Come può il Sessantotto aiutarci a pensare e ad agire nel 2018? L'anno ribelle capitava in un momento di crescita economica e di espansione del benessere comune. Da allora il mondo è cambiato. Oggi, dopo una crisi finanziaria che ha colpito tutto l'Occidente e di fronte a una pericolosa degenerazione del discorso pubblico, alcuni aspetti di quella rivolta ritornano però attuali. Questo libro non celebra quell'anno, ma ne misura la memoria nella politica contemporanea, nei suoi temi e nei suoi conflitti. La memoria, la crisi e la trasformazione sono le lenti attraverso le quali i grandi pensatori del nostro tempo pesano il lascito del passato nel presente. Nel cinquantesimo anniversario dell'anno della rivolta il Sessantotto esiste infatti come eredità simbolica nei movimenti della politica europea e globale. "Anziché riconsiderare gli effetti dell'anno ribelle, questo volume affronta la sua presenza negli anni dieci di questo secolo, partendo dalla convinzione che la memoria di quegli eventi possa sembrare oggi più vicina." Di quelle vicende che cosa ricordiamo? Ma soprattutto, che cosa abbiamo rimosso? A queste domande rispondono intellettuali e politici da tutto il mondo, da Colin Crouch a Pablo Iglesias, in un dialogo sulle debolezze ma anche sulle opportunità per la sinistra, sulla base sociale necessaria a costruire un discorso politico inclusivo e sulla ricerca di identità collettive.
Chicago, 1893. La Città Bianca, sede dell'Esposizione mondiale colombiana, nell'anniversario dei quattrocento anni della scoperta dell'America. Gli Stati Uniti proclamano al mondo la loro volontà di potenza e il cammino che hanno fatto in poco più di un secolo di storia. Il giovane Frederick Jackson Turner sale al podio per esporre la sua relazione su "Il significato della frontiera nella storia americana". Nello stesso momento Buffalo Bill, il cui nome è già diventato sinonimo di cowboy, si sta esibendo nel suo spettacolo grandioso e popolarissimo, il Wild West. Quello che hanno in comune l'uomo di spettacolo e il giovane ricercatore che fonda su una nuova base l'interpretazione della storia nazionale è la celebrazione della raggiunta grandezza degli Stati Uniti. Bruno Cartosio parte da qui per ripercorrere i fatti della "conquista del West" e raccontarne miti e rappresentazioni. Indaga la vitalità del mito e la sua capacità di assorbire contraddizioni, passi falsi, bugie e, in ultima analisi, di dare forma a un pezzo di storia americana e mondiale. È un viaggio caleidoscopico, compiuto cercando di separare realtà e leggenda, ma al tempo stesso rivelandone gli intrecci e le interdipendenze. Con sguardo critico, Cartosio mostra come la costruzione ottocentesca del mito, poi esportato in tutto il mondo dai western di Hollywood, abbia forgiato l'identità americana, accompagnando e spesso coprendo con la maschera dell'avventura le realtà della violenza anti-indiana, della vita dura di singoli e famiglie, della conquista e dello sfruttamento rapinoso delle risorse di una terra ricca e generosa.
Oltre a essere narratore e poeta, consulente editoriale per Feltrinelli e vicedirettore della Rai, Giorgio Bassani fu tra i fondatori di Italia Nostra, associazione nazionale che ha tutt'oggi l'obiettivo di diffondere nel Paese la cultura della conservazione del paesaggio urbano e rurale, dei monumenti, del carattere ambientale delle città. "L'Italia è un Paese sacro non soltanto per noi, ma per il mondo intero," scriveva Bassani, ai vertici di Italia Nostra per quasi trent'anni. La sua posizione e il suo impegno sono evidenti in questi testi, raccolti e ripresentati in una nuova edizione ampliata e corretta: interventi, discorsi, lettere, interviste e articoli scritti o pronunciati dal grande intellettuale nell'ambito della sua attività di presidente dell'Associazione, dal 1965 al 1980, e come presidente onorario negli anni seguenti. In filigrana emerge, attraverso un impegno donchisciottesco, faticoso e scomodo, a cui lui non è mai venuto meno, anche la sua attività letteraria, intellettuale. "In Bassani," sottolinea Cristiano Spila, "la questione ambientale è, anzitutto, una questione morale. Dunque, pratica. Egli, infatti, pone la salvaguardia ambientale sotto l'egida dell'etica, sottolineando alcune costanti che sono anche la cifra stilistica della sua ideologia: la vocazione alla memoria e al passato, l'ambiente come protagonista, la storia come chiave di lettura, il rapporto dell'uomo con il tempo e lo spazio. Questi scritti ambientalisti aprono uno squarcio inusuale sul lavoro intellettuale di Bassani e indicano come lo scrittore si muova su un autentico crinale fra testimonianza e impegno, come su una linea tra essere e dover essere." In apertura, una premessa di Paola Bassani e una breve presentazione di Oreste Rutigliano, attuale presidente nazionale di Italia Nostra.
Dalla tomba in cui sono sepolti, i cittadini di una piccola cittadina americana svelano i segreti della loro vita. In versi sciolti, ma quasi regolari, con una ironia pungente, evocano la vita del villaggio che, al di sotto della spesse coltre puritana, in realtà nasconde concupiscenza e vizio. Il motivo principale del libro sta nella trasformazione dell'amore nel suo opposto, la lussuria. Tutto si deforma e i sogni appassiscono. La raccolta comprende diciannove storie che coinvolgono un totale di 248 personaggi che coprono praticamente tutti i mestieri umani. L'opera di questo cantore dell'Illinois è riuscita, nel nostro paese più che in altri, a scavare nei cuori di generazioni di lettori. È forse l'attrazione costante per la morte a donare vita alla poesia di Edgar Lee Masters. Ed è attorno alla morte che si gioca l'intreccio di storie di questo canovaccio vitale e funereo al tempo stesso. In Italia il successo di questo libro, profondamente liberatorio e libertario, fu dovuto alla traduzione di Fernanda Pivano (con il supporto di Cesare Pavese) e alla vicenda che la portò in carcere proprio per aver tradotto il libro, inviso al regime fascista. Infine, ulteriore fama al libro di Lee Masters fu data dall'interpretazione di Fabrizio De André, che assieme a Nicola Piovani, diede alla luce nel 1971 un album straordinario come Non al denaro non all'amore né al cielo.
È stata la stagione dei giovani: in tutto il mondo i figli del baby boom postbellico, affluiti in massa all'università, rivendicano diritti, affermano istanze di libertà nella sfera personale come in quella sociale, inaugurano nuovi costumi e consumi. Ma il 1968 vede anche l'invasione della Cecoslovacchia, con l'avvio di una fase di irrigidimento sovietico, che sta alla base della crisi del mondo comunista; e poi l'inizio della globalizzazione finanziaria, la rinascita islamica, il primo sgretolarsi dell'identità della classe operaia, l'instabilità crescente in Africa, il diffondersi del terrorismo in molti paesi, mentre emergono nuove forme di impegno, con il costituirsi delle Ong, e nuovi movimenti politici e sociali come il femminismo e l'ambientalismo.
Il libro tratteggia sedici ritratti biografici di donne che hanno partecipato, anche senza essere militanti, a quel grande passaggio d'epoca che va sotto il nome di Sessantotto. Così Franca Viola che si ribellò agli arcaici costumi siciliani e rifiutò il matrimonio riparatore, così Mara Cagol che pagò con la vita la scelta del terrorismo brigatista. Due ribellioni diverse, una pacifica e una violenta, emblematiche di quegli anni. E in mezzo ci sono le altre, Amelia Rosselli, Carla Accordi, Patty Pravo, Giovanna Marini, Perla Peragallo, Krizia, Emma Bonino, Rossana Rossanda, Carla Lonzi, Letizia Battaglia, Annabella Miscuglio, Mira Furlani, Elena Gianini Belotti, Tina Lagostena Bassi: ogni «scatto» disegna un percorso, politico, artistico, culturale, civile, ora luminoso ora tormentato, sullo sfondo di quella rivoluzione femminile, che - come ha scritto Eric Hobsbawm - è stata l'unica rivoluzione riuscita del Novecento.
Che Italia è quella che assiste alla prigionia di Aldo Moro? Che volti ha? Che cosa pensa? Se la tragedia incombe, insieme con altri fatti drammatici - un gravissimo incidente ferroviario, due diciottenni uccisi a Milano, l'assassinio di Peppìno Impastato - la vita quotidiana scorre. Lo scudetto infiamma i tifosi, e così il mondiale di Formula 1, si guarda Portobello, si avvistano extraterrestri, si chiudono i manicomi, ci si strugge per Pinocchio, si fa l'amore da Trieste in giù, mentre dilaga la febbre del sabato sera. Un corto circuito culturale e antropologico scuote il paese, e queste pagine ce ne portano l'eco: alla voce dei telegiornali con le loro schegge di tragedia, fra comunicati e ultimatum, si sovrappongono le «emozioni da poco» e i «pensieri stupendi». Eterni «figli delle stelle», gli italiani dovranno ora affrontare un passaggio cui è impossibile sottrarsi. Come su un palcoscenico, nomi, storie, vicende in un racconto incalzante e vertiginoso, a comporre il ritratto di un paese che avrebbe preferito rimanere ancora una volta ignaro, nella sua atavica sospensione fra vitalismo e abulia.
Se è vero che nessuna battaglia si è mai svolta come era stata programmata né come viene raccontata dai vincitori, nel caso di Caporetto, che la storiografia non è ancora riuscita a spiegare compiutamente, agli errori si sommano volontà mistificatrici che l'hanno resa un simbolo ambiguo. Partendo dal volume che le dedicò in occasione del cinquantesimo anniversario, Mario Isnenghi torna sull'episodio della nostra storia che più di tutti ha rappresentato uno «scatenamento dell'immaginario, il virtuale che si sovrappone al materiale»: qualcosa che va molto oltre la dimensione militare ed entra nella psicologia e nella politica del nostro paese. Restituendo la parola ai «sommersi» e ai «salvati», emerge infatti il quadro di una situazione in cui, in assenza di informazioni oggettive, ciascuno reagì secondo le proprie ideologie e pregiudizi, producendo alternativamente moti d'orgoglio e letture devianti, la cui influenza arriva fino a oggi. Uno snodo cruciale tutto da chiarire, per trovare un filo conduttore che va ben oltre la rievocazione e il ricordo.
«Fisicamente, Roma non è diventata né una grande capitale come Parigi o Londra, né una megalopoli come Rio de Janeiro o il Cairo. È una via di mezzo tra le due cose e ha i difetti così della megalopoli come della capitale senza averne i pregi... L’Italia non si è espressa a Roma; vi si è invece trovata repressa.» Alberto Moravia
Nel 1975 alcuni tra i maggiori scrittori italiani – romani e non – raccontarono i difetti della capitale in un libro di straordinaria efficacia, intitolato Contro Roma.Abbiamo pensato di riproporre alcuni di quei testi e chiedere ancora una volta a degli scrittori di guardare e raccontare Roma.Ne emerge un ritratto illuminante della città, di ieri e di oggi, composto di realtà e di stereotipi.
Chi sono i banditi? Criminali comuni, assassini, ladri, disperati. E ancora: nobili decaduti, artigiani, contadini, giovani ribelli che non accettano il giogo attorno al collo, sia quando viene da un aristocratico del luogo sia quando arriva da un invasore straniero. La loro presenza causa incertezza nelle strade, difficoltà nelle comunicazioni, violenza diffusa. E tuttavia, quando c'è aria di mutamenti di regime essi rappresentano un'opportunità per i potenti che li utilizzano contro i propri nemici. Il libro offre un ampio affresco della reazione ai fenomeni di banditismo dagli albori dell'età moderna fino alla repressione messa in atto nei primi decenni dell'Italia Unita. Emerge un quadro complesso che vede al centro questioni sociali legate alla terra. La lotta del regno sabaudo contro il brigantaggio propriamente detto è quindi solo l'ultimo capitolo di una secolare storia di sanguinose repressioni, in cui i poteri statali che si sono via via avvicendati non sono stati in grado di trovare altra risposta che non fosse il sangue. Certo, è soprattutto in uno stato che si definisce liberale che colpisce la delega assoluta concessa ai militari che governano con leggi eccezionali, stati d'assedio e tribunali militari. Ma Enzo Ciconte ci ricorda che quanto è accaduto nel Mezzogiorno non può essere attribuito alla responsabilità dei soli piemontesi: le truppe venute dal Nord sono state aiutate con le armi da tanti meridionali espressione di una borghesia in ascesa.
La ricostruzione della vicenda Moro fu davvero condizionata, come vorrebbe la recente Commissione d'inchiesta, da un negoziato tra istituzioni e Br per creare una "verità di comodo"? Il mortale agguato del 16 marzo 1978 in via Fani poteva essere prevenuto? Le Br fecero da sole o si avvalsero di complicità a livello internazionale? Cosa c'entrano un bar di via Stresa e un appartamento di via dei Massimi? Quali leggende sono state spazzate via dalla Commissione nel corso della sua inchiesta? Il sequestro e l'omicidio di Moro, di cui secondo molti sarebbe tuttora impossibile decifrare il senso, diventano invece comprensibili nel contesto della lotta armata che bersagliò l'Italia per lunghi anni, prima, durante e dopo il 1978. Il finale, o meglio il "non finale" della recente inchiesta parlamentare era già stato segnato dall'impianto politico di cui la legge istitutiva era espressione. In questo libro si spiega come l'inchiesta si sia trasformata in una narrazione più simile ad una ghost story che ad un'analisi tecnico-politica, e si sia persa una preziosa occasione per chiudere un periodo storico e politico.
Cosa accadde in Russia nel 2017, dopo che Lenin e i suoi ebbero preso il potere? La fine della Rivoluzione non significò anche la fine degli scontri, anzi segnò l'inizio di una lunga guerra civile destinata a protrarsi fino al 1921, che vide la popolazione divisa tra i bolscevichi (i Rossi) e i controrivoluzionari (i Bianchi), appoggiati dalle forze armate di quattordici potenze straniere e da una dozzina di gruppi nazionali in lotta per l'indipendenza. Dopo le disastrose sconfitte subite dal Paese nella Grande Guerra e le due rivoluzioni del '17, questi ulteriori quattro anni di conflitto furono per la popolazione un periodo di enormi sofferenze, atrocità, epidemie e carestie, che ebbero durature conseguenze sul piano demografico, sociale ed economico. Un'immane tragedia che in queste pagine Lincoln racconta con equilibrio e competenza, ricostruendo gli scenari e tratteggiando i protagonisti - da Trockij a Stalin a Majakovskij - di una delle più aspre guerre intestine dei tempi moderni.