Il volume riporta il testo originale di un commento ad un saggio di Giorgio La Pira apparso sulla rivista "Cronache sociali", pubblicazione edita a Roma negli anni 1947-1951 e animata da importanti collaborazioni, come quelle di Giuseppe Rossetti, Amintore Fanfani, Giuseppe Lazzati e dello stesso La Pira.
I genitori sono costantemente sotto pressione, e partendo, in buona fede, dal legittimo desiderio che i figli ricevano stimoli, coltivino i propri talenti e colgano tutte le opportunità, spesso finiscono per esagerare. Ecco allora i bambini inquadrati in un'agenda più fitta di impegni di quella di un manager, strapazzati fra mille attività imposte da genitori sempre più ansiosi e ossessionati da un ideale di "super-bambino", pervasi fin da piccoli da un'ansia da prestazione che impedisce loro di godersi un'infanzia degna di questo nome. Con garbo e ironia, Honoré invita a sdrammatizzare e ridimensionare le proprie aspettative: allentando la pressione e cercando un equilibrio più sano fra ciò che è troppo e ciò che è troppo poco per loro, si può diventare genitori più sereni di bambini più felici. E lo fa senza impartire ordini né giudicare gli altri, ma partendo dalla propria esperienza di papà stressato che una sera, finito di leggere a tutta velocità ai suoi figli la "minifiaba da un minuto" si è chiesto: "e se per cambiare gliene leggessi una tutta intera?"
Con un linguaggio semplice, ma con richiami a evidenze scientifiche, il testo vuole aiutare i genitori a comunicare con il loro bambino,a comprenderne i bisogni,a rispondere in modo coerente alle sue richieste. Vengono affrontati problemi quotidiani e difficoltà comuni: dalla depressione post partum alle ansie legate all’allattamento al seno, dal ciuccio al pannolino, dal sonno alla pappa, dalla nanna alla scelta dello sport, dal vasino alle scarpe, dal primo giorno di asilo alla separazione/divorzio dei genitori. L’autore, nell’affrontare i diversi temi, privilegia sempre l’aspetto psicologico e relazionale. Il motivo portante del libro è, infatti, la comunicazione mamma-bambino inserita nel contesto familiare.
AUTORE Tommaso Montini, nato a Napoli nel 1959, sposato e padre di tre figli,è pediatra di famiglia. Per circa dieci anni ha lavorato anche come guardia medica specialistica pediatrica alla SDOP (un servizio di pronto intervento della città di Napoli). Impegnato nel direttivo dell’ACP (Associazione culturale pediatri della Campania), partecipa come relatore a numerosi congressi specialistici ma si diletta anche a tenere corsi per genitori. Ha pubblicato: Meno male che ci sono i bambini! Consigli ed esperienze di un pediatra papà(Edizioni L’isola dei ragazzi,Napoli 2004).
Come possiamo trasformare i sentimenti di amore per i nostri figli in comportamenti capaci di esprimere questo amore e di indirizzarli verso uno sviluppo sano? Volersi bene, infatti, non significa automaticamente andare d'accordo. E spesso atteggiamenti permissivi o, al contrario, autoritari nascondono l'incapacità di crescere figli autonomi, in grado di realizzare il proprio potenziale, di giocare un ruolo nella vita che sia di amore e di rispetto verso se stessi e verso gli altri. Jesper Juul, uno dei più apprezzati terapeuti familiari del nostro tempo, offre ai genitori e alle coppie consigli utili per trovare la propria via nell'impostare e mantenere le relazioni all'interno della famiglia: non ricette di pronto consumo, tanto rapide quanto inefficaci, ma riflessioni che provocano e interrogano, una solida base per tutti coloro che cercano di definire il proprio ruolo come padri, madri e partner. Jesper Juul in questo libro spiega a compiere le scelte giuste anche in situazioni difficili ed improntare la vita familiare ai propri personali valori.
Questa opera si sostantiva in una critica radicale della Riforma, in realtà controriforma secondo l'autore, della Scuola del Ministro Mariastella Gelmini. La vivace forza polemica delle argomentazioni potrebbe fare pensare a un esplicito intento politicamente suggerito dall'attualità. In realtà, il discorso di Frabboni si richiama, anche se non in modo esplicito, a una tradizione culturale italiana e non solo, definita dall'obiettivo, da sempre perseguito, di una didattica laica in senso integrale, dunque libera da condizionamenti di qualsiasi natura. Il Programma Ministeriale di fatto, secondo Frabboni, vilipende l'istruzione perché la imprigiona in steccati scuolacentrici, famiglia-centrici, disciplinacentrici, contraddicendo la modernità delle conoscenze e il pluralismo delle culture e dei valori propri di una scuola democratica. Il sapere trasmesso dalla scuola voluta dalla Gelmini è sostanzialmente destinato a consumarsi nell'orizzonte della istituzione scolastica. È inidoneo a una "manutenzione" adulta. È fatto da un insieme di conoscenze "usa e getta" che minacciano lo spettro di un analfabetismo di ritorno. In sostanza, la Riforma, imposta dalla Gelmini senza consultare gli interessati, disegna una scuola autoritaria, selettiva, ripetitiva. Non è finalizzata a educare alla libertà, alla tolleranza, alla solidarietà, alla pace. Fatto reso ancora più grave dalla cultura massmediologica che esclude i giovani da una partecipazione reale.
La pedagogia dello sport è una scienza specialistica che affronta tutti i problemi educativi inerenti le attività motorie e sportive, sia dal punto di vista teorico sia dal punto di vista pratico. Il libro di Emanuele Isidori, primo docente universitario di pedagogia dello sport in Italia, tratta i principali temi della disciplina, ancora quasi del tutto sconosciuta nel nostro paese: i fondamenti epistemologia, gli ambiti di studio, le metodologie di ricerca, i problemi della formazione degli educatori e quelli riguardanti l'educazione fisica e sportiva in genere nella società complessa. Lo scopo del volume è quello di offrire ai ricercatori, agli insegnanti e agli studenti un primo strumento di studio scientifico per affrontare questa disciplina.
Lo scopo di questo libro è quello di definire l’ambito del lavoro, i compiti e i problemi della pedagogia familiare. Nel fatto educativo è possibile cogliere tre elementi centrali: la conoscenza dell’uomo educando (in quanto essere umano e in quanto singolo), i fini della sua educazione, i procedimenti per educarlo. Sul piano teorico e speculativo questi tre elementi sono studiati dalla filosofia e teologia dell’educazione, dalla storia, dalla psicologia e psichiatria, dalla didattica, dalla biologia, dalla sociologia e dalle scienze sperimentali. Ai fini pratici, direttamente operativi, essi devono, però, essere sviluppati secondo una linea progressiva, che prenda le mosse dal piano teorico e proceda fino a giungere al piano dell’azione educativa concreta, oggetto di studio della metodologia dell’educazione e di verifica da parte dell’operatore e studioso di pastorale e pedagogia familiare.
L’ambito di lavoro e di ricerca, quindi, in cui si muove la metodologia dell’educazione familiare non è quello teorico puro e nemmeno quello della pura e semplice azione educativa: si può considerare un ambito teorico-pratico; costituisce, infatti, un campo intermedio, che ricava la sua specificità precisamente dal dinamismo della progressiva specificazione e individualizzazione del fatto educativo.
L'esperienza raccontata in questo libro si può considerare un corso di aggiornamento per genitori, maestre, dirigenti... O meglio, un progetto di riforma della scuola.
L’educazione come evento etico è un tentativo di presentare un nuovo linguaggio pedagogico a partire dalla lettura di tre filosofi contemporanei: Hannah Arendt, Paul Ricoeur e Emmanuel Levinas. Partendo da questi autori l’educazione viene compresa come un’azione costitutivamente etica, cioè non come una relazione con l’altro intesa in termini economici, di interscambio, di reciprocità o simmetrica, ma come la pratica dell’ospitalità e dell’accoglienza dell’ultimo che irrompe nella nostra vita.
L’educazione come evento etico costituisce una novità nel discorso pedagogico attuale, non soltanto perché invita a pensare l’educazione in relazione all’esperienza dell’altro, dell’alterità, ma perché, a partire da questa esperienza, e dalla storia recente (le due guerre mondiali, la rivoluzione del 1917, il nazismo e il comunismo, Auschwitz, Hiroshima, l’11 settembre) critica tanto le pretese della pedagogia tecno-scientifica moderna come quella dell’umanesimo classico conservatore. Pensare l’educazione come evento etico, cioè, come natalità, narrazione e ospitalità, rende radicalmente insostenibile la pretesa di chiudere l’altro, l’educando, nelle astrazioni concettuali tanto abituali in molti libri di educazione. Si tratta, allora, di permettere alla parola dei poeti, dei narratori, dei novellieri e dei drammaturghi di entrate nelle biblioteche dei maestri e degli educatori. Soltanto così, credono gli autori, la pedagogia potrà tenere viva la memoria del passato e rispondere alle sfide del nuovo millennio.
Il volume propone una lettura di un classico del pensiero occidentale nella prospettiva di una pedagogia fondamentale adeguata al nostro tempo. L’interesse pedagogico per i temi dell’Etica Nicomachea nasce dal fatto che essi sono affrontati non «per sapere cos’è la virtù, ma per diventare buoni». Il bene così prospettato, legato alle nostre caratteristiche specifiche e oggetto primo del nostro desiderare, è un bene da fare.
Il ‘bene umano’ è un ‘bene pratico’, che l’essere umano può compiere e fare suo. Molte pagine dell’Etica Nicomachea suggeriscono, in modo efficace e prezioso per un’antropologia pedagogica, che un tratto essenziale dell’uomo consiste nel suo porsi come un principio, come potere causale nuovo nell’ambito naturale. Aristotele scorge così un carattere essenziale di quella che noi oggi chiamiamo ‘persona’: il poter essere origine di inattese novità, il poter ampliare con il nostro desiderare e pensare, ma soprattutto con la fatica e la perseveranza del nostro agire, lo spazio dell’esistente, mettendo queste capacità a servizio del bene e degli altri.
Desiderare-e-fare il bene costituisce pertanto un binomio che non può essere sciolto, se si vuole, rimanendo fedeli ad Aristotele, tracciare una proposta di educazione morale per un tempo come quello presente, segnato da tante debolezze del volere e, di conseguenza, da indebolimenti della vita personale. L’Etica Nicomachea appare oggi preziosa, per l’attenzione rivolta sia alla componente soggettiva dell’azione sia a quella oggettiva del bene, cioè al fine che è desiderato per sé e non per altro. Il desiderio è la categoria che accompagna il percorso attraverso le lezioni aristoteliche sulla vita buona, fino alla contemplazione e all’amicizia, facendo emergere il nesso tra vita autenticamente umana, esperienza morale ed educazione.
Giuseppina D’Addelfio, assegnista di ricerca, è docente di Pedagogia generale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Palermo. È autrice, tra l’altro, dei saggi Aristotele e il paradosso dell’errore volontario (2002), Ragionamento pratico e argomentazione metafisica (2006), Scelta, desiderio e legge in Aristotele (2006), L’educazione nella prospettiva di Martha Nussbaum (2007).
Il volume, che coniuga la storia dell'educazione e della pedagogia con quella della cultura italiana tra Ottocento e Novecento, focalizza l'attenzione sul periodo del modernismo. Partendo dallo studio di Fogazzaro, Gallarati Scotti, Semeria e Murri fino a Tocco e Prezzolini, la ricerca mette in luce come questi intellettuali abbiano recuperato figure-chiave dell'età medievale, fornendo modelli di comportamento fungibili sul piano dell'educazione e dell'autoeducazione. Da questo intervento nasce una pedagogia della libertà che vuole ripsondere alle sfide del nietzschianesimo: il Santo come alternativa al Superuomo.
Siamo in tempi di emergenza educativa. Il testo La pedagogia del quotidiano è una bella risposta a questa ricerca, al tentativo di passare dall’emergenza alla progettualità educativa, ed è basato sulla vita concreta di un educatore, Gianfranco La Rosa, che ha tessuto la sua esistenza di trame educative, di pazienza, di dialoghi, di speranze, di compagnia quotidiana, di azioni e riflessioni, di concretezza e di orizzonti ampi. La prima risposta quindi è esserci, incontrarsi, guardarsi negli occhi, farsi domande semplici, le domande del quotidiano.
Dalla Prefazione di S. E. Mons. Domenico Sigalini
Girolamo Monaco è nato a Catania nel 1962. Laureato in Pedagogia, dal 1992 è Educatore Coordinatore del Ministero della Giustizia – Dipartimento Giustizia Minorile, in servizio presso l’Istituto Penale per i Minorenni di Acireale (Catania). Ha pubblicato nel 1994 Don Pietro. Un racconto breve (Stampa alternativa, Roma), numerosi articoli sulla pedagogia della devianza. Padre di quattro figli, insieme alla moglie è membro della Comunità Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi.
Marco Pappalardo è nato a Catania nel 1976. Pubblicista collaboratore di «Avvenire», del quotidiano «La Sicilia», del «Bollettino Salesiano», del settimanale regionale «Prospettive», dell’emittente televisiva Antenna Sicilia – Sicilia Channel, docente di Lettere presso il Liceo «Don Bosco» di Catania, collabora con il corso di laurea in Scienze della Comunicazione della Facoltà di Lettere e Filosofia di Catania. È membro dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi di Catania.