Papa Francesco ha recentemente invitato 500 giovani imprenditori ed economisti di tutto il mondo ad incontrarsi ad Assisi, per dialogare e confrontarsi sul sistema economico attuale, colpevole di consumare senza criterio le risorse naturali, di sfruttare i lavoratori e di accrescere il divario tra nazioni ricche e povere. Il papa ha intenzione di proporre un patto con questi imprenditori per una nuova visione di economia chiamata “The Economy of Francesco”. Ma di cosa si tratta? È possibile stabilire un legame tra una tale visione di sviluppo e il pensiero economico francescano? Grazie al contributo di un frate minore, di un terziario francescano e di esempi imprenditoriali, il testo offre piste di riflessione e strumenti utili per chiarirsi le idee su un argomento più che mai attuale.
Più forti dei singoli Stati, decisivi nella tenuta delle monete e del debito pubblico, proprietari di quote sbalorditive di economia reale: i fondi speculativi - a cominciare da Vanguard e BlackRock - sono diventati i 'padroni del mondo'. Ancora marginali all'inizio del nuovo millennio, hanno cavalcato le crisi, hanno beneficiato dell'operato delle banche centrali e dei governi e hanno sfruttato, accelerandolo, il processo di smantellamento degli Stati sociali e di privatizzazione della società. Ma come è stata possibile una simile concentrazione del capitalismo che ha cancellato l'idea stessa di mercato? Questo libro prova a spiegarlo, tracciando un quadro chiaro dei numeri di tale monopolio e ricostruendo, al contempo, le storie dei protagonisti di una simile incredibile scalata al potere.
Le economie dei paesi sviluppati devono affrontare problemi profondi e interconnessi: città inquinate, gravi diseguaglianze, marginalizzazione di larghe fasce di popolazione, crescita lenta, un disastroso cambiamento climatico. Per affrontare questi problemi le politiche economiche devono cambiare radicalmente. Il che vuol dire che dobbiamo capire fino in fondo come funziona il sistema capitalista contemporaneo. In questo libro, alcuni tra i massimi economisti a livello internazionale affrontano le questioni chiave dell'economia contemporanea - la politica fiscale e monetaria, il mercato finanziario, la diseguaglianza, le privatizzazioni, l'innovazione e il cambiamento climatico. Con una convinzione: il capitalismo deve essere riformato e reinterpretato per evitare i fallimenti che tuttora abbiamo davanti agli occhi.
Un invito ad abbracciare il "paradigma vegetale" in un saggio sorprendente ed efficace scritto da uno dei massimi economisti italiani, maestro dell'Economia Civile. La nuova economia circolare potrà rappresentare una vera rivoluzione, e non solo un nome nuovo per cose in buona parte vecchie, se adotterà un paradigma vegetale; un'adozione che invece ancora non si vede, in un capitalismo green che cambia colore esterno, ma nella sua logica profonda e nei suoi codici narrativi e simbolici resta ancora troppo simile a quello del secolo scorso. Il nuovo paradigma vegetale è il punto di partenza, è una indicazione di un cammino da iniziare di fronte a un bivio decisivo. L'intelligenza degli esseri umani non è l'unica intelligenza del pianeta. Accanto alla nostra ci sono quella degli animali, degli insetti, e quella ancora diversa delle piante. Le piante però hanno una caratteristica unica: a differenza di tutti gli altri esseri viventi sono ancorate al suolo. Questa peculiarità, apparentemente un limite, ha fatto sì che le piante sviluppassero straordinarie forme di resilienza, flessibilità e solidità. La loro architettura è cooperativa, distribuita e capace di resistere alle minacce: per non morire a causa della loro fissità, ad esempio, hanno dovuto imparare a sopravvivere perdendo anche il 90% del loro corpo, stabilendo che ogni parte è importante, ma nessuna veramente indispensabile - un branco di mucche può brucare interamente un prato ma questo può rigenerarsi se una piccolissima parte resta viva. Le piante, insomma, sono un organismo collettivo e, nei momenti di crisi, sono paradossalmente più forte degli animali. Questo saggio nasce dalla consapevolezza che l'intelligenza vegetale abbia delle cose da dire, anche all'economia. Alla luce di queste considerazioni, Luigino Bruni si è posto alcune domande rivoluzionarie: quali sono i cambiamenti che le imprese e gli attori economici devono attuare se dal paradigma animale, che è all'origine del capitalismo e della sua insostenibilità, vogliamo passare a un paradigma vegetale? Quali conseguenze per la governance delle imprese? Non avendo cervello né organi centrali, le piante hanno dovuto imparare a 'pensare', 'vedere', 'sentire', 'comunicare' valorizzando soprattutto le periferie, apprendendo a vivere in perfetta cooperazione con tutto il bosco. Analogamente, se guardassimo bene nella nostra storia passata e presente ci accorgeremmo che nel capitalismo europeo abbiamo conosciuto, e conosciamo, imprese organizzate secondo il paradigma vegetale: sono le cooperative. E se, quindi, le cooperative fossero anche il futuro, non solo il passato dell'economia?
L'interesse per la figura di Giuseppe Toniolo (1845-1918) - economista, sociologo e protagonista del movimento cattolico nazionale e internazionale tra Ottocento e Novecento - è dimostrato dalle numerose indagini scientifiche a lui dedicate; è mancata tuttavia fino ad ora una riflessione organica sull'attualità del suo pensiero. In questo volume, nato in occasione del centenario dalla nascita, l'attualità di Toniolo viene spiegata dalle più qualificate e autorevoli voci del mondo cattolico, come Luigino Bruni, Stefano Zamagni, Leonardo Becchetti, Mauro Magatti, Lorenzo Ornaghi, Fiorenza Manzalini e molti altri. Brevi testi rigorosi e di taglio divulgativo sono raccolti distinguendo tre ordini di questioni: i rapporti tra etica ed economia; la democrazia e l'azione sociale; l'etica civile, la pace e la democrazia. Le esplicite interconnessioni tra i vari approfondimenti tematici consentono al lettore di cogliere il filo conduttore, attualissimo in era post Covid-19, di un pensiero che ha affrontato le fasi delle crisi e delle grandi trasformazioni socio-economiche alla luce dei valori cristiani e di una concezione del bene comune affidata a responsabilità individuali e collettive che non temono di uscire dagli schemi del proprio tempo.
Il futuro del lavoro è il futuro della nostra società e della nostra civiltà. Non bastano politiche economiche efficaci, per superare la più grande crisi sociale del dopoguerra e affrontare le tre grandi trasformazioni del nostro tempo: digitale, climatico-ambientale e demografica. Serve, come premessa, un nuovo pensiero dal quale nascano politiche e iniziative capaci di distruggere le vecchie retoriche ideologiche sul lavoro, sul mercato, sulla globalizzazione. In particolare, la tecnologia, pur con i suoi interrogativi etici, può essere un formidabile alleato nell'umanizzazione del lavoro. La sfida è aperta e proprio un lavoro a umanità aumentata dipende da ciò che sapremo mettere in campo. Bisogna reimparare a dire "lavoro", con nuove parole, se vogliamo crearne di nuovo e ritrovare un rapporto di reciprocità con esso. Oggi il lavoro soffre perché mancano nuove narrative, che propongano un comune denominatore per tutte le attività umane ad esso connesse.
L'immagine delle Aule parlamentari, in cui avvengono i confronti - o spesso gli scontri - fra maggioranza e opposizione per decidere il futuro del nostro paese, è certo familiare a ogni cittadino. Non molti, invece, possono affermare di sapere con chiarezza come funzioni il sistema politico italiano e cosa accada realmente nei palazzi del potere. A raccontarlo in queste pagine, con ironia e attraverso numerosi aneddoti personali, è Carlo Cottarelli che, oltre ad aver ricoperto per otto mesi la carica di senatore nell'ultima legislatura, dopo le elezioni del 2018 venne incaricato di formare un governo nel corso di una crisi istituzionale senza precedenti. Attingendo alla sua esperienza diretta, Cottarelli esamina lo stato della nostra politica. Ne registra le storture, le inefficienze, le potenzialità perdute, descrivendo dal di dentro il funzionamento del nostro Parlamento e trattando, fra l'altro, temi di scottante attualità come il progressivo ridimensionamento del suo ruolo rispetto a quello del governo, il dibattito ormai ridotto a scontro tra fazioni opposte, gli stipendi di deputati e senatori, il bizantinismo delle pratiche, l'allontanamento dei cittadini dal voto, e cosa si può fare per riavvicinare i cittadini alla politica. E racconta per la prima volta in dettaglio quei quattro giorni che lo videro salire al Quirinale più volte nel tentativo di formare un nuovo governo. In "Dentro il Palazzo", Cottarelli restituisce una sincera fotografia delle nostre istituzioni e immagina come potranno evolversi la politica e l'economia italiana ed europea se proseguono le tendenze attuali, compresa la riforma costituzionale sul premierato.
Il volume, curato da Vittorio Coda (Università Bocconi), vicepresidente nonché presidente del Comitato scientifico dell'ISVI (Istituto per i Valori d'Impresa), è il frutto di una ricerca basata sugli strumenti dell'analisi gestionale e volta a definire i caratteri dell'imprenditoria italiana d'eccellenza. Obiettivo dello studio è individuare quali siano le specificità delle aziende leader, alla ricerca di quello che viene definito il 'segreto italiano', inteso come quid che rende uniche le imprese del made in Italy, permettendo di superare le criticità, siano esse sistemiche (ovvero di tipo burocratico) oppure occasionali (si pensi ai periodi di crisi). Di particolare interesse il capitolo Imprenditorialità umanistica. La Olivetti di Camillo e Adriano come perdurante fonte di ispirazione, nel quale Alessandro Zattoni (LUISS, Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli), membro del Comitato scientifico dell'ISVI, ripercorre la vicenda storico-politica dell'azienda divenuta emblema di un nuovo modo di fare impresa, in grado di contemperare le esigenze del profitto con quelle dell'avanzamento sociale. Non è un caso che il richiamo all'esperienza della Olivetti percorra l'intero volume, ribadendo una volta di più come l'esempio dell'azienda di Ivrea, secondo le parole di Zattoni, «rappresenti tuttora un punto di riferimento e di ispirazione per gli imprenditori italiani». Il volume è aperto dalla Prefazione di Ali Reza Arabnia, Presidente dell'ISVI, e dal primo capitolo scritto da Vittorio Coda. Seguono altri otto saggi suddivisi in due sezioni.
Grazie al progresso tecnologico, la capacità produttiva mondiale ha oggi raggiunto livelli mai sperimentati prima, ma con un carico di costi sociali e ambientali sempre più insostenibili; diviene quindi ancora più dirimente l'interrogativo al centro dell'economia sabbatica che è insito nella parola manna: Cosa è questa abbondanza? È vero miglioramento della qualità della vita per tutti, o ricchezza accumulata? Dopo aver illustrato le fondamenta bibliche dell'economia sabbatica incentrata sulla giustizia sociale, derivante dalla storia della manna e dall'osservanza del sabato, si presenta una riflessione critica sull'economia odierna prospettando un quanto mai necessario circolo virtuoso tra abbondanza di vita e condivisione. Prefazione di Gaël Giraud.
Secondo l'ideologia liberista il mercato lasciato a se stesso crea le migliori opportunità e il maggior benessere per tutti. È un'illusione di cui questo libro critica le premesse economiche ed esplora le conseguenze etiche, sociali e politiche. Il progetto liberista ha cercato e tuttora cerca di realizzare non solo un'economia di mercato, ma una società che, in definitiva, si risolve nel mercato. Dove i rapporti sociali sono irrilevanti se non mediati dal mercato e anche le istituzioni politiche vengono guardate e valutate solo in base agli interessi economici di individui egoisti, mentre il denaro può comprare tutto e le disuguaglianze di reddito, di ricchezza e di opportunità possono crescere a dismisura in nome del merito, degli incentivi, dell'efficienza. Di questi fili è intessuta l'ideologia di mercato.
Negli ultimi sessanta anni il denaro ha via via assunto una sorta di vita autonoma rispetto a quella dell'uomo, la specie che lo ha inventato e ne ha fatto il proprio mezzo principale. Questo libro vuole raccontare la vita di questo strumento e l'habitat umano che ha creato. In altre parole, una vera e propria 'ecologia del denaro', la storia di come si è creata una massa di denaro libera di girare per il mondo, di trovare rifugio in paradisi fiscali e di speculare su monete nazionali, prezzi e tariffe. Non è la storia di una cospirazione, è piuttosto la storia di compagnie e società private che abbandonano la strada degli investimenti produttivi in posti di lavoro per seguire quella più facile e immediata degli scambi di denaro con altro denaro. È così che il potere della finanza globale è cresciuto su se stesso. Senza una politica capace di regolarlo, il capitalismo finanziario genera ineguaglianza e smette di produrre innovazione e occupazione. Esiste una finanza buona che col microcredito aiuta i poveri della Terra e con le rimesse degli emigrati riduce le distanze geografiche e sociali. Quel che manca è la politica.
La globalizzazione, tra eccessi e contraddizioni, limiti e fragilità, ha generato benessere, progresso scientifico, calo dei conflitti, creando la convinzione – rivelatasi illusoria – di essere inarrestabile e irreversibile. È invece in crisi profonda. Il legame virtuoso tra Stati Uniti e Cina, che l'ha favorita, è diventato rivalità strategica e potrebbe degenerare in conflitto. Nel "grande scollamento" in atto, Magnani identifica quattro forze che trasformano le relazioni internazionali: quelle di natura economica e tecnologica ridisegnano le catene globali del valore; dinamiche di politica interna favoriscono chiusure nel vano tentativo di proteggere interessi nazionali; gli shock esterni (pandemia, guerre, crisi finanziarie) mettono a nudo la vulnerabilità del sistema globale; obiettivi geopolitici alimentano le alleanze con paesi amici. In tale scenario la politica prevale sull'economia, cresce la regionalizzazione e aumenta l'instabilità delle alleanze internazionali, anche per il moltiplicarsi di paesi "battitori liberi” che aspirano a un'autonomia strategica. Oltre ai costi economici, la frammentazione favorisce il caos geopolitico e accresce il rischio di conflitti. Ma può anche innescare una globalizzazione secondo criteri economici e geopolitici diversi. Artico, Subacqueo, Spazio e Digitale possono essere fronti di scontro o, con le loro enormi opportunità, rappresentare le nuove frontiere della globalizzazione. Il mondo che verrà dipenderà molto dalle democrazie liberali e dalla loro capacità di promuovere i propri valori. La speranza è che il rilancio nella circolazione di merci, servizi, capitali, persone e conoscenza possa consolidare i diritti e diffondere le libertà.