Quale fu l'atteggiamento dei filosofi greci nei confronti delle tradizioni mitico-religiose delle loro città? Come caratterizzare la loro «teologia», la loro concezione della pietà, durante i tre grandi periodi della storia del pensiero greco? Da Talete agli Stoici, in un itinerario pregno di contrasti, ambiguità e impreviste armonie, Daniel Babut accompagna il lettore nelle nervature più sottili del pensiero religioso dei filosofi greci, mostrandone il progressivo sviluppo nel tempo e ricreando al contempo, con perizia, un dialogo tra i diversi attori posti in scena. La rete di somiglianze e dissomiglianze che ne deriva rivela l'originalità e il carattere peculiare di ciascuna posizione, sfatando falsi miti e dimostrando come, da cornici di pensiero spesso congeneri, poterono scaturire esiti antitetici, talvolta paradossali. Un solo punto fermo: l'inseparabilità della religione dei filosofi dalla religione popolare, nell'impossibilità di una completa fusione tra le due. Come il sofista nell'omonimo dialogo platonico, il Dio dei filosofi greci sembra sfuggire a qualunque tentativo di cattura; prendendo a prestito le parole di Eraclito, egli «vuole e non vuole essere chiamato con il nome di Zeus» (22 B 32 D.-K.). Da acuto storico della filosofia, Babut osserva e non giudica, dando voce agli Antichi, senza pretendere di trasferire loro le categorie e i criteri forgiati dagli sviluppi religiosi occorsi nei secoli successivi.
Per le chiese cattoliche costruite tra la metà del Cinquecento e la metà del Novecento l'ispiratore era facile da individuare: il Concilio di Trento, anche se quel Concilio non aveva mai affrontato esplicitamente il tema dell'architettura. Fu San Carlo, con le sue Istruzioni, a orientare per secoli l'architettura religiosa nello spirito del Concilio tridentino. Per le chiese costruite nella seconda metà del Novecento la risposta è altrettanto facile: l'ispiratore è il Concilio Vaticano II. Da allora il tema dell'architettura delle chiese è stato ripreso da vari punti di vista. Per trasformare i sintetici motivi ispiratori del Concilio e i numerosi frammenti direttivi sparsi nei documenti post-conciliari in linee guida per i progettisti, alcune conferenze episcopali, specialmente in Europa, America e Australia, a più riprese, hanno pubblicato diversi documenti organici. Giancarlo Santi, in questo volume, ha ritenuto utile raccoglierli e tradurli in italiano, proponendone così anche una lettura complessiva.
La spiritualità è uno degli aspetti della sensibilità giovanile in rapido cambiamento. I giovani sembrano disinteressati a tutto ciò che - come afferma uno di loro - «non si vede e non si compra», eppure, dietro un'apparente indifferenza, si nascondono tante domande e una ricerca talvolta confusa, ma non per questo meno vera. Che senso ha la vita? Che cosa dà valore all'esistenza? Come affrontare il limite e l'incertezza, di cui la recente pandemia e la guerra - mai avvertita così vicina - hanno costretto a fare esperienza? Sono alcuni degli interrogativi che agitano le coscienze giovanili, alla ricerca di sé, di armonia, di benessere interiore, di relazioni rasserenanti, di speranza per il futuro. Anche Dio è parte di questo orizzonte: il suo nome si fa strada dentro emozioni, pensieri e stati d'animo che allontanano i giovani dalle religioni istituzionali e dai canoni della tradizione per intraprendere percorsi a tratti intimistici. L'indagine, di cui si espongono i risultati in questo volume, mette in luce come nella precarietà del presente si possano intuire nuove direzioni del rapporto con la dimensione trascendente della vita.
Nel pensiero di Gustavo Bontadini è sempre rimasto saldo l'equilibrio tra due elementi concettuali spesso visti in opposizione tra loro: l'affermazione della metafisica come «opera della ragione» e quella della «scelta esistenziale» che l'uomo compie nel dare un senso unitario alla propria vita. A differenza degli altri studi sul filosofo, il volume di Messinese considera il pensiero metafisico del filosofo all'interno di un più ampio orizzonte, superando così l'immagine riduttiva che talvolta ci si è fatta del suo pensiero. Bontadini ha offerto una perspicua chiarificazione circa la questione dei rapporti tra scienza e fede e ha prodotto essenziali considerazioni riguardo a temi ancora oggi di grande importanza nel dibattito religioso e culturale, quali la «demitizzazione» della fede cristiana e l'«ellenizzazione» del cristianesimo. In entrambi i casi, il filosofo fu sempre fautore di una conciliazione tra la fede cristiana in Dio e la concezione della realtà propria dell'uomo moderno. La proposta che ne è emersa è di una «filosofia cristiana» per il nostro tempo.
I recenti straordinari progressi dell'ingegneria genetica ci consegnano insieme una promessa e un problema. La promessa è che presto si potrà curare e prevenire un gran numero di gravi malattie. Il problema è che queste nuove capacità scientifiche ci metteranno in condizione di manipolare il nostro organismo, per renderlo più efficiente nelle performance sportive o rispondente a particolari canoni estetici, e soprattutto di progettare i tratti genetici dei nostri figli. La possibilità di intervenire così profondamente sulla natura umana crea indubbiamente perplessità nella maggior parte delle persone. Molti invocano ragioni legate alla "sicurezza" di tali manipolazioni o alla loro "equità", visto che questi interventi sembrano destinati ancora per molto ai mezzi economici di pochi. In realtà, sentiamo che c'è in gioco qualcosa di più. L'inquietudine profonda che proviamo di fronte alle prospettive dell'ingegneria genetica è il punto da cui parte Michael J. Sandel, uno dei filosofi morali più importanti nel panorama statunitense, in questo libro in cui somma una logica rigorosa nello sviscerare i punti di forza e le debolezze delle diverse prese di posizione a una felice capacità di cogliere lo spirito del nostro tempo attraverso il racconto di casi e aneddoti tra i più curiosi ed esemplari. Il fatto è che la ricerca del miglioramento continuo, la tensione sempre maggiore verso un progetto di perfezione hanno a che fare, alla fine, con un impulso di padronanza e dominio individualistico. Essere i 'designers' del nostro corpo o i progettisti dei nostri figli, scegliendone le caratteristiche più gradite al 'supermercato della genetica', anche quando le intenzioni iniziali sembrano legittime e altruistiche, ha un sapore di arroganza che ci fa perdere di vista l'essenza più profonda della natura umana: la sua gratuità. Di più: la sua incoercibile alterità di dono prezioso e per questo unico e irripetibile, da accogliere invece che manipolare, da contemplare invece che dominare. Viviamo in un mondo, afferma Sandel, in cui la scienza cammina più velocemente della comprensione etica. E proprio per questo abbiamo il dovere di metterci al passo. Lo sguardo etico deve prendere il posto che gli spetta nel panorama dell'odierna discussione, perché è l'unico che può dare il giusto rilievo e la vera chiave di lettura al dilemma della nostra epoca: come accettare le promesse della scienza biomedica di prevalere sulla malattia senza compromettere la nostra umanità.
«La sua missione è l'Italia», dice Benedetto XV nel 1918 ad Armida Barelli nell'affidarle il mandato di fondare la Gioventù Femminile Cattolica. Inizia un lungo viaggio lungo la Penisola per coinvolgere le giovani che dovranno costruire l'Associazione nelle diocesi. La "Sorella Maggiore" stabilisce un fitto dialogo epistolare con le giovani donne che devono superare i condizionamenti ambientali e culturali, dovuti anche a una mentalità ecclesiastica arretrata. In queste lettere inedite le giovani, insieme alle difficoltà organizzative del primo radicamento, parlano della propria vita, aprono il loro cuore, confidando la propria ricerca spirituale, tracciando il difficile cammino di autonomia delle donne in un dopoguerra carico di novità e di fermenti sociali. Le giovani vedono nella "Sorella Maggiore" un punto di riferimento per la loro crescita umana e spirituale e per un'inedita e coraggiosa emancipazione. Le lettere documentano così il contributo di Armida Barelli al processo di integrazione dei cattolici nella vicenda nazionale e alla nascita di un originale protagonismo femminile.
Ancora una volta, il teologo Halík ci invita a una riflessione delle sue, a lasciare cioè i nostri comodi sentieri e a trovare un "terreno santo" in luoghi del tutto inaspettati. Tommaso, l'apostolo incredulo diventa figura emblematica di un percorso di fede: non il biasimevole esempio di una fede incapace di sostenersi senza conferme umane, bensì lo spunto per un pensiero teologico della "non-indifferenza", disposto a "toccare le ferite", anzi a mettere esattamente al centro i feriti del mondo per cercare il Dio della croce. In quattordici piccoli capitoli, il numero delle stazioni della Via Crucis, Halík segue questa intuizione riprendendo ricordi di viaggi (oltre che in India, a Gerusalemme, ad Auschwitz, a Ground Zero), letture di pensatori amati (da Nietzsche a Simone Weil), esperienze politiche e culturali vissute nel suo Paese. Una lettura che ci muove a uscire dai recinti tranquilli in cui così spesso rinchiudiamo la nostra fede.
Lungo tutto il primo millennio dell'era cristiana, le immagini religiose erano state elevate a una dignità che le avvicinava al potere simbolico del sacramento Nei secoli moderni, questa gloria storica dell'icona perde progressivamente significato. Si inaugura, con l'Umanesimo, quella che Giuliano Zanchi chiama «l'epoca dell'Arte e della Ragione», in cui il pensiero scientifico diventa lo strumento di interfaccia col mondo e l'immagine viene codificata secondo i canoni squisitamente qualitativi della formalità artistica. La cultura religiosa si ritrova così in esilio nella sua stessa epoca, guardata con sospetto e spesso assimilata alle regioni occulte della magia e della credulità. Eppure, la materia simbolica continua a muoversi, nella 'clandestinità' della devozione popolare. Compaiono immagini sacre 'residuali' che però riescono ad aprire brecce a quanto era stato lasciato fuori da porte ormai chiuse. 'Immagini vive' come quella del Sacro Cuore (ma anche le immagini miracolose, le apparizioni mariane, la Sindone di Torino) che esprimono un disagio e veicolano un rimosso. Storie che possono illuminare anche spazi della nostra 'civiltà delle immagini'.
Il libro dei Proverbi, la più antica delle raccolte sapienziali, è un canto entusiasta del volto radioso della Sapienza. Perseguirne le tracce significa passare attraverso l’incanto della sua spregiudicata ironia e gli strapiombi del suo indifeso moralismo. Ma il suo amore per le cose di tutti i giorni ne fa una lettura degna del lettore di ogni tempo. Questo libro di Giuliano Zanchi, più che una meditazione teologica, vuole essere una piccola esercitazione letteraria. Attraversa l’intricata vegetazione testuale del libro sapienziale con la libertà di non dover onorare nessun obiettivo di natura critica. La scommessa è che il libro dei Proverbi possa essere letto con intatto senso di seduzione, soprattutto per la perennità dell’atteggiamento che esso consiglia, il quale contiene il sospetto di cui l’uomo postmoderno nutre il proprio disincanto: che ogni grande principio generale vada portato alla misura delle minute scelte quotidiane. Perché, come scrive Paul Beauchamp, «la Sapienza è in primo luogo la vita, tutto ciò a cui non si pensa perché ci si è dentro, tutto ciò che, benché incolore, mediocre e universale, si rivela inestimabile quando perderlo significa morire».
Giuseppe Toniolo (1845-1918) è spesso citato ma poco conosciuto. Il saggio Economia umana di Domenico Sorrentino colma una lacuna, portando lo sguardo in modo sistematico e quasi antologico sul suo Trattato di economia sociale e gli altri suoi scritti. La chiave della visione tonioliana è il rapporto tra etica ed economia. Proprio questa prospettiva torna oggi di attualità, di fronte a un'economia globale alle prese con questioni drammatiche come la disuguaglianza, la povertà e il dissesto ecologico. Urge un nuovo paradigma che superi la polarizzazione Stato-mercato, recuperando il ruolo, anche economico, della società civile. C'è bisogno di un'economia ridisegnata sulla base di un'antropologia integrale. L'iniziativa Economy of Francesco, con la quale il papa ha chiamato i giovani economisti di tutto il mondo a fare un patto per un'economia più fraterna e solidale, cerca ispiratori e veri maestri. Toniolo è uno di essi.