Il volume ripropone nella nostra lingua, in edizione critica appoggiata sui manoscritti originali, due saggi brevi del conte Joseph de Maistre (1753-1821). Lo scrittore savoiardo, diplomatico al servizio del re di Sardegna, ha vissuto integralmente il periodo rivoluzionario e napoleonico di cui è testimone diretto. Dallo stile letterario asciutto e pregnante, è uno dei capostipiti della scuola di pensiero cattolica controrivoluzionaria. Il suo testo più noto è Considerazioni sulla Francia, del 1796, che apre il grande filone della critica alla Rivoluzione francese. Il primo saggio del volume, del 1798, è dedicato a una analisi religiosa e politica del protestantesimo; il secondo, del 1794 circa, alla messa a fuoco della nozione di "stato di natura" non poco distorta dal naturalismo filosofico sei-settecentesco, in particolare dagli illuministi e da Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), sul quale ultimo la critica demestriana è non poco contundente.
Racconto e testimonianza diretta di don Stefano Nastasi, parroco dal 2007 al 2013 a Lampedusa. Don Stefano narra le vicende i cui vertici sono segnati dal primo viaggio apostolico di papa Francesco, l'8 luglio 2013, e dal tristissimo naufragio del 3 ottobre. La nuda umanità e i volti delle persone segnati dalla migrazione che incontrano l'accoglienza e la generosità degli abitanti dell'isola. Non può essere assente una lettura teologica del fenomeno migratorio e sulla significativa categoria dei "segni dei tempi" grazie all'intervento del teologo Alfonso Cacciatore. Si ritiene la migrazione sociologicamente come marca del tempo (lettura laica del fenomeno), teologicamente come innesto di Vangelo nella storia (lettura credente). La postfazione è del card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento dal 2008 al 2021, il quale, sensibile al grido dei poveri, degli ultimi e degli esclusi, rilegge, nel cono di luce del racconto dei discepoli di Emmaus, biblicamente e sapienzialmente il fenomeno della migrazione. Il volume è una chiara contestazione all'atteggiamento securitario prevalente in una parte della politica e dei suoi leaders, e dell'opinione pubblica a questi fidelizzata, che vede nella migrazione e nei migranti un aggravio di problemi e costi per l'Europa e l'Italia.
Quella del missionario è una delle figure chiave della modernità: un uomo pronto ad andare in terre lontane obbedendo a un ordine o a quella voce interna che si chiama vocazione. Fu così il mediatore dell'incontro tra diversi, il professionista del contatto fra popoli che si ignoravano, il testimone posto alla giuntura di culture e universi mentali diversi, spesso incompatibili. Fu a lui che spettò mettere d'accordo l'idea occidentale di Dio come persona con le nozioni totalmente diverse delle culture orientali. Il suo modello doveva scontrarsi con quello del crociato, pronto a ogni violenza, compresa la guerra, pur di ottenere con la forza l'adesione che gli era negata. Nel tempo, il potere di dare la missio, concentratosi a lungo nelle mani del pontefice, venne via via delegato ad altre figure della gerarchia ecclesiastica, ma anche a sovrani degli Stati europei che videro nell'organizzazione di ordini missionari un potente strumento di dominio coloniale.
Nel 1300 l'intero pianeta venne scosso da una serie di shock violentissimi: pestilenze, inondazioni, piccole glaciazioni, carestie. Improvvisamente fu come se demoni, venti e draghi si coalizzassero per punire l'orgoglio dell'uomo. Eppure le tre grandi civiltà del tempo, quella europea, quella islamica e quella cinese, seppero costruire dei veri e propri 'paesaggi adattativi', nuove forme di organizzazione sociale, politica ed economica che lanciarono il mondo verso una fase nuova.
Il testo offre una rapida panoramica del percorso compiuto dai cattolici italiani nel rapporto con la democrazia. A partire dal contributo dato già dalla visione personalista di Antonio Rosmini, dal pensiero di Giuseppe Toniolo, Romolo Murri e Luigi Sturzo cui si deve la fondazione del Partito Popolare. Un contributo qualificato al pensiero sociale e politico dei cattolici viene offerto dalle Settimane sociali che, fin dal loro sorgere nel 1907, trattando temi di attualità politica, hanno accompagnato la loro presenza nella società. Il lungo percorso, che si dipana attraverso il XX secolo, porta i cattolici italiani a conoscere, accettare e praticare la democrazia non solo come semplice meccanismo istituzionale, ma come metodo. E in questo modo di intendere il processo di costruzione del consenso, legandolo alla pratica di relazioni sociali, economiche, culturali e politiche fondate sulla persona, sulla sua dignità e sulla sua cura, ha una centralità simbolica l'incontro del luglio 1943 nel monastero di Camaldoli. È anche a partire da quell'appuntamento, come dalla partecipazione alla Resistenza e dalla Settimana sociale di Firenze (1945) su Costituzione e Costituente, che istanze, aspirazioni, idee maturate per decenni o emerse dall'urgenza drammatica della guerra diventano vero e proprio progetto di umanizzazione, rifluito poi nella Costituzione e divenuto parte costitutiva dell'identità politica del Paese. Si apre così la fase della ricostruzione nazionale, in cui l'intensa opera di alfabetizzazione democratica svolta dai cattolici vede la presenza inedita delle donne che votano per la prima volta. Ciò contribuisce non poco, con l'apporto di più generazioni, da De Gasperi a Moro, a dare forma e stabilità, pur tra fatiche e resistenze, alla partecipazione democratica. Un percorso che oggi, in uno scenario in cui la forma democratica presenta segnali di crisi e corre rischi di involuzione, chiede di essere proseguito. La 50a Settimana sociale (Trieste 3-7 luglio 2024), che ha per tema "Al cuore della democrazia", è un'occasione per guardare al lascito di questo lungo cammino senza nostalgie, per contribuire a pensare la democrazia in un mondo profondamente mutato e in cerca di nuove chiavi di lettura.
Fin dall’inizio sono stati bollati di essere un geniale falso e le motivazioni pro e contro sono tante. Il testo viene riconosciuto come un falso documentale realizzato nei primi anni del XX secolo nella Russia imperiale, in forma di documento segreto attribuito a una fantomatica cospirazione ebraica e massonica che aveva come obiettivo impadronirsi del mondo. Ma questi fantomatici piani cosa prevedevano?
«Le leggi imbrigliano le azioni, non le opinioni o le idee, questo succede nelle tirannie... Nego di aver insultato chicchessia. Ho espresso dei pareri che rimangono nel perimetro del legittimo, di
ciò che la nostra legge ci consente. Non ho usato parole volgari, ho usato espressioni forti che non possono essere ricondotte arbitrariamente a insulti...».
Un esempio? «Ho una mia idea della famiglia, ritengo che non esista il diritto alla genitorialità: non esiste né nei sistemi sociali umani, né in natura... Esiste invece quello che io chiamo il diritto
dei figli di essere cresciuti da chi biologicamente li procrea; e non possiamo trascendere da questa legge “naturale”. So che ci sono delle eccezioni, che anche nelle famiglie biologiche ci può essere
uno dei due genitori che a un certo punto viene a mancare e allora si corre ai ripari, ma non possiamo partire da un incidente di percorso per farne una regola per tutti. Io non sono assolutamente d’accordo sull’utero in affitto: a mio avviso è una sorta di “economia dell’infanzia”: i bambini non si comprano, non si cedono, non si fa tratta di bambini, anche se posso capire che vi
sia un desiderio di genitorialità. Mi dispiace, non tutto può essere esaudibile in questo mondo.
Io non posso concepire una donna usata come un forno, dove un bambino viene messo e preparato per poi essere ceduto a qualcun altro... Non voglio imporre la mia idea a nessuno, però voglio avere la libertà e il diritto di esprimerla.»
«La reazione alla pubblicazione del mio libro comprova in maniera empirica esattamente ciò che sta succedendo nella nostra società odierna. Non a caso il mio libro si intitola Il mondo al Contrario. Perché questo è il primo paradosso: viviamo all’interno di società in cui i nostri avi hanno combattuto e sono morti per la libertà e la democrazia, e dove invece, piano piano, questi concetti vengono relegati solo in alcuni aspetti. Non solo in Italia, ma in tutto l’Occidente: puoi essere democratico e libero solo entro alcuni limiti. Non ne puoi toccare alcuni punti, perché
altrimenti sei scomodo, e provano a toglierti di mezzo».
(dall’ultima intervista al Generale Roberto Vannacci inserita nel Volume)
L'AUTORE
Il Generale Roberto Vannacci è uno degli Alti Ufficiali dell’Esercito Italiano di maggior esperienza internazionale (Somalia, Rwanda, Yemen, Balcani, Costa d’Avorio, Iraq,
Afghanistan, Libia, Russia). Ha comandato il 9° reggimento d’assalto paracadutisti “Col Moschin” e la Brigata paracadutisti “Folgore”. Plurilaureato, parla sei lingue. È sposato, con due figlie.
24 marzo del 1944, Seconda guerra mondiale, in un paesino della Polonia, Markowa, viene uccisa una intera famiglia: padre, madre, sei bambini e un piccolo ancora nel grembo della mamma. Nove persone soppresse in pochi minuti, “colpevoli”, secondo i nazisti tedeschi, di avere dato ospitalità a otto ebrei, che vengono massacrati con loro. È la storia della famiglia Ulma, giusti tra le nazioni e beati per la Chiesa. Sono stati riconosciuti tutti “martiri”, compresi i bambini e, per la prima volta nella storia, anche il nascituro. Un gesto, il loro, compiuto per amore, come quello del Buon Samaritano del Vangelo.
Il volume fa luce sulle origini più profonde di una disputa iniziata molto prima del 1947, l'anno della partizione della Palestina da parte dell'ONU. Il ruolo delle religioni, lo sviluppo e la cristallizzazione delle identità, il possesso della terra, le strategie delle grandi potenze e quelle dei paesi arabi, l'antisemitismo e le discriminazioni, le prospettive dal basso degli abitanti che da oltre un secolo si contendono pochi chilometri quadrati: ognuno di questi tasselli è parte di un mosaico in cui spiccano le cicatrici della storia e vengono meno le verità assolute proprie di larga parte delle narrazioni correnti. Avere il controllo di questi luoghi millenari significa interpretarne il passato. È un aspetto che è rimasto costante nel corso dei secoli. Solo gli interpreti sono cambiati.
L'allarme per un ipotetico ritorno del fascismo guarda nella direzione sbagliata. L'attenzione degli allarmati democratici si concentra sui segnali più vistosi: gesti identitari (saluti romani, croci celtiche), violenze fisiche, manifestazioni di odio razziale. Si tratta di fenomeni esecrabili, ma appunto perché plateali forse meno pericolosi rispetto a quelli meno immediatamente evidenti: i movimenti politici che, pur ripudiando il ricorso alla violenza agita sul piano fisico (ma non su quello verbale) e pur muovendosi all'interno delle regole del gioco democratico, manifestano chiari caratteri ereditari del fascismo novecentesco. Sono quei partiti - spesso difficilmente riconducibili alle categorie di destra e sinistra - che vengono convenzionalmente definiti come populisti o sovranisti. Mentre i nostalgici dichiarati del nazifascismo non sono che un fenomeno di nicchia, i populisti europei e americani discendono, consapevolmente o inconsapevolmente, non dal Mussolini fondatore del partito fascista ma dal Mussolini che per primo intuisce i meccanismi della seduzione politica nella società di massa. Dopo anni dedicati a un corpo a corpo storico e letterario con i protagonisti del fascismo novecentesco, Scurati si solleva sopra quella materia bruciante e in queste pagine ne individua con limpida precisione le leggi e le eterne insidie, consegnandoci un testo fondamentale per affrontare l'epoca inquieta che stiamo attraversando.
Fra tutti i Paesi dell'Europa orientale soggetti al giogo comunista, l'Albania è quello in cui la persecuzione contro la Chiesa cattolica è stata più violenta. Sotto il regime di Enver Hoxha, nel 1967 il Paese fu dichiarato primo Stato ateo al mondo. Tutte le chiese vennero distrutte. Dom Simon Jubani è stato uno dei tanti custodi silenziosi della fede, nei ventisei anni di carcere subiti nell'Albania comunista solo perché sacerdote. In questo libro dom Simon racconta la sua vita e il lungo periodo trascorso nelle carceri comuniste albanesi, dove subì torture tali da perdere tutti i denti. Arrestato e rinchiuso nel carcere di Burrel, in una cella di otto metri per quattro con altri 36 prigionieri, dom Simon e i suoi compagni vennero picchiati, torturati e vessati senza motivo e alcuna pietà. Durante la prigionia dom Simon scrisse queste sue memorie, per evitare che quanto subirono lui e i suoi compagni venisse cancellato dalla memoria e dalla storia. Dom Simon Jubani è nato a Scutari l'8 marzo 1927. A 16 anni iniziò la Scuola apostolica dei gesuiti. Dopo la chiusura delle scuole cattoliche, nel marzo 1946 passò al Liceo statale. Successivamente si trasferì a Tirana. Dopo aver lavorato per un periodo nell'ospedale militare della capitale, venne mobilitato nell'esercito. Nel 1957-'58 ricevette gli ordini sacerdotali e fu inviato come parroco a Mirdita, dove venne arrestato e imprigionato per 26 anni. Il 4 novembre 1990 celebrò la prima Messa pubblica, nella cappella bruciata del cimitero di Rrëmaj, alla presenza di centinaia di fedeli. Nel 1992 l'Università di San Francisco, in California, gli ha conferito la laurea honoris causa in discipline umanistiche. È morto il 12 luglio 2011, nell'ospedale di Scutari.
Per troppo tempo i rapporti tra Impero romano e comunità cristiane sono stati considerati esclusivamente in base alle politiche dei vari imperatori e non in riferimento a quei governatori che, provincia per provincia e in varia misura, rappresentavano l'impero avvalendosi di un ampio margine di discrezionalità nell'interpretazione e nell'applicazione delle norme vigenti. Tale prospettiva va, se non abbandonata, decisamente relativizzata. Questo volume si caratterizza pertanto per un aspetto profondamente innovativo: la vicenda dei cristiani viene messa in relazione con il profilo personale e culturale dei governatori di provincia che ebbero a che fare con la nuova corrente religiosa. Territori privilegiati sono l'Asia, la Siria, l'Egitto, l'Africa. Gli ampi e accurati indici analitici consentono un rapido reperimento di una grande quantità di fonti documentarie (iscrizioni, papiri, monete, scavi) solitamente ignorati nella trattatistica generale di storia del cristianesimo; questo materiale rende più puntuale e articolata la ricostruzione della vicenda degli antichi cristiani.