Per decenni le industrie legate ai combustibili fossili hanno negato che il clima stesse cambiando o che le attività umane avessero un qualche ruolo nel riscaldamento in atto. Oggi il consenso della comunità scientifica gli impatti sempre più evidenti e la pressione sociale crescente hanno di fatto azzerato le forme più radicali di negazionismo ormai limitate ai recessi più oscuri dei social media. La battaglia per il clima però non è ancora vinta. Le aziende dei fossili nel tentativo di ritardare il più possibile gli interventi che servono a evitare livelli di riscaldamento pericolosi ma che metterebbero a rischio i loro profitti hanno infatti cambiato approccio. Non negano più e puntano invece a distrarre e a rinviare. Michael E. Mann da oltre vent'anni uno dei climatologi più importanti del mondo in La nuova guerra del clima analizza e decostruisce le nuove strategie di questi "inattivisti". Per esempio l'enfasi sulla responsabilità individuale: gli appelli legittimi a ridurre i consumi e a evitare gli sprechi sono stati trasformati in una potentissima arma di distrazione di massa capace di dividere gli attivisti per il clima e di distogliere l'attenzione dalle aziende dei fossili vere responsabili del riscaldamento in corso. Vengono poi presi in esame gli appelli di lobbysti politici e opinionisti a favore di quelle che Mann chiama "soluzioni-non soluzioni": per esempio il gas naturale gli interventi di riforestazione e la geoingegneria. Si tratta di misure che non risolvono il problema dei cambiamenti climatici e ritardano le azioni davvero efficaci come l'abolizione dei sussidi ai fossili e l'imposizione di un prezzo sul carbonio. Infine Mann non risparmia critiche a quella che chiama "pornografia climatica" l'idea spesso compiaciuta secondo cui la catastrofe sarebbe ormai inevitabile e non possiamo più fare niente. Non è così. Le soluzioni ci sono quello che bisogna fare adesso è decarbonizzare il più rapidamente possibile le nostre economie perché "ogni grammo di carbonio che non bruciamo migliora le cose". Possiamo farlo investendo in tecnologie già disponibili prime fra tutte il solare e l'eolico e dando fondo alle qualità migliori del nostro essere umani.
Il modello economico oggi prevalente ha aiutato miliardi di persone a migliorare le proprie condizioni di vita. Tuttavia, questi risultati sono stati ottenuti imponendo un prezzo altissimo ai sistemi naturali prima e a quelli sociali dopo. Da un lato, inquinamento, cambiamenti climatici e distruzione della biodiversità; dall'altro, livelli di diseguaglianza che non hanno probabilmente uguali nella storia dell'umanità e che, assieme alle crisi innescate dal sistema finanziario, contribuiscono a dare forza ai movimenti populisti che incendiano gran parte dei paesi dell'Occidente. È chiaro che qualcosa non funziona, e che l'economia deve essere aggiornata alle realtà del XXI secolo. Per farlo, Kate Raworth ricostruisce la storia delle teorie che stanno alla base dell'attuale paradigma economico, ne evidenzia i presupposti nascosti e con grande sagacia li smonta pezzo per pezzo. Dopo aver fatto piazza pulita di teorie che, pur risalendo all'Ottocento continuano a essere insegnate ancora oggi, Raworth presenta l'economia della ciambella, che attinge alle ultime acquisizioni dell'economia comportamentale, ecologica e femminista, e a quelle delle scienze del sistema Terra. Indica sette passaggi chiave per liberarci dalla nostra dipendenza dalla crescita, riprogettare il denaro, la finanza e il mondo degli affari e per metterli al servizio delle persone. In questo modo, si può arrivare a un'economia circolare capace di rigenerare i sistemi naturali e di redistribuire le risorse, consentendo a tutti di vivere una vita dignitosa in uno spazio sicuro ed equo. Ricco di storie e prospettive sorprendenti, attento alle realtà profonde degli esseri umani, "L'economia della ciambella" è un'opportunità per imparare a pensare come economisti del XXI secolo.
"L'abbondanza entro i confini planetari richiede una profonda trasformazione della mentalità. Non crescita senza limiti, e nemmeno limiti alla crescita, ma crescita entro i limiti." (Johan Rockström e Mattias Klum). È tempo di voltare pagina. Siamo nell'Antropocene, un'epoca in cui le azioni di sette miliardi di persone rischiano di destabilizzare i sistemi naturali della Terra, con conseguenze a cascata sulle società umane. Scienza, immagini e racconto si intrecciano in "Grande mondo, piccolo pianeta", che illustra le scoperte più recenti sulla necessità, la possibilità e le opportunità offerte da un nuovo paradigma di sviluppo, l'abbondanza nell'ambito dei confini planetari. Johan Rockström e Mattias Klum respingono infatti l'idea che la crescita economica e lo sviluppo umano debbano avvenire a spese dell'ambiente. Al contrario, abbiamo un'opportunità straordinaria per entrare in un "Antropocene buono". Quello che serve è una trasformazione radicale dei modi di pensare. Dobbiamo proteggere le bellezze rimaste sulla Terra, usando la sostenibilità globale per liberare l'innovazione e aumentare la resilienza: è questo il fulcro del nuovo modo di pensare alla crescita entro i limiti della Terra.