«Non sono né un pessimista né un ottimista, sono solo uno scienziato che prova a spiegare come funziona davvero il mondo». Su cosa si regge un sistema globale in cui per fare arrivare un pollo in tavola è necessaria una quantità di energia pari a mezza bottiglia di greggio? Tra i massimi esperti di scienze ambientali, Vaclav Smil descrive con straordinaria chiarezza i meccanismi complessi che permettono il nostro benessere e immagina, per noi, un futuro possibile. Il mondo in cui viviamo consuma 370 milioni di tonnellate di plastica l'anno, 150 milioni di ammoniaca, 1,8 miliardi di tonnellate di acciaio e 4,5 miliardi di tonnellate di cemento. Il lavoro ormai decennale di Vaclav Smil si fonda su una certezza incrollabile: per affrontare qualsiasi problema in maniera efficiente è necessario conoscere i fatti e partire dai dati. Accompagnati nell'esplorazione di principî e macrosistemi ci scopriremo di volta in volta sorpresi, indignati, fiduciosi. E, a lettura ultimata, certamente più informati e consapevoli.
All’interno del Movimento No Tav si è costituito un gruppo di cattolici che, unendo preghiera, riflessione e azione, ha deciso di dare concre-tezza a un'idea forte di ecologia integrale attraverso il confronto tra l’enciclica Laudato si’ e gli impatti sull’ambiente legati alla linea ferro-viaria Torino-Lione. Citando i documenti ufficiali e le parole dei politici, riferendo i dati riportati negli anni dai giornali, e attraverso un confronto continuo con il Magistero della Chiesa, ecologia, salute, economia e po-litica vengono ricondotte al centro del dibattito in una forma inedita e illuminante.
"Lo stato di degrado della nostra casa comune merita la stessa attenzione di altre sfide globali quali le gravi crisi sanitarie e i conflitti bellici. Vivere la vocazione di essere custodi dell'opera di Dio è parte essenziale di un'esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell'esperienza cristiana". Papa Francesco.
Questo libro è il frutto della riflessione del Gruppo Cattolici per la Vita della Valle che si è a lungo riunito per analizzare il progetto Tav Torino-Lione alla luce dell’enciclica Laudato si’. Questa riflessione parte proprio dal grave monito che papa Francesco lancia nel suo documento: "Le previsioni catastrofiche ormai non si possono più guardare con disprezzo e ironia. Potremmo lasciare alle prossime generazioni troppe macerie, deserti e sporcizie. Il ritmo di consumo, di spreco e di alterazione dell’ambiente ha superato la possibilità del pianeta, in maniera tale che lo stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi, come di fatto sta già avvenendo periodicamente in diverse regioni" dalla Prefazione di Alex Zanotelli
"È necessaria una coscienza planetaria": Byung-Chul Han volge il suo sguardo penetrante alla terra e alla natura, ma non si tratta di pura riflessione, perché questo libro appassionato che incrocia Goethe, Hölderlin, Heidegger, Schubert e D'Annunzio è anche un diario di giardinaggio. Più il filosofo si dedica al suo giardino berlinese - che chiama Bi-Won, "giardino segreto" in coreano -, più cresce in lui il rispetto per la bellezza della terra (rappresentata nel testo con le splendide illustrazioni di Isabella Gresser). In questo viaggio tra le stagioni, le piante e i pensieri il lettore imparerà di nuovo lo stupore e la meraviglia di fronte all'unicità e alla fragilità del nostro pianeta. Han scrive una dichiarazione d'amore per la natura che è anche un appello all'umanità per proteggerla: "Lo sperare è la modalità temporale del giardino, per cui il mio elogio della terra è rivolto alla terra che verrà".
Colossali ecatombi del passato hanno più volte segnato un nuovo inizio per altre forme di vita. La «catastrofe», la resa dei conti finale con la storia, ci affascina da sempre. Soddisfa bisogni psicologici magnificamente rappresentati nell'immaginario classico della fine del mondo vista come catarsi risolutiva, punizione, vendetta. Attraverso le parole chiave dell'attesa - apocalisse, disastro, nemesi, estinzione - queste pagine piene di ironia ci propongono un messaggio positivo di umiltà evoluzionistica e di accettazione della contingenza della vita sulla Terra, per decidere che cosa fare quando anche questa volta il mondo non sarà finito.
Continue ondate migratorie aprono scenari a cui non eravamo preparati, e paiono il preludio a esodi di interi popoli. Le aree dove questi sommovimenti si originano hanno tutte qualcosa in comune: il clima che cambia, il deserto che avanza e che sottrae terreno alle colture mettendo in ginocchio le economie locali. "A tre anni dalla prima edizione di questo libro" osservano gli autori nella nuova introduzione "è per noi una magra consolazione trovare conferma delle dinamiche preoccupanti su cui avevamo cercato di attirare l'attenzione". Il cambiamento climatico contribuisce al disagio e all'aumento della povertà di intere popolazioni, esposte più facilmente ai richiami del terrorismo e del fanatismo. In tutto questo, l'Italia è in prima linea: lo sanno bene a Lampedusa. Un climatologo e un diplomatico - così lontani, così vicini - hanno preso la penna giungendo alle stesse conclusioni: se abbandoniamo i più poveri al loro destino non solo facciamo finta di non capire ciò che ci insegnano la moderna scienza del clima e l'analisi geopolitica - che siamo tutti sulla stessa barca e che i problemi sono interconnessi e hanno una dinamica globale -, ma lasciamo crescere un bubbone di conflittualità che prima o poi raggiungerà anche noi; i primi migranti del clima lo sanno bene. Prendere coscienza dei rischi di un clima impazzito può favorire un'operazione di pace, integrazione e giustizia di portata inedita.
È raro che un libro riesca a modificare il corso della storia, eppure questo saggio è riuscito a farlo. "Il libro di Rachel Carson, pietra miliare dell'ambientalismo, è la prova innegabile di quanto il potere di un'idea possa essere di gran lunga più forte del potere dei politici": così scrive nella sua Introduzione Al Gore, vicepresidente degli Stati Uniti nell'amministrazione Clinton. Carson previde con forte anticipo sui suoi tempi gli effetti in agricoltura dell'uso degli insetticidi chimici, e di sostanze velenose, inquinanti, cancerogene o letali, sull'uomo e sulla natura. Dopo la pubblicazione dell'opera nel 1962, il DDT è stato vietato e si è presa una serie di provvedimenti legislativi in materia di tutela ambientale. L'appassionato impegno, lo scrupoloso rispetto della verità e il coraggio personale della sua autrice sono serviti da modello nella lotta per la difesa dell'ambiente in tutto il mondo, e lei stessa può essere considerata "madre" del movimento ambientalista. Primavera silenziosa, che è ormai un classico e conserva tuttora una grandissima attualità, dimostra che esistono diverse alternative all'irresponsabile e impudente avvelenamento del pianeta da parte delle industrie chimiche. Per evitare che la primavera scompaia dalla faccia della Terra.
L'oggetto proprio dell'azione pastorale della Chiesa è l'essenza della medesima comunità cristiana nel suo farsi nella storia, e la Chiesa è composta di uomini e donne che si rendono disponibili - in forza del mandato di Cristo - all'incontro con altri uomini e donne. Allora al cuore di ogni agire pastorale non può che essere la vita o - per usare un'altra ma non divergente terminologia - la salute. E una pastorale che si occupi della vita-salute delle persone non riterrà certo a sé estranea la questione delle sorti della "casa" comune, cioè dell'ambiente in cui si sviluppa la vita dell'uomo e in cui si possono sviluppare patologie, malattie e morte dell'uomo. Non stupirà dunque di trovare in queste pagine argomentazioni di natura soprattutto filosofica e teologica, intrecciate con altre di rilievo squisitamente empirico, clinico, sociale e pedagogico.
A chi gli chiedeva perché voleva scalare l'Everest, George Mallory, il grande pioniere himalayano, rispose: «Perché è lì». Da Preuss a Bonatti, da Mallory a Messner, da Cassin a Honnold, tutti i grandi della storia dell'alpinismo hanno avuto una propria, personalissima, 'visione verticale'. L'apparente insensatezza di esporsi ad avventure che mettono a rischio la propria vita e l'impossibilità a resistere all'ignoto, le difficoltà e la brutalità della natura e i propri e umanissimi fantasmi: è il mistero e il fascino dell'alpinismo. Perché scalare? Perché mettere a rischio la propria vita? E farlo facendo ricorso a ogni mezzo o seguendo un'etica rigorosa? Nel corso di quasi due secoli e mezzo di vita, l'alpinismo ha subito innumerevoli rivoluzioni. Non solo e non tanto delle tecniche e degli strumenti, quanto piuttosto della sua stessa etica, delle 'visioni verticali' che l'hanno attraversato. C'è stato un alpinismo esplorativo, legato a una dimensione scientifica e conoscitiva; uno romantico, fondato sul confronto a 'mani nude' con la roccia; uno eroico, tutto teso alla ricerca della difficoltà estrema; fino alle forme commerciali e sportive che stiamo vivendo. Ognuna di queste 'visioni' ha costruito una sua dimensione morale, su ciò che era lecito e ciò che non lo era, su come si 'doveva' andare in montagna e sul perché lo si faceva. I grandi campioni, da Preuss a Bonatti, da Messner a Honnold, sono stati e sono anche portatori di una prospettiva che ha influenzato e condizionato migliaia di appassionati che ne hanno seguito gesta e fallimenti. A differenza di ogni altro sport, la 'prima' invernale della parete nord del Cervino, la 'prima' in solitaria senza ossigeno di un 8000 in Himalaya, il free solo sul granito della Yosemite Valley sono imprese che hanno scatenato dibattiti infiniti e ci interrogano ogni volta. Sono visioni che pongono domande sul senso stesso della nostra vita.
Negli ultimi trent'anni, nella scienza d'avanguardia, è emersa una nuova concezione sistemica della vita in cui si afferma che siamo circondati da sistemi complessi, formati cioè da varie parti e componenti che si giustappongono e interagiscono mutualmente le une con gli altri, così che non ha più senso, per studiare e capire il sistema stesso, isolare i singoli componenti e analizzarli singolarmente staccandoli dal contesto globale. Questo volume integra in un unico quadro teorico coerente le idee e i modelli che costituiscono il fondamento di questa visione. Esplorando a 360° la storia e le diverse discipline scientifiche, Fritjof Capra e Pier Luigi Luisi affrontano la comparsa di termini chiave come "autopoiesi", "strutture dis-sipative", "social network" e "comprensione sistemica dell'evoluzione". Pubblicato per la prima volta nel 2014 e divenuto, negli anni, un testo di culto, Vita e Natura si propone anche come una lettura essenziale per chiunque sia interessato a comprendere le implicazioni nelle varie discipline delle scienze naturali e sociali della concezione sistemica della vita: dall'economia alla politica, fino alla medicina, la psicologia, l'ecologia e il diritto.
La pandemia dà ragione agli ecologisti, all’idea che l’Homo sapiens abbia devastato la natura e ora ne paghi il prezzo? O al contrario dimostra che gli ecologisti hanno torto, che solo un uomo sempre piú “tecnologico” e “artificiale” può sconfiggere la natura “ostile”?
A partire da queste due opinioni contrapposte ed entrambe correnti, si snoda una riflessione sul pensiero ecologico, che vede l’uomo come “intruso” nel mondo naturale ma al tempo stesso, nel solco di Darwin, come specie animale integrata nei processi evolutivi. Questa contraddizione non ha impedito alle idee degli ecologisti di conquistare l’opinione pubblica, di penetrare nella mentalità contemporanea e soprattutto delle nuove generazioni. Ma di fronte alla pandemia e a una crisi ancora piú grave, quella climatica, gli ecologisti devono sciogliere le loro ambiguità, mettendo da parte pregiudizi e diffidenze verso la scienza e la tecnologia: oppure, da soluzione della crisi ecologica, il pensiero green rischia di diventare esso stesso parte del problema.
Per decenni le industrie legate ai combustibili fossili hanno negato che il clima stesse cambiando o che le attività umane avessero un qualche ruolo nel riscaldamento in atto. Oggi il consenso della comunità scientifica gli impatti sempre più evidenti e la pressione sociale crescente hanno di fatto azzerato le forme più radicali di negazionismo ormai limitate ai recessi più oscuri dei social media. La battaglia per il clima però non è ancora vinta. Le aziende dei fossili nel tentativo di ritardare il più possibile gli interventi che servono a evitare livelli di riscaldamento pericolosi ma che metterebbero a rischio i loro profitti hanno infatti cambiato approccio. Non negano più e puntano invece a distrarre e a rinviare. Michael E. Mann da oltre vent'anni uno dei climatologi più importanti del mondo in La nuova guerra del clima analizza e decostruisce le nuove strategie di questi "inattivisti". Per esempio l'enfasi sulla responsabilità individuale: gli appelli legittimi a ridurre i consumi e a evitare gli sprechi sono stati trasformati in una potentissima arma di distrazione di massa capace di dividere gli attivisti per il clima e di distogliere l'attenzione dalle aziende dei fossili vere responsabili del riscaldamento in corso. Vengono poi presi in esame gli appelli di lobbysti politici e opinionisti a favore di quelle che Mann chiama "soluzioni-non soluzioni": per esempio il gas naturale gli interventi di riforestazione e la geoingegneria. Si tratta di misure che non risolvono il problema dei cambiamenti climatici e ritardano le azioni davvero efficaci come l'abolizione dei sussidi ai fossili e l'imposizione di un prezzo sul carbonio. Infine Mann non risparmia critiche a quella che chiama "pornografia climatica" l'idea spesso compiaciuta secondo cui la catastrofe sarebbe ormai inevitabile e non possiamo più fare niente. Non è così. Le soluzioni ci sono quello che bisogna fare adesso è decarbonizzare il più rapidamente possibile le nostre economie perché "ogni grammo di carbonio che non bruciamo migliora le cose". Possiamo farlo investendo in tecnologie già disponibili prime fra tutte il solare e l'eolico e dando fondo alle qualità migliori del nostro essere umani.
Nel volume si affronta innanzitutto il rapporto economia/ambiente, quindi la microeconomia dell'ambiente e la macroeconomia, per concludere con il passaggio dall'economia dell'ambiente all'economia ecologica, di cui ne definisce i caratteri.