Il volume presenta con estrema semplicità le tecniche di project management più evolute a livello globale, integrando management e processi in un'unica guida. Con l'ausilio di schemi, grafici e box di approfondimento su casi concreti, l'autore chiarisce come sviluppare le fasi di definizione e di pianificazione di un progetto attraverso la metodologia dei 12 step, come controllare un progetto in fase esecutiva attraverso l'applicazione dell'EVM, Earned Value Management, e quali punti chiave approfondire a fine progetto per trarre dall'esperienza conclusa i migliori insegnamenti e vantaggi per il futuro. La metodologia dei 12 step aiuta piccole e grandi organizzazioni private, in particolare per i progetti aziendali interni, o pubbliche a definire e a pianificare cosa si vuole fare, perché e come, riducendo al minimo gli imprevisti nella fase esecutiva e rispettando tempi e costi stabiliti.
Come si sono trasformati i rapporti tra impresa e mercato con l'avvento di Internet? Come cambia la funzione di marketing con il Web? Il testo illustra i mutamenti introdotti dalla Rete nel quadro di relazioni consolidate tra impresa e mercato, evidenziando come le tecnologie intervengano nel ridefinire la capacità dell'impresa di interagire con i consumatori e approfondendo il ruolo del Web come strumento a supporto dei processi di comunicazione dell'impresa.
Oggi l'impresa crea valore passando dall'ottica della "singola transazione" orientata a generare vendite nel breve periodo - all'ottica di "relazione", focalizzata a un rapporto di condivisione e scambio nel più lungo periodo. La creazione di valore avviene in tre ambiti, documentati nel libro: nel rapporto tra impresa e consumatore finale; nella collaborazione tra industria e distribuzione per attività di marketing integrate; nei rapporti tra imprese e settori diversi con il crescente numero di fenomeni di partnership e coalizioni. Destinato ai manager di aziende industriali, commerciali e di servizi il libro permette di valutare le opportunità offerte dallo sviluppo di relazioni durature e di adottare strumenti operativi efficaci.
L'offerta mondiale di petrolio, come quella di ogni altra risorsa minerale, cresce da zero fino a un massimo, dopodiché è destinata a calare per sempre. In questo libro David Goodstein spiega come la fine dell'era del petrolio sia inevitabile. Lo rimpiazzeranno altri combustibili fossili, quando il suo prezzo al barile sarà diventato esageratamente alto? E quali saranno gli effetti sul clima, se bruceremo tutti i combustibili fossili presenti in natura? Può la nostra civiltà sopravvivere senza combustibili fossili? Le risposte a questi interrogativi determineranno il nostro destino.
Con "Il banchiere dei poveri" ha raccontato la storia straordinaria della fondazione della Grameen Bank e ha mostrato come il sistema del microcredito sia capace di sottrarre milioni di persone alla miseria e allo sfruttamento. Da allora ha esteso il raggio d'azione di Grameen dal campo strettamente finanziario a quelli dell'alimentazione, dell'educazione, dell'assistenza sanitaria, delle telecomunicazioni. Oggi il premio Nobel per la pace Muhammad Yunus è pronto per una nuova sfida: proporre quell'esperienza come un modello e un punto di riferimento per riuscire finalmente a estirpare la piaga della povertà mondiale. La sfida si può vincere, secondo Yunus, con lo sviluppo e la diffusione del "business sociale": un nuovo tipo di attività economica che ha di mira la realizzazione di obiettivi sociali anziché la massimizzazione del profitto. Una forma di iniziativa economica capace di attivare le dinamiche migliori del libero mercato, conciliandole però con l'aspirazione a un mondo più umano, più giusto, più pulito. Sembra un sogno a occhi aperti. Ma è un sogno che ha aiutato il Bangladesh quasi a dimezzare il suo tasso di povertà in poco più di trent'anni. E che comincia a coinvolgere multinazionali, fondazioni, banche, singoli imprenditori, organizzazioni no profit in ogni parte del mondo.
La società oligarchica propria dell'umanità globalizzata vede al vertice della piramide una casta di super-ricchi composta da qualche decina di migliaia di individui. Subito sotto, politici, manager, scienziati, intellettuali e funzionari, Risultato: 300.000 persone, su 6 miliardi, controllano la quasi totalità del capitale finanziario globale. C'è chi possiede un appartamento a Manhattan da 2800 metri quadri con 4 cucine, chi offre pacchetti-vacanza spaziali da 200.000 dollari, chi gironzola su un sottomarino con appartamento di lusso da 43 milioni di dollari. Peggio, non solo spendono i loro guadagni in modi assurdi, ma cosi facendo danneggiano il pianeta. Ormai non è più solo un problema di giustizia (e di etica), è in gioco la sopravvivenza stessa del pianeta.
Si può concedere credito a clienti poveri, privi di garanzie patrimoniali, e avere successo? È questa la scommessa vinta dalla Grameen Bank del Nobel per la pace Yunus e da altre esperienze di microcredito sparse in tutto il mondo. Risultati e potenzialità, rischi e limiti di un nuovo modo di fare finanza.
Frutto di una ricerca interdisciplinare condotta da studiosi di storia economica e di economia aziendale, il volume affronta la storia e gli sviluppi attuali della raccolta dei mezzi finanziari (oggi denominata fund raising) necessari ad alimentare organismi e iniziative nonprofit. I sei saggi raccolti mostrano che il fund raising ha in Italia una lunga storia, che risale alla carità delle confraternite religiose e al civismo dei ceti dirigenti nelle città italiane del medioevo e dell'età moderna, al solidarismo delle società di mutuo soccorso, al rinnovato impegno dell'associazionismo religioso tra Otto e Novecento e si dispiega oggi nella diffusione delle Onlus e nella formazione di una specifica disciplina scientifica. Lo studio di queste molteplici esperienze, che si sono susseguite nell'arco di otto secoli, suggerisce che esse hanno espresso ed esprimono, pur in forme storicamente diverse, l'esigenza di costruire rapporti sociali di reciprocità solidale, insieme complementari e alternativi rispetto a quelli sui quali si fondano le economie di mercato.
Molto si discute di capitalismo ma raramente ci si domanda cosa sia il capitale. Perché? Si tratta di un concetto che non si lascia afferrare, e disorienta mutando continuamente forma. Tuttavia, affrontarlo è un passaggio obbligato per capire l'economia moderna. La tesi di questo libro è che si possa pensare il capitale come un mezzo oppure come un fine. Nel primo caso esso acquista una valenza sociale, nel secondo risulta svuotato di ogni istanza di giustizia. Boldizzoni ripercorre la storia di una dicotomia che ha lacerato l'Occidente dal Rinascimento ai nostri giorni istituendo una relazione sistematica tra la dimensione intellettuale e le trasformazioni materiali e culturali di scenario. L'altalena delle grandi potenze: dalla Spagna degli Asburgo alla Francia di Luigi XV, dall'Inghilterra vittoriana alla Germania del Terzo Reich, entra in gioco con un peso a volte decisivo nello spiegare il successo o la sfortuna di ciascuna visione teorica. La centralità dell'Europa rispetto a questo dibattito viene bruscamente meno con lo scoppio della Seconda guerra mondiale. Un'analisi disincantata del primato culturale degli USA nei successivi decenni apre uno scorcio imprevedibile sulla crisi del pensiero economico contemporaneo.
Un testo singolare tra il saggio e il pamphlet di grande interesse e attualità per il fatto che l'autore affronta temi che riguardano tutti noi molto da vicino come l'economia, sempre più disastrata, ed un sistema politico più che mai vacillante, con le difficoltà, piuttosto marcate, della famiglia media italiana; il rapporto difficoltoso con le banche; l'allettante ma non sempre redditizio investimento in Borsa.
Dalle prime iniziative solidaristiche del '700 ai grandi gruppi cooperativi del mondo contemporaneo: storia, caratteristiche, diffusione di una forma di impresa che opera nel mercato, ma persegue fini mutualistici. I punti di forza e di debolezza rispetto all'impresa capitalistica, la governance, le vicende italiane.
Alcuni sostengono che il capitalismo avrebbe imboccato una strada di autodistruzione di cui si può prevedere il necessario percorso e la sua inevitabile fine. Per Giorgio Ruffolo non è vero. Non c'era niente, nel passato del capitalismo, che fosse necessario e inevitabile. E non c'è niente di simile nel suo futuro. Perché le origini del capitalismo possono essere rintracciate ben prima della nostra epoca, prima dell'emersione del volto potente e inquietante dell'impresa contemporanea. Perché già l'antichità dell'Occidente, tra Grecia e Roma, conteneva in sé i segni di quella attrazione verso il denaro e verso la produzione di valore che costituisce l'essenza della produzione e dello scambio capitalistico. Il passato del capitalismo gode quindi una durata straordinariamente lunga, e questo spinge Ruffolo a guardare al futuro nella certezza che il capitalismo non avrà vita troppo breve. Perché esso ha dentro di sé la capacità di adattarsi ai tempi più diversi, l'elasticità necessaria a catturare l'immaginazione degli uomini di qualsiasi epoca, gli strumenti indispensabili per continuare a essere lo scenario economico del futuro.