Il libro cristiano, in questo volume conclusivo della trilogia che Giuliano Vigini ha dedicato alla sua storia, si trova di fronte alla sfida della modernità, a partire dai fermenti rinascimentali fino alle effervescenze dell'epoca contemporanea. Una parabola amplissima, che l'autore ripercorre per nuclei tematici, in una visione di sintesi che colloca opere e protagonisti nei diversi contesti culturali e storici. Dopo il resoconto delle edizioni più significative della Bibbia dal Seicento a oggi, ci si sofferma sull'apologetica cristiana, da Pascal a Chateaubriand fino a Newman e Chesterton, per addentrarsi poi nel filone della spiritualità femminile, con le sue grandi protagoniste, come Teresa d'Avila o Edith Stein, ma anche con figure meno note ma intense come Benedetta Bianchi Porro. Con i libri di pietà e devozione si entra in un campo ancora più prolifico, di cui si offre uno sguardo d'insieme e alcuni esempi classici, come Grignion de Monfort e Alfonso Maria de' Liguori. Rilevante è poi la messa a fuoco sui rapporti tra letteratura e cristianesimo, che propone i Promessi sposi come «romanzo della Provvidenza», ma considera anche quegli scrittori francesi (Mauriac, Claudel, Saint-Exupéry) che del messaggio cristiano hanno dato una rappresentazione emblematica e personale. Infine, il volume ripercorre i «volti della profezia e della contestazione» (da Rosmini a Léon Bloy, da Péguy a Mazzolari), per concludere con quattro grandi esperienze di «spiritualità contemporanea» (Charles de Foucauld, Giovanni XXIII, Divo Barsotti, Carlo Maria Martini) che hanno lasciato nel Novecento un segno che non si cancella.
La Storia dei Goti di Iordanes si delinea a tutti gli effetti come una storia a carattere nazionale. L’Autore, infatti, ripercorre tutte le fasi di formazione della cultura e della società gota a partire dalle sue lontane origini scandinave, per poi narrare le fasi salienti della migrazione nel nord-est Europa, attraverso l’analisi dei rapporti che i Goti hanno avuto con l’Impero romano e con gli altri popoli, fino alla formazione dei due grandi domini: quello visigoto in Gallia e quello ostrogoto in Italia. I Germani, attraverso le migrazioni in massa e la costituzione di regni romano-barbarici, hanno contribuito in maniera determinante a ridisegnare la carta politica, economica, sociale, culturale, linguistica dell’Europa, segnando una traccia inconfondibile nel destino delle nazioni moderne. L’opera di Iordanes, dunque, rientra perfettamente in questo quadro, contribuendo in maniera efficace a dimostrare quanto determinante sia stata la presenza dei Goti in Europa.
Pietro Bembo fu un attore e un testimone privilegiato del Rinascimento italiano. Scrittore celebrato dai contemporanei, antiquario, amante della bellezza (anche femminile) ottenne la duplice consacrazione dell'alloro poetico e della porpora cardinalizia. Nato a Venezia, risiedette presso le maggiori corti italiane, dalla Firenze di Lorenzo il Magnifico a Ferrara, Urbino e Roma. Fu intimo dei Medici e dei Borgia, segretario di papa Leone X e, forse, amante di Lucrezia Borgia, con la quale scambiò lettere d'amore. Bembo fu però anche colui che fissò le norme della lingua letteraria italiana, oltre che il curatore di fondamentali edizioni di Dante e Petrarca. La sua poesia, fondata su una stretta imitazione del poeta di Arezzo, fu decisiva nella diffusione europea del cosiddetto petrarchismo. Amico e mecenate di alcuni dei piú influenti artisti del Rinascimento, da Raffaello a Cellini, non fu estraneo alla cultura scientifica del suo tempo, fin dagli anni giovanili, allorché fissò in un dialogo latino il racconto della sua ascesa all'Etna. Analogamente, seppe intuire le potenzialità dell'industria tipografica, stabilendo una fondamentale collaborazione con Aldo Manuzio.
Lutero non è moderno, ma neppure medievale. Apre un modo nuovo di percepire e vivere l'esperienza religiosa come esperienza di verità che coinvolge direttamente, senza intermediari - e, per questa ragione, drammaticamente - la persona del credente.Lutero, soprattutto, comprende il paradosso dell'epoca moderna: la fede è un vincolo - una servitù, un inchinarsi - e pur tuttavia, anche nel senso della laica progettualità positiva, è la radice della libertà intesa come processo dinamico. La stessa posizione dell'uomo è bivalente, poiché egli è libero e nello stesso tempo servo, non può esistere senza libertà, ma modi e forme di liberazione possono approdare alla più totale schiavitù: alla colonizzazione interiore e alla proletarizzazione dell'anima.
Nell'Europa lacerata dalle guerre e percorsa dal millenarismo, dal profetismo, dal radicalismo, la Compagnia di Gesù nacque col duplice scopo di affiancare il papa nella riconquista dei paesi passati al protestantesimo e di evangelizzare i mondi d'oltremare. Nonostante lo speciale voto di obbedienza che la fece rappresentare come l'esercito agguerrito della Santa Sede, numerosi sono stati, nella storia, gli scontri tra la Compagnia e il papato. Fu un papa, Clemente XIV, a sopprimere nel 1773 l'ordine religioso, con il pretesto che la sua presenza ostacolava la pace vera e durevole nella Chiesa. Ciononostante la Compagnia continuò a esistere In piccole enclaves, europee e non, fino a che - di nuovo per volontà di un capo della Chiesa, Pio VII, nel 1815 - l'ordine rinacque, pronto a rimettersi al fianco di Roma e a difenderne le posizioni più conservatrici. Divenne così il simbolo della restaurazione in Europa, oltre che il principale ostacolo a ogni forma d'incontro tra cultura cristiana e mondo moderno. Ancora una volta la Compagnia diventò un'organizzazione capace di accogliere intransigenti e moderati, intellettuali conservatori e moderni, evoluzionisti e molti altri opposti, così com'era stato al momento della sua nascita e della sua storia in età moderna. E ancora una volta generò conflitti e conciliazioni, sopravvivenze e rinnovamenti della tradizione e dell'esperienza religiosa che alimentarono contrasti con il papato, particolarmente gravi all'epoca del pontificato di Giovanni Paolo II.
C'è stato un tempo in cui gli uomini e le donne occidentali erano pronti a uccidere - e a farsi uccidere - per la loro fede. Quel tempo va comunemente sotto il nome di "Età della Riforma e della Controriforma". Di quel tempo e degli eventi epocali che investirono l'intera Europa (ma anche il Nuovo Mondo) e che dilaniarono per oltre due secoli l'Occidente, Diarmaid MacCulloch ci restituisce il clima e la complessità in questo libro, unanimemente giudicato come la storia più completa e aggiornata delle guerre di religione che - tra il 1490 e il 1700 - impegnarono religiosi, sovrani, intellettuali e politici, da Lutero a Ignazio di Loyola, da Thomas Cranmer a Filippo II. E abbracciando in un unico sguardo Riforma e Controriforma, come in un grande romanzo, MacCulloch rivela quanto queste vicende abbiano condizionato e continuino a condizionare la nostra vita quotidiana e in che misura abbiano forgiato le nostre stesse concezioni dell'amore, del sesso, della morte e del soprannaturale, secondo un complicato, e spesso sanguinoso, processo dal quale nasce quella che siamo soliti chiamare "modernità".
Sull'onda del grande interesse suscitato dalla prima edizione di questo volume, ormai esaurito, e della situazione complessa e drammatica in cui vivono i cristiani in Medio Oriente, ne viene proposta una nuova edizione, riveduta e notevolmente ampliata. Il libro ricostruisce la storia e l'identità delle comunità cristiane che, pur essendo in comunione con Roma, hanno mantenuto un rito diverso da quello latino e anche - almeno in parte - una giurisdizione autonoma.Dopo aver analizzato l'origine e le cause storiche e teologiche delle divisioni tra i cristiani in Oriente, l'autore fornisce una breve ma accurata descrizione delle diverse denominazioni cattoliche di rito orientale: maronita, greco-melchita, copta, etiopica, armena, caldea, sira, siro-malankarese e siro-malabarese. Rispetto alla prima edizione, sono state aggiunte le Chiese di rito bizantino dell'Europa orientale, nate dalla tradizione greco-slava.
Il 18 maggio del 1291, dopo un drammatico assedio, Acri, l'opulenta capitale del regno crociato di Gerusalemme, cadeva sotto i colpi d'un giovane ma ambizioso sultano mamelucco, seguita dieci giorni dopo dal castelletto templare, teatro dell'estrema difesa cittadina. Cessava così, dopo quasi due secoli, la presenza crociata in Terrasanta. L'Occidente metabolizzò il fatto con un gran vociare e molte recriminazioni, ma senza impegnarsi attivamente per recuperare quanto perduto. In questo libro, la fine degli stati crociati è letta nel contesto più generale dei sommovimenti che interessarono il territorio siro-palestinese nel corso del XIII secolo: un'area contesa a vario titolo fra Mongoli e Mamelucchi, Genovesi, Pisani e Veneziani, papi e imperatori, Templari e Ospitalieri, re, regine e reggenti, e difesa da nugoli di crociati sovente indisciplinati che finiranno per decretarne la rovina.
Queste pagine traggono ispirazione dal crescente interesse suscitato dai santi libanesi, in particolar modo dalla figura di San Charbel Makhlouf. "I Maroniti rappresentano oggi una comunità dispersa in tutto il mondo, si contano più di cinque milioni, pronti a testimoniare, per merito dei loro Santi, la bellezza di quel mosaico religioso libanese formato da diciassette comunità confessionali. Basterebbe ricordare la presenza dei Maroniti a Roma, con la partecipazione del loro Patriarca Geremia Amshiti al IV concilio del Laterano nel 1213 e la fondazione del Collegio Maronita avvenuta nel 1584, tra i più antichi collegi pontifici. L'autrice di questo Libro, come una pellegrina charbeliana, dopo essersi dedicata allo studio dei Santi Maroniti ha riassunto coraggiosamente la storia ecclesiale, liturgica e spirituale dei Maroniti." (dalla Prefazione di P. Elias Al Jamhoury OLM, Procuratore e Postulatore)
Gli imperatori bizantini lo elessero patrono del proprio esercito, lo invocarono prima delle battaglie e gli intitolarono chiese e città. Nel Medioevo san Teodoro conobbe una venerazione senza pari, come rivelano gli appellativi che gli vennero assegnati: trismakarios ("tre volte beato"), megalomartire e invincibile. Al principio del VII secolo il titolo di sauroctonos ("uccisore del drago") accrebbe ulteriormente la sua fama grazie alla circolazione di colorite leggende agiografiche. La venerazione di Teodoro si diffuse dall'Oriente cristiano all'Occidente e la principessa Anna Comnena lo definì pubblicamente "il più grande tra i martiri". Queste pagine, tra testi patristici, icone antiche, racconti leggendari, immagini prodigiose, luoghi sacri e misteriose traslazioni di ossa, narrano la storia del più grande - e, al tempo stesso, meno conosciuto - santo guerriero della cristianità e offrono il fedele resoconto di un culto che supera le divisioni tra cattolici e ortodossi.
Fantasioso epistolario che raccoglie le lettere che l'allora patriarca di Venezia aveva scritto - e la rivista «Messaggero di sant'Antonio» puntualmente ha pubblicato mese dopo mese dal 1971 al 1974 - indirizzandole a personaggi storici e mitici di tutti i tempi e luoghi. La gradevolezza dello stile, la sottile ironia che pervade ogni pagina, l'abilità di trasferire vicende e persone, problemi e soluzioni da ieri a oggi e viceversa, danno corpo a un'analisi tutt'altro che superficiale di quegli anni difficili e tortuosi. Né fa difetto la curiosità per i personaggi incontrati, così diversi tra loro: da Penelope a Mark Twain, da Maria Teresa d'Austria a Figaro, da Pinocchio a un... orso, da Péguy a Trilussa, da Scott a Ippocrate, da Quintiliano a Marconi, da Hofer a Goldoni, da santa Teresa a Goethe, da san Bernardino a Marlowe e Chesterton, per finire al più importante di tutti, Gesù, al quale l'autore scrive trepidando. Postfazione di Giovanni Vian.
Un vescovo caparbio, lo Scarampo, l'aiuto del santo metropolita Borromeo, gravi difficoltà economiche, una certa disorganizzazione nella scelta della sede, il nodo dei benefici ecclesiastici e il grande investimento nella formazione umana, intellettuale e spirituale al ministero, sono, in sintesi, il contenuto di queste pagine.