirituale che carnale. L’Islam, inoltre, nega al cristianesimo lo statuto di religione monoteista: a Gesù Cristo, incarnazione di un Dio d’amore che si è fatto uomo per salvarci attraverso il dolore e la sofferenza, i musulmani contrappongono Allah, sovrano unico e inaccessibile nonché giudice implacabile delle azioni umane.
L’autore, infine, nell’analizzare i testi sacri alla base delle due religioni, evidenzia alcune differenze inconciliabili: se il Corano è il libro della costrizione, della sottomissione e non offre all’uomo alcuna speranza di salvezza, la Bibbia, al contrario, contiene una promessa di libertà, e la rivelazione di un Dio che parla al credente e soffre con lui.
Il secondo testo è una prefazione scritta da Ellul per il libro di Bat Ye’or The Dhimmi. Jews and Christians under Islam, in cui è affrontato il problema della dhimmitudine, cioè la condizione degli «infedeli» nelle società islamiche. L’Islam vi è presentato come una religione che non si evolve né dal punto di vista giuridico né da quello politico, e che ha stabilito uno status di inferiorità per i popoli sottomessi non dissimile da quello dei servi della gleba nel Medioevo.
L'AUTORE
Jacques Ellul (1912-1994), giurista, storico, teologo e sociologo di fama internazionale, è stato professore di Storia e di Sociologia delle Istituzioni all’Università di Bordeaux. La sua opera include studi sulle istituzioni medievali d’Europa e sugli effetti della tecnologia moderna nella società contemporanea. Tra i libri pubblicati in Italia ricordiamo: Anarchia e cristianesimo, La speranza dimenticata e Storia delle istituzioni.
Alain Besançon, storico e filosofo della politica, è professore all’École des Hautes Études en Sciences Sociales e membro dell’Académie des Inscriptions et des Belles Lettres.
RECENSIONI
«Brescia Oggi», 3 dicembre 2006
L’analisi di Ellul, travalicando rapidamente la teologia, ha un impatto politico fortissimo. […] I due saggi che compongono il libro di Ellul affrontano punti nodali del rapporto Occidente.Islam: il primo riguarda la pretesa "parentela" tra le due religioni. […] Il secondo saggio è ancora più denso di conseguenza politiche perché affronta la condizione dei "dhimmi", ovvero i non musulmani.»
Guido Ceronetti, «La Stampa», 10 gennaio 2007
«Notiamo ancora una volta l’infinita distanza che separa i due libri. Nel Corano non si parla di amore, ma ci troviamo in presenza di un obbligo e di una costrizione illimitati, pena l’inferno per chi disubbidisce. L’Islam è sottomissione completa, e che cosa s’intenda con essa è spiegato appunto nel Corano. Il libro degli ebrei e dei cristiani contiene una promessa e una speranza di libertà, mentre il Corano è il libro della costrizione definitiva. Infatti, se per noi Gesù Cristo è venuto a portarci la salvezza eterna, la rivelazione contenuta nel Corano non ammette alcun ripensamento, né in essa si trova qualunque speranza di salvezza (che non ci meritiamo). Si tratta di una differenza abissale...
JACQUES ELLUL: Islam e Cristianesimo - Una parentela impossibile, Lindau 2006. Le edizioni Lindau stanno diventando sempre più interessanti (g.c.)»
Mirko Molteni – «La Padania», 28 dicembre 2006
«Un libro che fa piazza pulita di molti luoghi comuni sul rapporto fra le “religioni abramitiche” e “monoteistiche”, evidenziando che i cosiddetti tratti comuni, che pure esistono, sono nient’altro che una sottile crosta superficiale. Al di sotto della quale non vi può essere che un conflitto di prospettive.»
Claudia Gualdana – «Libero», 17 dicembre 2006
«È appena uscito un libro, piccolo per dimensioni ma non nel contenuto, perfetto per mettere in crisi le presunte verità dei buonisti del nostro tempo.
[…] Il vero bersaglio del "j’accuse" di Ellul non sono gli altri. Siamo noi. Che nel tentativo di scacciare la religione dalla storia misconosciamo le nostre tradizioni e perdiamo gli strumenti per capire quelle altrui.»
Salvatore Spera, «Città di vita», febbraio 2008
«Un inedito, come sempre nel carattere dell’autore, chiaro, diretto, polemico, condito d’ironia.»