Pubblicato per la prima volta in Francia nel 1981, "Racconto (Récit)" è un poema breve ma emblematico della peculiarità del pensiero e dello stile di Edmond Jabès. Ne sono protagonisti "Il" e il suo femminile "Ile/île", isola: un Lui votato all'erranza, all'assenza, e una Lei, isola ripiegata su se stessa, in una minerale solitudine di abbandono. Ma "Il" e "Ile" sono ben più di questo, come scrive Caterina Resta nell'introduzione, sono «i due lati di un unico pensiero al centro del vuoto, i pronomi e i vettori della ferita che lo attraversa». Quello che Jabès scrive e che noi leggiamo non è dunque il racconto «dell'insanabile dissidio che lacera la coppia degli amanti», piuttosto è un percorrere e ripercorrere quella ferita, la lacerazione che è degli esseri ed è del pensiero. «Se è vero che pensare non è mai altro che raccontare il proprio pensiero, queste pagine potrebbero essere lette come un racconto» (E. Jabès)
In un mondo fatto di dati, che ognuno di noi cede inconsapevolmente, occorre costruire un nuovo rapporto tra gli utenti e le piattaforme digitali, aiutando gli individui a contrastare i giganti del web che le utilizzano nei campi più disparati solo per massimizzare i loro profitti. Per riuscire in questa sfida da cui dipende una parte significativa del nostro futuro dobbiamo prima di tutto riprenderci i nostri dati digitali e poi condividerli con quelli degli altri, in maniera trasparente, democratica e mutualistica. Chi può aiutarci meglio della cooperazione, con i suoi principi etici e la sua storia secolare di unione e organizzazione dei deboli per uscire dallo sfruttamento? Nel mondo stanno nascendo esempi di questa nuova cooperazione digitale. Ma è in Europa che si può avviare un progetto dove la tutela attiva e auto-organizzata dei dati digitali di 500 milioni di cittadini-consumatori, consenta di dare vita ad uno spazio economico e sociale digitale basato su libertà, pluralismo, democrazia e responsabilità piuttosto che sull'egoismo.
Qual è stato il rapporto tra l'Italia fascista e la Germania nazista? Quali differenze e quali somiglianze fra i due totalitarismi? L'Asse e il Patto d'acciaio erano insiti nella logica di una comune natura dei due regimi o furono solo atti politici, rispondenti a esigenze particolari, sostanzialmente tattiche e contingenti? Renzo De Felice scopre documenti inediti in archivi italiani mentre lavora alla sua biografìa di Mussolini. Sono dispacci secreti, lettere, relazioni fra il duce e Hitler, dalla marcia su Roma alla salita al potere del nazionalsocialismo. Alla loro luce, è inequivocabile - i documenti di questo libro lo dimostrano - che l'Italia fascista fu il primo regime totalitario al mondo e la strategia con la quale i fascisti arrivarono al potere servì da significativo punto di riferimento per l'emergere e l'arrivo al potere dei nazisti. I documenti sono introdotti da Renzo De Felice. II volume accoglie un'importante prefazione di Christian Goeschel destinata a suscitare un ampio dibattito.
La Francia ebbe Gilles de Rais, l'Ungheria Erzsébet Bàthory, la Contessa sanguinaria, la Belva di Csejthe. Come già Bataille con il "Processo di Gilles de Rais", la scrittrice surrealista Valentine Penrose (1898-1978) ci fa rivivere questa storia di sangue, di morte e di delirio. Ma "La Contessa sanguinaria" non ci fa solamente penetrare nelle sinistre camere di tortura in cui perirono forse più di seicento fanciulle. Non assistiamo solamente alle allucinanti scene di demenza nel corso delle quali Erzsébet Bàthory urla di voluttà mentre sulle sue spalle cola il sangue ancora caldo delle sue giovani vittime. Valentine Penrose inserisce la storia di questa donna unica in un grandioso affresco dell'Ungheria tra il XVI e il XVII secolo, illustrando i motivi che resero possibili, e forse ineluttabili, quei tragici eventi. E soprattutto sa chinarsi sulla sua spaventevole eroina, sulla sua anima tenebrosa, tragica, posseduta. «Là, in quella terra impregnata di magia nera, all'ombra della sacra corona d'Ungheria, era nata Erzsébet» scrive Valentine Penrose. «Nel concepimento di quel fiore si compiva il destino della sua razza o si esprimeva un'epoca in cui gli istinti si dibattevano ancora nelle nebbie della barbarie primitiva? L'unica cosa certa è che tra lei e le cose c'era uno spazio vuoto, quasi una parete imbottita come nelle celle di isolamento per i pazzi. Sono i suoi occhi a denunciarlo, nel ritratto che abbiamo di lei: cercava di afferrare e invece non poteva nemmeno toccare. E volersi ribellare al destino di non vivere è proprio ciò che dà il gusto del sangue: del sangue altrui, in cui forse è racchiuso il segreto che le era stato celato fin dalla nascita». Un estratto degli atti del processo, in cui la contessa venne condannata nel gennaio del 1611 a esser murata viva in una stanza del suo castello sino alla fine dei suoi giorni, completa questo sconvolgente documento.
«Queste pagine vedono un corpo impegnato nella danza impegnarsi a dar corpo al pensiero che da questa esperienza nasce. L'urgenza di questo corpo a corpo non riguarda solo i filosofi, cui nulla di meglio si potrebbe augurare che di farsi danzatori per riscoprire il proprio corpo e la realtà tutta, e nemmeno soltanto i danzatori, la cui saggezza ha molto da guadagnare nel farsi filosofia nella scrittura, ma tocca, letteralmente, tutti, perché dall'impegno del corpo nella danza c'è un qualcosa da apprendere e conservare anche qualora non si sia mai mosso un passo danzato. Qualcosa che qui si prova ad esplorare, nella certezza che, come potrebbe aver scritto uno dei più grandi danzatori esistiti: "Ogni uomo dovrebbe danzare, tutta la vita. Non essere un danzatore, ma danzare"».
Questo testo è una raccolta di trascrizioni delle meditazioni proposte da don Carlo Molari durante la Settimana Santa di questi ultimi anni. Sono spunti di riflessioni e preghiere, momenti profondi vissuti comunitariamente dai molti amici della Associazione Ore 11, fondata da Don Mario De Maio e arricchita dalla preziosa testimonianza di Fratel Arturo Paoli, che l'ha seguita fino alla morte.
Il volume si inserisce nel dibattito su un tipico dualismo sociologico, quello tra globale e locale, per approdare ai modelli alternativi di sviluppo che caratterizzano le società contemporanee. Tenendo in buon conto le circolarità tra teoria e prassi, il testo raccoglie alcuni percorsi di riflessione teorica e di indagine sociale, esito di un seminario di studio italo-brasiliano svoltosi presso l'Università del Molise. L'esito di tutto questo è il cercare di definire il "posto" dell'attore sociale (locale) nel processo di sviluppo della società come motore di un cambiamento perennemente in divenire e che non può più prescindere dalla ri-comprensione nel locale dei mondi-della-vita, sempre più pericolanti in ragione di una individualizzazione sempre più sprovvista di ancoraggi nel reale.
Queste pagine ripropongono fedelmente il testo integrale del libro “Gesù e Satana”, scritto da don Giuseppe Tomaselli all’inizio degli anni Sessanta.
Il libro contiene inoltre alcuni racconti riguardanti infestazioni, vessazioni, ossessioni e possessioni diaboliche, riferiti direttamente da don Tomaselli e frutto della sua lunga esperienza di esorcista.
Questo libro, concepito come un dialogo immaginario tra un cattolico scettico e l’autore, affronta i temi più rilevanti in merito al culto dei Sette Arcangeli.
Tra domande, perplessità e contrasti, emerge la questione della completezza e della correttezza dell’esegesi cristano-cattolica condotta sui passi biblici in cui si nominano i Sette Spiriti o Angeli Assistenti, sulle loro apparizioni, sul loro significato escatologico e sulle motivazioni relative all’assenza di tale gruppo liturgico nel panorama dei santi cattolici.
In una calda e sonnolenta primavera, una serie di morti sospette lascia la città incredula e addolorata. La prima vittima è Luca, un ragazzo di diciassette anni, che finisce sotto un treno. La sua morte sembra un terribile incidente, ma quando poco dopo anche il suo amico Marco viene trovato morto su una panchina come per effetto di un'overdose, e dopo qualche giorno anche un terzo amico dei due muore, il burbero commissario Amoruso, detto il Cerbero, decide di aprire le indagini. Cosa hanno in comune questi tre ragazzi? Chi può volerli morti? Amoruso, famoso per il suo fiuto e per il suo carattere irruento, brancola nel buio, ma intuisce che un assassino ha preso di mira il gruppetto e sta organizzando la sua vendetta. Quando qualcuno, però, fa sapere al commissario che quelli non erano dei bravi ragazzi, un terribile segreto viene a galla: sono stati loro a provocare la morte di Sofia, la ragazza più bella della scuola? Mentre il commissario Amoruso cerca di proteggere Gianni, l'ultima possibile vittima, l'indagine lascia affiorare a poco a poco una storia in cui segreti, rancore e violenza si intrecciano a un fenomeno pericoloso e quanto mai attuale: il bullismo.
Le nanotecnologie, che manipolano la materia a livello atomico e molecolare, trasformano anche la società. Nell'economia mettono pressione sugli altri prodotti e sugli altri processi affinché siano allineati all'introduzione dei suoi artefatti competitivi. Hanno potenzialmente la capacità di influenzare le istituzioni e di trasformare le relazioni sociali, il lavoro, l'economia. In altri termini, prende piede un modo diverso di vedere il mondo, di formare la nostra comprensione della natura, delle strutture e quadri legali, sociali ed etici. Nei prossimi vent'anni l'assistenza medica, la pubblica amministrazione, la politica, l'educazione, la scienza, il trasporto e la logistica dipenderanno sempre più dalle applicazioni che decideremo di usare in queste aree. È facile prevedere rischi e benefici per l'ambiente, la sicurezza e la salute, mentre è più complesso immaginare come sopravviveranno, per esempio, la privacy e le libertà civili in un mondo in cui ogni artefatto, non importa quanto a buon prezzo, è incluso in una rete di computer.